BGE 96 I 629 | |||
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97. Sentenza del 23 dicembre 1970 nella causa Cavalleri e Masci contro Brughera e Procuratore pubblico sottocenerino. | |
Regeste |
Staatsrechtliche Beschwerde. Subsidiarität. Willkür. | |
Sachverhalt | |
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"Art. 219. Nella sentenza di condanna la Corte d'assise, ad istanza della parte lesa, decide contemporaneamente sulle pretese di diritto civile.
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Art. 220. Se la Corte non stima sufficienti i dati del processo per tale decisione, rimette la parte lesa al foro civile.
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In tale caso la Corte può accordare alla parte lesa un risarcimento in via di provvisionale.
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Contro tali provvedimenti non è dato ricorso.
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Art. 221. Se l'imputato è assolto, il giudice penale non pronuncia sulle pretese di risarcimento.
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Art. 222. Contro i dispositivi della sentenza penale che decidono le pretese di risarcimento, tanto la parte lesa quanto il condannato possono ricorrere al tribunale di seconda istanza nei modi e forme stabiliti dalla legge di procedura civile.
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Art. 223. I termini per il ricorso decorrono dalla scadenza del termine per il ricorso alla Corte di cassazione contro la sentenza penale o dalla intimazione della sentenza della Corte di cassazione".
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B.- Con sentenza del 23 settembre 1970 la Corte delle assise criminali a Lugano ha riconosciuto Giorgio Masci e Antonio Cavalleri coautori colpevoli di reati di truffa, appropriazione indebita, falsità in documenti ed amministrazione infedele "in danno di Lino Brughera, azionista e finanziatore della Gran Garage SA". Gli imputati avrebbero commesso questi reati nella loro qualità di membri del Consiglio di amministrazione oltre che di dipendenti della società. Prosciolti per insufficienza di prove da altre imputazioni, Masci e Cavalleri sono stati condannati alla pena di 18 mesi, rispettivamente di 14 mesi di detenzione. Inoltre i ricorrenti sono stati condannati al versamento dell'indennità di fr. 100 000.-- alla parte civile Lino Brughera a titolo di provvisionale. Per il resto, Lino Brughera e la Gran Garage SA, pure costituitasi parte civile, sono stati rinviati al competente foro civile.
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Secondo la sentenza, Masci e Cavalleri si sono resi colpevoli dei reati di truffa per aver indotto con inganno clienti della Gran Garage SA a versare l'ammontare di fatture, anzichè alla società, su di un libretto di deposito intestato ai due amministratori, rispettivamente per aver firmato, a nome della società, un vaglia cambiario destinato a garantire un debito personale di Masci. Nell'appropriazione indebita gli accusati incapparono per aver incassato a contanti crediti della società, trattenendone per sè l'importo; a codesto reato si ricollega quello di falsità in documenti per l'omessa contabilizzazione degli incassi. Infine, la Corte delle assise ravvisa una gestione infedele nel fatto che Masci e Cavalleri hanno gerito in modo avventato le vendite e le riprese di autovetture per conto della società.
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C.- Contro la sentenza di condanna penale i ricorrenti non hanno interposto ricorso per cassazione alla Corte di cassazione cantonale a norma degli art. 228 e segg. PPtic.: la sentenza di condanna è pertanto cresciuta in giudicato.
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Avverso il dispositivo che li condanna al versamento di una provvisionale di fr. 100 000.-- a Lino Brughera è invece diretto il tempestivo ricorso di diritto pubblico per violazione dell'art. 4 CF. I ricorrenti domandano che il Tribunale federale lo annulli e rinvii Lino Brughera al foro civile per le sue eventuali pretese. In via subordinata, i ricorrenti chiedono che il Tribunale federale pronunci l'incostituzionalità e di conseguenza annulli il cpv. 3 dell'art. 220 PPtic., assegnando ai ricorrenti un termine come quello dei combinati disposti degli art. 222 PPtic. e 225 CPC per appellarsi avverso la decisione impugnata. Sui motivi del ricorso si tornerà, ove occorra, nei considerandi.
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D.- La Corte delle assise criminali, il Sostituto Procuratore pubblico della giurisdizione sottocenerina e Lino Brughera concludono alla reiezione del ricorso.
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Considerando in diritto: | |
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a) Il citato giudizio civile non può essere impugnato davanti al Tribunale federale attraverso la via del ricorso per riforma. Giusta l'art. 48 cpv. 1 e 2 OG questo rimedio è infatti ammissibile solo contro le decisioni finali emanate dai tribunali supremi dei cantoni oppure da tribunali inferiori che non abbiano giudicato come giurisdizione cantonale unica se non in virtù di un disposto del diritto federale. In concreto, può rimanere indeciso il quesito di sapere se l'impugnata decisione possa essere ritenuta come finale. Infatti, quand'anche si volesse qualificarla tale, non sarebbe comunque adempiuto l'ulteriore requisito posto dall'art. 48 OG per l'ammissibilità del ricorso per riforma. La Corte ticinese delle assise, infatti, non è un tribunale supremo del cantone: i suoi giudizi penali sono suscettibili di ricorso alla Corte di cassazione penale cantonale (art. 228 cpv. 1 PPtic.) la quale, pur vincolata dagli accertamenti di fatto dell'autorità inferiore, ne esamina liberamente l'applicazione del diritto penale (art. 229 num. 1 PPtic.). Quanto ai giudizi civili delle Corti d'assise, essi sono di regola impugnabili col rimedio dell'appellazione davanti alla Camera civile del Tribunale di appello, la quale beneficia pure di un libero esame (art. 222 e 223 PPtic. e art. 285 e segg. CPC ticinese; v. inoltre RGP 1916, p. 395). Vero è che i giudizi "provvisionali" in materia civile pronunciati dalla Corte d'assise in applicazione dell'art. 220 cpv. 2 PPtic. sono dichiarati definitivi dalla legge (v. il cpv. 3 del citato articolo), di modo che la suddetta Corte statuisce al riguardo come istanza cantonale unica (cfr. RGP 1898, p. 1124 e 1126; 1920, p. 187; 1930, p. 388). Tuttavia, l'assenza di un rimedio giuridico in questo campo non è affatto dettata da un disposto del diritto federale; consacrata da una norma singolare del diritto ticinese, essa non toglie d'altra parte alla Corte d'assise il carattere d'istanza inferiore.
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b) L'impugnato giudizio non poteva nemmeno essere deferito al Tribunale federale attraverso la via del ricorso per cassazione. Giusta l'art. 268 num. 1, seconda frase, PPF, il ricorso per cassazione è escluso contro le sentenze dei tribunali inferiori che abbiano deciso in istanza cantonale unica. Ora, è noto, per le ragioni già esposte, che la Corte ticinese delle assise, quando statuisce sulle "provvisionali" civili ai sensi dell'art. 220 cpv. 2 PPtic., giudica come istanza cantonale unica. Essa è d'altra parte anche un tribunale inferiore, e rientra nella definizione che dello stesso dà la sentenza pubblicata in RU 92 IV 152 e seg. (v., in particolare, p. 153 in alto). Comunque, quand'anche si volessero considerare adempiuti i requisiti dell'art. 268 num. 1 PPF, il ricorso per cassazione sarebbe nel presente caso cionondimeno escluso in virtù dell'art. 271 PPF. Secondo questa norma, infatti, per poter impugnare con un ricorso per cassazione le sole conclusioni civili, è necessario che l'azione civile sia stata giudicata "insieme" con l'azione penale. Anche se ciò non significa che le azioni debbano essere giudicate simultaneamente, come sembra far pensare il testo di lingua francese della norma (v. sentenza inedita del 4 marzo 1954 nella causa Ch. e liteconsorti c. Ch. e liteconsorti), bisogna almeno esigere che le azioni civile e penale siano giudicate in via definitiva dalla stessa autorità. In altre parole, occorre che la sentenza cantonale sia impugnabile attraverso la via del ricorso per cassazione al Tribunale federale tanto per quel che riguarda l'azione penale, quanto per quel che concerne le conclusioni civili. Ora, questa condizione non si verifica in concreto perchè, per la parte penale, il giudizio della Corte delle assise, in quanto di prima istanza, non è impugnabile con il ricorso per cassazione al Tribunale federale. Qualora si volesse per ipotesi ammettere il ricorso per cassazione al Tribunale federale contro il solo giudizio civile, si presterebbe d'altra parte il fianco ad evidenti complicazioni e si creerebbe il rischio di giudizi contraddittori.
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c) Il giudizio in esame avrebbe potuto essere impugnato davanti al Tribunale federale col rimedio del ricorso per nullità ai sensi dell'art. 68 OG, nella misura in cui i ricorrenti intendessero sollevare una delle censure previste alle lett. a e b del capoverso primo di quel disposto. Qualora i ricorrenti adducessero censure di codesta natura, l'errata designazione dell'esposto quale ricorso di diritto pubblico anzichè quale ricorso per nullità non nuocerebbe loro. La giurisprudenza ha infatti già stabilito che - le altre condizioni di ricevibilità essendo adempiute - un simile ricorso dovebbe d'ufficio essere considerato come ricorso per nullità (RU 56 II 3; 85 II 105 consid. 1 e 374).
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A prescindere da tale riserva, si deve concludere che il requisito di cui all'art. 84 cpv. 2 OG è, di massima, adempiuto nella fattispecie.
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2. a) Il ricorso di diritto pubblico ha, salvo eccezioni che non si verificano nella fattispecie, funzione meramente cassatoria. Nella misura in cui postulano altro o più dell'annullamento puro e semplice del dispositivo impugnato, le conclusioni dei ricorrenti sono pertanto irricevibili (RU 92 I 97 consid. 1, 345 consid. 1, 353 consid. 1, 94 I 106 consid. 2, 124 consid. 1b, 591 consid. 2).
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b) In virtù dell'art. 87 OG il ricorso per violazione dell'art. 4 CF è aperto senza restrizioni contro le decisioni finali d'ultima istanza; contro le decisioni incidentali d'ultima istanza, invece, solo se ne consegue un pregiudizio irreparabile all'interessato.
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Non è tuttavia necessario decidere se l'impugnato dispositivo costituisca decisione finale oppure incidentale a'sensi dell'art. 87 OG. Infatti, in quest'ultima ipotesi, sarebbe comunque adempiuto il requisito del danno irreparabile. L'impugnato giudizio fa obbligo ai ricorrenti di pagare una somma a titolo di provvisionale alla controparte: quand'anche si ammetta che, in una successiva procedura, essi ne possano chiedere ed ottenere la restituzione, il fatto di esser temporaneamente privati di un potere di disposizione patrimoniale costituisce un pregiudizio giuridico irreparabile (RU 93 I 462 consid. 2).
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A giusta ragione i ricorrenti censurano come arbitrario simile giudizio.
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Per i combinati disposti degli art. 219 e 221 PPtic. la Corte delle assise è legittimata a pronunciarsi sulle pretese di diritto civile soltanto nel caso in cui essa giunga alla condanna dell'imputato. Da ciò deriva necessariamente che un risarcimento - sia con un giudizio di merito (art. 219 PPtic.), sia nella forma di una "provvisionale" (art. 220 cpv. 2 PPtic.) - può esser accordato soltanto a chi sia leso per il fatto ritenuto reato punibile dalla corte.
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È ben vero che, nel. dispositivo di condanna, i reati ritenuti a carico dei ricorrenti sono considerati dalla corte come commessi "in danno di Lino Brughera, azionista e finanziatore della Gran Garage SA". Ma dalla descrizione di tali reati, fatta nello stesso dispositivo e nella motivazione, risulta in modo indubitabile che danneggiata diretta ed immediata delle malversazioni degli imputati è la persona giuridica Gran Garage SA, della quale gli imputati erano amministratori. Lino Brughera, semmai, è danneggiato nella sua qualità di azionista della predetta persona giuridica, cioè in via indiretta e secondaria.
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Ora, per l'espressa disposizione dell'art. 755 CO, l'azione contro i promotori, le persone incaricate dell'amministrazione e della revisione ed i liquidatori, per un danno cagionato alla società e che i singoli azionisti o creditori sociali hanno subito soltanto indirettamente, non può tendere, ove la società non sia fallita, se non a far ottenere alla società il risarcimento dovutole (cfr. RU 44 II 42 ss. già sotto l'impero del cessato art. 674 CO; RU 82 II 55, consid. 3 a 5; SCHUCANY, Komm. zum Aktienrecht, S. 756; WIELAND, in AG, 22 (1949/50), p. 213). Questo aspetto della situazione poteva tantomeno sfuggire alla corte, in quanto, accanto a Lino Brughera, danneggiato indiretto, la stessa società anonima si era validamente costituita parte civile con il patrocinio di un avvocato, aveva aderito alle conclusioni dell'accusa per quanto concerne la colpevolezza e chiesto di essere rinviata puramente e semplicemente al foro civile per l'azione creditoria.
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La condanna dei ricorrenti al pagamento di un risarcimento all'azionista Brughera lede il chiaro precetto dell'art. 755 CO, che il legislatore ha istituito con la riforma del CO, adottando i criteri già assunti dal Tribunale federale per ovviare agli inconvenienti derivanti dalla concorrenza delle azioni (cfr. la giurisprudenza e la dottrina citate sopra). Questi inconvenienti sono particolarmente evidenti nel caso che ne occupa: i ricorrenti infatti, convenuti in giudizio dalla società davanti al giudice civile per il risarcimento dei danni da essa subiti, non potrebbero opporre all'attrice di già esser stati condannati a risarcire il danno indiretto patito dall'azionista.
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Pronunciata in violazione di una chiara norma legale, la condanna dei ricorrenti lede anche l'art. 4 CF, e deve pertanto essere annullata.
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Dato che la sentenza dev'essere cassata già per questo motivo, torna superfluo esaminare le ulteriori censure con le quali i ricorrenti fanno valere che, in quanto autorizza il giudice penale ad accordare alla parte lesa dei risarcimenti a titolo di provvisionale con sentenza non suscettibile di alcun rimedio del diritto cantonale, l'art. 220 cpv. 2 e 3 lede l'art. 4 CF.
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Il Tribunale federale pronuncia:
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© 1994-2020 Das Fallrecht (DFR). |