BGE 100 Ia 47 | |||
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9. Estratto della sentenza del 13 febbraio 1974 nella causa Birreria Wädenswil contro Tribunale amministrativo del cantone Ticino. | |
Regeste |
Art. 31 und 4 BV. Handels- und Gewerbefreiheit. Beschränkungen aus polizeilichen Gründen. Ausnahmen; Erfordernis rechtsgleicher Behandlung. | |
Sachverhalt | |
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L'art. 36 della legge ticinese sugli esercizi pubblici, dell'Il ottobre 1967 (LEP), dispone sotto la marginale "orario e deroghe":
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Gli esercizi pubblici non possono, di regola, essere aperti prima delle ore 6.00 e devono essere chiusi e sgomberati a mezzanotte al più tardi, ritenuto, per i datori di alloggio, l'obbligo di accogliere ospiti e la facoltà di servire loro cibi e bevande a qualsiasi ora.
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Il Dipartimento, sentito il Municipio interessato e tenuto conto delle esigenze locali e turistiche, d'ufficio o su richiesta, può stabilire o concedere deroghe d'orario per determinati periodi dell'anno.
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La Birreria Wädenswil AG (qui appresso: la Birreria), titolare di una patente per l'esercizio di uno "snack-bar" ad Ascona, chiedeva nella primavera 1972 al Dipartimento di polizia del cantone Ticino di essere posta al beneficio di una proroga fino alla 01.00 dell'orario di chiusura per il periodo estivo. Con decisione 23 maggio 1972 il Dipartimento respingeva la domanda. Riconosciuta l'importanza turistica di Ascona, esso rilevava che, accanto a 9 locali notturni veri e propri, i quali usufruivano di deroghe d'orario notevoli, altri 12 esercizi pubblici di Ascona (2 alberghi, 6 ristoranti, 4 caffè-bar) godevano della proroga dell'orario sino all'una. Tali proroghe soddisfacevano ampiamente tutte le esigenze locali, turistiche e di traffico, di modo che ulteriori eccezioni non apparivano giustificate.
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Respingendo il 29 marzo 1973 il gravame presentato dalla Birreria avverso detta decisione, il Tribunale amministrativo del cantone Ticino osservava che la censura di violazione della libertà di commercio e d'industria e del precetto dell'uguaglianza di trattamento era infondata, dato che queste garanzie costituzionali non implicano che, accordata per ragioni oggettive una deroga, tutti gli esercizi pubblici del Comune ne debbano beneficiare. Disparità di trattamento si avrebbe solamente nell'ipotesi in cui l'autorità accordasse una deroga per una località turistica e la negasse invece per un'altra con pari popolazione ed esigenze.
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Con ricorso di diritto pubblico per violazione degli articoli 31 e 4 CF la Birreria chiede al Tribunale federale di annullare la sentenza della Corte cantonale.
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Estratto dei considerandi | |
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a) Ancorchè il termine (art. 89 OG) per impugnare direttamente la costituzionalità dell'art. 36 cpv. 2 LEP sia trascorso, la censura, sollevata in occasione di un atto d'applicazione, è ricevibile (RU 98 Ia 164 consid. 2, 97 I 29, 334 consid. 3, 340, 347 e 780 e riferimenti). Riconosciuta fondata, essa permette però soltanto l'annullamento della decisione impugnata.
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b) In relazione all'uguaglianza di trattamento degli esercenti di una stessa categoria, la ricorrente invoca tanto l'art. 31, quanto l'art. 4 CF. Quest'ultima censura non ha, nel predetto ambito, una portata propria, poichè la libertà di commercio e d'industria garantisce anche l'uguaglianza dei concorrenti (RU 97 I 655 consid. 5).
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c) Come giustamente rileva la ricorrente, le disposizioni sulla chiusura notturna degli esercizi pubblici costituiscono misure di polizia in senso stretto, destinate a tutelare l'ordine e la tranquillità pubblici, segnatamente la quiete notturna (RU 97 I 503 consid. 3, 505 consid. 4 c). Riservate dalla LF sul lavoro al diritto cantonale e comunale (art. 71 lett. c LF), simili restrizioni sono compatibili con la libertà di commercio e d'industria in virtù dell'art. 31 cpv. 2 CF, a condizione di uniformarsi ai principi costituzionali della legalità, dell'interesse pubblico, della proporzionalità e dell'uguaglianza di trattamento (RU 97 I 506 e rif., 505 consid. 4a e rif., 635 e rif.; 98 Ia 400 consid. 2). La base legale per la concessione di deroghe all'orario generale di chiusura degli esercizi pubblici stabilito dall'art. 36 cpv. 1 LEP è costituita, come la ricorrente non contesta, dal capoverso secondo dello stesso disposto. La ricorrente non contesta neppure che le esigenze del turismo, riconosciute dal Dipartimento di polizia, costituiscono un interesse pubblico e che esso giustifica, nel caso di Ascona, delle deroghe. Come già si è visto al consid. 3, essa sostiene però che, in virtù del principio dell'uguaglianza di trattamento garantito dall'art. 31 CF, se l'interesse pubblico del turismo esige la proroga dell'orario di chiusura tale proroga non può che valere indistintamente per tutti gli esercenti della medesima categoria. Questo ragionamento non può esser condiviso.
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L'autorità è chiamata a confrontare, nello specifico caso, due interessi pubblici antitetici, ch'essa deve contemperare. Da un lato, l'ordine pubblico ed in particolare la quiete notturna, che si tratta di salvaguardare anche nelle cosiddette località turistiche, non solo nell'interesse della popolazione locale, ma nello stesso interesse dei turisti, ai quali pure devono garantirsi l'indispensabile tranquillità ed il riposo notturni. Dall'altro lato, l'interesse turistico può esigere che gli esercizi pubblici restino, per un certo lasso di tempo, accessibili anche dopo la mezzanotte. Una località di svago e di vacanza come Ascona attira nella bella stagione une folla di ospiti. Liberi da preoccupazioni di lavoro, invogliati dalle condizioni climatiche, un certo numero di essi può ragionevolmente desiderare di prolungare oltre il costume la serata, senza per questo dover necessariamente far capo ai locali notturni veri e propri, notoriamente più cari e d'altronde non del gusto di ognuno. Come la ricorrente neppure seriamente contesta, gli ospiti che restano alzati oltre la mezzanotte e frequentano i locali pubblici costituiscono però solo una frazione dell'intera popolazione turistica. Per soddisfare le loro esigenze, basta l'apertura di una parte soltanto dei locali pubblici. Questa deroga limitata, mentre soddisfa le esigenze di una stazione turistica, non compromette d'altra parte neppure la quiete notturna in misura maggiore di quanto lo farebbe l'indiscriminata chiusura di tutti gli esercizi alla mezzanotte, che avrebbe verosimilmente per conseguenza l'aumento dei nottambuli sulla pubblica via. Da ciò viene che la proroga eccezionale di orario entra in considerazione solo per un limitato numero di esercizi di ogni singola categoria. Quanti esercizi siano a tal uopo necessari è questione che rientra nel tipico apprezzamento dell'autorità cantonale, che meglio del Tribunale federale conosce la situazione locale. Quest'apprezzamento dei fatti può esser sindacato dal Tribunale federale solo in caso di manifesto abuso, cioè d'arbitrio (RU 95 I 554, 98 Ia 376 consid. 4, con riferimenti). Ora, in sostanza, la ricorrente neppure sostiene, nè tantomeno dimostra, che gli esercizi pubblici, cui è già accordata la proroga di orario, non siano per numero e categoria bastanti al soddisfacimento della richiesta che è tutelata dall'interesse turistico: i suoi argomenti sono basati, come si è visto, unicamente sull'uguaglianza di trattamento, su cui si tornerà oltre. Si deve pertanto concludere che, nella ponderazione di principio degli antitetici interessi pubblici, l'autorità cantonale non ha violato la libertà di commercio, ammettendo che gli interessi del turismo esigono un allentamento dell'orario di polizia limitatamente a un numero ristretto di locali di ogni categoria, nè è caduta nell'arbitrio nello stabilire il numero degli esercizi che giova lasciare aperti sino all'una in Ascona.
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d) La concessione di un'autorizzazione di deroga implica necessariamente una diversità di trattamento che è compatibile con il divieto della disuguaglianza insito nell'art. 31 CF unicamente in funzione dell'interesse pubblico che la giustifica. In linea di principio, non devesi infatti argomentare che la deroga giustificata da esigenze pubbliche chiami senz'altro, per l'esigenza dell'uguaglianza, altre deroghe (AUBERT, Droit constitutionnel II 1828/29). L'autorità che instaurasse una simile prassi violerebbe il principio della legalità, perchè farebbe dell'eccezione la regola e porrebbe in non essere la norma giuridica senza seguire le vie costituzionali prescritte per la sua riforma (IMBODEN, Schweiz. Verwaltungsrechtsprechung, I, n. 222, II b).
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Altre deroghe, oltre le concesse, sono imposte dal principio dell'uguaglianza a parità di condizioni: ovverossia se sono tra l'altro richieste dallo stesso pubblico interesse che ha imposto o giustificato le prime. Soddisfatte le pubbliche esigenze, ulteriori deroghe non possono esser giustificate da alcun interesse pubblico, e sarebbe pertanto illegittimo accordarle.
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e) Se determinati interessi pubblici comportano una disparità di trattamento, ciò non significa però ancora che il principio dell'uguaglianza non possa più trovare alcuna applicazione. Tale sarà il caso soltanto nella misura in cui l'autorizzazione porta alla costituzione di una situazione stabile e definitiva. Cosi, ad esempio, se per le esigenze della sicurezza del traffico si deve ritenere che, su un determinato tronco stradale solo due stazioni di rifornimento possono esser autorizzate, l'uguaglianza di trattamento non può esser invocata per ottenere l'autorizzazione di aprirne una terza (cfr. sentenza 17 maggio 1961, pubblicata in ZBl 62, 381, consid. 2; idem sentenza 23 dicembre 1964, pubblicata in ZBl 66, p. 254; RU 83 I 150 ss); se il numerus clausus dei tassì concessionati è raggiunto, l'uguaglianza di trattamento non può imporre il rilascio di ulteriori concessioni (cfr. RU 97 I 655); se il numero degli esercizi pubblici, determinato secondo la clausola del bisogno, è raggiunto, i titolari delle patenti esistenti sono de facto privilegiati nella loro situazione acquisita. In simili circostanze, infatti, è impensabile l'istituzione di un turno, già in considerazione degli investimenti di natura duratura che i beneficiari dei permessi hanno fatto, e i principi della legalità e della sicurezza del diritto debbono avere la prevalenza. Diversa è però la situazione allorquando l'autorizzazione eccezionale di polizia, come nel caso in esame, è rilasciata per un tempo determinato e ricorrente, e la sua utilizzazione non implica, come è pacifico in causa, investimenti particolari di natura necessariamente duratura. Nel caso in esame, il Dipartimento di polizia sembra aver concesso le autorizzazioni stagionali di proroga d'orario a mano a mano che venivano inoltrate le rispettive richieste, ed aver in seguito, più o meno automaticamente, rinnovato ogni anno gli accordati permessi. Certo, una simile pratica non solleva obiezioni fintanto che il numero dei richiedenti non supera il massimo delle deroghe giustificate dal pubblico interesse. Non appena, però, i richiedenti idonei per ogni singola categoria superano per numero le deroghe accordabili, l'uguaglianza di trattamento dei concorrenti ed il principio della neutralità economica delle misure di polizia esigono l'instaurazione di una procedura che consenta di ridurre al minimo indispensabile le disuguaglianze e di contenere, se non eliminare, le situazioni di privilegio. Il rinnovo continuato delle autorizzazioni accordate per le precedenti stagioni non può esser nel caso concreto giustificato con criteri di priorità (cfr. AUBERT, Droit constitutionnel n. 1828): in ogni stagione si tratta infatti di accordare un certo numero di autorizzazioni di deroga ad alcuni fra i postulanti ritenuti idonei, che debbono esser posti su un piede d'uguaglianza.
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Non spetta al Tribunale federale dire se, in concreto, debba prevedersi un turno entro la stagione stessa (ad una simile soluzione potrebbero, ad esempio, far ostacolo motivi inerenti al controllo di polizia, o motivi inerenti all'impiego del personale), o se il turno debba estendersi all'intera stagione sull'arco di vari anni.
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Si potrebbe invero obiettare che la soluzione prospettata potrebbe esser fonte di complicazioni o disagi amministrativi: tali difficoltà non debbono però esser sopravvalutate, se si avverte che l'esigenza di una procedura del genere diventa attuale solo a partire dal momento in cui il numero dei postulanti idonei supera quello delle deroghe accordabili e che ciò si verifica, come è presumibile, solo in talune località particolarmente sviluppate dal punto di vista turistico.
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Nel senso precisato, le critiche della ricorrente sono legittime, e l'autorità cantonale dovrà in avvenire uniformarsi a codesti principi. Ciò non comporta l'ammissione del ricorso, poichè, nelle circostanze concrete, il Dipartimento non poteva far altro che negare il richiesto permesso, ma comporta la reiezione ai sensi dei considerandi.
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