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51. Estratto della sentenza 19 agosto 1983 della I Corte di diritto pubblico nella causa Licio Gelli c. Dipartimento federale di giustizia e polizia (opposizione a una domanda d'estradizione) | |
Regeste |
Auslieferung. Europäisches Auslieferungsübereinkommen (EAÜ), Rechtshilfegesetz (IRSG). |
b) Abklärungen zur Kontrolle des Alibis müssen nur dann durchgeführt werden, wenn bei positivem Ergebnis die Verweigerung der Auslieferung oder der Rückzug des Auslieferungsgesuchs in Betracht gezogen werden kann (E. 11b). |
2. Betrügerischer Konkurs; Grundsatz der beidseitigen Strafbarkeit. |
Im schweizerischen Recht muss die Konkurserklärung, die eine objektive Strafbarkeitsbedingung darstellt, rechtskräftig sein. Art. 35 Abs. 2 Teil 1 IRSG, welcher die Tragweite des Grundsatzes der beidseitigen Strafbarkeit einschränkt, erlaubt jedoch die Bejahung der Strafbarkeit zu Auslieferungszwecken, selbst wenn die gerichtliche Insolvenzerklärung noch nicht in Rechtskraft erwachsen ist (E. 11c/aa). Rechtslage nach italienischem Recht (E. 11c/bb). |
3. Verfolgbarkeit der Straftat in der Schweiz. |
Anwendbarkeit des Art. 36 Abs. 2 IRSG auf den wegen mehrerer Straftaten Verfolgten, von denen eine die Auslieferung begründet (E. 11f). |
4. Spezialitätsprinzip. |
a) Das in Art. 14 Ziff. 1 EAÜ enthaltene Verbot hat seine Grundlage und zugleich seine Beschränkung im Persönlichkeitseingriff, den die in dieser Bestimmung vorgesehenen Zwangsmassnahmen bewirken: im Gegensatz zum kontradiktorischen Verfahren ist daher die Durchführung eines Abwesenheitsverfahrens zulässig (E. 13). |
b) Art. 14 Ziff. 1 EAÜ verbietet die Ausübung richterlicher Gewalt - mit Ausnahme der Durchführung von Abwesenheitsverfahren (Ziff. 2) - in bezug auf Taten, für welche die Auslieferung nicht gewährt wurde, auch wenn im ersuchenden Staat, noch bevor das Auslieferungsgesuch gestellt wurde, für diese ein Strafverfahren eingeleitet worden war (E. 14). |
c) Der Spezialitätsgrundsatz verbietet auch Zwangsmassnahmen verwaltungsrechtlicher Natur mit Bezug auf andere von der Auslieferung nicht erfasste frühere Taten (im konkreten Fall hinsichtlich der vom Verfolgten vor der Parlamentarischen Kommission gemachten Ausführungen über die Freimaurer Loge P2, die seit dem 23. September 1981 in Italien besteht) (E. 15a). |
d) Gemäss Art. 14 Ziff. 1 lit. b EAÜ muss der endgültig freigelassene Ausgelieferte nicht nur theoretisch sondern auch praktisch die Möglichkeit gehabt haben, das Gebiet des ersuchenden Staates zu verlassen; diese ist nicht gegeben bei Krankheit und Mangel an finanziellen Mitteln (E. 15b). |
5. Begriff der mit einer politischen Straftat konnexen Tat und des relativ politischen Delikts. |
Verhältnisse im konkreten Fall (E. 16b). |
6. Verweigerung der Auslieferung gemäss Art. 3 Ziff. 2 EAÜ. |
Verhältnisse im konkreten Fall (E. 16c). | |
Sachverhalt | |
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Gelli si opponeva all'estradizione. I suoi difensori presentavano il 7 febbraio 1983 un voluminoso memoriale, completato con una perizia giuridica 14 febbraio 1983 del prof. Pietro Nuvolone e con un ulteriore esposto del 22 marzo 1983 accompagnante una relazione 1o marzo 1983 dell'avv. Massimo Krogh e del prof. Fabio Dean sulla giurisprudenza italiana circa il principio di specialità.
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L'UFP presentava il 3 marzo 1983 al Ministero italiano di grazia e giustizia domande di informazioni supplementari, che venivano fornite con ulteriore documentazione presentata con note dell'Ambasciata d'Italia a Berna dell'11 e del 19 marzo 1983. Il 16 aprile 1983 il Giudice istruttore presso il Tribunale civile e penale di Milano faceva pervenire all'UFP una comunicazione relativa agli sviluppi dell'inchiesta, da considerare - a mente dell'UFP - come complemento alla domanda d'estradizione; dal canto suo l'Ambasciata d'Italia forniva con nota 27 aprile 1983 un'assicurazione del Ministero di grazia e giustizia circa l'ossequio del principio di specialità.
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Il 27 aprile 1983 i difensori del ricercato prendevano posizione sul ![]() | 4 |
Con lettera del 23 giugno 1983 il Dipartimento federale di giustizia e polizia trasmetteva gli atti al Tribunale federale, annettendovi due rapporti dell'UFP di data 25 maggio 1983 e 20 giugno 1983, nonché un esposto 21 giugno 1983 del Ministero pubblico della Confederazione. Mentre l'UFP propone di accordare l'estradizione almeno per i fatti motivanti le accuse di truffa e partecipazione a bancarotta fraudolenta, su cui si tornerà in appresso, il Ministero pubblico della Confederazione conclude a che la domanda d'estradizione sia respinta per i fatti motivanti imputazioni per reati di natura politica assoluta e che sia, per il resto, disattesa l'eccezione sollevata dall'opponente con riguardo all'art. 3 par. 2 della Convenzione europea d'estradizione (CEEstr).
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Con decreto 28 giugno 1983 del Giudice delegato, è stata data ai difensori del ricercato la facoltà di esprimersi sul rapporto dell'UFP e sull'esposto del Ministero pubblico federale. Con un secondo memoriale aggiuntivo del 25 luglio 1983 i difensori hanno fatto uso di questa facoltà. Essi concludono in linea principale all'accoglimento dell'opposizione ed al rifiuto della estradizione. Eventualmente essi prospettano che ogni decisione sia sospesa sino a quando siano verificate una serie di condizioni, sulle quali si tornerà, se necessario, in seguito.
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Con comunicazione del 16 aprile 1983 all'UFP, considerata da quest'ultimo come un complemento alla domanda d'estradizione, il Giudice istruttore del Tribunale civile e penale di Milano comunicava che ulteriori indagini avevano permesso di accertare che, nella primavera del 1981, il Banco Ambrosiano Andino, tramite il Banco Ambrosiano Overseas Limited di Nassau, avendo ![]() | 7 |
b) Nell'opposizione del 7 febbraio 1983 il ricercato obietta in sostanza che le cause del dissesto del Banco Ambrosiano S.p.A. (da individuare a suo dire nei rapporti di questo con l'Istituto per le opere di religione e nell'acquisto illecito di proprie azioni) sono estranee sia alla persona di Gelli sia ai fatti rimproveratigli; che i fatti addotti nell'ordine di cattura e relativi al 1o semestre 1982 sono falsi, com'è comprovato dalle indagini esperite a Ginevra a richiesta della Procura pubblica di Lugano; che all'estradizione fanno ostacolo il principio di territorialità e la circostanza che un'inchiesta penale è stata aperta dalle autorità giudiziarie ticinesi; che fa difetto la condizione obiettiva di punibilità del reato di bancarotta costituita dalla pronunzia del fallimento, poiché contro il giudizio del Tribunale civile di Milano constatante l'insolvenza del Banco Ambrosiano taluni creditori e azionisti hanno interposto appello, e la decisione del Ministro italiano del tesoro ordinante la liquidazione coatta amministrativa è stata impugnata con ricorso al Tribunale amministrativo regionale; che, sempre sotto il profilo della doppia incriminazione, non è neppure preteso nella domanda che il ricercato - che non era amministratore - abbia conosciuto l'insolvibilità o cercato di trarne profitto.
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Nel parere giuridico del prof. Nuvolone si confermano queste obiezioni, e si allega inoltre che le pretese distrazioni patrimoniali sarebbero state commesse secondo l'ordine di cattura su beni di persone giuridiche estere del tutto distinte dal Banco Ambrosiano, il che esclude la configurazione di bancarotta fraudolenta; oltretutto l'azione - dal prelevamento al versamento - sarebbe interamente stata commessa in territorio estero rispetto all'Italia, ciò che esclude la competenza della giurisdizione italiana secondo l'art. 7 CPI.
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Anche nella seconda memoria complementare del 25 luglio 1983 gli argomenti dell'opposizione sono ulteriormente sviluppati. Vi si sottolinea in particolare che base della richiesta d'estradizione italiana è unicamente l'ordine di cattura del 17 settembre 1982, i cui addebiti si sono rivelati falsi, e non invece il decreto di sequestro 16 maggio 1983 del Procuratore pubblico sottocenerino e nemmeno - contrariamente all'opinione dell'UFP - la lettera 16 aprile 1983 del Giudice istruttore presso il Tribunale di Milano, che non costituisce ordine d'arresto e non ossequia agli altri requisiti dell'art. 12 CEEstr. A voler prescindere da questa obiezione fondamentale, l'estradizione non entrerebbe comunque in linea di conto - secondo l'opponente - per motivi analoghi a quelli fatti valere contro l'ordine di cattura del 17 settembre 1982.
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a) L'esame deve limitarsi ai fatti ascritti a Gelli nell'ordine di cattura del 17 settembre 1982. Gli ulteriori fatti menzionati nella comunicazione 16 aprile 1983 del Giudice istruttore di Milano non hanno da esser considerati, poiché non coperti dall'ordine di cattura che abbraccia il 1o semestre del 1982. V'è ancor minor motivo di occuparsene, dal momento che essi formano oggetto di una supplementare domanda d'estradizione.
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b) Come già s'è rilevato (consid. 7c), quale giudice dell'estradizione, il Tribunale federale è legato all'esposto dei fatti contenuto nei documenti su cui la domanda si fonda: spetta al giudice del merito di pronunciarsi sulla ![]() | 13 |
c) Più delicata è l'eccezione dedotta dalla circostanza che la sentenza del Tribunale civile di Milano del 25 agosto 1982 accertante l'insolvenza del Banco Ambrosiano è stata impugnata in sede civile, per cui non è tuttora passata in giudicato. L'esame deve farsi sotto il duplice profilo del diritto ![]() | 14 |
aa) Alle ipotesi di reato di cui agli art. 216 e 223 della legge fallimentare italiana fa riscontro nel diritto svizzero il reato di bancarotta fraudolenta previsto dall'art. 163 CPS. In diritto svizzero, la pronunzia del fallimento è condizione obiettiva di punibilità (DTF 101 IV 22 consid. 2a, DTF 84 IV 15 /16; STRATENWERTH, op.cit., Besonderer Teil I, pag. 286; SCHWANDER, Das Schweizerische Strafgesetzbuch, II ediz., pag. 373 n. 583a, e FJS n. 1128, § 8 n. 1/2; LOGOZ, Commentaire du Code pénal suisse, Partie spéciale I, pag. 206 n. 4; NOLL, Schweizerisches Strafrecht, Besonderer Teil I, pag. 176). Come si evince dalla seconda delle due sentenze appena citate ed è ammesso in dottrina (SCHWANDER, op.cit., ibidem), la dichiarazione di fallimento deve aver forza di cosa giudicata: la provvisoria esecutività non basta per l'esercizio dell'azione penale ed un'eventuale condanna. Sotto il regime della cessata legge, la riferita circostanza avrebbe quindi fatto ostacolo all'estradizione (cfr. SCHULTZ, Das Schweizerische Auslieferungsrecht, pag. 335 e nota 136; cfr. inoltre, in materia d'assistenza giudiziaria penale, DTF 106 Ib 267 nonché, in materia d'estradizione, la sentenza inedita del 23 gennaio 1981 in re Bon, consid. 3a). Giusta l'art. 35 cpv. 2, prima frase AIMP, la punibilità secondo il diritto svizzero deve però esser determinata "senza tener conto delle particolari forme di colpa e condizioni di punibilità da questo previste". A proposito di questo capoverso dell'art. 35 (corrispondente all'art. 31 del progetto) il messaggio del Consiglio federale dell'8 marzo 1976 annovera fra gli esempi di condizioni di punibilità proprio la dichiarazione di fallimento ed il pignoramento infruttuoso (FF 1976 II pag. 461 n. 322). Ne viene che non si può negare la punibilità secondo il diritto svizzero perché la declaratoria giudiziaria d'insolvenza non è passata in giudicato: il legislatore ha appunto inteso restringere, a tal riguardo, la portata del principio della doppia incriminazione che l'art. 35 cpv. 2 tacitamente sottintende (SCHULTZ, Das neue Schweizer Recht der internationalen Zusammenarbeit in Strafsachen, SJZ (RSJ) 77/1981, pag. 95). La punibilità secondo il diritto svizzero deve quindi essere ammessa.
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bb) Nel diritto italiano, le opinioni della dottrina circa la qualifica da attribuire alla dichiarazione di fallimento, rispettivamente all'accertamento dell'insolvenza, sono divise (cfr. ANTOLISEI, op.cit., leggi complementari, ![]() | 16 |
d) Che le distrazioni ritenute nell'ordine di cattura non siano state causali del dissesto del Banco Ambrosiano, come argomenta il ricercato, potrebbe tutt'al più esser di rilievo per l'imputazione riferita all'art. 223 cpv. 2 n. 2 della legge fallimentare, secondo cui agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori si applicano le pene previste dal ![]() | 17 |
e) L'eccezione tratta dal preteso difetto di giurisdizione italiana (art. 7 CPI) non può esser ammessa. È infatti mera affermazione del ricercato quella per cui i fatti che stanno alla base del mandato di cattura si sarebbero svolti interamente fuori del territorio italiano. Secondo la documentazione annessa alla domanda, infatti, decisioni determinanti sarebbero state prese a Milano. È quindi superfluo esaminare se l'estradizione potrebbe essere rifiutata in applicazione del principio della doppia incriminazione oppure dell'art. 7 par. 2 CEEstr.
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f) Non v'è neppure ragione di rifiutare l'estradizione poiché i fatti addebitati al ricercato in relazione con il Banco Ambrosiano S.p.A. si sono svolti parzialmente in Svizzera, onde il ricercato potrebbe soggiacere alla giurisdizione svizzera (art. 35 cpv. 1 AIMP) per un'eventuale ricettazione ivi commessa.
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Giusta l'art. 7 cpv. 1 CEEstr, che è applicabile, dopo il ritiro della riserva inizialmente espressa dalla Svizzera, in tutta la sua estensione, il rifiuto dell'estradizione costituisce una mera facoltà della Parte richiesta. In virtù dell'art. 36 cpv. 2, che deroga all'art. 35 cpv. 1 lett. b AIMP, se al ricercato sono ascritti, - come in casu - parecchi reati, di cui uno motivante l'estradizione, questa è ammissibile per tutti. Non v'è nessun motivo per non applicare l'art. 36 cpv. 2, dal momento che le infrazioni di cui si tratta hanno indubbiamente il loro centro di gravità in Italia, che è opportuno che un unico procedimento penale venga istaurato e che infine - checché ne dica l'opponente - per una tale soluzione depongono anche la ![]() | 20 |
A queste considerazioni si aggiunga che, già prima del ritiro delle riserve concernenti gli art. 7 e 8 CEEstr, la giurisprudenza aveva stabilito che il principio di territorialità deve cedere il passo all'esigenza di una efficace persecuzione del reato, allorquando per la difficoltà iniziale di qualificare il reato si correrebbe altrimenti il rischio di lasciarlo impunito per difetto di giurisdizione dello Stato richiesto (DTF 101 Ia 598 segg. consid. 6). Giova da ultimo osservare che l'estradizione avrebbe anche in codesto punto potuto e, per gli stessi motivi, dovuto esser accordata anche sotto il diritto vigente anteriormente al 1o gennaio 1983, poiché l'estradizione accessoria per reati perpetrati (anche) in Svizzera era possibile in virtù della dichiarazione fatta dalla Svizzera (cfr. DF del 27 settembre 1966 in RU 1967 pag. 839, 841): la situazione del ricercato, quindi, non ha patito peggioramento.
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g) Tutte le altre obiezioni dell'opponente contro l'ordine di cattura del 17 settembre 1982 si risolvono in definitiva in una contestazione di colpevolezza, ed esorbitano chiaramente dal quadro dell'indagine che può esser domandata al giudice dell'estradizione, segnatamente quando si tratta - come in casu - di complesse operazioni economiche e finanziarie: esse debbono esser riservate al giudice italiano del merito.
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Ciò posto, restano tuttavia ancora da esaminare le ulteriori obiezioni sollevate dall'opponente. Tra queste primeggia quella dedotta dal principio della specialità dell'estradizione. Poiché - nella formulazione che le vien data dalla difesa dell'opponente - tale obiezione è indipendente da quelle ![]() | 23 |
b) Alla base di tutta l'argomentazione dell'opponente è la tesi per cui la regola della specialità, sino al momento in cui cessa d'essere applicabile, paralizzerebbe in modo assoluto qualsiasi esercizio dei poteri giurisdizionali della Parte richiedente nei confronti della persona consegnata per ogni fatto anteriore alla consegna, che non sia quello che ha motivato l'estradizione. Come i patroni dell'opponente scrivono, citando GIAN DOMENICO PISAPIA (L'estradizione nell'ordinamento giuridico italiano: aspetti sostanziali, in Estradizione e spazio giuridico europeo, pubblicazione del Consiglio Superiore della Magistratura, Roma 1981, pag. 49 segg., 54), il principio della specialità, una volta accolto, dovrebbe costituire "un vero e proprio sbarramento, che priva l'autorità giudiziaria italiana di ogni potere in ordine ai reati che non siano espressamente compresi nel provvedimento di estradizione". Sennonché non è manifestamente questa la nozione di specialità consacrata dalla Convenzione europea.
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Già dall'art. 14 par. 1 CEEstr si desume che il divieto di perseguire, giudicare e detenere in vista dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza per fatti anteriori alla consegna, che non siano quelli che hanno ![]() | 25 |
"Le paragraphe 2 permet à la Partie requérante de prendre les mesures indispensables pour interrompre la prescription. En effet, les experts ont reconnu qu'il fallait autoriser ces mesures puisqu'un Etat aurait pu les prendre si l'individu inculpé n'avait pas été extradé. En vertu de ce paragraphe, la Partie requérante pourra par exemple juger par défaut un individu extradé pour une infraction autre que celle ayant motivé l'extradition. Toutefois, dans ce cas, l'extradé ne pourra pas être détenu pour une telle infraction sans le consentement de la Partie requise."
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La soluzione adottata dalla Convenzione europea - che esclude la possibilità di un procedimento contraddittorio ma non quello di un procedimento contumaciale - è d'altronde conforme all'opinione dominante in dottrina (SCHULTZ, Das Schweizerische Auslieferungsrecht, pag. 364 e nota 36, pag. 369; HSU CHAO CHING, Du principe de la spécialité en matière d'extradition, tesi Neuchâtel 1950, pag. 61 segg. e gli autori citati; sulla conformità in particolare dell'art. 14 par. 2 CEEstr alla dottrina tradizionale, cfr. SCHULTZ, Les principes du droit d'extradition traditionnel, in Aspects juridiques de l'extradition entre Etats européens, edito dal Consiglio d'Europa, 1970, pag. 7 segg., in part. 21 n. 6). Nella dottrina italiana lo stesso TULLIO DELOGU, richiamato dall'opponente, sottolinea tra l'altro con preciso riferimento all'art. 14 CEEstr, che sugli effetti processuali del principio di specialità esiste un accordo quasi inconsueto e che si riconosce unanimamente "che il diritto dello Stato richiesto a veder osservata la clausola di specialità non può arrivare a spogliare lo Stato richiedente anche dei poteri che a lui competerebbero se ![]() | 27 |
Nella misura in cui l'opponente critica la giurisprudenza della Corte di cassazione italiana, che è conforme a codesta dottrina, per dedurre che la Parte richiedente non si conformerebbe al dettato dell'art. 14 CEEstr, la sua censura è manifestamente infondata. A questo proposito non si pone pertanto neppure il problema (sul quale si tornerà) di sapere se e in qual misura il giudice dell'estradizione, nell'esame della domanda, possa tener conto di una prassi dello Stato richiedente che fosse contraria agli impegni convenzionali.
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A giusta ragione l'opponente afferma che tale opinione è insostenibile. Essa si pone non solo in contrasto con la nozione di specialità qual è ammessa dalla dottrina unanime, ma anche - se riferita alla Convenzione europea d'estradizione qui applicabile - con il tenore letterale chiaro ed esplicito dell'art. 14 par. 1, che vieta ogni procedimento contraddittorio e ![]() | 29 |
b) Nella sentenza inedita Rieble dell'11 luglio 1980 e nella già citata sentenza Bon del 23 gennaio 1981, il Tribunale federale ha esaminato il problema di sapere in quale misura una precedente violazione di una convenzione da parte di uno Stato contraente consenta alla Svizzera di rifiutare vuoi l'estradizione, vuoi la concessione dell'assistenza giudiziaria in senso lato. Esso ha considerato che non v'è motivo di rifiutare l'estradizione allorquando non v'è ragione di pensare che, nel caso particolare, lo Stato richiedente non rispetterà i suoi impegni internazionali ed ha addotto che da una passata infrazione di un trattato non è consentito di trarre una simile deduzione. In uno dei due casi citati, il Tribunale federale ha tuttavia ritenuto opportuno di segnalare all'autorità esecutiva la verosimile inosservanza di una convenzione invocata dall'opponente.
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c) I principi di questa giurisprudenza meritano di essere confermati. Applicati in casu, essi non consentono - per più di un motivo - di rifiutare l'estradizione.
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Come si evince dallo stesso saggio di TULLIO DELOGU, la giurisprudenza italiana criticata risulta infatti isolata (cfr., oltre i due casi già indicati: Cassazione 3 aprile 1974, Carinci, in Repertorio del Foro italiano 1975, voce "Estradizione", n. 9/10). In secondo luogo, a quanto è dato di vedere, tale giurisprudenza non è espressamente riferita alla Convenzione europea, e segnatamente all'art. 14. In terzo luogo, essa non risulta esser stata applicata nei confronti della Svizzera, permodoché non si può far addebito all'autorità italiana di una violazione del principio di specialità nei confronti del nostro Paese in un caso concreto. Anzi, a riguardo della Svizzera, è noto il caso Prampolini, estradato all'Italia in base alla ![]() | 32 |
Nella fattispecie, v'è poi ancor meno motivo di esitare, dal momento che il Ministero di grazia e giustizia - tramite l'Ambasciata d'Italia - ha già fornito esplicite assicurazioni all'UFP. Tuttavia, vista l'esistenza di questa sia pur isolata giurisprudenza della Suprema Corte italiana di cassazione, l'UFP può esser sollecitato a ricordare ai competenti organi italiani che, secondo lo Stato richiesto, l'art. 14 par. 1 CEEstr inibisce l'esercizio della potestà giurisdizionale, fuori del procedimento contumaciale previsto dal paragrafo 2, anche nel caso in cui procedimenti penali per fatti diversi da quelli per i quali l'estradizione è stata accordata, fossero stati promossi contro la persona estradata prima che la domanda d'estradizione fosse presentata, e che la Svizzera considererebbe lesiva degli obblighi convenzionali l'applicazione in casu della surriferita giurisprudenza.
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a) L'opponente manifesta il timore d'esser sottoposto a misure coercitive in vista dell'audizione da parte della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica P2 istituita con la legge del 23 settembre 1981, n. 527, per "accertare l'origine, la natura, l'organizzazione e la consistenza" di questa associazione, nonché "le finalità perseguite, le attività svolte, i mezzi impiegati per lo svolgimento di detta attività e per la penetrazione negli apparati pubblici e in quelli di interesse pubblico, gli eventuali collegamenti interni e internazionali, le influenze tentate o esercitate sullo svolgimento di funzioni pubbliche, di interesse pubblico e di attività ![]() | 34 |
A questo proposito giova rilevare come, per il tramite dell'Ambasciata svizzera a Roma, la Divisione assistenza giudiziaria internazionale del Dipartimento federale di giustizia e polizia abbia già il 17 agosto 1982 rifiutato di accogliere una domanda di informazioni fondata sulla Convenzione europea d'assistenza giudiziaria in materia penale presentata da detta Commissione. La Svizzera ha ritenuto, sulla base della suddetta descrizione delle finalità e dei compiti della Commissione parlamentare, che non si aveva a che fare con una procedura concernente reati ai sensi della Convenzione invocata, ma che si trattava di un'inchiesta disciplinare o di un procedimento di natura amministrativa o di polizia, nulla mutando a tal riguardo il fatto che la Commissione predetta, giusta la legge istitutiva (art. 3), fosse munita degli stessi poteri dell'autorità giudiziaria per procedere alle indagini ed agli esami. Analoghe considerazioni si impongono per il caso della consegna a fini estradizionali del ricercato: la regola della specialità vieta ogni coercizione, anche di natura amministrativa, per fatti anteriori alla consegna e diversi da quelli motivanti l'estradizione.
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Per tener conto di codesta situazione particolare, gioverà invitare l'UFP a precisare espressamente che Gelli, secondo l'art. 14 par. 1 CEEstr ed il principio di specialità, non potrà esser sottoposto a qualsiasi misura coercitiva in vista dell'audizione da parte della predetta Commissione parlamentare o di altro organismo analogo che dovesse esser successivamente istituito.
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b) Il ricercato manifesta d'altra parte il timore che - privato di passaporto in virtù della legislazione italiana - egli sarebbe posto nell'impossibilità di lasciare il territorio italiano nei 45 giorni successivi alla sua liberazione definitiva ai sensi dell'art. 14 par. 1 lett. b CEEstr. A questo proposito occorre rilevare che il termine di "possibilité" contenuto alla lett. b è stato sostituito al termine di "liberté" inizialmente previsto, tenuto conto del suo senso più generale e dunque meno restrittivo. Come giustamente sottolinea il già citato "Rapport explicatif" del Consiglio d'Europa (pagg. 22/23), l'individuo non deve soltanto aver avuto la libertà di lasciare il territorio, ma anche la possibilità di farlo, il ![]() | 37 |
b) Le quattro imputazioni di calunnia, truffa, millantato credito e bancarotta costituiscono tutte, prese in sé, reati di diritto comune. Ci si deve però chiedere se essi non debbano esser considerati connessi con delitti politici (art. 3 par. 1 CEEstr), oppure se, in virtù delle circostanze in cui sono stati compiuti - segnatamente nel loro movente e per il loro scopo - non debba esser riconosciuto loro il carattere di delitti politici relativi, per i quali l'estradizione è parimenti esclusa in forza della stessa disposizione. Affinché la predominanza del carattere politico possa esser ammessa, occorre che il delitto si situi nell'ambito della lotta contro e/o per il potere, o tenda a sottrarre qualcuno a un potere che escluda ogni forma d'opposizione; tra l'atto e il fine politico deve sussistere un ![]() | 38 |
La ricorrenza di questi elementi caratterizzanti dev'essere chiaramente esclusa per i reati di truffa, millantato credito e bancarotta, tipici reati economici a fine di lucro. Quand'anche si volesse pretendere che essi dovessero servire - se effettivamente furono commessi - a procurare fondi al movimento sovversivo che - sempre secondo l'accusa - Gelli avrebbe creato al fine di minare le basi stesse dello Stato (imputazioni di cui alle lettere a, c, f del mandato di cattura del 20 gennaio 1982), una sufficiente relazione diretta dovrebbe chiaramente essere negata, così come essa è sempre stata negata trattandosi di giudicare gli attacchi alle banche presentati come semplice messa in pratica della teoria della riappropriazione, che legittimerebbe i lavoratori proletari a recuperare quanto i grandi capitalisti hanno sottratto in origine ai produttori (cfr. l'affare Morlacchi in DTF 101 Ia 605 /606). Non v'è motivo alcuno di trattare in modo diverso, sotto questo profilo, l'attacco a mano armata alla banca dal delitto dei cosiddetti colletti bianchi. Né può essere il discorso per l'imputazione di calunnia (denuncia mendace), se si tien conto che le tracce di reato che si attribuiscono a Gelli secondo l'accusa tendevano a compromettere come colpevoli di gravi delitti contro i doveri del loro ufficio magistrati che erano incaricati delle indagini contro il ricercato.
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c) Resta infine da esaminare se sia fondata l'obiezione tratta dall'opponente dall'art. 3 par. 2 CEEstr, nel quale quadro dev'essere considerata anche l'eccezione dedotta dall'art. 6 CEDU. Com'è noto, l'art. 3 par. 2 CEEstr contempla due ipotesi distinte, le quali entrambe impongono al giudice dell'estradizione un giudizio di valore estremamente delicato sugli affari interni della Parte richiedente, in particolare il suo regime politico e le sue istituzioni, la sua concezione delle libertà fondamentali della persona, il rispetto di cui - concretamente - tali libertà godono, l'indipendenza e l'obiettività del suo apparato giudiziario. Naturalmente non ogni situazione politico-giuridica particolare in cui versasse lo Stato richiedente può avere come conseguenza che la Svizzera debba rifiutare ogni misura d'estradizione a suo favore: un tale rifiuto non interverrà che se si può temere oggettivamente, in un preciso contesto fattuale, che la situazione ![]() | 40 |
Che sia verificata la prima ipotesi prevista dall'art. 3 par. 2 CEEstr - ovverosia che le imputazioni di diritto comune siano state formulate allo scopo di perseguire il ricercato per ragioni politiche o di credo religioso, in altre parole per ottenere un'estradizione che le imputazioni politiche non consentano manifestamente di conseguire - non si può seriamente sostenere, e non vale la pena di attardarsi sulle allegazioni prive di sostegno del ricercato.
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Più delicato può invece apparire il giudizio per quanto ha tratto alla seconda ipotesi prevista dall'art. 3 par. 2 CEEstr. Si pone infatti la questione di sapere se v'è motivo serio per credere che la condizione dell'estradando arrischi d'esser aggravata per considerazioni politiche: in termini concreti, se ci si può aspettare per il ricercato un processo giusto, sottratto ad influenze esercitate da stampa o partiti sulla magistratura, e nel quale la regola della specialità sia ossequiata non solo nella forma ma anche e soprattutto nello spirito. A sostegno della prognosi negativa da essa formulata, la difesa del perseguito adduce l'enorme clamore che indubbiamente quello che ormai vien definito il caso Gelli ha suscitato nella pubblica opinione e nella stampa, la legge varata per il dissolvimento della loggia massonica P2, il giudizio negativo formulato in termini talvolta drastici da personalità politiche, e denuncia altresì un'affermata caccia alle streghe e la designazione di un capro espiatorio.
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Certo, ben si può ammettere che i casi Sindona e del Banco Ambrosiano e il ritrovamento di atti e documenti nella perquisizione effettuata negli uffici e al domicilio del ricercato hanno suscitato grande scalpore, profondamente turbato l'opinione pubblica e provocato reazioni non sempre serene negli organi della stampa o da parte di politici. Ma anche altri tragici avvenimenti, che hanno scosso nell'ultimo decennio la Repubblica Italiana, hanno provocato - comprensibilmente - fermenti e reazioni di non minor violenza nell'opinione pubblica, nei circoli politici, nella stampa: ciononostante non si può minimamente asserire che la magistratura - che ha pagato e paga tuttora tributo anche di sangue nell'adempimento della sua funzione - sia uscita nel complesso sminuita o rinvilita da queste vicende o che essa non sia più in grado di garantire, al di là ed al disopra delle contese di parte, un esercizio oggettivo della funzione giudiziaria.
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