BGE 112 Ib 576 | |||
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85. Estratto della sentenza 19 novembre 1986 della I Corte di diritto pubblico nella causa S. e litisconsorti c. Camera dei ricorsi penali del Tribunale di appello del Cantone Ticino e Giudice istruttore sottocenerino (ricorso di diritto amministrativo) | |
Regeste |
Internationale Rechtshilfe in Strafsachen. |
2. Art. 17, 25, 78 f. IRSG, Art. 14 IRSV. |
Verwaltungsgerichtsbeschwerde gegen Verfügungen letztinstanzlicher kantonaler Behörden. Zulässige Rügen und Kognitionsbefugnis des Bundesgerichtes; Möglichkeit der reformatio in peius sive in melius der angefochtenen Verfügung; durch den Streitgegenstand gegebene Begrenzung der Offizialmaxime; Unzulässigkeit der Anfechtung des Vorentscheides des Bundesamtes (E. 3). |
3. Art. 16 und 23 IRSG. |
Im Kanton Tessin - wo noch kein Einführungsgesetz zum IRSG erlassen worden ist - obliegt die Ausführung von Ersuchen um "andere" Rechtshilfe dem Instruktionsrichter, gegen dessen Anordnungen innert fünf Tagen Beschwerde bei der Camera dei ricorsi penali erhoben werden kann (Art. 93 in Verbindung mit Art. 120 ff., 226 und 227 CPP/TI). Vereinbarkeit dieser speziell kurzen Frist mit den Anforderungen des Bundesrechtes? Frage offengelassen (E. 7a-b). |
4. Art. 1 Ziff. 2 EÜR, Art. 3 Abs. 1 IRSG. |
Begriff der militärischen strafbaren Handlung (E. 10). |
5. Rechtshilfemassnahmen, die die Anwendung von Zwangsmassnahmen erfordern; Grundsatz der Spezialität und der beidseitigen Strafbarkeit (Art. 2 lit. b, Art. 5 Ziff. 1 lit. a, Art. 23 Ziff. 1 EÜR, Art. 3 des Bundesbeschlusses vom 27. September 1966, Art. 6, 64 und 67 IRSG). |
a) Vorbehalte und Erläuterungen der Schweiz zum EÜR. Die Schweiz hat in jedem Fall der Rechtshilfe die ersuchende Vertragspartei klar darüber zu informieren, welche Schranken sie für den Gebrauch der von ihr erteilten Auskünfte setzen will; wird im Zeitpunkt der Übermittlung kein solcher Vorbehalt gemacht, so kann der ersuchende Staat die erhaltenen Auskünfte gemäss Landesrecht verwenden, ohne gegen seine staatsvertraglichen Verpflichtungen zu verstossen (E. 11a). |
b) Tragweite der Art. 2 lit. d, Art. 6, Art. 35 Abs. 2, Art. 63, 64 und 67 IRSG im Hinblick auf das Prinzip der beidseitigen Strafbarkeit und den Spezialitätsgrundsatz. Bei "anderer" Rechtshilfe ist der Schweizer Richter in der Regel nicht verpflichtet, die Strafbarkeit der Tat gemäss dem Recht des ersuchenden Staates zu überprüfen; Ausnahmen von diesem Grundsatz (E. 11b/ba). Die Prüfung der Strafbarkeit gemäss Landesrecht schliesst auch die subjektiven Tatbestandsmerkmale ein, mit Ausnahme jedoch - gleich wie bei der Auslieferung - der besonderen Schuldformen und Strafbarkeitsbedingungen des schweizerischen Rechts (E. 11b/bb). Fall teilweiser Unzulässigkeit eines Rechtshilfebegehrens; Notwendigkeit, den ersuchenden Staat darauf aufmerksam zu machen, in welchem Rahmen die erhaltenen Auskünfte in weiteren Verfahren zur Verfolgung anderer Straftaten oder anderer Personen verwendet werden können; Pflichten der ersuchenden Partei (E. 11b/bc). |
6. a) Keine Anwendbarkeit des EÜR auf die Übergabe von Gegenständen, die Beute bilden (Art. 1 Ziff. 2, Art. 3 Ziff. 1) (E. 12a). |
b) Anwendbarkeit der EÜR auf die Sicherungsbeschlagnahme von Deliktsgut oder von Erlös aus diesem? Frage offengelassen, da das interne Recht eine Übergabe von Deliktsgut an den ersuchenden Staat zum Zwecke der Beschlagnahme zulässt (Art. 74 IRSG) und vorläufige Massnahmen - wie gerade die Sicherungsbeschlagnahme - zur Sicherstellung der Übergabe gestattet (Art. 18 IRSG). Im vorliegenden Fall besteht das Deliktsgut teilweise aus Steuerbeträgen, die dem ausländischen Fiskus durch Steuerbetrug entzogen worden sind (Art. 3 Abs. 3 IRSG) und für welche praxisgemäss eine Übergabe nicht in Frage kommt; dennoch ist die vorsorgliche Massnahme zulässig, da nicht ausgeschlossen werden kann, dass die durch Steuerumgehung beiseite geschafften Gewinne nicht nur dem Fiskus, sondern auch Privaten entzogen worden sind, die sich auf Art. 74 Abs. 2 IRSG berufen könnten. Pflicht der Schweizer Behörde, die ausländische Behörde um die notwendigen näheren Angaben zu ersuchen, mit der Androhung, dass die Sicherungsbeschlagnahme allenfalls mangels weiterer Präzisierungen dahinfallen werde (E. 12b-c). |
7. Unzulässigkeit des Rechtshilfeersuchens wegen Erlöschens des Strafanspruchs nach schweizerischen Recht (Art. 5 Abs. 1 lit. c IRSG). |
Voraussetzungen im vorliegenden Fall nicht erfüllt, da die Straftaten zwischen 1974 und 1979 begangen worden sind und die in Art. 11 Abs. 2 und 3 VStrR vorgesehene absolute Verjährung noch nicht eingetreten ist (E. 13b). |
8. Die Angehörigen von Verfolgten, die nach den Gesuchsunterlagen weder Beschuldigte noch Verdächtigte sind, können sich nicht darauf berufen, am Strafverfahren nicht beteiligt zu sein (Art. 10 IRSG), und müssen daher dulden, dass Auskünfte eingeholt werden. Die ersuchende Partei darf indessen die von der Schweiz erhaltenen Beweismittel nicht in Verfahren verwenden, die gegen diese Personen eröffnet worden sind, ohne die Schweiz zusätzlich um Zustimmung zu ersuchen (E. 13d). |
9. Übermittlung von Beweismitteln; Prüfung ihrer Eignung durch die Behörden des ersuchten Staates (E. 14a). |
10. Beschlagnahme und Übergabe von Gütern, die Deliktsgut bilden; die Behörden des ersuchten Staates haben zu prüfen, ob diese Güter zumindest aller Wahrscheinlichkeit nach direkt oder indirekt strafbarer Tätigkeit entstammen (E. 14b). | |
Sachverhalt | |
Il Giudice istruttore presso il Tribunale di Torino, dott. Mario Vaudano, conduce dal 1980 un'inchiesta contro numerose persone implicate in quello che in Italia è denominato lo scandalo dei petroli. In questo procedimento sono coinvolti, da un lato, funzionari e ufficiali del corpo della guardia di finanza e, dall'altro, parecchi operatori economici attivi nel commercio di prodotti petroliferi. Questi ultimi avrebbero corrotto i primi per indurli a compiere atti contrari ai doveri del loro ufficio al fine di evitare - mediante anche allestimento di atti pubblici e privati falsi - il pagamento di ingentissime somme dovute a titolo d'imposta di fabbricazione sugli oli minerali e sui prodotti della loro lavorazione. I reati ritenuti dall'autorità italiana sono quelli di associazione per delinquere, prevista e punita dall'art. 416 CPI, di sottrazione all'accertamento ed al pagamento dell'imposta di fabbricazione sui prodotti petroliferi (art. 23 del decreto legge 28 febbraio 1939, n. 334), di uso illegittimo, risp. miscelazione illegittima di prodotti petroliferi (art. 23bis e ter dello stesso decreto), di violazione di doveri incombenti ai militari della guardia di finanza (art. 3 della legge 9 dicembre 1941, n. 1383, in relazione con gli art. 215 e 219 del codice penale militare di pace), di corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio (art. 319 CPI), di corruzione attiva (art. 321 CPI), di falsità materiale e ideologica commessa da pubblico ufficiale (art. 476 e 479 CPI), il tutto in relazione con l'art. 110 CPI - che regola il concorso di più persone nel medesimo reato - nonché con gli art. 61 n. 9 e 112 CPI (circostanze aggravanti comuni o speciali) e 81 CPI (concorso formale e reato continuato), e meglio come emerge da due mandati di cattura emessi il 12 luglio 1982 e l'8 marzo 1983 nei confronti di numerosi prevenuti.
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Il 4 marzo 1983 il Giudice istruttore Vaudano diresse all'Ufficio federale di polizia (UFP) una commissione rogatoriale con richiesta d'assistenza giudiziaria, all'intenzione delle autorità competenti dei Cantoni del Ticino, di Ginevra e di Zurigo. Il 21 marzo successivo l'UFP trasmise l'istanza al Giudice istruttore sottocenerino, pregandolo di procedere alle investigazioni richieste e precisando che le informazioni avrebbero dovuto servire unicamente al perseguimento di reati del diritto comune. Con la domanda l'autorità italiana chiedeva ricerche presso tutti gli istituti bancari del Cantone Ticino per stabilire l'esistenza di relazioni delle persone inquisite, il sequestro e la trasmissione di tutta la documentazione ritrovata nonché il sequestro penale di tutti gli averi di qualsiasi natura rinvenuti siccome presumibilmente costituenti vuoi il provento della corruzione passiva, trattandosi di ufficiali della finanza o di pubblici funzionari, vuoi il frutto illecito di una truffa fiscale per il mancato pagamento di imposte sul petrolio commercializzato dalle ditte dei prevenuti privati. Con riferimento a precedenti commissioni rogatoriali inviate dal Giudice istruttore di Treviso, il dott. Vaudano chiedeva altresì che le ricerche fossero estese nei confronti di familiari dei prevenuti, sui cui nominativi si tornerà in appresso.
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Dopo aver richiesto informazioni alle banche, il Giudice istruttore sottocenerino - facendo seguito alla domanda di assistenza del 4 marzo 1983 - si è pronunciato formalmente con decisione del 7 luglio 1983. Egli ha ordinato ad una serie di istituti bancari, tutti in Lugano, di comunicare se un certo numero di persone, specificatamente elencate, fossero o fossero state titolari, singolarmente o congiuntamente con altri, al proprio nome o sotto cifra ovvero altro nome o sigla, per procura o fiduciariamente, di conti correnti, libretti di deposito o risparmio, accreditamenti, aperture di credito, mutui, depositi aperti o chiusi e/o provvisori di qualsiasi genere, cassette di sicurezza, sotto qualsivoglia altra forma e di qualsiasi natura e consistenza, e di trasmettere in copia gli estratti conto, i giustificativi, i cartoncini delle firme e i documenti personali presentati per l'apertura dei conti. Inoltre, limitatamente a taluni nominativi espressamente elencati, egli ha ordinato il sequestro di ogni documento e/o di ogni avere patrimoniale. Nella motivazione il Giudice istruttore sottocenerino rilevava che il requisito della doppia incriminazione era adempiuto, i fatti indicati nella domanda italiana essendo punibili in Svizzera a titolo di corruzione attiva o passiva (art. 288, 315 CPS), infedeltà nella gestione pubblica (art. 314), abuso di autorità (art. 312), falsità (art. 317) e truffa fiscale (art. 14 DPA); osservava altresì che la prestazione dell'assistenza era sottoposta al rispetto della condizione di specialità da parte dell'autorità italiana ed avvertiva che le informazioni ottenute sarebbero state trasmesse all'autorità richiedente tramite l'UFP, una volta cresciuta in giudicato la sua decisione.
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Contro la decisione 7 luglio 1983 del Giudice istruttore sottocenerino - per quanto qui ancora interessa - sono insorti con reclamo alla Camera dei ricorsi penali del Tribunale di appello (CRP) i prevenuti nel procedimento penale italiano F., B. e C., già ufficiali della guardia di finanza, A., ufficiale in congedo della guardia di finanza, R., moglie di F., e M., moglie di A., la Banca X. in Lugano ed infine S., nella sua qualità di mandatario per suddelega della moglie di B. Questi ricorsi sono stati respinti dalla Camera dei ricorsi penali con una serie di decisioni distinte del 3, 4, 5 e 10 dicembre 1985.
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I soccombenti hanno impugnato le singole decisioni della Camera con separati ricorsi di diritto amministrativo, chiedendo in sostanza al Tribunale federale di annullarle e protestando spese e ripetibili.
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La Camera dei ricorsi penali non ha presentato un atto di risposta e s'è limitata a trasmettere l'inserto di causa. Il Giudice istruttore sottocenerino ha concluso per l'integrale reiezione dei gravami. L'Ufficio federale di polizia ha presentato diffuse osservazioni soltanto nel caso S., con la conclusione di ammettere parzialmente il ricorso, e nei casi F., A. e B.
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Considerando in diritto: | |
2. Ai rapporti italo-svizzeri nel settore dell'assistenza giudiziaria in materia penale si applicano la Convenzione europea di ugual titolo (CEAG) del 20 aprile 1959, alla quale entrambi gli Stati hanno aderito, e - nella misura in cui questa contenga lacune o non si estenda a talune misure - la legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale (AIMP) del 20 marzo 1981, entrata in vigore il 1o gennaio 1983, purché la sua applicazione non conduca a risultati che contraddicano la lettera o lo spirito della Convenzione che, secondo la giurisprudenza, prevale sul diritto interno (DTF 108 Ib 530 consid. 2a, DTF 105 Ib 296 consid. 1a; cfr. anche art. 1 cpv. 1 AIMP).
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Che i fatti che formano oggetto della domanda italiana siano per avventura anteriori all'entrata in vigore della Convenzione e, rispettivamente, dell'AIMP non ha - contrariamente alla tesi sostenuta nel gravame della Banca X. - rilevanza sotto questo risvolto. Tanto il diritto dell'estradizione, quanto quello della cosiddetta assistenza accessoria o piccola assistenza non constano infatti di disposizioni del diritto penale materiale, ma di norme di procedura che - riservate eccezioni - sono applicabili a tutti i casi che debbono decidersi dopo la loro entrata in vigore; d'altro lato, la relazione tra lo Stato richiedente e quello richiesto non insorge al momento in cui il fatto è stato commesso, ma al momento in cui la domanda estera è presentata (SCHULTZ, Das schweizerische Auslieferungsrecht, pag. 98 segg.; SCHULTZ, Le secret bancaire et le traité d'entraide judiciaire en matière pénale conclu entre la Suisse et les Etats-Unis d'Amérique, Cahier SBS n. 11, pag. 16 segg.; DE CAPITANI, Internationale Rechtshilfe. Eine Standortbestimmung, RDS 100/1981 II pagg. 378/79). La giurisprudenza del Tribunale federale ha costantemente riconosciuto questo principio, tanto in materia di estradizione (DTF 109 Ib 62 consid. 2a) quanto in materia di assistenza accessoria (DTF 109 Ib 157 consid. 3b, DTF 99 Ia 90). Il diritto in vigore al momento della decisione sulla domanda è determinante anche per stabilire, ove ciò sia necessario, se sussista il requisito della doppia punibilità (art. 5 par. 1 lett. a CEAG in relazione con la dichiarazione fatta dalla Svizzera circa lo stesso articolo; art. 64 cpv. 1 AIMP): se il fatto perseguito è punibile si determina secondo il diritto penale in vigore nello Stato richiesto al momento della decisione sulla domanda di assistenza e non sulla scorta di quello vigente al momento della commissione del fatto o della conclusione della Convenzione. Così, tanto l'estradizione quanto l'assistenza (nel caso di necessità di misure coercitive) sono da accordare se il fatto - punibile nello Stato richiedente - non lo era nello Stato richiesto al momento in cui è stato commesso, ma lo è divenuto, per una modifica del diritto interno, prima della decisione sulla domanda. La misura coercitiva non è infatti più diretta, in tale momento, contro una persona innocente; né è leso il precetto per cui la legge penale non ha effetto retroattivo, poiché il diritto dell'assistenza è da equiparare alla procedura penale, alla quale il principio di non retroattività è estraneo (SCHULTZ, Das schweiz. Auslieferungsrecht, pag. 323).
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3. Le decisioni impugnate sono state prese dall'ultima istanza cantonale. Il ricorso di diritto ammministrativo è ammissibile in virtù dell'art. 25 AIMP: oltre la violazione del diritto federale, che comprende l'eccesso o l'abuso del potere di apprezzamento (art. 104 lett. a OG), con esso si può far valere anche l'applicazione inammissibile o manifestamente inesatta del diritto straniero (art. 25 cpv. 4 AIMP). Poiché l'istanza precedente è un tribunale cantonale, il Tribunale federale può rivedere l'accertamento dei fatti giuridicamente rilevanti solo nella misura in cui esso sia manifestamente inesatto o incompleto o sia stato compiuto in violazione di norme essenziali di procedura (art. 104 lett. b, 105 cpv. 2 OG). Quanto alla descrizione dei fatti contenuta nella domanda straniera e nella documentazione allegata, essa vincola il Tribunale federale, a meno che essa sia manifestamente inesatta o contenga lacune o contraddizioni (DTF 107 Ib 254 consid. 2b/aa, 267 consid. 3a, DTF 105 Ib 425 /26 consid. 4b): questo esame è infatti riservato al giudice straniero del merito, non a quello svizzero dell'assistenza o dell'estradizione (DTF 109 Ib 329 consid. 11g). La censura d'inadeguatezza della decisione impugnata non è ammissibile, poiché nel campo specifico il diritto federale volutamente non la prevede (art. 104 lett. c n. 3 OG; Messaggio del Consiglio federale dell'8 marzo 1976, in FF 1976 II pagg. 458/59). Per contro, il Tribunale federale, in deroga al principio generale sancito nell'art. 114 cpv. 1 OG, non è vincolato dalle conclusioni delle parti (art. 25 cpv. 6 AIMP): ciò significa, da un lato, che queste possono presentare davanti all'istanza federale domande nuove ivi compresa quella tendente ad una reformatio in peius e, dall'altro, che il Tribunale federale - liberato dal vincolo del principio di disposizione ed applicando il principio di officialità - può modificare la decisione impugnata a favore o a sfavore del ricorrente, andando oltre le conclusioni prese ed ammettendo ad esempio l'assistenza in punti sui quali essa era stata negata o negandola invece ove era stata concessa (reformatio in peius sive in melius; GYGI, Bundesverwaltungsrechtspflege, 2 ediz., pag. 249 segg.; MARKEES, SJK n. 421a, pagg. 26/27, lett. d e e). Con questa innovazione introdotta dall'AIMP, il legislatore ha esteso al campo dell'assistenza accessoria, materia in cui il Tribunale federale giudicava precedentemente sulle decisioni cantonali statuendo con cognizione ristretta su ricorso di diritto pubblico (art. 84 segg. OG), i principi che esso applicava statuendo quale istanza unica in materia di estradizione sotto l'impero della cessata LEstr del 1892 (cfr. DTF 100 Ia 410 consid. 1c/d e rif., DTF 99 Ia 554 consid. 2/3). Questa estensione del potere cognitivo è stata voluta per l'importanza primordiale che riveste la collaborazione internazionale nel campo della lotta contro il crimine, da un lato, e per la protezione degli interessi personali legittimi del perseguito o di terzi, dall'altro (MARKEES, SJK n. 421a, pag. 26; FF 1976 II pag. 456). Nell'applicare la massima dell'officialità, tuttavia, il Tribunale federale è tenuto a rispettare i limiti dell'oggetto del litigio, poiché il suo intervento sconfinerebbe altrimenti nell'esercizio di poteri di sorveglianza che non gli competono, né nei riguardi delle autorità cantonali sulle quali vigila l'UFP (art. 3 OAIMP), né nei confronti delle autorità federali (GYGI, op.cit., pagg. 250, 42 segg. 44; DTF 105 V 201, DTF 103 Ib 369 /70 consid. 1b, DTF 101 V 116 /17, 98 V 33/34 consid. 1a). L'art. 25 cpv. 6 AIMP non implica neppure un obbligo tassativo del giudice adito di ricercare d'ufficio e ad ogni costo motivi cui le parti - tenute a collaborare per la ricerca del diritto - non abbiano fatto allusione, sia per estendere sia per restringere la concessione dell'assistenza (cfr. DTF 109 Ib 175). Non suscettibile di impugnazione diretta in materia di assistenza giudiziaria internazionale è la decisione-preavviso con la quale l'UFP si pronuncia sull'ammissibilità prima facie della domanda e la trasmette all'autorità cantonale in applicazione degli art. 17 cpv. 2 e 78 cpv. 1 AIMP: la legge (art. 79 cpv. 1) sancisce chiaramente che la decisione sull'ammmissibilità della cooperazione internazionale per l'assistenza accessoria compete all'autorità cantonale, e l'ordinanza (art. 14) precisa ulteriormente che l'accettazione e la trasmissione della domanda non sono impugnabili a titolo indipendente; gli aventi diritti hanno infatti la facoltà di tutelare i loro interessi nella procedura di ricorso cantonale, ed in seguito con il ricorso di diritto amministrativo. Nella misura in cui la Banca X. critica la decisione di trasmissione dell'UFP e ne propone l'annullamento, il suo gravame è pertanto irricevibile (cfr. FREI, Das neue Bundesgesetz über internationale Rechtshilfe in Strafsachen - neue Lösungen und neue Probleme, RPS 100/1983 pag. 62).
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7. Ai fini del giudizio, conviene occuparsi in limine delle censure formali sollevate da C. Questo ricorrente lamenta innanzitutto che il suo legale abbia dovuto interporre il reclamo alla CRP nel termine eccessivamente breve di cinque giorni previsto dall'art. 227 cpv. 1 CPP/TI, senza avere né la possibilità di conferire col cliente, né quella di accedere alla documentazione depositata presso una banca di Lugano, che l'aveva in effetti trasmessa al Giudice istruttore in busta chiusa e sigillata senza fornire dichiarazione alcuna; C. censura poi che la CRP - malgrado ripetute istanze - abbia omesso di convocare il suo patrocinatore insieme con i funzionari dell'istituto per esaminare la documentazione della relazione bancaria e che non gli abbia consentito in seguito di completare il reclamo.
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a) Secondo l'art. 16 cpv. 1 AIMP incombe ai Cantoni di eseguire in modo particolare le domande di altra assistenza, ovverosia di assistenza accessoria; essi determinano la competenza, l'organizzazione e la gestione delle autorità esecutive (cpv. 2), e debbono prevedere anche un rimedio giuridico contro le decisioni di queste autorità (art. 23 AIMP).
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Il Canton Ticino non ha sin qui adottato disposizioni d'applicazione della legge federale. Analogamente a quanto era praticato in passato, prima dell'entrata in vigore dell'AIMP, nel Ticino la competenza del Giudice istruttore quale autorità esecutiva viene radicata, con interpretazione estensiva, nell'art. 93 del codice di procedura penale del 10 luglio 1941. Questa disposizione - inserita nel titolo VIII sezione I, che concerne la prova per testimoni - prevede che, ove occorra procedere ad esami di testimoni in materia penale dietro richiesta di autorità giudiziarie estere, gli atti si faranno dal Giudice istruttore e che in questo caso i testi potranno, secondo le richieste, essere sentiti con giuramento. Dall'art. 93 in combinazione con gli art. 120 e segg. CPP/TI, viene inferito nella prassi che il Giudice istruttore è inoltre l'autorità competente per procedere a sequestri di oggetti che possono avere qualche importanza per l'istruzione del processo, sia come mezzi di prova o perché soggetti a confisca, anche quando si tratta di dar seguito ad una rogatoria di autorità estere. Analoghe competenze sono riconosciute al Giudice istruttore, sulla scorta di questa interpretazione della procedura cantonale, nel campo della cooperazione con l'autorità federale nella procedura d'estradizione (cfr. art. 16 cpv. 1, prima frase, AIMP). Dal canto loro, gli art. 226 e 227 CPP/TI stabiliscono tra l'altro che contro tutti i provvedimenti e le omissioni del Giudice istruttore è ammesso il reclamo alla Camera dei ricorsi penali nel termine di cinque giorni; il ricorso non ha effetto sospensivo, salvo contraria decisione della CRP (art. 227 cpv. 3 CPP/TI). Anche queste disposizioni, in virtù di prassi costante, sono ritenute applicabili alle misure adottate dal Giudice istruttore nel settore dell'assistenza giudiziaria.
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b) Il termine di cinque giorni può ritenersi adeguato per il gravame contro provvedimenti presi dal Giudice istruttore nell'ambito di procedure penali che sono radicate nel Cantone. In genere, infatti, i provvedimenti impugnabili consistono nell'ordine di carcerazione o nel rifiuto della libertà provvisoria o dell'assunzione di prove offerte: questioni delicate certo, ma relativamente semplici sotto il profilo della fattispecie e delle disposizioni applicabili. Diversa può invece essere la situazione, sotto i due profili evocati, ove si tratti di impugnare provvedimenti presi nell'ambito dell'assistenza internazionale: alla difficoltà delle questioni giuridiche possono infatti aggiungersi la necessità di compulsare documentazioni complesse e la difficoltà per il patrono di prendere contatto con il proprio cliente. Ci si può quindi seriamente chiedere se la limitazione del termine ricorsuale a cinque giorni in siffatti casi non abbia come conseguenza quella di costituire impedimento o comunque intralcio all'applicazione del diritto federale, il quale ha indubbiamente inteso - con la disposizione dell'art. 23 AIMP - imporre ai Cantoni l'introduzione di un rimedio giuridico efficiente. In tale contesto giova osservare come la giurisprudenza del Tribunale federale - quando non era ancora vigente la nuova AIMP, ma già erano applicabili le norme della CEAG - abbia rilevato che la procedura nello Stato richiesto (ed a quel momento si trattava esclusivamente delle procedure cantonali) doveva esser adattata alle esigenze poste dagli obblighi internazionali assunti dalla Svizzera nel campo dell'assistenza, e che l'applicazione delle norme processuali cantonali doveva trovare il suo limite là dove la loro rigida osservanza avrebbe potuto condurre a risultati contrari agli impegni internazionali assunti o agli scopi fondamentali dell'istituto della collaborazione internazionale, aggiungendo esplicitamente che, a tenore della dichiarazione fatta dalla Svizzera in relazione con l'art. 5 cpv. 1 lett. a CEAG, l'assistenza non poteva esser rifiutata con l'argomento che la misura richiesta sarebbe stata incompatibile col diritto interno (possibilità questa offerta dall'art. 5 par. 1 lett. c CEAG, ma di cui la Svizzera non si è avvalsa: cfr. DTF 99 Ia 87 segg. consid. 5). Mutatis mutandis - e stavolta con riguardo alle necessità di efficacia del rimedio imposto ai Cantoni dall'art. 23 AIMP - ci si può pertanto chiedere se il rispetto del prioritario diritto federale (art. 2 Disp. trans. Cost.) non imponga un adattamento - in via legislativa o per interpretazione del disposto dell'art. 227 CPP/TI in relazione con l'art. 23 AIMP - del termine di ricorso. D'altro lato, un prolungamento eccessivo di questo termine è però da escludere, se non si vuole venir meno all'esigenza di celerità imposta nel disbrigo delle pratiche di assistenza internazionale: comunque, si può ben riconoscere che, nella migliore delle ipotesi, un termine di cinque giorni costituisce un minimo al disotto del quale non si potrebbe in nessun caso scendere senza violazione del diritto federale e che sarebbe auspicabile che il legislatore cantonale lo aumenti. Ai fini del giudizio, la questione della compatibilità del termine controverso con il diritto federale può tuttavia rimanere aperta: infatti, nella misura in cui l'applicazione dell'art. 227 CPP/TI si fosse - come affermato dal ricorrente - tradotta in un diniego di giustizia formale, tale vizio sarebbe da considerare riparato nella procedura del ricorso di diritto amministrativo. Certo, per ammettere che un diniego di giustizia in cui sia incorsa l'autorità inferiore possa esser riparato davanti al Tribunale federale, occorre che questa istanza possa esaminare le questioni controverse con piena cognizione o almeno con cognizione pari a quella di cui disponeva l'istanza precedente (DTF 110 Ia 82 consid. 5d, DTF 105 Ib 174, DTF 104 Ia 214, DTF 94 I 108 consid. 3) e, per la limitazione imposta dall'art. 105 cpv. 2 OG, ciò non si avvera per l'accertamento dei fatti e per l'adeguatezza (DTF 98 Ib 171 consid. 3, 176 consid. 3; Rep. 1980 pag. 4 consid. 2c). Tuttavia, come ancora si vedrà, sono litigiosi in casu soltanto problemi di puro diritto, onde eventuali vizi della procedura cantonale possono esser sanati. Questa censura, quindi, può essere respinta.
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c) Resta da esaminare l'addebito con cui si rimprovera all'autorità cantonale di aver emanato la propria risoluzione senza esaminare i documenti sequestrati dal Giudice istruttore e consegnati sotto sigillo da taluni istituti bancari. Intanto bisogna ammettere che codesta critica appare comprensibile. Stando al dispositivo della decisione presa dal Giudice istruttore, questi si è limitato ad ordinare l'assunzione di informazioni ed il sequestro conservativo di taluni beni. Tuttavia, nella motivazione, il Giudice istruttore ha avvertito che le informazioni ottenute sarebbero state trasmesse all'autorità richiedente non appena la sua decisione fosse cresciuta in giudicato, senza precisare se ed a quale preventivo esame tali informazioni sarebbero state sottoposte prima della loro trasmissione: onde il comprensibile timore - espresso ad esempio nel ricorso di S. - che possano esser consegnate all'autorità italiana anche indicazioni che, non indispensabili per il procedimento pendente in Italia, sono invece da eliminare.
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Questa ambiguità dev'essere soppressa con la precisazione che, per il caso in cui i gravami dovessero essere respinti, l'autorità esecutiva dovrà procedere all'esame dettagliato degli atti sequestrati, dando l'occasione di esprimersi a quei terzi i cui interessi potrebbero essere pregiudicati dalla procedura d'assistenza, malgrado il rispetto delle regole della specialità da parte italiana, rispetto che - come già s'è visto (consid. 6) - può essere presunto. Con questa precisazione, anche tale censura può essere respinta, con il rilievo che la suddetta cautela non è necessaria per quanto ha tratto ai nominativi dei prevenuti e dei loro congiunti, che conoscono o avrebbero potuto conoscere il contenuto dei documenti bancari di loro spettanza. Ammetterla per essi - che erano oltretutto liberi di invitare la banca a fornire la documentazione senza apposizione del suggello - equivarrebbe a prolungare oltre misura l'esecuzione dell'assistenza, fornendo l'occasione per manovre puramente dilatorie (cfr. sentenza 1o marzo 1985 in re Banque de dépôts et de gestion, consid. 3, ove la questione è stata sollevata e lasciata aperta con riferimento alla posizione di un titolare di un conto, che era nel contempo delegato del Consiglio d'amministrazione dell'istituto bancario interessato).
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Alcuni ricorrenti deducono da queste norme che l'assistenza dev'essere negata nella misura in cui essa si riferisce a fatti che nel procedimento italiano suffragano imputazioni di reati contemplati nel codice penale militare di pace. Questa obiezione è infondata. I fatti, su cui si appoggia la domanda italiana, non costituiscono reati puri del diritto militare, cioè reati volti contro beni militari e che come tali possono esser commessi solo da militari (SCHULTZ, Das schweiz. Auslieferungsrecht, pag. 472; GUT, Die fiskalischen und militärischen Vergehen im schweizerischen Auslieferungsrecht, tesi Zurigo 1943, pag. 66). Essi non costituiscono violazione di obblighi che, per loro natura, incombono soltanto a militari e non hanno segnatamente per oggetto la difesa nazionale o la forza difensiva dello Stato richiedente: si tratta infatti di violazioni di obblighi d'ufficio che incombono a qualsiasi funzionario e costituenti fattispecie che sono note anche nel diritto comune. La circostanza per cui la qualifica di militare dell'agente sia presa in considerazione ai fini della commisurazione della pena o per ammettere il concorso nell'infrazione cumulativa di norme del diritto comune e del diritto militare non è determinante (SCHULTZ, ibidem, mutatis mutandis per quanto riguarda l'assistenza accessoria, anziché l'estradizione; cfr. anche MARKEES, SJK n. 421a, pag. 6 n. 2).
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La Svizzera, approvando la Convenzione, ha fatto uso della facoltà prevista dall'art. 5 par. 1 lett. a CEAG (principio della doppia incriminazione), estendendo questa riserva - come glielo permetteva l'art. 23 par. 1 CEAG - all'esecuzione di ogni commissione rogatoria esigente l'applicazione di una qualsivoglia misura coercitiva (art. 3 del decreto federale del 27 settembre 1966 che approva la Convenzione, in RU 1967 pag. 893 segg.; Dichiarazione della Svizzera all'art. 5 par. 1, in RS 0.351.1 pag. 26). Questa dichiarazione è da mettere in relazione con quella fatta all'art. 2 lett. b, secondo cui la Svizzera si riserva "il diritto, in casi speciali, di accordare l'assistenza giudiziaria, in virtù della Convenzione, soltanto alla condizione espressa che i risultati delle investigazioni effettuate in Svizzera e le informazioni contenute nei documenti o inserti trasmessi siano usati esclusivamente per istruire e giudicare i reati, per i quali l'assistenza è fornita".
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Deriva da queste disposizioni che la Svizzera, in ogni caso in cui fornisce l'assistenza, deve informare la Parte richiedente esattamente circa i limiti che essa intende porre all'utilizzazione delle informazioni trasmesse, e che, se questa riserva precisa non è apposta al momento della comunicazione, lo Stato richiedente è autorizzato ad utilizzare le informazioni ricevute come meglio gli pare, sia per perseguire il prevenuto indicato nella domanda per altri reati che non vi sono contemplati, sia per perseguire persone diverse da quella o quelle oggetto della domanda, senza per questo venir meno agli obblighi stabiliti dalla Convenzione. Sotto questo profilo la situazione è sostanzialmente diversa da quella vigente in materia di estradizione, ove la CEEstr (art. 14) consacra esplicitamente il principio di specialità generalmente ammesso in quel campo e lo Stato richiedente sa di essere autorizzato a perseguire il ricercato unicamente per i fatti per i quali l'estradizione è stata concessa e di dover domandare - se del caso - un'estensione di quella già accordata (cfr. sul principio di specialità in questo settore, DTF 109 Ib 330 segg. consid. 13/15; sull'estradizione aggiuntiva, sentenze 27 aprile 1977 e 8 febbraio 1984 in re Fioroni, Cazzaniga e Prampolini). Di questa conoscenza, per contro, lo Stato richiedente non dispone in materia di assistenza accessoria, specie per quanto riguarda la punibilità secondo il diritto svizzero di determinati fatti o persone ed il rifiuto dell'assistenza per talune categorie di reati, come quelli che la Parte richiesta - in virtù del proprio diritto interno - considera fiscali o politici o connessi con delitti politici ed ai quali - diversamente che per i reati militari esclusi dal campo d'applicazione della Convenzione (art. 1 par. 2) - questa si applica, ma l'assistenza può essere rifiutata (art. 2 lett. a). Anche per quest'ultima categoria di reati la Svizzera non ha fatto dichiarazioni di carattere generale, ragione per cui le limitazioni della collaborazione devono esser segnalate espressamente allo Stato richiedente in occasione della trasmissione, applicando la riserva fatta all'art. 2 lett. b CEAG. A ciò si aggiunga che l'art. 19 CEAG obbliga la Parte richiesta a motivare qualsiasi rifiuto dell'assistenza giudiziaria, ed è quindi palese che lo Stato richiedente ha anche il diritto di conoscere i motivi di un rifiuto parziale, in cui si risolve ogni limitazione apposta alla libera utilizzazione delle informazioni ricevute.
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b) Mentre il diritto convenzionale, comprensivo delle dichiarazioni e riserve espresse al momento dell'adesione, che vincolano le Parti contraenti al pari della Convenzione (DTF 107 Ib 271 consid. 4b), precisa i limiti che la Svizzera - quale Stato richiesto - può porre alla prestazione dell'assistenza e all'utilizzazione della documentazione trasmessa, l'AIMP stabilisce i limiti che la Svizzera deve - secondo il proprio diritto interno - fissare all'assistenza prestata, nella misura in cui tali limiti non vadano oltre a quelli consentiti dal diritto convenzionale, prioritario in virtù dell'art. 1 cpv. 1 AIMP. Sotto questo profilo sono segnatamente di rilievo per l'assistenza accessoria gli art. 6, 64 e 67 AIMP.
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ba) Giusta l'art. 64 cpv. 1, prima frase AIMP, i provvedimenti d'assistenza secondo l'art. 63, se implicano l'applicazione della coercizione processuale, possono essere ordinati soltanto ove dall'esposizione dei fatti risulti che l'atto perseguito all'estero denota gli elementi obiettivi di una fattispecie punibile secondo il diritto svizzero; a discarico della persona perseguita, tali provvedimenti sono però ammissibili anche se l'atto perseguito all'estero è impunibile in Svizzera (cpv. 2). Dal capoverso primo di questa disposizione risulta che il diritto interno, per l'assistenza accessoria, ha attenuato il principio della doppia incriminazione previsto dall'art. 5 par. 1 lett. a CEAG, principio da cui la Svizzera ha dichiarato far dipendere la prestazione della collaborazione nei casi implicanti misure coercitive. L'AIMP si fonda sulla premessa che lo Stato richiedente l'assistenza domanda allo Stato richiesto l'esecuzione di provvedimenti che le sue autorità potrebbero legittimamente adottare sul territorio in cui si esercita la sua sovranità: l'art. 64 AIMP parte cioè dalla presunzione che queste condizioni - tra cui quella della punibilità secondo il diritto dalla Parte richiedente - siano adempiute e rinuncia a prescrivere all'autorità di assistenza ed al giudice svizzero l'obbligo di controllare la punibilità secondo il diritto della Parte richiedente. Ciò non toglie che - ove fosse dimostrato che tale presunzione non è in realtà adempiuta - la prestazione dell'assistenza sarebbe un chiaro abuso e che essa in simile evenienza dovrebbe essere rifiutata (MARKEES, SJK n. 421a, pag. 3 n. 2; cfr. anche SCHULTZ, Das neue Schweizer Recht der internationalen Zusammenarbeit in Strafsachen, SJZ 77/1981 pag. 105). D'altronde, una procedura incoata nello Stato richiedente per fatti manifestamente impunibili secondo la legislazione di questo, costituirebbe un procedimento che presenta "altre gravi deficienze" ai sensi dell'art. 2 lett. d AIMP, il che rappresenta motivo d'irricevibilità. Se ne deve concludere che l'art. 64 cpv. 1 AIMP non obbliga tassativamente all'esame della punibilità dei fatti secondo il diritto dello Stato richiedente, ma non vieta neppure un simile esame.
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bb) Il testo dell'art. 64 cpv. 1 AIMP esige inoltre unicamente che l'atto perseguito all'estero denoti "gli elementi obiettivi di una fattispecie punibile secondo il diritto svizzero". Questa formulazione non deve indurre in errore. Essa non significa che basti accertare una punibilità "in abstracto" dei fatti oggetto della domanda, senza riferimento alla persona ed alla situazione concreta del perseguito, né che le condizioni soggettive della colpevolezza siano senza importanza. Come rileva giustamente SCHULTZ (Secret bancaire et entraide judiciaire internationale en matière pénale, pag. 41), un reato come il danneggiamento (art. 145 cpv. 1 CPS) è punibile soltanto se è stato commesso intenzionalmente (art. 18 cpv. 1 CPS): di conseguenza, per poter dar luogo ad assistenza, occorre che il delitto sia stato perpetrato con intenzione. Dal fatto per cui l'art. 64 cpv. 1 AIMP non menziona che gli elementi oggettivi del reato deriva che - se si eccettuano l'intenzione e la negligenza - gli altri elementi soggettivi particolari frequentemente evocati nel codice penale svizzero non sono richiesti per la concessione dell'assistenza. A questo proposito, la norma corrispondente relativa all'estradizione (art. 35 cpv. 2 AIMP) spiega del resto in modo più chiaro di che cosa si tratti, disponendo esplicitamente che la punibilità secondo il diritto svizzero è determinata senza tener conto delle particolari forme di colpa e condizioni di punibilità da questo previste (cfr. ad esempio, DTF 109 Ib 326 consid. 11aa). Se ne deve concludere che l'esigenza della doppia incriminabilità è attenuata dall'AIMP tanto in materia d'estradizione (art. 35 cpv. 2) quanto in materia di piccola assistenza (art. 64 cpv. 1) in maniera analoga per quanto concerne le forme particolari e le condizioni di punibilità proprie del diritto svizzero; che in più, nella piccola assistenza, al requisito della doppia punibilità si rinuncia totalmente, allorquando si tratta di assumere prove a discarico del perseguito (art. 64 cpv. 2 AIMP); e che infine, sempre per l'assistenza accessoria, l'esame della punibilità del fatto secondo il diritto estero non è tassativamente richiesto. Che questa interpretazione sia corretta è confermato inoltre dalla circostanza che il legislatore, nel corso dei lavori parlamentari, ha stralciato il capoverso 3 dell'art. 32 e il capoverso 2 dell'art. 60 del progetto, i quali prevedevano che - eccezionalmente - tanto l'estradizione quanto l'altra assistenza potevano esser concesse anche per un fatto non punibile in Svizzera, qualora questo fosse punibile all'estero per circostanze particolari ed apparisse degno di pena anche secondo i principi generali del diritto svizzero (Boll.uff. CSt 1977 pag. 631, CN 1979 pag. 849; SCHULTZ, op.cit., in SJZ 77/1981 pag. 95), e ciò nonostante che il progetto riprendesse analoga norma già contenuta nella cessata LEstr del 1892 (art. 4 in fine). Il legislatore ha così manifestato la volontà di mantenere il principio della doppia incriminazione - sia pure attenuato come s'è visto - non solo nel campo dell'estradizione, ove esso è internazionalmente ammesso, ma anche in quello della piccola assistenza, dove costituisce una radicata tradizione del solo diritto patrio (cfr. FF 1966 I pag. 441 segg., in part. 446).
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bc) Le disposizioni di cui s'è detto sopra debbono poi esser poste in relazione con gli art. 6 e 67 AIMP. La prima di queste norme prevede che se il reato contestato al perseguito ricade sotto parecchie disposizioni penali svizzere, si può dar seguito alla domanda soltanto per le fattispecie per le quali non sussistano motivi d'esclusione e se sia garantito che lo Stato richiedente osservi le condizioni poste (cpv. 1): se ne deduce, in relazione anche col capoverso 2, che l'assistenza dev'essere rifiutata parzialmente - essendo in gioco l'applicazione di misure coercitive - per quella parte dei fatti addebitati al perseguito che, punibili secondo il diritto estero, non lo sarebbero secondo il diritto svizzero. Verso gli Stati aderenti alla CEAG, non è però richiesto l'ottenimento dell'assicurazione preventiva del rispetto delle condizioni poste (art. 6 cpv. 1 in fine AIMP), poiché essa è implicita nell'obbligo di fedeltà alla Convenzione (DTF 107 Ib 271 /72 consid. 4b, 106 Ib 269, DTF 104 Ia 57 segg. consid. 5b; GAUTHIER, La nouvelle législation suisse sur l'entraide internationale en matière pénale, RPS 101/1984 pagg. 62/63). Infine, l'art. 67 cpv. 1 AIMP precisa che lo Stato richiedente non può usare le informazioni ottenute né a scopo d'indagine né come mezzi di prova in procedimenti vertenti su fatti per cui l'assistenza è inammissibile e che qualsiasi altro uso sottostà al preventivo consenso dell'Ufficio federale. Certo, con questa disposizione il legislatore federale non ha voluto inibire in modo assoluto l'utilizzazione delle informazioni fornite per qualsiasi altro procedimento, sia verso lo stesso prevenuto, ma per fatti diversi da quelli menzionati nella domanda, sia verso altri prevenuti non indicati nella domanda, quali ad esempio i coautori o i complici. Nella prima frase dell'art. 67 cpv. 1 AIMP, il legislatore ha inteso riferirsi a quelle procedure che riguardano segnatamente i reati fiscali e politici, ai quali la Convenzione si applica, ma nei quali l'assistenza è esclusa in virtù delle riserve formulate e del diritto interno, nonché i delitti militari, ai quali la Convenzione non si applica: l'esclusione dell'utilizzazione delle informazioni fornite (specialità) per tali categorie di reati va, per quanto s'è detto sopra (consid. 11a), segnalata con precisione in occasione di ogni trasmissione all'autorità estera, ciò che d'altronde l'UFP fa con l'uso di un apposito formulario. Nella seconda frase dell'art. 67 cpv. 1 AIMP (obbligo del consenso preventivo) si fa allusione invece a quelle procedure - verso il perseguito o altre persone - che concernono reati del diritto comune non menzionati nella domanda, per i quali l'assistenza è ammissibile in linea di principio, ma potrebbe nondimeno esser negata nel caso concreto per circostanze particolari. L'obbligo dello Stato richiedente di domandare il consenso dell'UFP per l'ulteriore utilizzazione delle informazioni ricevute quali mezzi di prova, al fine di perseguire reati o prevenuti diversi da quelli indicati nella domanda originale, deve garantire che l'assistenza fornita non venga utilizzata in casi per i quali - fossero essi stati posti sin dall'inizio alla base della domanda - l'assistenza stessa sarebbe stata rifiutata (SCHULTZ, Secret bancaire et entraide judiciaire internationale en matière pénale, pag. 45; GAUTHIER, op.cit., RPS 101/1984 pag. 77). Una diversa interpretazione dell'art. 67 cpv. 1, seconda frase AIMP, che volesse escludere il perseguimento di ogni altro reato di diritto comune dalla nozione di "qualsiasi altro uso" di cui è discorso in codesta norma non potrebbe esser accolta, poiché sarebbe atta a vanificare il principio della doppia incriminazione consacrato nel diritto svizzero e nella riserva formulata dalla Svizzera a tal proposito.
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Che l'interpretazione degli art. 6 e 67 cpv. 1 AIMP qui sostenuta sia corretta, si ricava d'altronde dalla lettura dell'art. 5 del Trattato sull'assistenza giudiziaria in materia penale concluso il 25 maggio 1973 con gli Stati Uniti d'America, ove le condizioni e i limiti di utilizzabilità delle informazioni ottenute dallo Stato richiedente - anziché esser fatti dipendere di volta in volta da condizioni formulate all'atto della trasmissione, in applicazione della riserva generale alla CEAG (art. 2 lett. b) - sono stati chiaramente e direttamente precisati. Ora, non v'è motivo per ritenere che l'autorità svizzera debba ispirarsi a criteri più larghi di quelli stabiliti dal Trattato USA nei casi retti dalla Convenzione europea, dove essa deve indicare di caso in caso le limitazioni dell'uso del materiale probatorio imposte allo Stato richiedente.
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b) Per contro, la giurisprudenza del Tribunale federale ha sin qui lasciato aperta la questione di sapere se la CEAG non si applichi almeno al sequestro conservativo del provento del reato e/o della realizzazione di esso. Contro la sua applicabilità in tale campo si adduce che il sequestro conservativo è misura cautelare e preventiva destinata ad assicurare l'esecuzione di una confisca o di un giudizio di condanna alla restituzione in favore della vittima e che pertanto - esclusa la consegna per le ragioni testé indicate - dev'essere esclusa anche l'adozione di misure preparatorie in vista di tale consegna (DTF 99 Ia 92 /93 consid. 6b). In favore dell'applicabilità, si può addurre che - tenuta a prestare "l'assistenza giudiziaria più ampia possibile" (art. 1 par. 1 CEAG) - la Parte richiesta deve quantomeno cooperare per impedire, mediante una procedura snella e sollecita, la temuta dispersione, l'ulteriore occultamento o la distruzione del frutto del reato, al fine di consentire allo Stato richiesto e/o alle vittime del delitto di avviare poi delle procedure per il ricupero dei beni sequestrati nel territorio di quest'ultimo Stato (DTF 99 Ia 93 /94 consid. 6c). Anche a questo argomento si può invero opporre che l'obbligo stabilito dalla Convenzione di prestare l'assistenza più larga possibile non abbraccia che il campo di applicazione della Convenzione stessa: in DTF 106 Ib 341 segg., statuendo in un caso anteriore all'entrata in vigore dell'AIMP, il Tribunale federale ha comunque giudicato che la CEAG non fa perlomeno ostacolo all'adozione di un sequestro conservativo e che il fatto che un Cantone lo avesse concesso in favore di una vittima del reato applicando il diritto cantonale interno, allora unicamente determinante, e dando seguito alla domanda di assistenza in misura più larga di quanto la CEAG imponesse, non costituiva violazione né del diritto convenzionale né dell'ulteriore diritto federale (sentenza citata, pag. 346 consid. 3d).
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Nel caso in esame, la questione di sapere se le autorità italiane possano esigere in virtù della CEAG l'adozione di sequestri conservativi del genere di quelli qui richiesti ma controversi, onde sussisterebbe un obbligo internazionale della Svizzera di dar seguito alla loro domanda, oppure se al contrario la Parte richiedente debba rimettersi puramente e semplicemente alla normativa interna della Parte richiesta, che non fonda alcun diritto per lo Stato richiedente alla cooperazione internazionale in materia penale (art. 1 cpv. 4 AIMP), può rimanere tuttavia ancora aperta, per le ragioni che si esporranno in seguito.
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ca) Il capoverso primo di quest'ultima disposizione precisa tra l'altro che gli oggetti, segnatamente i documenti, e i beni che possono essere sequestrati secondo il diritto svizzero sono, a richiesta, messi a disposizione delle autorità competenti in materia di cause penali, se possono essere importanti per la loro decisione. La questione di sapere se questi oggetti contemplati nell'art. 74 cpv. 1 AIMP debbano esser messi a disposizione non solo per la loro importanza probatoria, ma anche ai fini di una loro confisca da parte dello Stato richiedente sembra doversi risolvere negativamente dal momento che, per il rinvio all'art. 59 contenuto nel capoverso 3, all'atto della loro consegna può (ma non deve) esserne chiesta la restituzione gratuita. Tuttavia, per il carattere non cogente dell'art. 59 cpv. 2 AIMP, non è escluso che, rinunciando alla restituzione, la Svizzera come Stato richiesto possa consentire anche la loro confisca da parte dello Stato richiedente. Si osservi che una confisca da parte del giudice svizzero del prodotto del reato, con eventuale devoluzione alla vittima ai sensi degli art. 58 cpv. 1 lett. a, 58bis, 59 o 60 CPS presupporrebbe che la legge svizzera sia applicabile al reato secondo gli art. 3 a 6bis CPS o secondo il principio dell'universalità sancito ad esempio dagli art. 202 n. 5 CPS e 19 n. 4 LS (cfr. SCHULTZ, Die Einziehung, der Verfall von Geschenken und anderen Zuwendungen sowie die Verwendung zugunsten des Geschädigten gemäss StGB rev. Art. 58 ff., Kriminalistisches Institut des Kantons Zürich, 1977, pag. 20), condizioni di cui nessuna sarebbe adempiuta nel caso in rassegna.
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cb) L'art. 74 cpv. 2 AIMP specifica inoltre che gli "altri oggetti" - cioè quelli che a differenza del capoverso 1 non sono importanti per la decisione dell'autorità estera - e i beni provenienti da un reato possono esser consegnati, a scopo di restituzione all'avente diritto, anche indipendentemente dal procedimento penale nello Stato richiedente. Per lo scopo di questa consegna, un obbligo di restituzione ai sensi degli art. 74 cpv. 3 e 59 AIMP non entra manifestamente in considerazione: la Svizzera in tal caso rinuncia anzi ai pegni doganali o a qualsiasi altra garanzia giusta il diritto doganale o fiscale svizzero, salvo il caso in cui il proprietario leso dal reato sia lui stesso debitore della tassa (art. 60 cpv. 1 AIMP); eventualmente tale rinuncia può esser subordinata alla reciprocità (art. 60 cpv. 2 AIMP; cfr. SCHULTZ, Das neue Schweizer Recht der iternationalen Zusammensrbeit in Strfsachen, Zeitschrift für die gesamte Strafrechtswissenschaft, 96/1984 pagg. 609/10).
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cc) Dalle disposizioni surriferite si deve dedurre che, in linea di principio, il diritto svizzero non esclude una consegna del provento del reato allo Stato richiedente ai fini di confisca o per la restituzione all'avente diritto. Altra questione è però quella di sapere se tale consegna non debba esser negata allorquando il provento del reato consista in imposte o tasse sottratte al fisco estero: se è vero che la Svizzera può prestare l'assistenza per una truffa fiscale in virtù dell'art. 3 cpv. 3, seconda frase AIMP - in eccezione alla regola d'irricevibilità sancita dall'art. 3 cpv. 3, prima frase, per le domande concernenti decurtazione di tributi o violazione di provvedimenti di politica monetaria, commerciale od economica - è altrettanto vero infatti che, anche in questo caso, una consegna alla Parte richiedente del prodotto della sottrazione fiscale equivarrebbe all'(anticipata) esecuzione di decisioni estere in materia fiscale, decisioni alle quali la prassi svizzera si è sempre rifiutata di dar seguito (FREI, Aspetti procedurali della nuova legge svizzera, in L'assistenza internazionale in materia penale in Svizzera, Milano 1983, pag. 46 n. 7). Ai fini del giudizio, tale questione non merita tuttavia, come ancora si vedrà, maggiore approfondimento e può in particolare rimanere aperta quella di sapere se - come sostenuto nel gravame della Banca X. con riferimento all'opinione di codesto autore - l'esclusione della futura consegna implichi anche il rifiuto di misure provvisionali (art. 18 AIMP) destinate ad assicurarla, quali il sequestro conservativo.
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cd) Secondo l'art. 18 AIMP, a espressa domanda dello Stato estero possono esser prese misure provvisionali per mantenere lo stato esistente, per salvaguardare interessi giuridici minacciati o per assicurare prove in pericolo, purché il procedimento giusta la stessa legge non appaia manifestamente inammissibile o inappropriato. In caso di pericolo nel ritardo, esse possono esser ordinate dall'UFP - se sussistono certe condizioni - non appena annunciata la domanda.
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Nella misura in cui i provvedimenti di sequestro adottati in casu dal Giudice istruttore si riferiscono alla documentazione bancaria quale mezzo di prova, essi non danno luogo ad osservazioni. Più delicata è invece la questione, nella misura in cui - relativamente ai ricorrenti A. e M. e ad altre sette persone, fra cui potrebbero esserci clienti della Banca X. - è stato ordinato il sequestro di ogni avere patrimoniale, siccome suscettibile di costituire il provento o profitto del reato.
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Per proventi del reato di questa natura, una restituzione ad un danneggiato privato è concettualmente esclusa: una futura applicazione dell'art. 74 cpv. 2 AIMP (consegna a scopo di restituzione all'avente diritto) non entra pertanto in linea di conto, onde non si giustifica - a tal proposito - neppure il sequestro conservativo. Per contro, secondo quel che s'è visto sopra, non è vietata dall'AIMP una consegna alla Parte richiedente di averi patrimoniali che costituiscono la mercede della corruzione, e ciò ai fini di confisca, analogamente a quanto prevede l'art. 58 cpv. 1 lett. a CPS. Una consegna degli importi sottratti al fisco mercé truffa fiscale è invece esclusa, almeno secondo la prassi sin qui seguita dalle autorità svizzere, dalla quale non v'è ragione di scostarsi: sia che vi sia stata truffa fiscale per la quale si può concedere assistenza, sia che si tratti di semplice sottrazione di tributi, per la quale l'assistenza è esclusa (art. 3 cpv. 3 AIMP), il provento è in un caso e nell'altro costituito di un tributo sottratto e la consegna equivarrebbe all'esecuzione anticipata di una decisione fiscale estera. Tuttavia, per il momento, non si tratta di decidere in merito alla consegna, ma solo di adottare provvedimenti per il mantenimento della situazione di fatto. Ora, allo stato attuale delle indagini, non si può in linea di principio scartare l'ipotesi che i profitti accantonati con l'elusione delle tasse sulla fabbricazione dei petroli siano stati sottratti - nonché al fisco - anche alle società per mezzo delle quali gli operatori economici agivano. Al Tribunale federale è noto - attraverso sentenze di estradizione che concernono casi analoghi (DTF 112 Ib 225 segg.; sentenza 19 dicembre 1984 in re Chiabotti) - che in Italia pendono anche processi per bancarotta fraudolenta: in simile evenienza, l'esistenza di danneggiati che potrebbero eventualmente porsi al beneficio dell'art. 74 cpv. 2 AIMP non può essere esclusa. La misura conservativa - se ricorrono gli altri estremi dell'assistenza, che restano da esaminare - si giustifica pertanto e può essere mantenuta, e la censura sollevata nel ricorso della Banca X. per quanto riguarda l'eventuale sottrazione fiscale deve - per il momento e sino a miglior accertamento - essere respinta. Tuttavia, per evitare il prolungarsi indefinito di un blocco di averi che potrebbe rivelarsi ingiustificato o sproporzionato, l'autorità cantonale, rispettivamente l'UFP in sede di trasmissione degli atti, debbono invitare l'autorità italiana, fissando un congruo termine, a fornire delucidazioni al proposito e a precisare le sue domande, con la comminatoria che - in difetto di tale richiesta - il sequestro conservativo decadrà (cfr., per una soluzione analoga, la sentenza 9 aprile 1986 in re Kiehne, ove si trattava del sequestro di averi patrimoniali intestati alla moglie di un prevenuto di corruzione passiva). A questo proposito si può sin d'ora rilevare che - per il mantenimento del sequestro conservativo - sarebbe sufficiente che la competente autorità italiana dimostrasse che la confisca dei prodotti del reato, analogamente a quanto accade nel diritto svizzero, forma oggetto del procedimento penale e sarà decisa da un giudice: in tale evenienza - di norma - il sequestro conservativo potrebbe esser mantenuto sino alla decisione definitiva sulla confisca.
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b) In taluni ricorsi si evoca a proposito della truffa fiscale la questione della prescrizione. Giusta l'art. 5 cpv. 1 lett. c AIMP la domanda è irrecevibile se - implicando essa come in casu misure coercitive - l'azione penale sarebbe esclusa secondo il diritto svizzero a causa della prescrizione assoluta. La durata della prescrizione assoluta è di sette anni e mezzo (art. 11 cpv. 2 DPA). Tuttavia, secondo il disposto speciale dell'art. 11 cpv. 3 DPA, la prescrizione è tra l'altro sospesa per i delitti e le contravvenzioni durante i procedimenti d'opposizione, di reclamo o giudiziari circa l'obbligo di pagamento o restituzione o circa altre questioni pregiudiziali da decidere secondo la singola legge amministrativa, e nelle more di questi procedimenti non corre neppure la prescrizione assoluta (DTF 110 Ib 312 e rif., DTF 100 Ib 275 /76; SCHULTZ, Einführung in den allgemeinen Teil des Strafrechts, vol. I, 3a ediz., pagg. 228/29); per il resto valgono le disposizioni generali del codice penale e segnatamente l'art. 71, secondo cui, se il reato è stato eseguito mediante atti successivi, la prescrizione decorre dal giorno in cui è stato compiuto l'ultimo atto, e se il reato è continuato per un certo tempo, dal giorno in cui è cessata la continuazione (cfr. DTF 106 IV 83 /84, DTF 104 IV 267 /68 consid. 2, DTF 102 Ib 222 /23 consid. 2).
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Nel caso in esame, i fatti incriminati si situano tra il 1974 e il 1979: tenendo conto delle disposizioni appena citate, e soprattutto dell'art. 11 cpv. 2 DPA, si deve concludere che la prescrizione non sarebbe ancora intervenuta secondo il diritto svizzero. Che essa si sia eventualmente verificata sotto il profilo del diritto italiano non è neppure affermato.
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c) (...)
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d) I congiunti dei perseguiti, cioè le ricorrenti R. e M. ed eventuali altri parenti fra i clienti della Banca X. non figurano imputati o sospettati negli atti all'appoggio della domanda italiana: in ogni caso, per questi congiunti, la domanda non indica quali fatti circostanziati siano posti a loro carico e sarebbe quantomeno irricevibile per insufficienze formali (art. 14 par. 1 lett. b e par. 2 CEAG, art. 28 cpv. 3 lett. a AIMP). Segnatamente, l'autorità italiana non espone per quali fatti questi congiunti dei funzionari potrebbero essersi resi colpevoli quali complici o coautori di delitti di violazione dei doveri d'ufficio, di falsi, di abusi di potere o di truffe fiscali. Nemmeno sono sostanziati fatti, né è elevato il sospetto circostanziato di favoreggiamento (art. 305 CPS); quanto ad un'ipotetica ricettazione (art. 144 CPS) - a parte la carenza di un esposto dei fatti, che comporta l'irricevibilità della domanda - farebbe difetto per il diritto svizzero il requisito della punibilità, la ricettazione presupponendo quale reato precedente un delitto volto contro il patrimonio, ciò che non costituisce la corruzione passiva (art. 315 CPS), che è un delitto contro i doveri d'ufficio (DTF 101 IV 405 consid. 2; sentenza 22 ottobre 1986 in re UFP c. Procura pubblica del Canton Zurigo; STRATENWERTH, Schweizerisches Strafrecht, Besonderer Teil I, 3a ediz., pag. 286). D'altronde - a ben vedere - la domanda italiana è formulata nel procedimento che vede prevenuti solo i funzionari corrotti o gli operatori economici loro corruttori, e basta pertanto prendere atto di codesta circostanza. Per quanto si è esposto sopra (consid. 11a/b) e per evitare ogni rischio ed equivoco, va precisato comunque in occasione della trasmissione che ogni uso della documentazione fornita, vuoi per investigazioni vuoi per procedimenti nei confronti di familiari dei funzionari inquisiti, dovrà essere preceduto da una circostanziata nuova domanda diretta all'UFP.
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Questa precisazione in punto all'utilizzabilità delle informazioni non significa per nulla che i congiunti degli ufficiali inquisiti possano sottrarsi agli accertamenti che la domanda italiana, a buon diritto, chiede siano estesi anche nei loro confronti, né al sequestro conservativo e neppure alla trasmissione della documentazione all'Italia. A torto essi invocano infatti la qualità di terzi non implicati ai sensi dell'art. 10 AIMP. Come il Tribunale federale ha più volte ribadito, dev'esser negata la protezione accresciuta che questa norma accorda - senza violazione degli obblighi convenzionali (cfr. art. 3 par. 1 CEAG) - ai terzi non implicati, poiché tale qualità non può esser riconosciuta a chi - anche in buona fede - fosse suscettibile d'esser stato utilizzato dall'autore perseguito come istrumento per commettere il reato o nasconderne il prodotto. Ora, è sostanziato il sospetto che somme o beni costituenti il prezzo della corruzione possano esser affluiti su conti o depositi al nome dei congiunti (cfr. DTF 107 Ib 260/61, DTF 105 Ib 429; sentenze 18 settembre 1984 in re A. e M.): solo se dopo il controllo delle relazioni bancarie dovesse avverarsi che taluni depositi, normalmente costituiti, sono del tutto estranei ai fatti oggetto della domanda italiana, la trasmissione dovrebbe essere evitata, poiché nessun rapporto sussisterebbe con il fatto (DTF 107 Ib 255 /56 consid. 2bb; SCHULTZ, Secret bancaire et entraide judiciaire internationale en matière pénale, pag. 23).
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e) (Situazione particolare del ricorrente S., a cui l'UFP riconosce la qualità di terzo non implicato ai sensi dell'art. 10 AIMP: accoglimento della conclusione subordinata contenuta nel suo ricorso e tendente all'eliminazione di ogni indicazione concernente le sue generalità al momento della trasmissione degli atti.)
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a) Per i mezzi di prova la Parte richiesta non può certo trasmettere in blocco tutti gli atti della relazione bancaria in modo acritico e indeterminato. L'art. 3 par. 1 CEAG prevede infatti la trasmissione di mezzi di prova, inserti o documenti, e sottintende che essi debbono possedere rilevanza per il procedimento in corso. L'art. 63 AIMP precisa il concetto, sottolineando che le informazioni sono da trasmettere in quanto sembrino necessarie "all'estero per un procedimento in materia penale o servano a reperire il corpo del reato" (cpv. 1). Quando - il che qui non è il caso, salvo che per il ricorrente S. - sono in gioco gli interessi legittimi di terzi non implicati ai sensi dell'art. 10 AIMP, le informazioni sono da trasmettere solo se esse appaiono indispensabili per l'accertamento dei fatti e solo se l'importanza del reato lo giustifichi.
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Fatta eccezione di questo caso particolare, l'esame dell'idoneità dei mezzi di prova è circoscritto ad un giudizio prima facie e d'apparenza: per il resto, la valutazione definitiva del materiale probatorio, come il giudizio sulla colpevolezza, sono riservati al giudice estero del merito (cfr., mutatis mutandis, per il caso dell'estradizione, art. 20 par. 1 lett. a CEEstr e sentenza 2 luglio 1986 in re Gelli, consid. 7a).
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b) Più rigoroso, invece, dev'essere l'esame inteso a sapere se certi beni patrimoniali costituiscono il prodotto del reato. La CEAG non contiene disposizioni al proposito e, come s'è visto, non si estende a tale campo. L'art. 74 cpv. 2 AIMP, relativo alla consegna a scopo di restituzione all'avente diritto, specifica chiaramente che deve trattarsi di oggetti o beni provenienti da un reato. A questo proposito occorre quindi che, perlomeno sotto la visuale della verosimiglianza, essi appaiano direttamente o indirettamente (SCHULTZ, Das schweiz. Auslieferungsrecht, pagg. 512/13) acquisiti per mezzo del delitto. Un indiscriminato sequestro di beni patrimoniali che non provengano dal reato oggetto della domanda d'assistenza e la successiva consegna alla Parte richiedente non sono infatti coperti dalla legge e lederebbero i diritti dei titolari (cfr., mutatis mutandis, sentenza Gelli consid. 10a, DTF 103 Ia 622 consid. 4a e DTF 97 I 383 /84).
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Nelle circostanze concrete, il sequestro cautelativo ordinato si giustifica (supra, consid. 12d); tuttavia, l'autorità cantonale dev'essere invitata a riesaminarne più da vicino la giustificazione con riguardo alla provenienza di tali beni, non appena essa avrà controllato la documentazione bancaria.
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