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BGE 138 I 331 - Datenerfassung für Sozialhilfe
BGE 129 I 185 - Parlamentswahlrecht Stadt Zürich


Zitiert selbst:


Regeste
Sachverhalt
Erwägungen
I. Zum Eintreten
Erwägung 3
3. a) Il ricorso di diritto pubblico per violazione dei diritti c ...
Erwägung 4
4. Secondo la giurisprudenza, anche i ricorsi per violazione dei  ...
II. Zur Sache
Erwägung 5
5. Il ricorso di diritto pubblico è rivolto in casu contro ...
Erwägung 6
6. a) L'esercizio dei diritti politici trova il suo fondamento in ...
Erwägung 7
7. a) L'art. 82 lett. b LOC - che prevede l'incompatibilità ...
Erwägung 8
8. L'art. 82 lett. c LOC - che proibisce agli ecclesiastici di as ...
Entscheid
Bearbeitung, zuletzt am 03.08.2022, durch: Julian Marbach, A. Tschentscher
 
BGE 114 Ia 395 (395)68. Estratto della sentenza 29 giugno 1988 della I Corte di diritto pubblico nella causa F. X. c. Gran Consiglio della Repubblica e Cantone del Ticino (ricorso di diritto pubblico).
 
 
Regeste
 
Art. 82 lit. b und c des Tessiner Gemeindeorganisationsgesetzes vom 10. März 1987; Unvereinbarkeit des Amtes eines Mitglieds der Gemeindeexekutive mit dem Richteramt, bzw. jenes Amtes mit der Funktion des Geistlichen.
 
a) Grundsatz und Besonderheit im Zusammenhang mit der staatsrechtlichen Beschwerde wegen Verletzung verfassungsmässiger Rechte des Bürgers (E. 3a).
 
b) Die Unvereinbarkeit eines politischen Mandats mit bestimmten Funktionen oder bestimmten Ämtern kann im Rahmen einer gestützt auf Art. 85 lit. a OG erhobenen staatsrechtlichen Beschwerde geltend gemacht werden und zwar steht dieses Rechtsmittel nicht nur dem gewählten Bürger zu, der unmittelbar von der Unvereinbarkeitsklausel betroffen ist, sondern auch andern Bürgern, die sich damit gegen die Nichtbeachtung einer solchen Klausel oder unmittelbar gegen eine Norm, die eine solche Unvereinbarkeitsklausel einführt, zur Wehr setzen wollen (Bestätigung der Rechtsprechung) (E. 3b).
 
2. Kassatorische Natur und Pflicht zur Begründung der staatsrechtlichen Beschwerde gemäss Art. 85 lit. a OG (E. 4).
 
3. Prüfungsbefugnis des Bundesgerichts im Bereich der abstrakten Normkontrolle (E. 5).
 
4. Unterscheidung zwischen Unvereinbarkeit und Unwählbarkeit; Fälle, in denen diese Unterscheidung von rein theoretischer Bedeutung ist; Zweck der Unvereinbarkeitsklausel (E. 6).
 
5. Prüfung der in Art. 82 lit. b und c des Gemeindeorganisationsgesetzes geregelten Unvereinbarkeit.
 
a) Die Unvereinbarkeit des Amtes eines Mitglieds der Gemeindeexekutive mit dem Richteramt beruht auf ernsthaften und sachlichen Gründen und beschränkt die politischen Rechte des Bürgers nicht in unzulässiger Weise (E. 7).
 
b) Hingegen beruht die Vorschrift, die die Unvereinbarkeit des geistlichen Standes mit dem Gemeindeexekutivamt regelt, nicht auf einem überwiegenden und entsprechend nachgewiesenen öffentlichen Interesse und verletzt die Rechtsgleichheit; sie lässt sich auch nicht mit Art. 75 BV rechtfertigen (E. 8).BGE 114 Ia 395 (395)
 
 
BGE 114 Ia 395 (397)Sachverhalt
 
In data 2 luglio 1985, il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha sottoposto al Gran Consiglio il progetto di revisione della legge organica comunale del 1o marzo 1950. Per ciò che qui interessa, codesto progetto ha mantenuto la ripartizione esistente dei poteri locali fra l'assemblea comunale o il consiglio comunale ed il municipio, la cui organizzazione e le cui attribuzioni erano definite dal capitolo IV, agli art. 81 e segg. Organo esecutivo e amministrativo del Comune, incaricato di rappresentarlo verso i terzi, il municipio doveva comporsi in linea di principio di 5 o 7 membri ed il Consiglio di Stato conservava la facoltà di ridurre questo numero a 3 o di portarlo a 11 per tener conto di circostanze particolari. Il disegno di legge (art. 82) manteneva pure l'istituto dei supplenti, ma soltanto per i municipi di 3 membri, ed il loro numero era limitato a 2; negli altri Comuni, il regolamento comunale poteva prevedere i supplenti in numero non superiore ai 2/3 dei membri del municipio. Nel progetto di legge, la questione delle incompatibilità per carica era trattata dall'art. 83, il quale prescriveva che la carica di municipale non poteva essere assunta dai Consiglieri di Stato e dal Cancelliere dello Stato, dagli ecclesiastici, dai docenti di nomina comunale e dai dipendenti dal Comune e delle sue aziende. Questo disposto riprendeva il testo dell'art. 63 della legge del 1950, rinunciando tuttavia ad istituire un'incompatibilità per i medici condotti (lett. d) ed i cittadini che non risiedono in modo costante nel Comune (lett. a).BGE 114 Ia 395 (397)
BGE 114 Ia 395 (398)La nuova legge organica comunale è stata adottata dal Gran Consiglio della Repubblica e Cantone del Ticino il 10 marzo 1987. Il Parlamento ha fissato il numero massimo dei municipali la cui carica è obbligatoria a 7 (art. 80) ed ha aderito al progetto del Consiglio di Stato per la carica di supplente (art. 81). Sul tema dell'incompatibilità per carica, esso ha fatto propria la proposta della Commissione della legislazione, contenuta nel rapporto del 14 gennaio 1987 (pagg. 15 e 57), e l'ha estesa ai giudici di un tribunale, ai procuratori pubblici, ai giudici istruttori e al magistrato dei minorenni, con la sola eccezione dei giudici di pace (art. 82).
La citata legge è stata pubblicata sul Foglio ufficiale n. 32 del 21 aprile 1987 ed il termine per l'esercizio del diritto di referendum, che non è stato utilizzato, è scaduto infruttuoso il 21 maggio successivo. Con decreto del 30 giugno 1987, il Consiglio di Stato ha quindi disposto la pubblicazione della legge nel Bollettino ufficiale n. 28 del 7 luglio 1987 e ne ha stabilito l'entrata in vigore a contare dalla data di pubblicazione: per l'art. 82 lettere b e c, relative all'incompatibilità della carica di municipale con lo stato ecclesiastico e la funzione giudiziaria, l'entrata in vigore è stata differita al 24 aprile 1988.
Il lic. iur. F. X., domiciliato a G., è insorto contro le lettere b e c dell'art. 82 della nuova legge con ricorso di diritto pubblico del 19 maggio 1987, chiedendo al Tribunale federale di annullarle e protestando spese e ripetibili.
Il Consiglio di Stato del Cantone Ticino, per sé e in rappresentanza del Gran Consiglio, ha concluso alla reiezione del gravame.
 
 
I. Zum Eintreten
 
 
Erwägung 3
 
Sotto il profilo della legittimazione ricorsuale, il ricorso per violazione dei diritti costituzionali del cittadino si distingue da quello proposto per la lesione di diritti politici (art. 85 lett. a OG). Secondo la giurisprudenza, infatti, qualsiasi cittadino che possiede l'esercizio di codesti diritti nel Cantone che ha emanato l'atto impugnato può proporre un ricorso di diritto pubblico concernente il suo diritto di voto o relativo alle elezioni e votazioni cantonali, indipendentemente dalle norme del diritto costituzionale cantonale e del diritto federale sulle quali si fondano, e questo particolare rimedio può esser d'altronde esperito anche se il ricorrente non ha alcun interesse personale e giuridico all'annullamento dell'atto poiché la potestà ricorsuale si determina in questo campo alla sola luce dell'art. 85 lett. a OG (DTF 112 Ia 224 consid. 1a, DTF 105 Ia 359 /60 consid. 4a, DTF 104 Ia 229 consid. 1b, 355 consid. 1c, DTF 99 Ia 728 segg. consid. 1; Kälin, Das Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde, pagg. 262/63; Auer, Les droits politiques dans les cantons suisses, pagg. 80/81).
b) Nel caso in rassegna, il ricorrente ha impugnato una norma che istituisce delle incompatibilità per carica, ma che non sancisce l'ineleggibilità di ecclesiastici e magistrati (art. 82 lett. b e c LOC). Ora, il Tribunale federale ha ritenuto per anni che il cittadino che non può esercitare il suo mandato politico in virtù di una regola sull'incompatibilità non può prevalersi dell'art. 85 lett. a OG e può invocare soltanto l'art. 4 Cost. per arbitrio e disparità di trattamento, onde la sua legittimazione dev'essere esaminata sotto il profilo dell'art. 88 OG: a sostegno di questo assunto, il Tribunale federale aveva sostanzialmente addotto che le regole sulle incompatibilità non scalfiscono il diritto di eleggere e di essere eletto, e non impediscono quindi che una persona venga proposta come candidato e venga - se del caso - validamente eletta (cfr. ZBl 61/1960 pag. 197 consid. 3; Buffat, Les incompatibilités, tesi Losanna 1987, pag. 220). In queste circostanze il ricorrente - che è licenziato in diritto - sarebbe senz'altro legittimato ad impugnare la norma che istituisce l'incompatibilità dei magistrati (art. 82 lett. b), ma non potrebbe invece ricorrere contro l'esclusione dei sacerdoti (art. 82 lett. c), essendo infatti inverosimile o come minimo poco probabile ch'egli intraprenda un giorno la vita ecclesiastica e si porti poi candidato alla carica diBGE 114 Ia 395 (399) BGE 114 Ia 395 (400)municipale (cfr. Rep. 1985 pag. 75 consid. cc): sotto questo profilo il ricorrente non potrebbe dunque prevalersi di una virtuale lesione dei suoi interessi giuridicamente protetti ed il ricorso sarebbe inammissibile in virtù dell'art. 88 OG.
La giurisprudenza appena esposta è stata però progressivamente abbandonata ed il Tribunale federale ammette ora che la nozione di incompatibilità dev'essere considerata come un derivato del diritto di voto e di eleggibilità poiché le relative clausole possono produrre, in sostanza, gli stessi effetti di quelle che sanciscono l'ineleggibilità: esso ha così dedotto che il problema della compatibilità di un mandato politico con determinate funzioni ufficiali può essere sollevato nell'ambito di un ricorso di diritto pubblico fondato sull'art. 85 lett. a OG e che questa via è aperta non solo al cittadino eletto che si trova in un caso di incompatibilità, ma anche agli altri cittadini che si aggravano contro il mancato rispetto delle relative clausole o che insorgono direttamente contro un atto normativo che istituisce regole di incompatibilità (DTF 91 I 262 consid. 2; sentenza 8 maggio 1963 in re Konservativ-christlich-soziale Volkspartei Grenchen e Pfister, consid. 1 e 2 non pubblicati in DTF 89 I 75 segg.; sentenza 30 marzo 1979 in re Roulin, consid. 2; sentenza 22 settembre 1982 in re Pellaton, consid. 1a; sentenza 9 febbraio 1983 in re Sutter e Schneider, consid. 1b; sentenza 27 novembre 1985 in re Gex-Fabry, consid. 1a; sentenza 28 gennaio 1987 in re Brunner e Holenweg, consid. 1a; Buffat, op.cit., ibidem). Questa giurisprudenza - che non è stata invero sempre seguita (cfr. ad es. la sentenza 8 marzo 1977 in re Planchamp, consid. 2) - merita conferma. In effetti il diritto di voto dei cittadini protetto dall'art. 85 lett. a OG - che comprende quello di eleggere e di essere eletto (DTF 91 I 192 consid. 1a, 262 consid. 2; sentenza Brunner e Holenweg citata, consid. 1a) comporta anche il diritto di esigere che le autorità scelte dal popolo non siano composte da persone che non possono praticamente assumere la carica per un motivo d'incompatibilità: l'elettore può quindi pretendere che una persona che non può esercitare il proprio mandato per tal motivo non lo eserciti effettivamente dopo esser stata eletta (cfr. DTF 91 I 262 consid. 2). Ora questo assunto, interpretato a contrario, conferisce all'elettore il diritto di esigere che un candidato eletto non venga indebitamente privato della facoltà di esercitare il suo mandato elettivo attraverso clausole d'incompatibilità che sono sprovviste di giustificazioni oggettive: ne consegue che le regoleBGE 114 Ia 395 (400) BGE 114 Ia 395 (401)sulle incompatibilità limitano, in pratica, il diritto di elettorato attivo e passivo e toccano quindi direttamente il diritto di voto dei cittadini tutelato dall'art. 85 lett. a OG.
 
Erwägung 4
 
 
 
Erwägung 5
 
 
Erwägung 6
 
BGE 114 Ia 395 (403)Per la verità, vi sono casi speciali d'incompatibilità ove la distinzione con quelli d'ineleggibilità è meno evidente poiché la libertà di scelta lasciata al candidato eletto fra la carica elettiva e la sua funzione anteriore è in effetti puramente teorica (Beeler, Personelle Gewaltentrennung und Unvereinbarkeit in Bund und Kantonen, tesi Zurigo 1983, pagg. 6/7; Buffat, op.cit., pag. 30). Ciò vale in modo particolare per i religiosi che appartengono alla confessione cattolica poiché una norma che istituisce un'incompatibilità fra lo stato ecclesiastico ed un pubblico ufficio priva di fatto l'interessato della possibilità di accedere alla carica che egli vorrebbe ricoprire: l'ordinazione - che conferisce lo statuto religioso nella Chiesa apostolica romana - è infatti un atto i cui effetti non possono essere sospesi in virtù del diritto canonico, onde l'ecclesiastico che risultasse eletto ad una carica legalmente incompatibile con la sua condizione dovrebbe, in assenza di un premesso peraltro eccezionale rilasciato dall'Ordinario della diocesi competente, rinunciare alla carica o abbandonare definitivamente l'abito talare (cfr. Codex iuris canonici, auctoritate Ioannis Pauli PP. II promulgatus, 1983, can. 285 § 4, che riprende il can. 139 § 4 del pregresso Codice Gasparri del 1917; Burckhardt, Kommentar der schweizerischen Bundesverfassung vom 29. Mai 1874, 3a ediz., pagg. 649/51).
 
Erwägung 7
 
c) È pacifico che le regole volte ad assicurare l'indipendenza effettiva dei magistrati giudiziari nei confronti del potere politico e ad evitare ogni apparente interdipendenza fra questo potere ed il potere giudiziario siano sorrette da un interesse pubblico eminente; lo stesso dicasi per quelle norme che impongono ai magistrati dell'ordine giudiziario di dedicarsi esclusivamente all'esercizio della loro funzione. La scelta dei mezzi che consentono di raggiungere questi obiettivi è peraltro largamente improntata a criteri d'opportunità e dipende spesso da circostanze locali: ne consegue che il Tribunale federale, chiamato a verificare questa scelta quale giudice costituzionale, deve comunque imporsi un certo riserbo poiché esso non può interferire nella larga libertà d'azione di cui i Cantoni dispongono e non deve sostituire il proprio apprezzamento a quello del legislatore cantonale (cfr.BGE 114 Ia 395 (404) BGE 114 Ia 395 (405)DTF 112 Ia 244 consid. 4a, DTF 109 Ia 259 consid. 4, DTF 100 Ia 268 consid. 3a). Ora, di questo particolare riserbo il Tribunale federale deve far prova quando il mezzo adottato dal legislatore cantonale per garantire l'indipendenza dei magistrati è una clausola d'incompatibilità fra talune funzioni giudiziarie e determinate cariche pubbliche o private poiché i Cantoni, in virtù della loro competenza in materia d'organizzazione, possono definire liberamente le incompatibilità che colpiscono i membri delle loro autorità (cfr. il messaggio 30 novembre 1987 del Consiglio federale per il conferimento della garanzia federale alle Costituzioni rivedute dei Cantoni di Glarona e del Giura, FF 1988 I pag. 220 n. 124 e pag. 237 n. 162): ciononostante, una regola sull'incompatibilità che tende in pratica a limitare l'eleggibilità di determinati cittadini deve poggiare su motivazioni serie e difendibili poiché essa sarebbe nel contrario caso arbitraria o rappresenterebbe comunque un impedimento ingiustificato al diritto di voto.
Ciò premesso, giova poi rilevare a titolo di raffronto che la soluzione prevista dall'art. 82 lett. b LOC non costituisce manifestamente un'eccezione nel diritto positivo svizzero e che laBGE 114 Ia 395 (405) BGE 114 Ia 395 (406)maggior parte delle legislazioni cantonali limita l'accesso dei magistrati giudiziari ad altre cariche pubbliche, siano esse politiche o amministrative (cfr. art. 11 cpv. 1 n. 1 Cost./BE; art. 62 Cost./NE; art. 133 Cost./GE; art. 48 della legge friburghese sull'organizzazione giudiziaria; art. 20 della legge vodese sull'organizzazione giudiziaria; § 108 n. 2-5 e 11 della legge elettorale zurighese; art. 108 della legge vallesana sulle elezioni e votazioni). D'altra parte, anche il costituente ed il legislatore federale hanno stabilito che i giudici del Tribunale federale non possono occupare alcun'altra carica al servizio della Confederazione o di un Cantone e - come generalmente ammesso - di un Comune (Aubert, Traité de droit constitutionnel suisse, vol. II, n. 1612 e 1488; Buffat, op.cit., pag. 70), né possono esercitare qualsiasi altra professione o industria (art. 108 cpv. 3 Cost., art. 3 cpv. 1 OG).
 
Erwägung 8
 
a) Nel Cantone Ticino l'accesso dei preti cattolici alle cariche pubbliche è stato oggetto nel secolo scorso di gravi controversie. L'art. 5 della Costituzione cantonale del 4 luglio 1830, nel suo testo originale (Nuova raccolta generale delle leggi e dei decreti del Cantone Ticino dal 1803 al 1886, vol. I, pag. 19 segg.), li escludeva dal potere esecutivo e da quello giudiziario, con la sola eccezione prevista dall'art. 23 § 14 che ammetteva un ecclesiastico a sedere nel Consiglio di Stato. Dopo la rivoluzione radicale del 1839, il Governo elaborò un vasto progetto di riforma costituzionale che prevedeva, fra l'altro, il divieto per gli ecclesiastici di accedere a cariche pubbliche: questo progetto - nella sua definitiva formulazione modificata dal Gran Consiglio, nel senso che un sacerdote per distretto poteva nondimeno far parte del potereBGE 114 Ia 395 (406) BGE 114 Ia 395 (407)legislativo cantonale - cadde però a forte maggioranza nella votazione popolare dell'8 gennaio 1843 (Bollettino delle leggi e dei decreti del Cantone Ticino, vol. XVIII, pag. 223; Zorzi, Le relazioni tra la Chiesa e lo Stato nel Cantone Ticino, tesi Basilea 1946, pagg. 80/82; Dictionnaire historique et bibliographique de la Suisse, vol. VI, pag. 506 segg.). Il problema dell'accesso dei membri del clero ai pubblici uffici venne ripreso con la riforma costituzionale del 1o-4 marzo 1855 che stabilì all'art. 7 l'impossibilità per gli esercenti professione ecclesiastica, secolari e regolari, di essere elettori ed eleggibili alle cariche costituzionali (Nuova raccolta, vol. I, pagg. 27/28; Zorzi, op.cit., pag. 82): questa norma ottenne la garanzia dell'Assemblea federale il 17 luglio 1855 (RU 1854-57, vol. V, pagg. 129/30; cfr. anche il messaggio del Consiglio federale del 29 giugno 1855, in FF franc. 1855 II pag. 409 segg.). Adito dai sacerdoti Vincenzo Pedrini di Giornico e Lorenzo Forni di Personico, che s'erano visti rifiutare la loro iscrizione nei cataloghi civici dei rispettivi Comuni, il Tribunale federale invitò però il Governo ticinese ad accogliere tale richiesta, rilevando in sostanza che la limitazione posta al diritto di voto dei ricorrenti in ragione della loro appartenenza allo stato ecclesiastico era "assolutamente incompatibile" con l'art. 49 cpv. 4 Cost.: per contro il Tribunale federale lasciò aperta "la questione a vedere se e fin dove competa agli ecclesiastici, in base ai dispositivi della Costituzione federale, il diritto di elettori non solo, ma quello eziandio di eleggibili, dal momento che i ricorrenti non trovansi ancora nelle condizioni di fatto per le quali possano insinuare analoga querela o dimanda" (sentenza del 1o febbraio 1875 in DTF 1. 273 segg. [BGE 1, 273]). L'art. 7 della Costituzione ticinese del 1855 venne abrogato con la riforma parziale del 20 novembre 1875 (Nuova raccolta, vol. I, pag. 30).
Alla luce della considerazioni appena espresse, l'incompatibilità fra lo stato ecclesiastico e la carica di municipale appare manifestamente come un retaggio delle forti tensioni fra Chiesa e potere politico che hanno contraddistinto la storia del Cantone Ticino nel secolo scorso. Questo trattamento differenziato di un'intera categoria di persone può sembrare invero paradossale, ove appena si consideri che già la riforma costituzionale del 20 novembre 1875 sanciva l'uguaglianza di diritti per tutti i cittadini svizzeri domiciliati nel Cantone (art. 3): esso si può tuttavia facilmente comprendere se ci si situa nel contesto storico-politico di quegl'anni, che erano caratterizzati da un'evoluzione delle istituzioni verso la loro laicizzazione, considerata come un presupposto fondamentale della democrazia repubblicana, e dalla volontà di assicurare l'edificazione dello Stato democratico e liberale, evitando ogni ingerenza della Chiesa cattolica nell'esercizio del potere politico (cfr. Zorzi, op.cit., pagg. 74 seg., 81; v. inoltre le considerazioni espresse dal Governo ticinese davanti alle autorità federali a proposito della riforma costituzionale del 1o-4 marzo 1855, in FF franc. 1855 II pagg. 423/24).
Sull'incompatibilità degli ecclesiastici è invece silente il rapporto 14 gennaio 1987 della Commissione della legislazione, che haBGE 114 Ia 395 (408) BGE 114 Ia 395 (409)infatti ripreso la regola prospettata dal Consiglio di Stato senza particolare commento (pag. 57). Per contro, durante il dibattito in Gran Consiglio, l'art. 82 lett. c del disegno di legge è stato oggetto di una proposta di stralcio con relativa discussione: questa proposta è stata però respinta con 24 voti favorevoli, 34 contrari e 2 astensioni (Raccolta dei verbali del Gran Consiglio, sessione ordinaria autunnale 1986, pagg. 1123/1130).
Nelle sue osservazioni al ricorso di diritto pubblico il Consiglio di Stato non ha fornito argumentazioni supplementari di rilievo, ma si è limitato a riaffermare la libertà d'apprezzamento che compete al legislatore cantonale in tema di incompatibilità nonché l'analogia esistente fra codesta norma e l'art. 75 della Costituzione federale, sottolineando ancora una volta il particolare statuto del sacerdote nell'ordinamento della Chiesa cattolica.
b[richtig:d]) Alla luce delle considerazioni che precedono tratte dai lavori legislativi e dagli atti delle autorità cantonali, si deve come minimo dedurre che la decisione di mantenere l'incompatibilità degli ecclesiastici nella nuova legge non è stata presa dopo un'analisi seria e approfondita della situazione attuale del Cantone ed in particolare dei rapporti che sussistono oggi fra Chiesa e potere politico: la regola dell'art. 82 lett. c LOC sembra invece esser stata mantenuta poiché essa era praticamente in vigore da più di un secolo e poiché nessuno ha mai eccepito la sua anticostituzionalità (cfr. Raccolta citata dei verbali del Gran Consiglio, pag. 1128). Ma questa maniera aprioristica di considerare le cose non può essere condivisa: in effetti, qualsiasi norma restrittiva dei diritti fondamentali del cittadino dev'essere riposta in discussione ove le circostanze che avevano giustificato in passato la sua adozione siano mutate col tempo e non sussistano più allorquando la competente autorità è chiamata a pronunciarsi di nuovo nell'ambito dell'emanazione di un atto normativo di portata generale o di un atto amministrativo individuale e concreto (cfr. DTF 107 Ia 59 segg.; sentenza 22 settembre 1982 in re Association Club Montagne Jura).
e) A sostegno del proprio assunto, il ricorrente non si prevale d'una violazione della libertà di coscienza e di credenza ed in particolare dell'art. 49 cpv. 4 Cost., ma si duole unicamente d'una lesione del principio d'uguaglianza. Sotto questo profilo, violano l'art. 4 Cost. quegli atti legislativi che fanno delle distinzioni inammissibili, non sorrette cioè da alcuna corrispondenza nella diversità delle fattispecie che la disciplina normativa vuoleBGE 114 Ia 395 (409) BGE 114 Ia 395 (410)regolare, e quelli che - all'opposto - omettono di fare delle distinzioni laddove la diversità delle circonstanze da sottoporre alla norma impone invece di distinguere e che danno luogo quindi ad una parificazione inammissibile: per ammettere la violazione dell'art. 4 Cost. occorre tuttavia che la distinzione che il legislatore ha fatto appaia insostenibile, rispettivamente, nel caso inverso, che appaia insostenibile il rifiuto di distinguere, ossia l'assimilazione (DTF 112 Ia 196 consid. 2b, DTF 109 Ia 254 /55 consid. 4b, 327/28 consid. 4, DTF 108 Ia 114 consid. 2b; Rep. 1986 pagg. 227/28 consid. 7). Questo principio vincola il legislatore cantonale in tutti i campi della sua attività normativa e dev'essere pertanto rispettato anche quando esso disciplina il diritto di elettorato attivo e passivo.
Premesso questo, si deve poi rilevare che il legislatore ticinese ed il Consiglio di Stato non hanno nemmeno preteso che la partecipazione di religiosi alla gestione dei municipi potrebbe turbare la pace confessionale e sociale o comportare un'influenza eccessiva delle Chiese negli affari comunali, né hanno comunque portato argomenti che potrebbero giustificare il trattamento discriminatorio tuttora riservato ad un'intera categoria di cittadini. Ora, la questione di sapere se la candidatura di unBGE 114 Ia 395 (410) BGE 114 Ia 395 (411)ministro del culto ad una carica pubblica ed il susseguente esercizio di questa carica, spesso delicata, siano fonte di eventuale pregiudizio per le istituzioni della Chiesa o possano nuocere alla loro reputazione dev'essere valutata dalle autorità ecclesiastiche, alle quali gli organi dello Stato non si debbono sostituire (cfr. sentenza 22 settembre 1982 in re Pellaton, già citata, relativa all'art. 92 della legge ecclesiastica vodese del 25 maggio 1965): una limitazione posta da codesti organi alla candidatura di un ecclesiastico o alla sua entrata in funzione potrebbe infatti giustificarsi soltanto se il mantenimento della pace e dell'ordine pubblico dovesse richiedere l'intervento legislativo o amministrativo dello Stato. In ogni caso, tenendo conto dell'autonomia organizzativa che la Costituzione cantonale riconosce alla Chiesa cattolica e alla Chiesa evangelica riformata (art. 1 cpv. 2), lo statuto dell'ecclesiastico nel diritto ticinese non ha manifestamente alcun rapporto con quello del pubblico funzionario, le cui attività accessorie o cariche pubbliche possono invece essere limitate dallo Stato nel suo stesso interesse, specie se esse sono incompatibili con la posizione di dipendente o possono nuocere all'adempimento dei doveri di servizio (cfr. art. 15 e 16 della legge sull'ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti del 24 novembre 1987).
g) Se ne deve concludere che il trattamento discriminatorio riservato agli ecclesiastici ticinesi dall'art. 82 lett. c LOC non è più sorretto da un interesse pubblico sufficiente e appare quindi lesivo, nelle circonstanze concrete, dell'art. 4 Cost. La situazione oggettiva è infatti profondamente mutata nel Cantone non solo rispetto al secolo scorso, ma persino al non così lontano 1922, quando il Tribunale federale ebbe a dichiarare conforme alla Costituzione la regola dell'art. 100 § 2 della legge organica del 1854 - riformato il 6 dicembre 1855 (Bollettino, vol. XXXI, pag. 469) - che sanciva l'incompatibilità fra la carica di segretario municipale e la qualità di sacerdote (DTF 48 I 24segg.); a tal riguardo, va tuttavia precisato che non poche disposizioni citate in questa sentenza per avvalorare le conclusioni a cui essa è pervenuta sono state nel frattempo abrogate o modificate in modo radicale. Vero è, per contro, che altre legislazioni cantonali ed in particolare quella di Ginevra hanno mantenuto clausole d'incompatibilità o d'ineleggibilità analoghe non solo per le elezioni del Gran Consiglio e del Consiglio di Stato (art. 72 e 104 Cost./GE), ma anche per quelle dei municipali e del sindaco (art. 153 lett. a, 155 cpv. 2 Cost./GE; art. 103 cpv. 2 della leggeBGE 114 Ia 395 (411) BGE 114 Ia 395 (412)sull'esercizio dei diritti politici del 15 ottobre 1982): sennonché, chiamato in concreto a constatare che l'art. 82 lett. c LOC non è compatibile col principio d'uguaglianza in difetto d'un interesse pubblico preponderante debitamente dimostrato, il Tribunale federale non ha da esaminare se disposizioni consimili vigenti in altri Cantoni siano lesive anch'esse dell'art. 4 Cost., avuto riguardo alle particolarità delle loro situazioni politiche e alle circostanze locali.
L'art. 75 Cost. - che riprende l'analogo disposto contenuto nella Costituzione del 1848 (art. 64) - non consacra infatti alcun principio costituzionale direttamente applicabile ai Cantoni: trattasi in realtà d'una semplice regola organica adottata nell'interesse dello Stato federale, che appare invero come un retaggio storico delle lotte politico-religiose del secolo scorso. Del resto, la compatibilità di questa norma con i principi fondamentali dello Stato democratico è stata revocata in dubbio in più di un'occasione ed è pure stata discussa in Parlamento ancora negli anni settanta, durante il dibattito relativo all'abrogazione degli articoli confessionali sui gesuiti ed i conventi (cfr. Fleiner/Giacometti, Schweizerisches Bundesstaatsrecht, pagg. 484/85; Dubs, Le droit public de la Confédération Suisse, vol. II, pag. 73; Broggini, Stato e Chiesa nella Costituzione, in 1874-1974 Cent'anni di Costituzione, pag. 7 segg., 16; Etienne Grisel, in Commentaire de la Constitution fédérale, n. 21 segg., all'art. 75; Aubert, op.cit., vol. II, n. 1265; Buffat, op.cit., pagg. 171/72; messaggio del Consiglio federale relativo alla revisione della Costituzione federale, del 17 giugno 1870, in FF franc. 1870 II pag. 777 segg. 805; rapporto del Consiglio federale concernente l'art. 75 Cost., mozioni Knellwolf e Daucourt, del 4 aprile 1921, in FF franc. 1921 I pag. 547 segg.; messaggio del Consiglio federale concernenteBGE 114 Ia 395 (412) BGE 114 Ia 395 (413)l'abrogazione degli articoli costituzionali sui gesuiti ed i conventi, del 23 dicembre 1971, in FF 1972 I pag. 93 segg.; Boll.uff. CN 1972 pagg. 526 e 1376 segg.; inoltre rapporto finale del gruppo di lavoro per la preparazione di una revisione totale della Costituzione federale, del 29 settembre 1972, vol. VI, pag. 528). Ne consegue che la presenza dell'art. 75 nella Costituzione del 1874 non può costituire un valido riferimento o un punto d'appoggio per il legislatore cantonale chiamato a disciplinare l'eleggibilità dei cittadini alle cariche pubbliche o a istituire clausole d'incompatibilità fra codeste cariche e altre funzioni o occupazioni: la norma dell'art. 82 lett. c LOC, per le ragioni che si sono esposte sopra, permane dunque lesiva del principio d'uguaglianza e dev'essere annullata.
 
Entscheid
 
Il ricorso di diritto pubblico è parzialmente accolto e l'art. 82 lett. c della legge organica comunale del 10 marzo 1987 è annullato; per il resto, il ricorso è respinto.BGE 114 Ia 395 (413)