BGE 100 Ia 157 | |||
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23. Sentenza 22 maggio 1974 nella causa Società di Banca Svizzera contro Comune di Chiasso. | |
Regeste |
Baurecht; Vorwirkung eines Bebauungsplanes; Eigentumsgarantie, Art. 22ter BV; Gesetzesdelegation; Grundsatz der Übereinstimmung der Formen. | |
Sachverhalt | |
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A.- La Società di Banca Svizzera presentava nel settembre 1972 un progetto preliminare relativo ad un ampliamento del proprio stabile amministrativo e commerciale a Chiasso. Il 10 ottobre 1972 il Municipio di Chiasso non accettava il progetto, non perchè contrastante con il diritto edilizio comunale allora vigente, bensi perchè la Commissione delle bellezze naturali si rifiutava, secondo il Municipio, di riconoscere ulteriormente le disposizioni del regolamento edilizio comunale e respingeva ogni progetto che non si uniformasse ad un indice di occupazione.
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Il 24 maggio 1973 la Società di Banca Svizzera presentava al Municipio una domanda intesa ad ottenere la licenza di costruzione definitiva. Questa le era rifiutata il 29 maggio 1973 dal Municipio, non rispettando il progetto gli indici di occupazione e di sfruttamento previsti dal deposto PR.
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B.- Aggravatasi vanamente presso il Consiglio di Stato del cantone Ticino, la Società di Banca Svizzera ricorreva al Tribunale cantonale amministrativo, facendo valere che la licenza edilizia non poteva essere rifiutata in anticipata applicazione di un PR non ancora in vigore.
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Il Tribunale cantonale amministrativo respingeva il gravame. Esso rilevava che il PR e le norme che lo integrano assumono, in virtù dell'art. 36 cpv. 2 della legge edilizia cantonale (LE), efficacia provvisoria, e sono pertanto applicabili a partire dal momento in cui il Municipio ha depositato pubblicamente tali atti.
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C.- Con tempestivo ricorso di diritto pubblico per violazione degli art. 4 e 22ter CF, la Società di Banca Svizzera ha chiesto al Tribunale federale di annullare l'impugnata decisione e di rinviare gli atti al Municipio di Chiasso perchè rilasci la licenza.
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Il Tribunale federale ha accolto il ricorso ai sensi dei considerandi.
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Considerando in diritto: | |
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"Il piano regolatore entra in vigore con l'approvazione del Consiglio di Stato.
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Il piano regolatore dev'essere presentato dal comune all'approvazione del Consiglio di Stato al più tardi entro sei mesi dall'inizio del suo deposito, in difetto di che decade l'efficacia provvisoria conferita dal presente articolo al piano cosi pubblicato.
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Il Consiglio di Stato, su istanza motivata, può accordare al comune due proroghe di sei mesi ciascuna.
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L'istanza deve essere presentata un mese prima della scadenza dell'efficacia provvisoria del piano.
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Il Consiglio di Stato decide sul piano al più tardi entro sei mesi dalla sua presentazione."
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In conformità con i principi generali sanciti dalla legge organica comunale (LOC) in materia di diritto autonomo comunale (art. 12, 35, 159 LOC), anche il PR deve esser adottato dal legislativo comunale (Assemblea o Consiglio comunale, art. 29, 30 LE) e poi approvato dal Consiglio di Stato (art. 32, 33 LE). L'approvazione è condizione di validità ed ha effetto costitutivo; solo con essa, come dispone espressamente l'art. 36 cpv. 1 LE, il PR entra in vigore (cfr. RU 89 I 25).
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a) La giurisprudenza del Tribunale federale si è sin qui occupata unicamente di quell'effetto anticipato (Vorwirkung) che è di natura puramente negativa, in quanto si limita a paralizzare l'applicazione del diritto attuale sino all'entrata in vigore del diritto futuro. Nel campo specifico del diritto edilizio e pianificatorio questo istituto si riscontra nelle due forme del blocco edilizio e del rinvio della decisione sulla domanda di costruzione (cfr. sentenza odierna nella causa AG für Hypothekaranlagen c. Ticino, consid. 3b). Il Tribunale federale ha ribadito che tale effetto anticipato, di natura negativa, esige, come le altre restrizioni della proprietà, una base legale (RU 89 I 481/82; 99 Ia 485 consid. 3; sentenza inedita del 19 dicembre 1973 in re Naef c. Ginevra; sentenza odierna nella causa AG für Hypothekaranlagen c. Ticino, consid. 3b).
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b) Per contro il Tribunale federale non si è sin qui prononciato sull'ammissibilità di un effetto anticipato positivo quale quello sancito dall'art. 36 cpv. 2 LE.
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Nelle sentenze (inedite) che hanno tratto a questa specifica disposizione del diritto ticinese (Gartmann, del 26 gennaio 1966; Magri, del 4 ottobre 1967; Dalcol, del 4 giugno 1969) l'efficacia provvisoria del PR non era posta in discussione; anche nella causa AG für Hypothekaranlagen c. Ticino il quesito della costituzionalità di principio della soluzione adottata dal legislatore ticinese è stato lasciato aperto (v. sentenza cit., consid. 2c, cc).
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c) Gli accenni, che su tale questione si trovano nell'ulteriore giurisprudenza, sono tutti negativi.
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Così, in RU 89 I 24/25 il Tribunale federale ha escluso potessero applicarsi ad una domanda di licenza edilizia disposizioni comunali concernenti lo sfruttamento che, adottate dal legislativo comunale, non avevano trovato approvazione presso il Governo cantonale, ancorchè il rifiuto d'approvazione fosse intervenuto per motivi formali e non sostanziali. In RU 89 I 472 il Tribunale federale ha laconicamente ribadito che il diritto non ancora in vigore non può costituire fondamento dell'intervento statale; in RU 99 Ia 342 esso ha definito dubbia - con riferimento a RU 89 I 24/25 - la possibilità di applicare norme edilizie già adottate dal legislativo comunale, ma non ancora sanzionate dall'approvazione governativa, intervenuta più tardi.
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d) Certo, in tutti i casi testè citati, il diritto cantonale non conteneva però una norma singolare ed esplicita quale l'art. 36 cpv. 2 della legge edilizia ticinese.
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Tuttavia, neppure l'esistenza di una simile disposizione esplicita può fondare la costitutionalità del sistema adottato dal legislatore ticinese.
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Secondo l'art. 22ter CF, le restrizioni della proprietà debbono esser istituite "in via legislativa" ("auf dem Wege der Gesetzgebung" "par voie législative"). Ciò significa innanzitutto ch'esse debbono fondarsi su una legge in senso materiale, ossia una norma generale ed astratta che stabilisca diritti ed obblighi degli amministrati. Inoltre, è necessario che tale norma emani dall'organo competente secondo le regole del diritto pubblico: se non si tratta del costituente o del legislatore federale o cantonale, oppure del legislatore comunale a ciò autorizzato da una norma di riparto delle competenze, bensì di un'autorità esecutiva, occorre che questa possa fondarsi su una delegazione legislativa (RU 98 Ia 591 e rif.). In materia di delegazione legislativa un certo rigore è indispensabile: se la riserva della legge, espressamente prevista dall'art. 22ter CF, non deve svuotarsi di ogni senso, occorre che la legge formale definisca in quale maniera l'organo delegato deve usare del potere delegatogli, precisandone l'oggetto, lo scopo ed i limiti (RU 98 Ia 110; 98 Ia 592 e rif.). Ora, sino a quando non è stato adottato dal legislativo comunale (assemblea comunale, oppure consiglio comunale con possibilità di referendum, cfr. art. 57 e 12 della legge organica comunale) ed approvato dal Consiglio di Stato, il piano regolatore, così com'è uscito dalle deliberazioni del Municipio, cioè dell'esecutivo, costituisce un semplice progetto. L'art. 36 cpv. 2 LE, che lo dichiara obbligatorio, sia pure in via transitoria, sin dal momento in cui il Municipio, dopo averlo approvato, ne ha ordinato il deposito, conferisce in effetti all'esecutivo il potere di istituire e di applicare, nel periodo intercorrente tra la pubblicazione del PR e la sua definitiva entrata in vigore o la sua reiezione, restrizioni della proprietà, la cui natura intrinseca non è, neppur sommariamente e nelle grandi linee, precisata nella legge formale. Non solo l'esecutivo è facoltizzato ad elaborare ed applicare una nuova disciplina edilizia di contenuto indeterminato, ma, correlativamente, per il tramite dell'art. 36 cpv. 2 LE, esso acquisisce il potere di abrogare - sia pure transitoriamente - la legislazione edilizia anteriore, adottata dal legislativo comunale e sanzionata dal Consiglio di Stato, che contrastasse con il disegno elaborato dal Municipio.
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Nella misura in cui l'art. 36 cpv. 2 LE equivale ad una delega in bianco del potere legislativo all'esecutivo comunale, esso è contrario ai principi costituzionali in materia di delegazione, e viola l'art. 22ter CF (RU 98 Ia 592 e rif.); nella misura in cui conferisce implicitamente all'esecutivo il potere di metter fuori corso la legislazione vigente, esso viola inoltre il precetto costituzionale del parallelismo delle forme, secondo cui la revisione di norme legislative ha da procedere nel rispetto della forma necessaria per la loro adozione (RU 94 I 36 a e rif.; 98 Ia 109 consid. 2).
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Inoltre, la forma di effetto anticipato adottata dal legislatore ticinese compromette gravemente il postulato della sicurezza del diritto: ciò appare con particolare evidenza quando si avverta che, ove il progetto di PR non trovi grazia presso il legislativo comunale o l'esecutivo cantonale (il quale, oltretutto, deve pronunciarsi sui ricorsi contro di esso inoltrati, con facoltà di aggravio ulteriore al Gran Consiglio sulla questione dell'utilità pubblica, cfr. art. 33 LE), le costruzioni nell'intervallo autorizzate dal Municipio sulla scorta di disposizioni di durata effimera non potrebbero più esser rimosse.
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Le censure della ricorrente appaiono pertanto fondate nella misura in cui il Tribunale amministrativo ha ritenuto che il Municipio di Chiasso potesse rifiutare la licenza in applicazione di un semplice progetto di Piano Regolatore.
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7. Il Tribunale federale non può quindi ordinare all'autorità comunale di accordare il permesso di costruzione. Non solo, come s'è visto, resta da vedere se non entri in linea di conto una sospensione della decisione sulla domanda edilizia, ma, quand'anche la risposta su tale punto fosse negativa, l'autorità comunale dovrebbe ancora appurare se il progetto sia conforme al regolamento edilizio vigente.
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