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28. Estratto della sentenza 15 aprile 1987 della I Corte di diritto pubblico nella causa Banca del Gottardo c. Camera dei ricorsi penali del Tribunale di appello del Cantone Ticino e Giudice istruttore sottocenerino (ricorso di diritto amministrativo) | |
Regeste |
Internationale Rechtshilfe in Strafsachen; EUeR, IRSG. |
a) Verneinung der Immunität sowohl in bezug auf die Verwalter einer Körperschaft eines Drittstaates, denen in der Schweiz kein Diplomatenstatus zukommt, als auch hinsichtlich der von jenem Staat bei Schweizer Banken angelegten Gelder, welche nicht direkt für eine hoheitliche Aufgabe bestimmt sind: diese Vermögenswerte können daher Zwangsmassnahmen im Rahmen der Gewährung von Rechtshilfe an den ersuchenden Staat unterworfen werden (E. 3). |
b) Ob die verfolgten Personen (Art. 11 IRSG) im ersuchenden Staat diplomatische Immunität geniessen und deshalb nicht der Gerichtsbarkeit dieses Staates unterliegen, ist nicht vom schweizerischen Rechtshilferichter, sondern vom ausländischen Sachrichter zu entscheiden (E. 3). |
2. Angebliche Unzuständigkeit des ersuchenden Staates in Verfahren betreffend Gesellschaften mit Sitz in Drittstaaten. |
Wenn nach dem Rechtshilfeersuchen eine Gesellschaft mit Sitz in einem Drittstaat mit einer Gesellschaft verbunden ist, welche in das Verfahren des ersuchenden Staates einbezogen ist, hat der schweizerische Rechtshilferichter in der Regel nicht abzuklären, ob die Zuständigkeit dieses Staates gegeben sei: das EUeR enthält keine Vorschriften, die denjenigen von Art. 7 Ziff. 2 EAUe entsprechen, und der Art. 64 IRSG befreit grundsätzlich die schweizerische Behörde von der Pflicht zu prüfen, ob die Strafbarkeit nach dem Recht des ersuchenden Staates gegeben sei (E. 4). |
3. Art. 1 Ziff. 1, Art. 2 lit. b, Art. 3 Ziff. 1 EUeR; Art. 63 und 10 IRSG; Art. 47 BankG. Grundsatz der Verhältnismässigkeit. |
Die Schweiz kann nicht unter Berufung auf das Verhältnismässigkeitsprinzip die nach dem EUeR zu leistende Rechtshilfe verweigern mit der Begründung, die ersuchende Partei könne die Auskünfte von Drittstaaten - seien diese dem Übereinkommen beigetreten oder nicht - erhalten, und sie kann es in der Regel auch nicht mit dem Argument, der ersuchende Staat verfüge bereits über genügende Beweismittel. Tragweite von Art. 10 Abs. 1 IRSG bei Wirtschaftsvergehen von aussergewöhnlicher Schwere und mit besonders komplexem Sachverhalt, sowie von Art. 2 lit. b EUeR und 10 Abs. 2 IRSG bei Nachforschungen über Bankbeziehungen eines oder mehrerer Kunden (E. 5). |
4. Durchsuchung von vorsorglich beschlagnahmten Konten und Bankdokumenten. Rechte der Bank und der Konteninhaber. |
Sowohl die Organe der Bank, bei der die Konten und Dokumente beschlagnahmt wurden, als auch die betroffenen Inhaber können der Durchsuchung beiwohnen (Art. 79 Abs. 3 und Art. 9 Satz 2 IRSG; Art. 6, 26 und 27 VwVG; Art. 69 BStP). Besondere Vorsicht bei der Durchsuchung ist geboten, wenn es sich beim betroffenen Bankkunden um einen Staat handelt (E. 6). |
5. Zeugeneinvernahme von Bankangestellten; Art. 9, 12 Satz 2 und 79 Abs. 3 IRSG, Art. 47 BankG, Art. 75 ff. StPO/TI. |
Vorbehältlich anders lautender Vorschriften der kantonalen Gesetzgebung sind die Bankangestellten gehalten, als Zeugen auszusagen; daraus ergibt sich, dass die Bank ausserdem verpflichtet ist, die erforderlichen Dokumente zur Verfügung zu stellen. Die Vernehmung der Zeugen ist auf jene Tatsachen zu beschränken, die zu den im Rechtshilfeersuchen angeführten in einer direkten oder indirekten Verbindung zu stehen scheinen (E. 7a-b). |
6. Art. 4 EUeR; Art. 26 Abs. 1 IRSV. |
Beamte und Polizeiorgane des ersuchenden Staates können bei der Ausführung des Rechtshilfeersuchens, insbesondere bei der Zeugenvernehmung, anwesend sein: doch müssen sie passive Beobachter bleiben. Sie sind von der Teilnahme dann auszuschliessen, wenn sich Zweifel ergeben, ob bestimmte Auskünfte an den ersuchenden Staat weitergeleitet werden dürfen (Art. 82 und 83 IRSG) (E. 7c). | |
Sachverhalt | |
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Il 30 aprile/6 maggio 1983 il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Milano trasmetteva al Dipartimento federale di giustizia e polizia una commissione rogatoria del 9 aprile dei dott. Pizzi e Bricchetti, contenente la descrizione dei fatti e postulante tra l'altro, nei confronti della Banca del Gottardo in Lugano, la trasmissione (in copia o fotocopia certificate conformi) dei conti del Banco Ambrosiano Andino di Lima, del Banco Ambrosiano Overseas Limited di Nassau (BAOL), dell'Ambrosiano Group Banco Comercial di Managua, facenti capo al Banco Ambrosiano Holding di Lussemburgo, come pure dei conti dello I.O.R. e di società, nominativamente designate, da esso patrocinate, ivi compresi i documenti comprovanti la provenienza del denaro accreditato e la destinazione ad esso data; inoltre la trasmissione, con le stesse modalità, delle pratiche e dei documenti relativi riguardanti le società che la Banca del Gottardo amministrava sino alla data delle lettere con le quali la direzione di tale istituto aveva trasmesso i dossier concernenti la Manic S.A. e la United Trading Corporation (UTC) all'Ambrosiano Services di Lussemburgo (18 novembre 1981). Postulava inoltre la rogatoria l'assunzione quali testimoni dei signori G., D. e B., rispettivamente presidente, ex presidente e direttore generale della Banca del Gottardo.
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L'Ufficio federale di polizia (UFP) trasmetteva il 27 maggio 1983 al Giudice istruttore sottocenerino la rogatoria, pregandolo di darvi seguito, dopo averne esaminato l'ammissibilità prima facie ai sensi dell'art. 78 AIMP. Il 30 ottobre 1985 l'UFP trasmetteva al magistrato ticinese un'ulteriore rogatoria del 28 settembre 1985, stesa dal dott. Bricchetti, e contenente l'elenco delle domande da sottoporre ai testi G. e B.
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Contro il decreto di sequestro e la convocazione dei testimoni, la Banca del Gottardo interponeva reclami il 12 e 16 dicembre 1983 alla Camera dei ricorsi penali del Tribunale di appello (CRP), chiedendone l'annullamento e postulando il rifiuto dell'assistenza.
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La CRP ha respinto questi reclami con decisione del 13 gennaio 1986, che la Banca del Gottardo ha tempestivamente impugnato con ricorso di diritto amministrativo: essa ha chiesto in via principale che la domanda d'assistenza italiana venga respinta e che di conseguenza vengano annullati i sequestri e le citazioni testimoniali; in via subordinata, che l'audizione dei testi sia eseguita in assenza delle autorità straniere e sulla base di una lista di precise domande sulle quali dovrà pronunciarsi il Giudice istruttore sottocenerino con decisione formale, che lo stesso Giudice istruttore precisi la documentazione da sequestrare e che, prima della trasmissione all'Italia, i documenti siano vagliati dall'UFP a tutela dei terzi.
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Il Tribunale federale ha respinto il ricorso, in quanto ricevibile, nel senso dei considerandi.
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Dai considerandi: | |
3. Parimenti infondata è l'obiezione secondo cui le relazioni dello I.O.R. presso banche svizzere o gli amministratori di tale istituto della Città del Vaticano non potrebbero esser oggetto in Svizzera di misure coercitive in vista della concessione di assistenza giudiziaria ad uno Stato che - come l'Italia - ha aderito alla CEAG, perché godrebbero d'immunità diplomatica e sarebbero soggetti unicamente alla giurisdizione del Sommo Pontefice. Né le persone fisiche contro le quali si ![]() | 8 |
La ricorrente pare invero sostenere, senza tuttavia sostanziare le sue asserzioni, che gli amministratori dello I.O.R. non cadrebbero sotto la giurisdizione italiana in virtù di convenzioni particolari stipulate fra Italia e Santa Sede. Questa questione non ha da esser risolta dal giudice svizzero dell'assistenza. Se è vero che la Svizzera, aderendo alla CEAG, ha dichiarato - usando della possibilità offertale dagli art. 5 par. 1 lett. a e 23 par. 1 - che per il caso in cui sono richieste misure coercitive essa sottoporrà la prestazione dell'assistenza al requisito della doppia incriminazione, l'art. 64 cpv. 1, prima frase AIMP impone unicamente di controllare che i fatti esposti nella domanda denotino gli elementi obiettivi di una fattispecie punibile secondo il diritto svizzero: detto disposto attenua cioè l'obbligo d'esame della punibilità secondo il diritto straniero. Certo, ove fosse manifesto che i fatti sono impunibili secondo il diritto dello Stato richiedente, l'assistenza andrebbe ugualmente rifiutata in applicazione dell'art. 2 lett. d AIMP, in quanto essa costituirebbe un chiaro abuso (DTF 112 Ib 591 /95 consid. 11a, 11b, ba e bb): ma simile evenienza qui non ricorre. I fatti risultano chiaramente punibili in Italia e non spetta al giudice svizzero dell'assistenza di indagare se per avventura alcune fra le persone perseguite possano sottrarsi alla giurisdizione italiana in virtù di pattuizioni internazionali che legassero l'Italia allo Stato della Città del Vaticano. Non mancherà d'altronde l'occasione, per le persone ![]() | 9 |
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a) Applicabile nei rapporti italo-svizzeri è la CEAG e, per quanto ha tratto agli Stati che non sono parte della Convenzione e non posseggono altro trattato con la Svizzera, soltanto l'AIMP, che notoriamente non fonda alcuna pretesa di diritto internazionale di tali Stati verso la Svizzera (art. 1 cpv. 1 e 4 AIMP). La Convenzione astringe gli Stati contraenti a "prestarsi l'assistenza ![]() ![]() | 12 |
b) Che i fatti allegati non evidenzino un rapporto debitorio diretto dello I.O.R. con l'Ambrosiano S.p.A. non è determinante: come il Tribunale federale ha già avuto occasione di rilevare (DTF 109 Ib 322), la tesi degli inquirenti italiani - che non spetta al giudice svizzero di verificare - è che gli istituti bancari dominati dall'Ambrosiano Holding Lussemburgo, a sua volta di proprietà dell'istituto bancario milanese, fossero di fatto filiali del Banco Ambrosiano di Milano, e tutti insieme costituissero una sola entità, formante un unico complesso patrimoniale: le erogazioni di fondi effettuate a varie società, fra cui quelle menzionate in precedenza, per le loro modalità, la mancanza di controprestazioni effettive e l'assenza di garanzie concrete, sarebbero state ispirate secondo l'autorità italiana da un intento di mera distrazione di fondi dell'Ambrosiano S.p.A. di Milano e non potrebbero costituire espressione di lecita ed usuale attività creditizia. Certo, la domanda italiana qui trattata potrebbe forse esser considerata manchevole, presa da sola, per quanto ha tratto alla descrizione dei fatti specifici (cfr. DTF 106 Ib 263 segg. consid. 3; in materia d'estradizione, sentenza 21 maggio 1986 in re Kisacik). Tuttavia occorre considerare che, sul tema della bancarotta dell'Ambrosiano, sono pervenute alla Svizzera già numerose domande da parte delle autorità italiane, contenenti più esaurienti esposti dei fatti e del sistema messo in opera per la pretesa dilapidazione di fondi dell'istituto bancario milanese. Sussiste pertanto la possibilità per l'autorità svizzera, nel trattare la presente istanza, di tener conto di queste precedenti indicazioni fornite dallo Stato richiedente e relative alla stessa fattispecie, per ammettere la sufficienza della domanda (cfr. sentenza S. e litisconsorti, consid. 8a inedito). A questo si aggiunga che - se è vero che non sono descritti i ![]() | 13 |
c) Il fatto che gli inquirenti italiani possano rivolgere domande d'assistenza ad altri Stati - siano essi o meno legati alla Parte richiedente da convenzioni o trattati - non abilita la Svizzera, riservato il caso di manifesto abuso, a rifiutare l'assistenza ch'essa è tenuta a prestare in forza di obbligazioni internazionali liberamente assunte.
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Quanto al preteso pregiudizio che la prestazione dell'assistenza arrecherebbe alla Svizzera, la ricorrente non sostanzia minimamente la censura secondo cui l'esecuzione della domanda potrebbe compromettere la sovranità, la sicurezza e l'ordine pubblico o altri interessi essenziali del Paese (art. 2 lett. b CEAG, art. 10 cpv. 2, frase 2 AIMP). Il contrario è piuttosto vero, poiché la Svizzera deve evitare di divenire una piazza favorevole per la criminalità economica di carattere internazionale (cfr. sentenze 10 settembre 1986 in re A. AG e 11 gennaio 1984 in re Banca G. & Co.) e perché non si può parlare di una compromissione che vuoti di senso l'istituto stesso del segreto bancario, allorquando si tratta di lottare contro codesta criminalità economica e l'assistenza si limita a fornire informazioni sulle relazioni bancarie di uno o di taluni clienti, siano pur essi, a loro volta, delle banche (SCHULTZ, Bankgeheimnis und internationale Rechtshilfe in Strafsachen, Bankverein-Heft Nr. 22, pagg. 20, 23/24 e nota 3, ov'è combattuta l'opinione apparentemente contraria di KLEINER, Kommentar zum schweizerischen Bankengesetz, n. 62 all'art. 47, che vorrebbe estendere l'applicabilità dell'art. 10 cpv. 2 AIMP a tutti i casi in cui una banca è tenuta a fornire informazioni in un procedimento di assistenza, analogamente a DE CAPITANI, op.cit., RDS 100/1981 II pagg. 460/61). L'argomento relativo alla pretesa elusione dell'ordinamento di altri Stati - più restrittivi in materia d'assistenza - è pure privo di fondamento: nella misura in cui la CEAG e l'AIMP impongono alla Svizzera l'assistenza, essa è tenuta a prestarla senza preoccuparsi di eventuali maggiori difficoltà alle quali lo Stato richiedente si urterebbe se rivolgesse ![]() | 15 |
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D'altra parte, l'art. 47 n. 1 della legge federale sulle banche e le casse di risparmio punisce bensì con pena detentiva la rivelazione di un segreto bancario, ma il numero 4 dello stesso articolo (analogamente a quanto dispone l'art. 321 n. 3 CP per il segreto professionale delle persone ivi menzionate) riserva esplicitamente le disposizioni ![]() | 18 |
b) Ciò premesso, va precisato che l'interrogatorio dei testimoni deve limitarsi, analogamente a quanto si è detto a proposito della consegna dei documenti, a quei fatti che sembrino in relazione - diretta o indiretta - con il dissesto del Banco Ambrosiano S.p.A. di Milano, rispettivamente con gli istituti bancari a questo collegati e non può invece estendersi indiscriminatamente ad ogni relazione bancaria dello I.O.R. e delle società da esso "patrocinate": è compito del Giudice istruttore ticinese di vegliare all'osservanza di tali misure.
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c) Ancora va precisato che la presenza dei magistrati italiani - espressamente richiesta dall'Italia (art. 4 CEAG), che il Giudice istruttore ha accordato e la CRP approvato - va intesa come presenza passiva e che gli atti d'esecuzione, rispettivamente l'interrogatorio dei testimoni debbono esser svolti dal magistrato svizzero (DTF 106 Ib 261 /63 consid. 2, DTF 103 Ia 214 segg.), il quale dovrà anche evitare che i funzionari stranieri prendano conoscenza di documenti che nulla hanno a che fare con il dissesto del Banco Ambrosiano. Detto magistrato dovrà vegliare inoltre affinché non venga vanificato il diritto di decidere alla chiusura del procedimento se e quali informazioni dovranno per finire esser trasmesse allo Stato richiedente (art. 82 AIMP, art. 2 OAIMP): in particolare, ove dovesse sorgere il dubbio che, relativamente a determinati documenti o domande, esse debbano esser escluse dalla trasmissione, il magistrato ticinese dovrà provvedere a che la presenza dei magistrati e degli organi di polizia italiani venga esclusa (art. 82 e 83 AIMP). Una totale estromissione dei magistrati italiani non può invece esser ammessa - contrariamente alla tesi sostenuta dalla ricorrente - poiché è palese che, in un caso di simile importanza e complicazione, il magistrato ticinese dev'essere in grado di ottenere da essi le informazioni indispensabili per lo svolgimento del suo compito: nel ![]() | 20 |
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