BGE 119 Ia 378 | |||
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45. Estratto della sentenza della II Corte di diritto pubblico del 5 novembre 1993 nella causa X, Y e Z e rispettivi Consorti c. Consiglio di Stato del Cantone Ticino (ricorso di diritto pubblico) | |
Regeste |
Verfassungsmässigkeit eines Dekrets, welches zur Begrenzung der unerwünschten Auswirkungen des Grenzverkehrs zur Versorgung von Motorfahrzeugen mit Benzin die Öffnungszeiten der Tankstellen einschränkt. |
Auch Art. 2 ÜbBest.BV ist nicht verletzt; dabei ist nicht entscheidend, ob der angefochtene Hoheitsakt als Vollzugsmassnahme zum Bundesgesetz über den Umweltschutz, als vorläufig - bis zur Inanspruchnahme der bundesrätlichen Verordnungskompetenz - erlassenes kantonales Umweltrecht oder aber als selbständiges kantonales Recht zu betrachten ist (E. 9). | |
Sachverhalt | |
Il 10 dicembre 1991 il Gran Consiglio ticinese, richiamandosi alla legge federale sulla protezione dell'ambiente, del 7 ottobre 1983 (LPA; RS 814.01; segnatamente agli art. 11 e 65), all'ordinanza federale contro l'inquinamento atmosferico, del 16 dicembre 1985 (OIAt; RS 814.318.142.1; segnatamente agli art. 2 cpv. 5, 32 e 33), nonché all'ordinanza federale contro l'inquinamento fonico, del 15 dicembre 1986 (OIF; RS 814.41), ha adottato il decreto legislativo riguardante la riconduzione e la modifica parziale del decreto legislativo concernente la limitazione degli orari di apertura delle stazioni di distribuzione e di vendita dei carburanti nel Sottoceneri del 26 giugno 1990. Lo stesso, pubblicato sul Foglio ufficiale della Repubblica e Cantone del Ticino n. 100 del 13 dicembre 1991, aveva il seguente tenore:
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"Scopo.
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Art. 1 Il presente decreto ha lo scopo di ridurre gli inconvenienti ambientali, in particolare le emissioni foniche e di sostanze inquinanti, generati dal traffico frontaliero di approvvigionamento di carburanti per automezzi.
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Campo di applicazione.
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Art. 2 Il presente decreto disciplina la distribuzione e la vendita di carburanti nel territorio dei distretti di Mendrisio e di Lugano. Il Consiglio di Stato attende all'applicazione del decreto, tramite il Dipartimento dell'ambiente.
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Art. 3 Nei giorni feriali e alla vigilia dei giorni festivi ufficiali le stazioni di distribuzione e di vendita di carburanti possono essere aperte al più presto alle ore 06.00 e devono essere chiuse entro le ore 20.00. Al sabato le stazioni di distribuzione e di vendita dei carburanti devono chiudere entro le ore 19.00.
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Chiusura nei giorni festivi.
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Art. 4 La domenica e nei giorni festivi ufficiali, ad eccezione di quelli che immediatamente precedono o seguono la domenica, le stazioni di distribuzione e di vendita dei carburanti sono chiuse. Il giorno di S. Stefano i distributori possono essere aperti.
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Distributori automatici.
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Art. 5 Gli orari di apertura e di chiusura indicati agli art. 3 e 4 non sono applicabili ai distributori automatici, funzionanti con banconote, carte di credito e altri mezzi di pagamento, ubicati nel territorio a nord del ponte-diga di Melide. Il comprensorio del Comune di Melide è parificato alla zona che si trova a sud del ponte-diga stesso.
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Deroghe.
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Art. 6 Il Dipartimento dell'ambiente può accordare, su richiesta, permessi speciali per il rifornimento degli autoveicoli in dotazione ai servizi di pubblica utilità.
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Penalità.
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Art. 7 I contravventori sono puniti con una multa sino a fr. 5'000.--.
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Il Dipartimento dell'ambiente istruisce i casi che gli sono segnalati e decide sull'importo delle multe da infliggere. È applicabile la legge di procedura per i reati di competenza del Pretore e per le contravvenzioni.
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Entrata in vigore.
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Art. 8 Trascorsi i termini per l'esercizio del diritto di referendum, il presente decreto è pubblicato nel Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi. Il Consiglio di Stato ne fissa la data di entrata in vigore. Il decreto decade due anni dopo la sua entrata in vigore."
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Decorso infruttuoso il termine di referendum, il Consiglio di Stato ha fissato l'entrata in vigore del decreto al 1o marzo 1992 e lo ha pubblicato sul Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi del Cantone Ticino del 24 gennaio 1992 (n. 5).
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L'atto legislativo sostituiva il precedente decreto del 26 giugno 1990, scaduto il 31 maggio 1991, al quale era sostanzialmente identico, salvo qualche eccezione. Entrambi i decreti modificavano, per i distretti di Mendrisio e di Lugano, gli orari di apertura delle stazioni di distribuzione e di vendita dei carburanti, disciplinati dalla legge cantonale sul lavoro, dell'11 novembre 1968 (Llav). Secondo quest'ultima, gli esercizi citati possono rimanere in esercizio sino alle 23.00 la domenica e i giorni festivi (art. 20 cpv. 2 lett. d) come pure il sabato e la vigilia dei giorni festivi (art. 21 cpv. 1 lett. e); gli altri giorni feriali essi vanno invece chiusi alle 22.00 (art. 21 cpv. 1 lett. e).
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Il 24 febbraio 1992 i ricorrenti menzionati in epigrafe hanno impugnato il citato decreto dinanzi al Tribunale federale con tre ricorsi di diritto pubblico, nei quali chiedono il suo annullamento. Fanno valere la violazione degli art. 4 e 31 Cost. nonché 2 Disp.trans.Cost. Il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha concluso alla reiezione del ricorso. L'istanza contenuta nel gravame volta a conferire allo stesso effetto sospensivo è stata respinta con decreto presidenziale del 30 marzo 1992.
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Il Tribunale federale ha respinto i ricorsi nella misura in cui li ha ritenuti ammissibili.
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Dai considerandi: | |
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b) La libertà di commercio e d'industria assicura a ogni persona il diritto di esercitare a titolo professionale un'attività privata volta al conseguimento di un guadagno o di un reddito (DTF 118 Ib 356 consid. 4c pag. 363, DTF 116 Ia 118 consid. 3 pag. 121). È quindi pacifico che la misura impugnata, che restringe gli orari durante i quali sono ammesse la distribuzione e la vendita di carburante, limita il citato diritto costituzionale. Nondimeno, l'art. 31 cpv. 2 Cost. conferisce ai Cantoni il diritto di emanare prescrizioni sull'esercizio del commercio e dell'industria, alle condizioni precisate dalla giurisprudenza. Affinché tali premesse siano soddisfatte, le restrizioni cantonali devono fondarsi su di una base legale, devono essere sorrette da un interesse pubblico predominante e vanno limitate - conformemente al principio della proporzionalità - a quanto necessario per realizzare gli scopi d'interesse pubblico perseguiti. Devono inoltre rispettare il principio della parità di trattamento tra concorrenti.
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Esse non possono però perseguire fini di natura politica economica: non devono cioè intervenire nel gioco della libera concorrenza per favorire certi rami d'attività lucrativa o per dirigere l'attività economica secondo un piano prestabilito. Possono invece tendere, tra l'altro, alla tutela della salute, della sicurezza, dell'ordine, della quiete e della moralità pubblica (DTF 118 Ia 175 consid. 1 pag. 176, 117 Ia 440 consid. 2 pag. 445 entrambi con rinvii).
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b) Scopo del decreto è quello di ridurre gli inconvenienti ambientali, in particolare le emissioni foniche e di sostanze inquinanti, generati dal traffico frontaliero di approvvigionamento di carburanti per automezzi (cfr. art. 1 dell'atto legislativo in questione). Esso non persegue dunque fini di natura politica economica, ma tende a tutelare la salute e la quiete pubblica: è quindi compatibile con quanto sancito dall'art. 31 Cost. (consid. 4b). Non vanno discussi in quest'ambito i quesiti di sapere se la misura sia atta a perseguire il fine menzionato, se essa sia adeguata e, infine, se tra le restrizioni imposte e i benefici ottenuti vi sia un rapporto ragionevole: tali questioni concernono infatti la proporzionalità del provvedimento.
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c) In merito all'adempimento di quest'ultima esigenza, i ricorrenti fanno valere che il decreto è inidoneo a migliorare la situazione di degrado ambientale esistente nel Cantone Ticino. Anzi, a loro avviso, esso sarebbe persino controproducente: favorirebbe l'incremento del traffico durante le ore di apertura meno estese delle stazioni di rifornimento; motiverebbe, inoltre, gli automobilisti di oltre confine a intraprendere viaggi più lunghi, onde rifornirsi di carburante in zone non colpite dal provvedimento. I ricorrenti negano poi che esista un rapporto ragionevole tra gli inconvenienti, certi, legati all'adozione del decreto e i benefici, incerti, che dalla normativa ci si attende: il Cantone non ha infatti dimostrato un miglioramento della situazione ambientale. Per converso, sarebbero sicuri gli inconvenienti per i titolari delle stazioni di benzina, per gli utenti e, non da ultimo, per la finanza pubblica, che beneficia di minori introiti derivanti dai tributi prelevati sui carburanti.
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b) Al proposito va rilevato che è notorio - e a giusta ragione non è negato dai ricorrenti - che in Ticino la situazione ambientale è precaria e che i valori limite di immissione fissati dall'ordinanza contro l'inquinamento atmosferico sono regolarmente superati (cfr. pure RDAT 1991 1 pag. 70, consid. 6a pag. 77). Inoltre, secondo il Messaggio n. 3804 del 2 luglio 1991, riguardante il decreto contestato, in molte zone erano sovente sorpassati anche i limiti fissati dall'ordinanza contro l'inquinamento fonico. A tal proposito l'incarto non contiene dati precisi; nondimeno, la comune esperienza di vita permette di ritenere che l'intenso traffico presente in numerosi centri urbani doveva provocare un inquinamento fonico elevato. In simili condizioni, sussisteva un eminente interesse pubblico ad adottare ogni misura atta a favorire il miglioramento della qualità dell'aria e a garantire alla popolazione la necessaria quiete.
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7. a) I ricorrenti negano che il decreto litigioso abbia effetti benefici sull'igiene dell'aria. L'autorità cantonale contesta tale tesi: fondandosi su misurazioni della qualità dell'aria effettuate nel Comune di Chiasso, afferma che la misura ha comportato una diminuzione dei carichi inquinanti presenti nell'atmosfera, perlomeno durante le ore serali e notturne. Essa ritiene particolarmente significative le misurazioni effettuate dal 1o dicembre al 28 febbraio, negli anni 1990-1992. Le relative tabelle, concernenti le rappresentazioni dei carichi inquinanti durante un giorno feriale medio, mostrano che nei diversi anni, in sostanza, la situazione è immutata dalla mattina sino alle 18.30. Da allora in poi, le curve, per quanto concerne le concentrazioni di monossido di azoto e di monossido di carbonio, evidenziano carichi di sostanze inquinanti notevolmente più bassi nel periodo in cui era in vigore il decreto del 26 maggio 1990 (sostanzialmente identico a quello attuale). Per converso, la concentrazione di anidride solforosa presente nell'aria - dovuta principalmente agli impianti di riscaldamento, e non al traffico veicolare - non mostra un particolare cambiamento di tendenza durante le ore serali.
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b) I dati esposti depongono in favore delle tesi dell'esecutivo cantonale. Nondimeno va riconosciuto che una valutazione degli effetti della misura sui carichi inquinanti presenti nell'atmosfera è complessa. Le concentrazioni di sostanze inquinanti presenti nell'aria dipendono, infatti, dall'azione congiunta di disparate fonti così come dalle condizioni climatiche. Inoltre, in concreto, ci si può chiedere se il punto di misurazione scelto sia sufficientemente rappresentativo per trarre delle conclusioni attendibili concernenti tutta la regione interessata dal provvedimento. Simili incertezze sono tuttavia irrilevanti. Per la soluzione della vertenza, è decisivo il fatto, innegabile, che bloccando il massiccio afflusso di autoveicoli provenienti dall'estero, il decreto contestato ha diminuito nelle ore serali e durante i giorni festivi il rumore e gli odori legati al traffico in numerosi centri urbani, garantendo in tal modo alla popolazione la necessaria tranquillità. Ciò che certamente può spiegare la valutazione positiva della misura espressa dal 90% dei Comuni interessati (cfr. rapporto della Commissione della legislazione n. 3804, del 15 novembre 1991, concernente il decreto litigioso, pag. 5). Il raggiungimento di un simile obbiettivo permette di ritenere che la misura sia adeguata al perseguimento dello scopo prefisso. Va del resto osservato che la salvaguardia della quiete pubblica costituisce uno dei fini tipici delle misure di limitazione degli orari di apertura dei negozi [cfr. DTF 100 Ia 47 consid. 4c pag. 49, DTF 97 I 499 consid. 3b pag. 503; ZBl 88 (1987) pag. 453 consid. 5b].
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c) Relativamente al rapporto esistente tra il fine perseguito e il mezzo impiegato (proporzionalità in senso stretto), va innanzitutto rilevato che gli orari di apertura di cui le stazioni di benzina beneficiavano giusta l'art. 21 cpv. 1 lett. e Llav rappresentavano un privilegio nei confronti delle altre imprese, le quali, di regola, dispongono di orari di apertura più ristretti (chiusura alle 18.30 dal lunedì al venerdì e alle 17.00 al sabato). Pur considerando gli importanti interessi economici legati alla vendita di carburante, la scelta del legislatore ticinese di levare, parzialmente (le pompe di benzina devono chiudere entro le 20.00, le 19.00 al sabato), tale privilegio non può affatto essere ritenuta sproporzionata. L'esigenza di garantire alla popolazione, quantomeno, la necessaria tranquillità giustifica pienamente la restrizione imposta ai titolari delle stazioni di rifornimento di carburante, i quali continueranno comunque a disporre di orari di apertura sufficientemente ampi da permettere l'esercizio di un'attività redditizia. Va poi osservato che il decreto impugnato è stato limitato geograficamente (distretti di Mendrisio e di Lugano) e temporalmente (due anni). In tal modo si è cercato di ridurre al minimo le ripercussioni economiche della misura, evitando di colpire, inutilmente, delle regioni non soggette in modo massiccio al cosiddetto fenomeno del pendolarismo del pieno e garantendo, in tempi brevi, la verifica dell'opportunità del mantenimento dell'atto legislativo. Si è dunque, correttamente, tenuto conto del fatto che il fenomeno combattuto con il decreto è dovuto a fattori economici che possono essere soggetti a repentini mutamenti (aumento dei tributi sulla benzina in Svizzera, svalutazione della lira italiana nei confronti del franco). Del resto, dall'entrata in vigore del decreto a oggi, l'acquisto in Svizzera di carburante ha già perso notevolmente di attrattività. La differenza di prezzo attualmente esistente è tuttavia ancora tale da non porre in dubbio la costituzionalità della misura adottata.
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b) Nella fattispecie non è necessario valutare se l'invocato principio dell'uguaglianza di trattamento tra concorrenti scaturisca direttamente dall'art. 31 Cost. né se esso abbia una portata più estesa del diritto garantito dall'art. 4 Cost. (cfr. in proposito DTF 116 Ia 237 consid. 3b pag. 241, 345 consid. 5 pag. 348, DTF 112 Ia 30 consid. 3 pag. 34). Basta in effetti osservare che, comunque sia, il principio invocato impone unicamente che fattispecie giuridicamente uguali siano trattate in modo uguale e fattispecie giuridicamente diverse in modo diverso. Esso non vieta che, sul piano legislativo, vengano effettuate delle distinzioni, ma richiede che le stesse siano giustificate da ragioni serie e obbiettive (DTF 118 Ib 241 consid. 4c pag. 248, DTF 117 Ia 97 consid. 3a pag. 101, DTF 102 Ia 533 consid. 11e pag. 547).
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c) In concreto il decreto contestato intende lottare contro i comprensibili inconvenienti derivanti dal pendolarismo del pieno (non solo il peggioramento dell'igiene dell'aria ma anche gli odori molesti ed i rumori legati al traffico, nonché la diminuita sicurezza sulle strade; cfr. Messaggio n. 3804 del 2 luglio 1991 concernente il decreto in questione): è quindi evidente che esso debba espletare i suoi effetti là dove tale fenomeno è particolarmente intenso, e non su tutto il territorio cantonale. Una soluzione diversa non opererebbe distinzioni necessarie tra fattispecie giuridicamente diverse: violerebbe pertanto il divieto della disparità di trattamento. Per quanto riguarda la determinazione dei confini delle regioni sottoposte a regolamentazioni diverse, va osservato che la loro fissazione dipende essenzialmente da circostanze locali che il legislatore cantonale meglio conosce del Tribunale federale. Limitando la validità del decreto a sud del Monte Ceneri, l'autorità cantonale non ha per nulla ecceduto il proprio margine di apprezzamento. La distanza tra il Sopraceneri e i principali valichi doganali poteva, in effetti, essere ritenuta sufficiente per scoraggiare i cosiddetti pendolari del pieno. Anche la possibilità di mantenere in servizio i distributori automatici siti a nord del ponte-diga di Melide poggia su ragioni serie e oggettive: la minor attrattività dei distributori automatici e la distanza di circa 20 km dal confine di Chiasso-Brogeda permettono infatti di ritenere che una tale deroga non contravvenga allo scopo del decreto. D'altro canto, il traffico frontaliero di approvvigionamento di carburanti proveniente dal valico di Ponte Tresa non risulta aver provocato i medesimi inconvenienti di quelli riscontratisi nel Mendrisiotto. Il fatto che da tale valico sia possibile accedere direttamente in una regione in cui i distributori automatici possono continuare a funzionare anche la notte non costituisce pertanto un'inammissibile disparità di trattamento.
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9. I ricorrenti sollevano infine la violazione del principio della forza derogatoria del diritto federale, sancito all'art. 2 Disp.trans.Cost. Chiamato a pronunciarsi sull'asserita violazione della disposizione menzionata, il Tribunale federale esamina, con piena cognizione, se l'ordinamento di diritto cantonale impugnato sia compatibile con il diritto federale di ogni livello. Il principio invocato vieta, infatti, ai Cantoni di legiferare in materie che sono già state disciplinate in modo esaustivo dalla Confederazione, di eludere il diritto federale o, infine, di contraddirne il senso o lo spirito (DTF 118 Ia 299 consid. 3a pag. 301 con rinvii). Orbene, nella fattispecie, il decreto litigioso non elude certo il senso o lo spirito della legge sulla protezione dell'ambiente; anzi, esso cerca semmai di concretizzarne il fine che consiste, tra l'altro, nel proteggere l'uomo dagli effetti dannosi e molesti (cfr. art. 1 cpv. 1 LPA). Resta pertanto da esaminare se l'atto impugnato violi disposizioni di diritto federale o se il Cantone abbia voluto regolare una materia disciplinata in modo esaustivo dalla Confederazione.
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a) Va innanzitutto rilevato che, contrariamente a quanto ritenuto dai ricorrenti, la disciplina normativa contestata non è contraria ad alcuna disposizione della legge sulla protezione dell'ambiente; e ciò neppure qualora essa vada qualificata come provvedimento emanato nell'ambito della legge menzionata. Certo, la limitazione generale degli orari di esercizio delle stazioni di rifornimento di carburanti non è facilmente qualificabile nello strumentario messo a disposizione dal diritto federale. Esso colpisce, in effetti, tutte le stazioni di benzina della zona interessata dal decreto, senza esaminare se ognuna di esse provocasse delle emissioni eccessive. Nondimeno va rilevato che il provvedimento, in realtà, è rivolto contro il traffico frontaliero di approvvigionamento di carburanti, le cui dimensioni eccezionali provocavano gravi inconvenienti ambientali. Orbene, la valutazione globale di tale particolare fenomeno, così come l'adozione di un'unica misura atta a contrastarlo, non viola il diritto federale. La stessa legge federale sulla protezione dell'ambiente impone infatti una valutazione globale dell'inquinamento atmosferico e fonico (cfr. art. 8 LPA; DTF 118 Ib 26 consid. 5 pag. 33). Anche il mezzo scelto a tale scopo è conforme alla legge menzionata: la limitazione degli orari di esercizio delle stazioni di rifornimento di carburanti costituisce infatti un mezzo adeguato ed efficace per ridurre gli inconvenienti legati al pendolarismo del pieno. Né i ricorrenti possono essere seguiti quando affermano che la normativa in questione è contraria agli art. 11 e 12 LPA, poiché non colpisce la fonte inquinante, ovvero il traffico, bensì le stazioni di servizio. Va in effetti osservato che, nella valutazione delle emissioni provenienti da un impianto (quale è una stazione di rifornimento di carburanti, art. 7 cpv. 7 LPA), non vanno valutate solo quelle provenienti direttamente dall'infrastruttura in questione, ma anche quelle connesse con il suo esercizio: segnatamente va tenuto conto del traffico veicolare che esso comporta (DTF 118 Ib 26 consid. 5c pag. 34, DTF 117 Ib 156 consid. 2d pag. 161, DTF 113 Ib 393 consid. 6 pag. 400). Se l'esame porta a concludere che le emissioni vanno limitate, nulla vieta di intervenire modificando gli orari di esercizio dell'impianto (cfr. DTF 113 Ib 393 consid. 6 pag. 400). Considerato poi che in Ticino i valori di immissione di sostanze inquinanti presenti nell'atmosfera sono sovente superati è ammissibile anche un inasprimento delle limitazioni delle emissioni (art. 11 cpv. 3 LPA).
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b) Così stando le cose, può rimanere indeciso il quesito di sapere se il decreto contestato costituisca una misura di applicazione della legge federale sulla protezione dell'ambiente, se vada considerato come diritto cantonale sulla protezione dell'ambiente emanato in attesa di un'ordinanza del Consiglio federale o, infine, se si tratti di diritto cantonale autonomo. Certo è in effetti che in ognuna di tali ipotesi il Cantone sarebbe competente per emanare una simile normativa.
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Nel primo caso, la competenza del Cantone potrebbe poggiare sull'art. 36 LPA e la misura potrebbe essere qualificata sia come prescrizione di esercizio (giusta l'art. 12 cpv. 1 lett. c LPA: contrariamente a quanto asserito dai ricorrenti, il legame tra le emissioni provocate dal traffico e l'esercizio delle stazioni di benzina è infatti sufficientemente stretto da permettere l'adozione dell'atto litigioso) che eventualmente come misura contro le immissioni eccessive del traffico (art. 19 OIAt), adottata in base al piano di risanamento dell'aria deciso dal Consiglio di Stato ticinese nel marzo 1991 (cfr. art. 31 e 33 OIAt). Nella seconda ipotesi, la competenza legislativa cantonale scaturirebbe dall'art. 65 cpv. 1 LPA; le norme cantonali contestate sono del resto conformi al cpv. 2 di tale disposto: non disciplinano infatti temi che tale norma sottrae alla competenza cantonale e non modificano i valori limite d'immissione, di allarme o di pianificazione. Per di più, può essere ritenuto soddisfatto, seppur di misura, l'obbligo dettato dall'art. 65 cpv. 1 LPA di udire il Dipartimento federale dell'interno. Il 16 maggio 1991 il Cantone Ticino ha infatti informato l'Ufficio federale dell'ambiente, delle foreste e del paesaggio di voler ricondurre il precedente decreto (che era già stato sottoposto all'autorità federale nell'ambito dello studio di un piano di risanamento dell'aria) e, in tale occasione, l'autorità federale ha rinunciato a esprimersi sull'atto legislativo, in ragione dei ricorsi pendenti dinanzi al Tribunale federale. In simili circostanze e, in particolare, in assenza di una richiesta delle autorità federali di una consultazione più formale, quest'ultima non si imponeva. Infine, nella terza delle ipotesi menzionate sopra, che troverebbe applicazione qualora si ritenesse che la disciplina normativa esuli dal campo di applicazione della legge federale sulla protezione dell'ambiente, la competenza a emanare il decreto contestato potrebbe fondare su competenze di polizia proprie ai Cantoni. In effetti, questi, di principio, sono competenti per regolare gli orari di chiusura dei negozi, nella misura in cui la regolamentazione non è volta alla protezione dei lavoratori [disciplinata in modo esaustivo dalla legge federale sul lavoro nell'industria, nell'artigianato e nel commercio (legge sul lavoro), del 13 marzo 1964 (LL; RS 822.11)], bensì alla salvaguardia della tranquillità pubblica di notte e durante i giorni festivi (cfr. DTF 98 Ia 395 consid. 3 pag. 400; cfr. pure art. 71 lett. c LL). L'adozione della legge federale sulla protezione dell'ambiente non ha privato i Cantoni di tale competenza; e ciò anche se le norme cantonali hanno per effetto di limitare delle emissioni nocive [cfr. ZBl 88 (1987) pag. 453 consid. 5b; RAUSCH, Commentario della legge federale sulla protezione dell'ambiente, all'art. 65 n. 20].
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c) Dai motivi esposti consegue che il decreto legislativo contestato non viola alcuna norma di diritto federale, né ne contraddice il senso o lo spirito. Non è inoltre stato emanato in dispregio di una competenza esclusiva della Confederazione: esso non viola dunque l'art. 2 Disp.trans.Cost.; la relativa censura è infondata e, come tale, va respinta.
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