BGE 106 Ib 65 | |||
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13. Estratto della sentenza 14 marzo 1980 della II Corte di diritto pubblico nella causa Divisione federale della giustizia c. X. S.A. e Commissione cantonale di ricorso del Cantone Ticino per l'applicazione del DAFE (ricorso di diritto amministrativo) | |
Regeste |
Erwerb von Grundstücken durch Personen im Ausland. Beteiligung an der Kapitalerhöhung einer Immobiliengesellschaft (Art. 2 lit. c BewB und Art. 1 und 2 Abs. 1 BewV). |
2. Bei der Beurteilung ob eine Gesellschaft als Immobiliengesellschaft im Sinne von Art. 1 Abs. 1 BewV zu betrachten ist, steht der zuständigen Behörde ein gewisses Ermessen zu. Wie verhält es sich, wenn der Bilanzwert der unbeweglichen Aktiven rund 50% der Aktiven beträgt? (E. 2c, e). |
3. Die Person im Ausland, die Anteile an einer Immobiliengesellschaft erwerben will, hat das Vorhandensein eines schutzwürdigen Interesses gemäss Art. 6 Abs. 1 und 2 BewB nachzuweisen (E. 3a). |
4. Die Erwägungen des Bundesgerichts im Urteil BGE 102 Ib 135 ff. gelten auch für Personen im Ausland, die Anteile an einer schweizerischen Immobiliengesellschaft zeichnen oder erwerben, welche in der Schweiz bereits Handel oder Gewerbe treibt. Grundsätzlich und vorbehältlich besonderer Umstände kann somit die Bewilligung dem ausländischen Erwerber nur erteilt werden, wenn er beabsichtigt, sich persönlich an Geschäftsführung oder Verwaltung der Gesellschaft zu beteiligen, denn sonst ist anzunehmen, das Interesse an der Kapitalanlage überwiege, weshalb die Bewilligung zu verweigern ist (E. 3b). |
5. Bedingungen und Auflagen, mit denen die Bewilligung zum Erwerb von Anteilen an Immobiliengesellschaften verbunden werden kann (Art. 8 BewB, Art. 17 Abs. 2 lit. d BewV). Für die Sperrfrist gemäss Art. 17 Abs. 2 lit. d BewV ist Art. 17 Abs. 2 lit. b Ziff. 1 BewV analog anwendbar (E. 4). |
6. Tragweite von Art. 23 Abs. 1 und 2 BewV im konkreten Fall. Rückweisung der Sache zu neuer Entscheidung im Sinne von Art. 114 Abs. 2 Satz 2 OG an die erste kantonale Instanz (E. 5). | |
Sachverhalt | |
La X. è una società anonima costituita il 29 febbraio 1968 con un capitale sociale di 52'000 franchi, suddiviso in 52 azioni al portatore interamente liberate. Lo scopo sociale consiste nell'esercizio di un'officina di precisione, nello stampaggio di materie plastiche, nel loro commercio, nonché nell'esecuzione di tutte le operazioni commerciali, finanziarie, mobiliari ed immobiliari connesse con il detto scopo od idonee a favorirne l'oggetto; essa può inoltre aprire filiali ed agenzie tanto in Svizzera quanto all'estero. Con la sua costituzione, la X. S.A. riprendeva e continuava l'attività commerciale della società in nome collettivo R. & P., assumendo quindi l'attivo e il passivo di questa società, che veniva liquidata e cancellata dal registro di commercio. Ad una data che non risulta dall'incarto e con sottoscrittori di cui non si conosce l'identità, la X. S.A. aumentava poi il suo capitale sociale a 400'000 franchi, ed in seguito trasferiva anche la propria sede da Chiasso a C. nel distretto di Lugano ove, su fondi di sua proprietà, sono ubicati gli stabilimenti industriali.
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Il 7 luglio 1977 la X. S.A., per il tramite del suo legale, annunciava all'Autorità di prima istanza del distretto di Lugano d'essere intenzionata a riaumentare il proprio capitale sino ad un milione di franchi, mediante l'emissione di 600 nuove azioni al portatore, presumibilmente sottoscritte - almeno in parte - da persone con domicilio o sede all'estero. Richiamandosi inoltre agli art. 6 cpv. 2 lett. b DAFE e 13 OAFE, essa postulava anche esplicitamente il rilascio dell'autorizzazione. Il 6 febbraio successivo, la società richiedente trasmetteva poi all'Autorità distrettuale il proprio bilancio al 31 dicembre 1976: da questo bilancio si desumeva che, per un valore totale degli attivi reali pari a Fr. 1'687'967,27, ovverosia Fr. 1'882'289,55 meno le perdite riportate, gli immobili (terreni, fabbricati ed istallazioni generali) erano valutati a Fr. 815'000.-- e le ipoteche iscritte al passivo per un importo di 510'000 franchi.
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Con decisione 21 febbraio 1978 fondata sull'art. 6 cpv. 2 lett. b DAFE, l'Autorità di prima istanza accordava l'autorizzazione per l'aumento del capitale sociale, imponendo tuttavia alla richiedente l'obbligo di depositare le azioni per un periodo di 10 anni presso la Banca dello Stato del Cantone Ticino. Contro questa decisione, ed in particolare contro il citato obbligo di depositare le azioni, la X. S.A. si aggravava alla Commissione cantonale di ricorso per l'applicazione del DAFE (CCR), postulando l'annullamento di una misura che, a parer suo, risultava essere "ingiustificata e gravemente paralizzante". La società resistente sollevava inoltre la questione di sapere se il prospettato aumento del capitale sociale fosse realmente soggetto all'autorizzazione, riconoscendo che la detta autorizzazione era stata certo domandata, ma soltanto "a titolo prudenziale, per evitare dei nefasti blocchi del capitale in sede di iscrizione a registro di commercio".
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Con decisione 16 giugno 1978, la CCR accoglieva il gravame, rilevando in sostanza che, non essendo adempiute le condizioni d'applicazione dell'art. 1 OAFE, il rilascio del permesso s'avverava frustraneo, ancorché la resistente potesse comunque prevalersi d'un interesse legittimo giusta l'art. 6 cpv. 2 lett. b DAFE. Per quanto concerne l'obbligo di depositar le azioni presso la Banca dello Stato, la CCR lo riteneva in concreto "eccessivamente pesante", dal momento che il prospettato aumento del capitale sociale non era destinato "a finanziare l'acquisto di fondi o altri diritti equivalenti": a parer suo, codesto aumento andava quindi autorizzato "senza subordinazione ad alcun vincolo restrittivo".
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Con tempestivo ricorso di diritto amministrativo, la Divisione federale della giustizia (DFG) - ora Ufficio federale di giustizia - ha impugnato la cennata pronunzia della CCR, chiedendo al Tribunale federale di annullarla e di ritornare gli atti all'istanza inferiore per nuova decisione ai sensi dei considerandi. In sostanza, essa rimprovera alle autorità cantonali di non aver accertato i fatti rilevanti per l'applicazione degli art. 2 lett. c, 6 cpv. 2/3 DAFE, 1, 2, 13 e 17 OAFE, disattendendo in tal modo l'art. 23 OAFE.
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Considerando in diritto: | |
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a) Secondo l'art. 2 lett. c DAFE, all'acquisto di fondi in proprietà da parte di persone all'estero (art. 1), è parificato l'acquisto, sia esso originario o derivato, di quote del patrimonio delle società cosiddette immobiliari, la cui nozione è poi precisata dall'art. 1 OAFE. Per le persone con domicilio o sede all'estero, la partecipazione alla costituzione o all'aumento di capitale d'una siffatta società, che vale appunto quale acquisto di quote ai sensi dell'art. 2 lett. c DAFE, è quindi subordinato all'autorizzazione della competente autorità cantonale (art. 2 cpv. 1 OAFE). Contrariamente a quanto la X. S.A. e l'Autorità di prima istanza sembrano assumere, soggetto ad autorizzazione per prassi costante non è però l'aumento di capitale in sé, bensì l'acquisto di quote da parte di persone all'estero o il susseguente acquisto di fondi in Svizzera legato all'operazione stessa, e ciò anche se si deve concedere che il rifiuto dell'autorizzazione necessaria per l'acquisto delle quote può aver per conseguenza l'impossibilità di procedere al prospettato aumento del capitale sociale (DTF 100 Ib 478 consid. 3; sentenza inedita 22 dicembre 1976 in re Immobiliare Piazza Riscossa S.A., consid. 2b). In caso d'aumento del capitale di una società immobiliare ai sensi dell'art. 1 OAFE, la competente autorità deve quindi accertare se, fra gli acquirenti sottoscrittori, vi sono persone che soggiacciono al regime autorizzativo, rivolgendosi per questo scopo alle persone che debbono fornire ragguagli e produrre documenti giusta l'art. 15 DAFE, ed in particolare a quelle che hanno partecipato alla preparazione, al finanziamento o alla conclusione di affari a tenore dell'art. 2 DAFE (sentenza 14 novembre 1975 in re DFG c. Société immobilière Rue de Lausanne, apparsa nella Revue suisse du notariat et du registre foncier (RNRF) 58/1977, pag. 58 consid. 2).
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b) Nel caso in esame, le autorità cantonali di prima e seconda istanza non hanno esperito affatto questa ricerca e rimangono quindi tuttora sconosciuti non solo l'identità dei sottoscrittori stranieri che hanno partecipato all'aumento di capitale della società resistente, ma anche il numero di azioni in tal modo assunte da persone all'estero, assoggettate, come tali, al regime autorizzativo. Tale inchiesta è stata probabilmente ritenuta inutile dall'Autorità distrettuale poiché, dovendo il nuovo capitale esser sottoscritto - almeno in parte - da persone o società finanziarie con sede all'estero, essa ha considerato a torto che l'aumento di capitale era di per sé soggetto all'autorizzazione stessa. D'altra parte, la CCR ha rinunciato ad ogni ricerca sull'identità dei sottoscrittori stranieri poiché la X. S.A. non era a parer suo una società immobiliare giusta gli art. 2 lett. c DAFE e 1 OAFE. Questa conclusione non è tuttavia condivisa dall'autorità ricorrente, che la giudica affrettata o quantomeno opinabile.
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c) Come già rilevato poc'anzi, l'art. 1 OAFE precisa la nozione di società immobiliare, le cui quote possono essere acquistate da persone all'estero soltanto con l'assenso dell'autorità competente (art. 1 e 2 lett. c DAFE). A tal proposito, giova invero rilevare che il vecchio testo dell'art. 1 OAFE (RU 1974, 95) era concettualmente più preciso di quello oggi in vigore: secondo il cpv. 1 di tale disposto, era da considerarsi infatti immobiliare giusta l'art. 2 lett. c DAFE la società con sede in Svizzera o all'estero i cui attivi, al momento dell'acquisto di quote, consistevano per più della metà in diritti su fondi non situati esclusivamente all'estero. Con la novella dell'11 febbraio 1976 (RU 1976, 607) s'è abbandonata invece qualsiasi precisazione quantitativa, prevedendo unicamente che la società è immobiliare a norma di legge allorché gli attivi sono costituiti principalmente di diritti su fondi non situati esclusivamente o quasi esclusivamente all'estero. Ciò non significa tuttavia che il campo d'applicazione dell'art. 2 lett. c DAFE sia stato ridotto poiché, rinunciando a fissare limiti troppo precisi ed attenuando per conseguenza la definizione della società immobiliare, il Consiglio federale ha voluto soltanto lasciare in quest'ambito alla competente autorità cantonale un certo margine di apprezzamento.
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Nella fattispecie, si desume dai bilanci della X. S.A. al 31 dicembre 1976, 31 dicembre 1977 e 30 giugno 1978 che gli immobili (terreni, fabbricati ed installazioni generali, senza le macchine) rappresentano, dopo deduzione delle perdite registrate all'attivo, quasi la metà degli attivi reali. Certo, il carattere immobiliare della società resistente non era comprovato d'acchito, ma non si deve dimenticare che gli attivi immobiliari sono stimati secondo il bilancio ove quest'ultimo corrisponda alla situazione effettiva (art. 1 cpv. 2 OAFE). In caso di dubbio a questo proposito, e segnatamente allorché gli attivi immobiliari sono registrati - come in casu - per un valore che sfiora il 50% del totale degli attivi reali, la competente autorità cantonale non può quindi scartare l'applicazione dell'art. 2 lett. c DAFE senza vagliare in particolare se i valori iscritti a bilancio corrispondono alla realtà oggettiva, ed acquisire in tal modo la certezza che gli attivi sociali non sono realmente costituiti, in misura preponderante, da diritti su fondi situati in Svizzera.
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d) Nel concreto caso, v'erano poi particolari ragioni che dovevano spingere l'autorità ricorsuale ad eseguire quest'accertamento prima di escludere senza indugi qualsiasi applicazione dell'art. 2 lett. c DAFE.
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Basti pensare che la stessa società richiedente pareva aver ammesso di motuproprio la necessità di un'autorizzazione, tant'è vero che con l'istanza del 7 luglio 1977 (redatta e sottoscritta dal suo legale) ne aveva postulato il rilascio senza obiettare alcunché circa l'assoggettamento alla disciplina autorizzativa. Anche se più tardi, essa ha invero espresso taluni dubbi sulla concreta sussistenza di codesto vincolo, la resistente non ha comunque discusso l'adempimento delle condizioni d'applicazione della suddetta norma, ma s'è limitata invece ad insistere sulla natura industriale dei suoi beni immobili, ciò che risulta peraltro ininfluente nell'ambito dell'art. 1 OAFE.
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e) Se ne deve concludere che la CCR non poteva, sulla scorta del solo bilancio al 31 dicembre 1976, ritenere la società richiedente non "immobiliare" ai sensi degli art. 2 lett. c DAFE e 1 OAFE. Se la CCR voleva revocare seriamente in dubbio il principio stesso dell'assoggettamento, implicitamente accettato dalla resistente e dall'Autorità di prima istanza, doveva allora chiarire la questione con compiutezza, verificare in modo più preciso il valore reale degli immobili, ed accertare quindi che codesti fondi non costituivano, in effetti, la parte precipua del patrimonio sociale.
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a) Estendendo l'obbligo autorizzativo all'acquisto di quote di società immobiliari (art. 2 lett. c DAFE), il legislatore federale non ha comunque previsto di rinunciare in tal caso all'esigenza di un interesse legittimo, interesse che l'acquirente straniero deve ognora dimostrare per ottenere l'autorizzazione. D'altronde, se si dovesse derogare in questo campo alla norma generale dell'art. 6 cpv. 1 DAFE, non solo si comprometterebbe lo scopo perseguito dalla legislazione federale, ma per la persona con domicilio o sede all'estero la sottoscrizione o l'acquisto di quote di società immobiliari costituirebbe spesso un puro collocamento di capitali, vietato per principio dall'art. 6 cpv. 3 DAFE (cfr. DTF 104 Ib 150 consid. 4; sentenza 28 novembre 1975 in re H., apparsa nella Rivista di diritto amministrativo ticinese (RDAT) 1977, n. 98 pag. 192). Come già rilevato dalla vecchia Commissione federale di ricorso (CFR) prevista dall'art. 8 del decreto federale 23 marzo 1961 (RU 1961, 213), l'acquirente straniero di codeste quote patrimoniali deve quindi comprovare l'esistenza di un interesse legittimo, mentre in caso contrario l'autorizzazione dev'essere rifiutata (decisione 19 dicembre 1962 apparsa nella RNRF 44/1963, pag. 59 consid. 1). Da questa giurisprudenza non v'è motivo di scostarsi, ancorché debbasi ricordare ora che, con l'entrata in vigore del decreto federale 24 giugno 1970 (RU 1970, 1195), l'art. 6 cpv. 2 DAFE enumera ormai in modo esaustivo i casi in cui l'interesse alla transazione è ritenuto legittimo (sentenze 27 ottobre 1972 in re Wozchod Handelsbank AG e in re DFG c. Rouart, RNRF 54/1973 pag. 119 consid. 3 e pag. 124 consid. 2; sentenza 26 marzo 1975 in re DFG, parzialmente pubblicata nella RDAT 1977, n. 93 pag. 187; sentenza 22 dicembre 1976 in re M., Rep. 1978, pag. 34 consid. 3b).
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b) Giusta l'art. 6 cpv. 2 lett. b DAFE, l'acquirente straniero dimostra un interesse legittimo e può ottenere l'autorizzazione se il fondo gli serve, interamente o essenzialmente, per esercire lo stabilimento d'impresa di un commercio, di un'industria o di un'altra impresa esercitata in forma commerciale. Ciò significa, in pratica, che lo stesso acquirente deve anche assumere la direzione effettiva dell'impresa, poiché altrimenti l'acquisto è considerato fatto a scopi di collocamento di capitali e, salvo precise eccezioni, l'interesse non è più reputato legittimo in virtù dell'art. 6 cpv. 3 DAFE (v. in tal senso l'art. 13 cpv. 2 dell'ordinanza del 21 dicembre 1973 (RU 1974, 95) in vigore sino alla modificazione dell'11 febbraio 1976; DTF 102 Ib 135 consid. 1; decisione 11 novembre 1964 della CFR, RNRF 46/1965, pag. 233 consid. 2). Come già rilevato in giurisprudenza, l'art. 6 cpv. 2 lett. b DAFE - che concerne soprattutto le imprese che già esercitano un'attività industriale all'estero e che prevedono altresì d'impiantarsi in Svizzera - non esclude invero a priori il rilascio di un'autorizzazione all'industriale o al commerciante che vuole esercire nel nostro Paese un unico stabilimento d'impresa, pur conservando all'estero il suo domicilio: salvo casi eccezionali, una richiesta a tal fine formulata dall'acquirente straniero e fondata sull'impegno a dirigere l'impresa dall'estero esula tuttavia dalle previsioni del legislatore, merita per conseguenza un esame approfondito, e può così essere accolta soltanto se è accertato che il richiedente non intende conservare in Svizzera, con un pretesto, un investimento di capitali (DTF 102 Ib 135 /136 consid. 2a). Ora, queste considerazioni, che attengono all'acquisto di un fondo in vista dell'esercizio di uno stabilimento d'impresa, valgono, a non averne dubbi, anche per la persona all'estero che sottoscrive o acquista quote di una società immobiliare che già esercita in Svizzera un'industria o un commercio. In linea di principio, e salvo circostanze eccezionali, l'acquirente straniero potrà quindi ottenere l'autorizzazione soltanto se intende partecipare egli stesso alla gestione o alla direzione dell'impresa, poiché nel contrario caso si riterrà invece prevalente il desiderio di collocare capitali e la detta autorizzazione dovrà esser rifiutata.
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c) Nella fattispecie concreta, non è certo impossibile che l'autorizzazione possa finalmente esser concessa, né la ricorrente esclude peraltro una simile evenienza. Comunque sia, le competenti autorità cantonali non potevano rilasciare codesta autorizzazione senza previamente accertare che la partecipazione all'aumento del capitale sociale della X. S.A. non costituiva in realtà, per i sottoscrittori stranieri, un semplice investimento di capitali ai sensi dell'art. 6 cpv. 3 DAFE. Orbene, in effetti, le dette autorità non hanno neppure tentato di conoscere l'identità dei sottoscrittori stranieri, per il che si ignora a tutt'oggi se codesti sottoscrittori possono dimostrare un interesse legittimo, e quindi prevalersene, giusta l'art. 6 cpv. 2 lett. b DAFE. Nella misura in cui la ricorrente rimprovera alle autorità cantonali, ed in particolare alla CCR, di non aver "accertato in modo conveniente i fatti decisivi e necessari alla soluzione del caso", la sua censura s'avvera pertanto fondata, ed il ricorso su tal punto dev'essere accolto.
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d) Per completezza, giova poi osservare che l'"interesse legittimo all'acquisto del fondo" può essere soltanto quello che l'acquirente straniero deve comprovare, mentre l'interesse dei terzi o l'interesse pubblico sono, in quest'ambito, assolutamente ininfluenti (decisione 12 luglio 1967 della CFR, RNRF 49/1968, pag. 237 consid. 3). Ciò significa in casu che la competente autorità cantonale non potrà prendere in considerazione l'interesse della X. S.A. a poter aumentare il proprio capitale sociale per ristabilire poi la sua situazione economica o finanziaria, anche se codesto interesse appare di per sé evidente e giustificato.
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4. Giusta l'art. 8 DAFE, l'autorizzazione può essere subordinata a condizioni od oneri per garantire un'utilizzazione del fondo conforme agli scopi fatti valere dall'acquirente (cpv. 1, 1a frase); gli oneri sono inoltre menzionati nel registro fondiario (cpv. 2). Sennonché l'art. 17 OAFE, che è disposizione esecutiva dell'art. 8 DAFE, precisa tra l'altro che, in caso d'autorizzazione per l'acquisto di quote di società immobiliari, l'acquirente deve almeno assumere - in linea di principio - l'obbligo di non alienarle o darle in pegno durante il divieto di alienazione e di deporle irrevocabilmente presso una cassa di depositi (art. 633 cpv. 3 CO) alla sede dell'Autorità di prima istanza (cpv. 2 lett. d). Per quanto concerne il cennato divieto d'alienare ("délai de blocage", "Sperrfrist"), torna poi applicabile per analogia l'art. 17 cpv. 2 lett. b n. 1 OAFE, a tenor del quale un onere che garantisce un'utilizzazione del fondo conforme agli scopi fatti valere dall'acquirente, in caso d'autorizzazione per l'acquisto di diritti su fondi che servono come stabilimenti d'impresa (art. 6 cpv. 2 lett. b DAFE), è segnatamente costituito da un divieto d'alienazione di 10 anni a contare dall'acquisto. In queste condizioni, l'autorità cantonale non ha praticamente scelta: se non sussistono particolari ragioni che lo rendono d'acchito frustraneo, essa deve quindi imporre all'acquirente straniero l'obbligo di depositare le rispettive quote presso la cassa di depositi, poiché soltanto in tal modo si potrà prevenire con efficacia l'eventuale rivendita di codeste quote a persone non autorizzate.
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Nel concreto caso, la CCR ha annullato il vincolo a cui l'Autorità di prima istanza aveva subordinato il rilascio dell'autorizzazione poiché, a parer suo, il detto vincolo sarebbe risultato "eccessivamente pesante per la X. S.A. in relazione al fatto che l'aumento di capitale non [era] destinato a finanziare l'acquisto di fondi o altri diritti equivalenti" (decisione impugnata, consid. 5 in fine). Sennonché questo argomento non cade in acconcio neppure nell'ambito del principio della proporzionalità, poiché l'obbligo di deporre le azioni presso la Banca cantonale non sarebbe comunque imposto alla società resistente, ma ai singoli sottoscrittori stranieri autorizzati come tali a partecipare all'aumento del capitale sociale. Se ne deve concludere che l'impugnata pronunzia della CCR è lesiva del diritto federale, ed in particolare dell'art. 17 cpv. 2 lett. d OAFE: il ricorso di diritto amministrativo s'avvera dunque fondato anche su questo punto.
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5. a) Secondo l'art. 23 OAFE, le autorità accertano i fatti d'ufficio (cpv. 1) e possono fondarsi soltanto su allegazioni da esse esaminate e di cui hanno all'occorrenza assunto le prove (cpv. 2). Tanto il decreto federale, quanto l'ordinanza d'esecuzione non contengono tuttavia altre indicazioni procedurali che debbono esser seguite per stabilire se la sottoscrizione d'azioni di una società anonima i cui fondi rappresentano quasi la metà degli attivi reali è subordinata o meno all'autorizzazione giusta gli art. 1 e 2 lett. c DAFE, e se l'autorizzazione stessa può esser concessa in virtù dell'art. 6 cpv. 2 lett. b DAFE. Per prassi costante, le competenti autorità debbono comunque esperire una procedura d'accertamento - che può rivelarsi particolarmente impegnativa e condurre invero a risultati non sempre assolutamente sicuri - facendo tutto ciò che di necessità occorre per poter acclarare tale questione, e non possono certo limitarsi - in particolare - ad accettare le sole dichiarazioni rilasciate all'uopo dai dirigenti della società (DTF 101 Ib 396 consid. 6; DTF 100 Ib 359 /360 consid. 1). Se codeste autorità possono appurare che la società di cui trattasi è immobiliare ai sensi dell'art. 1 OAFE, debbono allora conoscere, in ogni caso, l'identità dei sottoscrittori stranieri, poiché l'autorizzazione può comunque essere accordata soltanto alle persone che partecipano all'aumento del capitale, non invece alla società immobiliare come tale. Orbene nel concreto caso, le autorità cantonali di prima e di seconda istanza non hanno assunto prove determinanti in quest'ambito né hanno accertato i fatti in modo completo: le loro decisioni implicano pertanto una violazione diretta dell'art. 23 OAFE, ovverosia d'una disposizione essenziale di procedura ai sensi dell'art. 105 cpv. 2 OG (DTF 102 Ib 127 consid. 2a; DTF 100 Ib 360).
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b) Se annulla la decisione impugnata, il Tribunale federale giudica esso medesimo nel merito, se del caso dopo una nuova assunzione di prove, o rimanda la causa per nuova decisione alla precedente istanza; se quest'ultima ha giudicato come istanza di ricorso, la causa può esser rinviata alla prima istanza (art. 114 cpv. 2 OG; DTF 101 Ib 396 /397 consid. 7; sentenza 28 novembre 1975 in re H., RDAT 1977, n. 98 pag. 193).
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Nel caso in esame, il rinvio della causa all'autorità cantonale appare giustificato, poiché le questioni ancora litigiose non possono certo esser decise sulla sola scorta degli atti acquisiti ora all'incarto. D'altra parte, appare anche opportuno rimandare la causa stessa all'Autorità di prima istanza per garantire in casu agli interessati la doppia giurisdizione in sede cantonale (cfr. DTF 102 V 184). Prima di emanare una nuova decisione, la detta autorità dovrà pertanto procedere ad un nuovo esame delle circostanze ed esperire un'inchiesta approfondita onde accertare - nella misura del possibile - tutti i fatti giuridicamente rilevanti (art. 23 cpv. 1 OAFE). In primo luogo, essa dovrà quindi appurare la questione dell'assoggettamento al regime autorizzativo e verificare in particolare se la X. S.A. dev'esser considerata come società immobiliare ai sensi degli art. 2 lett. c DAFE e 1 OAFE. In caso affermativo, l'Autorità di prima istanza avrà allora il preciso dovere di ragguagliarsi sull'identità dei sottoscrittori stranieri e controllare in tal modo se ogni partecipante all'aumento del capitale sociale può effettivamente prevalersi d'un interesse legittimo giusta l'art. 6 cpv. 2 lett. b DAFE. Ove l'autorizzazione potesse poi esser concessa, la detta autorità dovrà ancora stabilire se, nella concreta fattispecie, eventualmente sussistano particolari ragioni che consentano di derogare - in via d'eccezione - all'imperativo disposto di cui all'art. 17 cpv. 2 lett. d OAFE.
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Il Tribunale federale pronuncia:
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