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38. Estratto della sentenza 22 maggio 1986 della I Corte di diritto pubblico nella causa X. c. Ufficio federale di polizia (ricorso di diritto amministrativo) | |
Regeste |
Europäisches Auslieferungs-Übereinkommen (EAUe), Bundesgesetz über internationale Rechtshilfe in Strafsachen (IRSG). Auslieferung nach Italien wegen Konkursdelikten, Grundsatz der beidseitigen Strafbarkeit, Verjährung der Strafverfolgung. |
2. Da der Verfolgte nicht als tatsächlicher Leiter der konkursiten Gesellschaft (Art. 172 und 163 Ziff. 1 schweiz. StGB) betrachtet werden kann, sondern allerhöchstens als Dritter, der an den mehr als fünf Jahre zurückliegenden Konkursdelikten teilgenommen hat (Art. 163 Ziff. 2 schweiz. StGB), wäre nach schweizerischem Recht Verjährung eingetreten (Art. 70 Abs. 3 StGB) und es stünde somit einer Auslieferung Art. 10 EAUe entgegen (E. 4). |
3. Dem Erfordernis der beidseitigen Strafbarkeit (Art. 2 EAUe) ist Genüge getan, wenn die dem Verfolgten vorgeworfene Tat - ungeachtet ihrer rechtlichen Qualifikation - in beiden Staaten als Auslieferungsdelikt strafbar ist: Im konkreten Fall kann die Auslieferung gewährt werden, weil die Tat, für die in Italien die Anschuldigung der Teilnahme am betrügerischen Konkurs erhoben wird, in der Schweiz vom Tatbestand der Hehlerei (Art. 144 Abs. 1 StGB) am Gewinn aus dem betrügerischen Konkurs erfasst würde (E. 5a). Eine eventuelle Verfolgbarkeit dieses Deliktes in der Schweiz (Art. 7 Abs. 1 EAUe, Art. 5 Abs. 1 lit. b IRSG) rechtfertigt die Verweigerung der Auslieferung im konkreten Fall nicht (Art. 36 Abs. 1 IRSG) (E. 5b). | |
Sachverhalt | |
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I. X. si è opposta all'estradizione in occasione delle sue audizioni da parte del Giudice istruttore di Lugano, e ne ha confermato i motivi con memoria 12 luglio 1985 del suo difensore. Avendo l'Ambasciata d'Italia fornito un complemento d'informazioni con nota del 20 novembre 1985, il difensore ha completato il suo esposto con atto del 12 dicembre successivo.
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Con decisione del 22 gennaio 1986 l'UFP ha accordato l'estradizione della ricercata all'Italia. Della motivazione si dirà, ove occorra, nei considerandi.
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Agendo col patrocinio del suo avvocato, l'estradanda ha interposto contro questa decisione un ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale, chiedendo che essa sia annullata e l'estradizione rifiutata. Degli argomenti ricorsuali si dirà in appresso. Nelle sue osservazioni, l'UFP ha postulato la reiezione del ricorso; anche sul contenuto di queste si tornerà in seguito.
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Considerato in diritto: | |
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Com'è noto e come la giurisprudenza del Tribunale federale ha più volte constatato, il codice penale italiano - contrariamente al ![]() | 6 |
In materia di reati fallimentari, tuttavia, sussistono tra i due ordinamenti giuridici talune differenze che possono assumere rilievo anche per l'estradizione, segnatamente per la qualificazione dei fatti e la prescrizione. Conviene illustrare subito tali particolarità.
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a) Nella bancarotta fraudolenta del diritto svizzero viene punito con la reclusione sino a cinque anni o la detenzione il debitore che in danno dei creditori diminuisce o diminuisce fittiziamente l'attivo o fa comparire una minor consistenza patrimoniale, se viene dichiarato il suo fallimento (art. 163 n. 1 CPS). Se il reato è commesso nell'azienda di una persona giuridica - che per sua natura non delinque - la sanzione penale si applica ai direttori, procuratori, amministratori, revisori o liquidatori, che se ne sono resi colpevoli (art. 172 cpv. 1 CPS): ad essi, come la giurisprudenza ha precisato, sono equiparate le persone che di fatto assolvono tali funzioni (DTF 107 IV 177 consid. 1a, DTF 100 IV 42 consid. 2c, DTF 97 IV 14, DTF 78 IV 30 /32). L'azione penale verso il debitore, rispettivamente i suddetti soggetti si prescrive in dieci anni, la pena comminata essendo la reclusione (art. 70, 2a frase, CPS); secondo la giurisprudenza, la prescrizione comincia a decorrere, anche per i fatti prefallimentari, dal giorno in cui l'azione fraudolenta è stata compiuta, non dal giorno della pronuncia del fallimento, condizione obiettiva di punibilità (DTF 109 Ib 326 aa, DTF 101 IV 21 segg.).
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b) Nella bancarotta propria del diritto italiano, soggetto del reato è l'imprenditore, se è dichiarato fallito, che ha commesso gli atti di distrazione o falsificazione descritti all'art. 216, 1o comma, n. 1 e 2 LFall. La pena è della reclusione da tre a dieci anni. Questa pena si applica, per la bancarotta impropria, anche agli amministratori, direttori generali, sindaci o liquidatori di società dichiarate fallite, che hanno commesso taluno dei fatti previsti dall'art. 216 (art. 223, 1o comma, LFall). Anche per la legislazione italiana, gli amministratori di fatto sono equiparati agli amministratori di diritto (ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, Leggi complementari, V ediz., n. 32, pagg. 117/118 e nota 10). Queste persone soggiacciono inoltre alla stessa pena, se hanno commesso altri fatti previsti da una serie di articoli del Codice civile (art. 223, 2o comma, n. 1 LFall), oppure se hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento (art. 223, 2o comma, n. 2 LFall), ipotesi questa ove il fallimento non è condizione di punibilità né presupposto, bensì evento del reato (DTF 109 Ib 327 /328 consid. 11d; ANTOLISEI, n. 35, pag. 127). Diversamente che nel diritto svizzero, alla partecipazione di terzi nella bancarotta si applicano le regole generali dettate dagli art. 110 e segg. CPI: è compartecipe della bancarotta e soggiace quindi per principio alla stessa pena dell'imprenditore, l'esperto o l'impiegato contabile dell'imprenditore fallito o altro complice che l'abbia consapevolmente coadiuvato (ANTOLISEI, n. 44, pagg. 162/164 e nota 29). Avuto riguardo alla pena di reclusione comminata, la ![]() | 10 |
c) Illustrate queste diversità fra il diritto italiano e quello svizzero in materia di reati fallimentari, giovano però subito due rilievi. Innanzitutto va ricordato come il principio della doppia incriminazione consacrato all'art. 2 CEEstr non esiga che i fatti considerati nel mandato di cattura siano punibili in base a norme identiche o analoghe nell'uno e nell'altro diritto, ma soltanto che essi costituiscano reati per i quali l'estradizione dev'essere concessa in entrambi gli Stati. Una diversa qualificazione giuridica non osta all'estradizione: non è anzi neppur vietato allo stesso Stato richiedente, dopo ottenuta la consegna del ricercato, di eventualmente qualificare diversamente i fatti per i quali essa è stata concessa, alla condizione beninteso - e sotto pena di altrimenti violare il principio di specialità - che anche tale nuova qualificazione costituisca reato estradizionale secondo il diritto dello Stato richiesto (DTF 101 Ia 595 consid. 5a; inoltre DTF 108 Ib 534 consid. 5a).
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In secondo luogo giova rammentare che in virtù dell'art. 35 cpv. 2, 1a frase, AIMP, il quale restringe in tale misura la portata del principio della doppia incriminazione, la punibilità secondo il diritto svizzero dev'essere determinata senza tener conto delle particolari forme di colpa e condizioni di punibilità da questo previste (cfr. DTF 109 Ib 326 aa).
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I fatti di bancarotta sono stati commessi nell'azienda di una persona giuridica - la Y. S.p.A. - che è stata dichiarata fallita con sentenza 18 settembre 1981 del Tribunale di Milano. Precedentemente, in data 30 maggio 1979, un'assemblea straordinaria aveva deliberato lo scioglimento della società e nominato un liquidatore. Risultando la Y. S.p.A. implicata in un vasto traffico di contrabbando interno di oli minerali, il Giudice istruttore dott. Vaudano aveva disposto con decreti 14 febbraio 1980 e 21 luglio 1980 il sequestro di tutta la documentazione fiscale, contabile e commerciale per gli anni dal 1973 al 1979 nonché di tutti gli impianti e ![]() | 14 |
a) Da questa esposizione dei fatti unita alla domanda italiana, emerge con chiarezza che le distrazioni patrimoniali e le diminuzioni fittizie dell'attivo mediante contabilità inesatta e bilanci falsi sono avvenute tra il 1974 e il 1979 nell'azienda di una persona giuridica. Per il diritto italiano, ne sono responsabili gli amministratori formali, quelli di fatto (art. 223, 216 n. 1 e 2 LFall) nonché tutte le altre persone che, pur prive di questa qualifica, avessero con loro cooperato consapevolmente (art. 110 CPI). Secondo il diritto italiano, nessuna prescrizione si è verificata, il termine quindicennale avendo iniziato a decorrere dal giorno della pronuncia del fallimento (18 settembre 1981). Sotto il profilo della legislazione italiana, non è quindi essenziale stabilire esattamente quando ed in quale ruolo X. abbia eventualmente agito.
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Nel gravame la ricorrente fa valere di non aver mai svolto alcuna attività nella gestione degli affari del marito, e segnatamente in quella delle società petrolifere, tra cui la B. S.A. e, particolarmente, la Y. S.p.A. qui in discussione. Queste affermazioni della ricorrente non sono però di per sé determinanti: la questione di diritto di sapere se, ove i fatti si fossero svolti in Svizzera, la ricercata dovrebbe essere parificata ad un amministratore della persona giuridica (art. 172 cpv. 1 CPS) oppure no, deve essere risolta sulla base delle adduzioni di fatto della domanda italiana, alla quale il giudice dell'estradizione è vincolato nella misura in cui non presenti contraddizioni, errori manifesti oppure lacune (DTF 109 Ib 63 consid. 5a, 324/25 consid. 11b, DTF 107 Ib 76 consid. 3b).
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c) A proposito di questo periodo, la domanda italiana adduce che X. era prima del 1977 proprietaria insieme con il marito di azioni della Z. S.p.A., una società finanziaria costituita a Milano, che parzialmente controllava la Y. S.p.A. (cfr., oltre l'esposto dei fatti, la relazione già citata del curatore del fallimento). Questa relazione aggiunge altresì che la ricercata sarebbe rimasta azionista anche dopo la cessione, supposta fittizia, di tali azioni. Tale circostanza - contrariamente a quanto opina l'UFP - è però di per sé assolutamente indifferente: che la ricercata sia stata azionista della Z. S.p.A. e, attraverso quest'ultima, della Y. S.p.A., non consente infatti alcuna deduzione circa un ruolo d'amministratrice di fatto che essa vi avrebbe svolto. A parte questo indifferente rilievo, la domanda italiana non allega alcun altro elemento ![]() | 18 |
Ne consegue che, sulla scorta delle indicazioni contenute nella domanda italiana, nella documentazione prodotta e negli ulteriori atti di causa, la ricercata non può esser considerata aver svolto funzioni parificabili a quelle di un amministratore ai sensi del- l'art. 172 cpv. 1 CPS in seno alla fallita società. Ad eventuali sue complicità risalenti al periodo 1974/79 in fatti di bancarotta fraudolenta commessi dagli amministratori - che la domanda italiana d'altronde neppure assevera - sarebbe quindi applicabile l'art. 163 n. 2 CPS, onde la prescrizione sarebbe intervenuta, come giustamente afferma il patrono della ricorrente.
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5. a) Ciò non significa però ancora che il ricorso debba esser accolto e l'estradizione rifiutata. Se si parte dalla constatazione che la ricercata non amministrava la Y. S.p.A. al momento in cui sono stati perfezionati gli illeciti di bancarotta con imponenti distrazioni di beni sociali, e se si ammette perfino che - come sostenuto nel ricorso - X. non era in essi implicata in nessun modo, resta da esaminare se, alla luce del diritto svizzero, i fatti concreti che l'autorità italiana rimprovera alla ricercata potrebbero essere punibili in Svizzera quale delitto estradizionale, sia pure con altra qualifica. Ora, l'autorità italiana fa valere che ingentissime somme, incassate dalla Y. S.p.A. con il commercio illecito e con il contrabbando interno di prodotti petroliferi e poi distratte dagli attivi sociali, sarebbero state fatte affluire dal marito della ricorrente e altri complici sui conti di due "Anstalten" e su quelli ![]() | 20 |
Certo, la ricercata assevera che le ingenti somme ch'essa ha ottenuto dal marito - per un importo ammesso di oltre 2 milioni di franchi - costituiscono la liquidazione di rapporti patrimoniali nonché una sistemazione cui il marito, che avrebbe relazione con altra donna, era in dovere di provvedere. Essa dichiara altresì che i fondi così trasmessile provengono dalla realizzazione di patrimonio legittimamente acquistato dal marito, già facoltosissimo industriale. Il Tribunale federale non può tuttavia occuparsi di tali obiezioni, che concernono il tema della colpevolezza, riservato al giudice italiano del merito, o che riguardano il controllo dei fatti esposti dall'autorità giudiziaria italiana, fatti che, in questa misura almeno, sono sicuramente esenti da errori, lacune o contraddizioni, e vincolano pertanto il giudice svizzero dell'estradizione (DTF 109 Ib 324 /25 consid. 11b).
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b) L'estradizione non è neppure da rifiutare a motivo che i fatti si sarebbero svolti prevalentemente in Svizzera, onde X., per l'ipotesi di ricettazione, soggiacerebbe alla giurisdizione svizzera. Per l'art. 7 cpv. 1 CEEstr, il rifiuto dell'estradizione costituisce in tale evenienza una mera facoltà della Parte richiesta. Certo, secondo l'art. 35 cpv. 1 lett. b AIMP e contrario, l'estradizione è per principio da negare se il reato soggiace alla giurisdizione svizzera; tuttavia, la persona perseguita può esser eccezionalmente estradata per un fatto che potrebbe esser perseguito in Svizzera, qualora circostanze speciali, segnatamente la possibilità di un miglior reinserimento sociale, lo giustifichino (art. 36 cpv. 1 AIMP). Ora, non v'è dubbio che, nel caso in esame, si giustifica la celebrazione ![]() | 22 |
6. Da quanto sopra discende che il ricorso dev'essere respinto e l'estradizione all'Italia concessa per i fatti relativi ai prelievi di fondi dalle "Anstalten" del Principato del Liechtenstein e dalla società panamense illustrati nella domanda italiana. Per eventuali altri fatti anteriormente commessi, l'autorità italiana dev'essere invitata a presentare - se del caso - una domanda complementare, affinché su di essi il giudice svizzero dell'estradizione possa nuovamente pronunciarsi.
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