BGE 119 Ib 447 | |||
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49. Estratto della sentenza 24 maggio 1993 della I Corte di diritto pubblico nella causa Stato del Cantone Ticino c. P e consorti e Commissione federale di stima del 13o Circondario (ricorso di diritto amministrativo) | |
Regeste |
Verwaltungsgerichtsbeschwerde gegen Entscheide der eidgenössischen Schätzungskommissionen; Art. 105 Abs. 2 OG (Fassung gemäss BG vom 4. Oktober 1991, in Kraft seit 15. Februar 1992). |
Enteignung eines mit einem Überleitungsservitut belasteten Landstreifens für den Bau von Schallschutzwänden und -wällen; Methode der Entschädigungsbemessung; Art. 19 Abs. 1 lit. a und Art. 21 EntG. |
1. Bewertung von mit Überleitungsdienstbarkeiten belasteten Grundstücken (E. 4a und b). |
2. Die von der eidgenössischen Schätzungskommission angewandte Methode, die darin besteht, den seinerzeit für die Überleitungsdienstbarkeit bezahlten Betrag, an die seither eingetretene Teuerung angepasst, von der heutigen Enteignungsentschädigung für den Boden abzuziehen, führt im konkreten Fall zu einem Ergebnis, das sich mit Art. 19 lit. a und Art. 21 Abs. 1 EntG vereinbaren lässt (E. 5). | |
Sachverhalt | |
La costruzione della strada nazionale N2 tra Chiasso e Lugano rese a suo tempo necessario lo spostamento dell'elettrodotto di 50 kV Gemmo-Chiasso di proprietà della Città di Lugano (Aziende industriali - AIL). Nel Comune di Melano, il nuovo tracciato della linea fu condotto parallelamente all'autostrada. Agendo a favore del Comune di Lugano, lo Stato del Cantone Ticino procedette all'acquisto dei diritti necessari per il nuovo impianto mediante una serie di contratti espropriativi (v. sulla nozione: DTF 114 Ib 147 seg. consid. 3b) stipulati con i proprietari dei fondi siti lungo la strada nazionale. Per i terreni inclusi nella zona edilizia di Melano, tali convenzioni hanno creato, accanto agli oneri abituali per simili condotte (di attraversamento, limitazione delle piantagioni, accesso per esercizio e manutenzione, superficie per l'impianto dei pali), anche divieti di costruzione gravanti la fascia di terreno sottostante alla condotta.
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Dai contratti - conclusi nel novembre 1975 e nel dicembre 1978 - risulta che le indennità globali corrisposte dallo Stato ai proprietari per l'acquisto di tali diritti furono determinate tenendo conto unicamente delle superficie gravate dalla servitù di non costruire che si trovano all'esterno degli allineamenti della strada nazionale, e che nessuna indennità fu corrisposta in un caso in cui erano già state pagate, in virtù di una transazione stipulata davanti al Tribunale federale nel 1967 nel quadro della pregressa procedura espropriativa per l'acquisto del terreno della strada nazionale, indennità di svalutazione della porzione residua.
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Nel 1987 il Cantone Ticino, d'intesa con l'autorità federale, ha fatto elaborare un progetto esecutivo complementare per la costruzione di un'opera di protezione fonica nel Comune di Melano. Previa pubblicazione degli atti ed evasione delle opposizioni da parte del Consiglio di Stato, il progetto è stato approvato ai sensi dell'art. 28 LSN (RS 725.11) dal Dipartimento federale dei trasporti, delle comunicazioni e delle energie (DFTCE) il 4 dicembre 1987.
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Su istanza del Cantone Ticino, il presidente della Commissione federale di stima del circondario 13 ha dichiarato aperta la procedura ordinaria di espropriazione per l'acquisto dei diritti necessari all'esecuzione dell'opera con decreto del 2 gennaio 1988: piani e tabelle di espropriazione sono stati pubblicati e sono stati notificati gli avvisi personali.
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Accanto a espropriazioni temporanee per l'esecuzione dei lavori, che qui non interessano, il progetto prevede l'espropriazione definitiva, lungo l'attuale fondo dell'autostrada, di una striscia di terreno destinata alla formazione di un vallo e alla posa di pannelli di protezione. Nei confronti dei proprietari, parti nella presente causa, l'espropriazione colpisce una serie di fondi tutti inseriti nella zona edificabile del Comune, e precisamente nella zona artigianale A3-06 nel caso di P, rispettivamente nella zona residenziale R3-06 nel caso degli altri espropriati. Il terreno da espropriare include anche le porzioni dei fondi sulle quali è situato l'elettrodotto della Città di Lugano, che sono gravate degli oneri descritti precedentemente in virtù delle menzionate convenzioni.
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Nelle loro notifiche, gli espropriati formularono per i terreni definitivamente espropriati pretese di indennità varianti fra i 150.-- e i 250.-- fr./m2. Alle udienze di conciliazione, tenute i 19 e 20 aprile e il 3 maggio 1989, lo Stato offrì per le porzioni già gravate dalla servitù di non costruire a favore delle AIL un'indennità di 10.-- fr./m2, e indennità varianti tra i 50.-- e i 130.-- fr./m2 per le superficie libere da detto onere. La conciliazione fallì, ma tutti gli espropriati accordarono l'anticipata immissione in possesso.
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La CFS si è pronunciata con decisione del 4 dicembre 1992. Nel dispositivo, essa ha stabilito gli importi dovuti per le espropriazioni definitive - parziali o totali - delle particelle, come pure le indennità annue per l'occupazione temporanea.
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Nella motivazione, suddivisa in una parte generale e in singoli capitoli per ognuno degli espropriati, la CFS ha esposto i criteri estimatori cui si è ispirata, fondandosi sulle risultanze dei sopralluoghi, le contrattazioni rilevate e su dati desunti da altre espropriazioni del diritto cantonale nel Comune di Melano. Essa è giunta alla conclusione che, alla data determinante dell'udienza di conciliazione (aprile 1989), al fondo di P, sito nella zona artigianale, andava attribuito un valore venale pieno di 200.-- fr./m2, superiore a quello degli altri terreni espropriati posti nella zona residenziale R3-06, che fu stabilito in 180.-- fr./m2.
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La CFS ha constatato che l'elettrodotto, posto lungo il confine verso l'autostrada, non intralcia concretamente lo sfruttamento edilizio, e che neppure il divieto di costruzione costituito a favore del Comune di Lugano impedisce giuridicamente o di fatto l'integrale utilizzazione degli indici di sfruttamento previsti dalle norme di attuazione (NAPR) del piano regolatore (PR) di Melano, il quale inserisce nella rispettiva zona le particelle per la totalità della loro superficie.
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Ciò posto, la CFS ha considerato che dagli importi calcolati in base alla superficie espropriata definitivamente e ai due menzionati prezzi unitari dovessero dedursi le indennità forfettarie che lo Stato aveva versato ai proprietari nel 1975 e nel 1978, e ciò previo adattamento dei rispettivi importi all'evoluzione dell'indice dei prezzi al consumo intervenuta tra novembre 1975 (punti 165,2), risp. dicembre 1978 (punti 170,3) e la data determinante dell'aprile 1989 (punti 241,4). Per ragioni inerenti alla clausola di adeguamento delle indennità ai risultati della misurazione definitiva, la CFS ha suddiviso gli importi in capitale dovuti per le singole espropriazioni parziali in due poste distinte: l'una relativa alla superficie soggetta al divieto di costruzione, sulla quale sono stati imputati i versamenti precedenti, l'altra relativa alla residua superficie espropriata, libera da tale onere, per la quale sono stati applicati i menzionati prezzi unitari di 200.--, risp. 180.-- fr./m2.
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L'espropriante ha impugnato la decisione della CFS con distinti ricorsi di diritto amministrativo, limitatamente alle indennità accordate per l'espropriazione definitiva, concludendo a che queste siano ridotte.
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Le postulate riduzioni risultano dall'applicazione di un'indennità unitaria di 10.-- fr./m2 alle superficie gravate dalla servitù di non costruire, corretta dal riconoscimento per tali aree di indennizzi supplementari per piante o manufatti, da un lato, e dall'applicazione alle residue superficie espropriate, libere da tale onere, dei valori unitari di 200.--, risp. 180.-- fr./m2 stabiliti dalla CFS, dall'altro.
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Dai considerandi: | |
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b) Con il ricorso si possono censurare la violazione del diritto federale, comprensiva dell'eccesso e dell'abuso del potere di apprezzamento (art. 104 lett. a OG), e l'inadeguatezza della decisione (art. 104 lett. c n. 1 OG), poiché la CFS decide sull'indennità espropriativa in prima istanza. Vigente il testo originale dell'art. 105 cpv. 2 OG, anche l'accertamento inesatto o incompleto di fatti rilevanti poteva esser censurato senza restrizioni (art. 104 lett. b OG), poiché la limitazione prevista dall'art. 105 cpv. 2 OG per le commissioni di ricorso non si applicava alle commissioni federali di stima, che sono commissioni di arbitrato secondo l'art. 98 lett. e OG (DTF 116 Ib 254 consid. 2c, DTF 112 Ib 420 consid. 2b; RDAT 1991-II, pag. 185 consid. 1b). Secondo il nuovo testo dell'art. 105 cpv. 2 OG, entrato in vigore il 15 febbraio 1992 in seguito alla novellazione introdotta con la LF del 4 ottobre 1991 (RU 1992, 288; RS 173.110.0; FF 1991 II 413), l'accertamento dei fatti vincola - salvo eccezioni - il Tribunale federale "se l'istanza inferiore è un'autorità giudiziaria" (e non più, come precedentemente, "se l'istanza inferiore è un tribunale cantonale o una commissione di ricorso"). Le Commissioni federali di stima sono dei Tribunali amministrativi speciali (DTF 116 Ib 254 consid. 2c; DTF 112 Ib 125, 177 seg.; 111 Ib 233), cui la qualifica di "autorità giudiziaria" deve indubbiamente esser riconosciuta. In base al testo della nuova disposizione, si potrebbe ritenere che dopo la riforma il Tribunale federale sia vincolato al loro accertamento dei fatti, a meno che questi risultino manifestamente inesatti o incompleti o stabiliti in violazione di norme essenziali di procedura. Tale conclusione, dedotta unicamente dal tenore letterale della norma, sarebbe però affrettata. In realtà, essa non può esser ritenuta, perché contrasta con altre disposizioni e non corrisponde alla volontà del legislatore.
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Intanto ci si può chiedere, in via di principio, se il Tribunale federale - quando è munito, come in casu, della facoltà di rivedere l'adeguatezza della decisione dell'istanza inferiore (art. 104 lett. c n. 1 OG) - possa sdebitarsi di tale compito, ove non disponga congiuntamente anche della facoltà di controllare liberamente il fatto: il controllo dell'adeguatezza implica infatti la possibilità per l'istanza superiore di sostituire il proprio apprezzamento a quello dell'istanza precedente, scegliendo la soluzione che a suo avviso meglio risponde alle concrete circostanze del caso, e mal si comprende quale portata effettiva possa avere questa facoltà, se i fatti non possono esser riveduti. Questa delicata questione di principio può tuttavia esser lasciata aperta, poiché il problema non dev'esser risolto genericamente per riguardo ad ogni istanza inferiore prevista dall'art. 105 cpv. 2 OG, ma soltanto per quanto concerne il caso specifico delle Commissioni federali di stima.
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Giusta l'art. 115 cpv. 1 e 2 OG, nel testo della riforma del titolo quinto dell'organizzazione giudiziaria introdotta dalla LF del 20 dicembre 1968, in vigore dal 1o ottobre 1969 (RU 1969 784 805; FF 1965 II 1029), la procedura di ricorso di diritto amministrativo contro le decisioni delle Commissioni federali di stima è regolata dagli art. 104 a 109 della stessa legge, per il resto dagli art. 77 a 87 e 116 LEspr (RS 711). Successivamente alla cennata riforma dell'organizzazione giudiziaria, la LEspr è però a sua volta stata riveduta con la LF del 18 marzo 1971, in vigore dal 1o agosto 1972 (RU 1972 1076 1086; FF 1970 I 774). Questa riforma non ha soltanto abrogato gli art. da 83 a 85 e l'art. 87 LEspr, cui l'art. 115 cpv. 2 OG, rimasto invariato, tuttora rinvia, ma ha anche modificato l'art. 77 LEspr. Nel suo tenore attuale, il capoverso secondo di tale disposizione prevede che la procedura di ricorso di diritto amministrativo, per quanto concerne le Commissioni federali di stima, è disciplinata dall'OG "in quanto la presente legge non stabilisce altrimenti". Questa disposizione, speciale e posteriore all'art. 115 OG, fa sì che le regole procedurali della legge d'espropriazione prevalgano sull'OG. Nell'art. 82 cpv. 1 e 2 LEspr, è previsto che, nei casi di ricorso, il Giudice delegato del Tribunale federale designa da uno a tre membri della Commissione superiore di stima per funzionare da periti o, eccezionalmente, anche altri periti, di cui dirige le deliberazioni. Ora, questa istituzionalizzazione del ricorso a periti non avrebbe praticamente senso, se gli esperti - e con loro il Tribunale federale - non dovessero potere esaminare liberamente i fatti. Inoltre, l'art. 77 cpv. 3 LEspr dichiara ammissibili, nella procedura di ricorso contro decisioni sulla determinazione dell'indennità, anche nuove conclusioni, a condizione ch'esse non potessero essere presentate già davanti alla CFS: ora, chi ha la facoltà di formulare nuove conclusioni, ha anche quella di addurre a loro appoggio fatti nuovi, atti a sovvertire o modificare le constatazioni precedenti: il che implica pure libero esame per l'istanza di ricorso. Deriva dal senso e dallo scopo di questo assetto procedurale istituito dal legislatore che, adito con ricorso di diritto amministrativo, il Tribunale federale deve poter esaminare liberamente i fatti, e che pertanto la limitazione istituita dal nuovo art. 105 cpv. 2 OG non si applica alle Commissioni federali di stima, così come non si applicava loro la disposizione precedente. Tale risultato è peraltro conforme alle intenzioni del legislatore espresse nei lavori legislativi. Il messaggio del Consiglio federale del 18 marzo 1991 (FF 1991 II 473) adduce infatti che con la modificazione proposta dall'art. 105 cpv. 2 si intendeva adattarne la terminologia a quella impiegata nel nuovo art. 98 a (FF 1991 II 470): nulla induce a ritenere che la riforma alla legge, intesa a potenziare la tutela giurisdizionale offerta al cittadino, dovesse però in determinate materie ridurla, come in caso di contraria interpretazione accadrebbe per l'espropriazione, dal momento che la Commissione federale, adita su azione ("Klageverfahren"; cfr. GYGI, Bundesverwaltungsrechtspflege, 2a edizione, Berna 1983, pag. 113) statuisce su pretese di diritto pubblico come autorità di prima istanza ed esamina quindi per la prima volta l'oggetto del litigio (in senso identico, KÖLZ/HÄNER, Verwaltungsverfahren und Verwaltungsrechtspflege des Bundes, Zurigo 1993, pag. 216, n. 364, e 242, n. 423). Questa soluzione è del resto conforme al sistema dei gradi giurisdizionali adottato dal legislatore federale: contro le decisioni di autorità inferiori è di massima dato ricorso (o opposizione) ad un'autorità cui compete di riesaminare liberamente i fatti (cfr. GYGI, Verwaltungsrechtspflege in Bundesverwaltungssachen, in: Statica e dinamica del diritto nella giurisprudenza del Tribunale federale, Basilea 1975, pag. 198 e 208).
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Se ne deve concludere che la restrizione dell'art. 105 cpv. 2 OG, cui l'art. 104 lett. b OG rinvia, continua a non applicarsi alle decisioni delle Commissioni federali di stima anche dopo la novellazione dell'organizzazione giudiziaria.
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a) Come giustamente la CFS ha constatato, la fascia inedificabile correva lungo il confine dei fondi verso autostrada, e le parti libere dal divieto conservavano una forma regolare. (Quanto alle loro dimensioni, tali parti libere erano o talmente ragguardevoli da non suscitare problemi per l'edificazione, o sufficienti per un'utilizzazione razionale.)
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Ciò premesso sotto il profilo geometrico, è determinante, per la valutazione dei fondi soggetti all'onere, la circostanza che gli indici di sfruttamento, nonostante il parziale divieto di costruzione, avrebbero potuto esser integralmente utilizzati sulla superficie libera, cioè, in altri termini, che la servitù non aedificandi non riduceva il cubo edilizio realizzabile sulle particelle anteriormente alla sua costituzione.
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b) Quando queste circostanze sono verificate, la svalutazione di un fondo gravato da servitù di elettrodotto - pari alla differenza fra il valore venale dell'intera particella libera dall'aggravio e il valore venale del fondo gravato (DTF 114 Ib 324, DTF 111 Ib 288 seg. consid. 1, DTF 106 Ib 245 consid. 3) - dipende non tanto dalla servitù di non costruire che si abbina con quella di semplice attraversamento, eliminando per il proprietario la possibilità di richiedere lo spostamento della linea (cfr. DTF 115 Ib 17 seg. consid. 2 e rinvii), quanto dal fattore negativo costituito dalla semplice presenza dell'impianto, che può influire sull'attrattività del fondo per la cerchia dei potenziali acquirenti (DTF 109 Ib 300 seg. consid. 4a, DTF 102 Ib 350 consid. 3, DTF 100 Ib 194). Questo fattore negativo è praticamente nullo - sempre nelle descritte circostanze - per chi è alla ricerca di un terreno a sfruttamento industriale o artigianale; esso può essere invece più significativo per la scelta di chi vuol edificare a scopo abitativo, segnatamente costruire una casa monofamigliare. Nei casi in rassegna, quindi, si può ritenere che tale elemento negativo non fosse di nessun peso per la zona artigianale. Esso aveva invece rilievo per quella residenziale, anche se l'elettrodotto in questione è di soli 50 kV e, nella zona che qui interessa, i conduttori sono sostenuti da semplici pali in cemento e non da tralicci notoriamente di maggior disturbo.
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a) Come si è visto, la prestazione che il proprietario ha a suo tempo ottenuto quale contropartita per la costituzione della servitù non equivale senz'altro alla svalutazione attualmente patita dal fondo per l'esistenza dell'onere. La Commissione non ha però semplicemente dedotto quelle indennità, ma le ha previamente adattate al rincaro intervenuto nel frattempo: con ciò essa ha implicitamente considerato che gli importi portati in deduzione corrispondono alle indennità che l'espropriante avrebbe pagato ai proprietari, se si fosse trattato di indennizzare al giorno dell'udienza di conciliazione - data determinante - le servitù dell'elettrodotto.
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(Obiezioni al calcolo della CFS tratte dal fatto che le originarie indennità concordate fra espropriante e espropriati potrebbero aver costituito disuguaglianze di trattamento e che esse risultano esser state stabilite con metodi empirici non necessariamente conformi alla giurisprudenza (DTF 114 Ib 324, DTF 111 Ib 288), onde l'adattamento al rincaro non sanerebbe tali vizi di principio.)
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Queste questioni possono tuttavia, per le ragioni che ancora si vedranno, esser lasciate aperte.
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b) Una riflessione pratica può far propendere, nel caso concreto, per un ricorso al metodo adottato dalla CFS. Essa consiste nel considerare che l'attuale espropriazione per l'acquisto del terreno necessario per le opere di protezione contro il rumore costituisce, di fatto se non in diritto, un ampliamento della pregressa espropriazione degli anni settanta, volta all'acquisto di diritti reali limitati necessari per la costruzione dell'elettrodotto. È infatti palese che, se già a quell'epoca avesse avvertito la necessità di costruire i pannelli e le colline di protezione fonica, lo Stato avrebbe sin dall'inizio richiesto l'espropriazione definitiva della striscia, che avrebbe utilizzato per entrambi gli scopi: quale indennità, avrebbe dovuto corrispondere, data l'incontestata assenza di svalutazione delle parti residue, unicamente l'intero valore venale delle porzioni di fondo espropriate (art. 19 lett. a LEspr). A nessuna speciale indennità lo Stato avrebbe dovuto invece corrispondere per l'elettrodotto, poiché l'utilità che l'espropriante ricava dall'uso del fondo espropriato non entra in considerazione per stabilire il valore venale (DTF 111 Ib 100 consid. 2d; 109 Ib 35, 274 consid. 3b; DTF 101 Ib 168 consid. 1c).
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Ora, l'acquisto definitivo intervenuto nel 1989, da questo punto di vista, assorbe il pregresso acquisto dei diritti reali limitati. Dal punto di vista giuridico e de lege ferenda, l'operazione potrebbe definirsi come la combinazione di un procedimento espropriativo con una procedura atipica di retrocessione (cfr. art. 102 segg., segnatamente l'art. 103 LEspr relativo alla retrocessione di servitù prediali).
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Questo tipo di procedura non è tuttavia previsto dalla legge di espropriazione: il Tribunale federale può solo verificare se l'originale sistema di calcolo adottato dalla CFS conduce nella specie ad un risultato compatibile con gli art. 19 lett. a e 21 cpv. 1 LEspr, cioè se la svalutazione dei fondi, determinata dall'elettrodotto e dalle sue servitù, è stata con tale calcolo adeguatamente tenuta in considerazione, come impone l'art. 21 cpv. 1 LEspr, nella fissazione del valore venale del terreno espropriato.
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Nella fattispecie gli espropriati hanno accettato la deduzione effettuata per tale titolo dalla CFS: vincolato alle conclusioni delle parti, il Tribunale federale deve limitarsi ad esaminare se detta imputazione debba considerarsi sufficiente, e il ricorso dell'espropriante può prosperare solo se a tale quesito debba darsi risposta negativa.
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c) Manifestamente, ciò non è il caso per una serie di considerazioni.
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aa) Anche se sono state calcolate con un metodo empirico, le indennità corrisposte o conteggiate ai proprietari d'allora costituivano la contropartita della svalutazione subita dall'intero fondo in conseguenza della costruzione dell'elettrodotto e della costituzione delle servitù che l'accompagnano. Esigerne, dopo aver aggiornato gli importi, l'integrale restituzione in occasione dell'odierna espropriazione di porzioni relativamente esigue per rapporto alla superficie totale, è procedimento che favorisce l'espropriante.
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bb) Esigere la restituzione integrale degli importi aggiornati è pure procedimento che favorisce l'espropriante, atteso che l'attuale espropriazione, se toglie agli espropriati la parte gravata dalla servitù di non costruire, non elimina l'elettrodotto e quindi non fa scomparire completamente la svalutazione dovuta alla sua semplice presenza.
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cc) Anche un controllo più particolareggiato, che consiste nel raffrontare la deduzione ordinata dalla Commissione al valore pieno dell'intero fondo (1), poi al valore della sola parte espropriata (2) ed in fine al valore della sola parte colpita dall'onere di non edificare (3), non evidenzia nessun elemento che permetta di concludere che l'imputazione effettuata sia inferiore a quanto esige l'art. 21 cpv. 1 LEspr.
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(Seguono i calcoli per i singoli casi, che dimostrano come le deduzioni effettuate per tener conto della svalutazione indotta dall'onere non possono esser considerate troppo esigue.)
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