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53. Estratto della sentenza 7 marzo 1979 della I Corte di diritto pubblico nella causa Reiter c. Consiglio di Stato del Cantone Ticino (ricorso di diritto pubblico) | |
Regeste |
Art. 30 ZGB, Art. 4 BV; Änderung des Familiennamens eines Minderjährigen, Anspruch auf rechtliches Gehör. | |
Sachverhalt | |
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Con ricorso di diritto pubblico del 24 novembre 1978 fondato sulla violazione degli art. 4 Cost. e 30 cpv. 3 CC, Joseph Karl Reiter, padre del defunto e nonno di Paula Virginia, ha impugnato la decisione del Consiglio di Stato, chiedendo al Tribunale federale di annullarla e di rinviare gli atti al Governo per nuovo giudizio ai sensi dei considerandi.
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Considerando in diritto: | |
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a) Secondo costante giurisprudenza del Tribunale federale, il padre ha il diritto, immediatamente sgorgante dall'art. 4 Cost., di prender conoscenza d'una domanda volta al cambiamento del cognome di suo figlio e di potersi quindi esprimere al riguardo (v. DTF 99 Ia 562 /563 consid. 1; DTF 97 I 622 consid. 3; DTF 89 I 155 consid. 2; DTF 83 I 239 /240; DTF 76 II 342 consid. 2). Ai fini del giudizio, è pertanto litigiosa la questione di sapere se codesto indiscusso diritto appartiene anche al nonno paterno, allorché il padre è premorto all'atto della presentazione dell'istanza.
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In una sentenza del 2 novembre 1950, peraltro richiamata dal ricorrente nel gravame (DTF 76 II 337, 342 consid. 2), la Seconda Corte civile del Tribunale federale ha in effetti stabilito che, in mancanza dei genitori, il citato diritto di esprimersi passa ai nonni ![]() | 6 |
b) Nel caso concreto, tenendo conto della situazione attuale della famiglia nella società umana, ci si deve senz'altro attenere alla giurisprudenza più recente, illustrata in DTF 97 I 619 e segg.
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I casi più frequenti di cambiamento del nome riguardano palesemente i figli di genitori divorziati attribuiti alla madre, che esercita l'autorità parentale, cosicché, dal profilo dello sviluppo psichico del bambino, è senz'altro preferibile dare al figlio lo stesso cognome della madre. Anche in quest'ambito, si deve però tener conto delle relazioni avvenire fra padre e figlio, ed è per questo motivo che la prassi ha riconosciuto al genitore la facoltà di esprimersi sul prospettato cambiamento in virtù del diritto d'essere sentito immediatamente dedotto dall'art. 4 Cost. Basti pensare che il padre non deve limitarsi a pagare al figlio toltogli il contributo per il mantenimento, ma ha anche il diritto di conservare col figlio minorenne le relazioni personali indicate dalle circostanze (art. 156 cpv. 2, 273 CC); d'altro canto, sussiste pur sempre la possibilità che l'autorità parentale sia in seguito trasferita al padre per giusti motivi, soprattutto in caso di morte della madre o se quest'ultima dev'essere privata della patria potestà (v. DTF 97 I 622 /623 consid. 4 a; DTF 82 II 474). Diversa è invece la situazione allorché il figlio di genitori divorziati raggiunge la maggiore età poiché in tal caso codesti problemi più non si ![]() | 8 |
Ora, i principi testé esposti, debitamente adattati, debbono valere anche nella fattispecie concreta. In primo luogo, si deve quindi costatare che, dal profilo giuridico, non vi sono fra nonno e nipote doveri vicendevoli, legami personali od obblighi di mantenimento che possano esser equiparati a quelli che sussistono invece fra padre e figlio: né il diritto successorio (art. 457 e 459 CC), né il dovere d'assistenza tra parenti (art. 328 CC), che tendono a regolare in sostanza relazioni di tipo patrimoniale, hanno infatti carattere eminentemente personale e per rispetto alla questione posta s'avverano quindi ininfluenti. L'opinione contraria, non motivata, difesa certo dalla Seconda Corte civile nel 1950, si giustificava d'altronde per le particolarità che caratterizzavano a quell'epoca i nuclei famigliari, ove le relazioni personali ed i legami fra parenti in genere erano molto più intensi. Al giorno d'oggi, questi legami si sono invece allentati, e le grandi famiglie di tipo patriarcale dove i nonni ancora convivono con tutti i loro discendenti sono diventate ormai una rara eccezione. Comunque sia, tanto dal profilo giuridico che da quello sociale, non vi sono fra nonno e nipote vincoli particolari o speciali che giustificano l'eventuale estensione del diritto d'essere sentito, riconosciuto per contro al padre in caso di cambiamento del nome di suo figlio attribuito alla madre in sede di divorzio (cfr. ancora DTF 97 I 621 /622 consid. 3; DTF 89 I 155 consid. 2; DTF 83 I 239). Certo, il nonno potrà anche opporre al prospettato mutamento argomenti comprensibili e soprattutto degni di considerazione, quali la pietà e il rispetto verso il figlio morto o il desiderio di veder perdurare il proprio casato: trattasi tuttavia di motivi che si situano sul piano affettivo eccedendo il campo del diritto e che, per conseguenza, non consentono al nonno di prevalersi d'un interesse giuridico meritevole di tutela nell'ambito della relativa procedura. Secondo le moderne concezioni, è invece determinante in questo contesto l'interesse del bambino, che le competenti autorità debbono considerare d'ufficio in virtù dell'art. 30 cpv. 1 CC, e contrapporre poi, paragonandolo, all'interesse pubblico o sociale volto al mantenimento del precedente cognome ![]() | 9 |
c) Ne discende che la mancata consultazione del ricorrente in merito alla domanda di cambiamento di nome della di lui abiatica non ha comportato in casu alcuna violazione del diritto d'essere sentito assicurato al cittadino dall'art. 4 Cost. Il ricorso di diritto pubblico s'appalesa di conseguenza infondato e, nella misura in cui è ricevibile, dev'essere respinto.
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