BGE 131 I 52 | |||
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8. Estratto della sentenza della I Corte di diritto pubblico nella causa A. e llcc. contro Ministero pubblico della Confederazione e Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (ricorso) |
1S.10/2004 dell'11 novembre 2004 | |
Regeste |
Art. 33 Abs. 3 lit. a SGG; Unzulässigkeit der Beschwerde an das Bundesgericht gegen Anordnungen, die keine Zwangsmassnahmen darstellen, wie insbesondere der Ausschluss der Verteidigung von zwei Mitangeschuldigten durch denselben Anwalt. | |
Sachverhalt | |
C. e D. sono stati arrestati nell'ambito di un'inchiesta aperta nei loro confronti dalla polizia giudiziaria federale per infrazione alla legge federale sugli stupefacenti, alla legge federale sulle armi e per partecipazione a un'organizzazione criminale; essi sono stati posti immediatamente in detenzione preventiva. Ambedue gli arrestati hanno designato quale loro difensore di fiducia l'avv. A. In assenza di quest'ultimo, il loro patrocinio è stato assunto dall'avv. B. esercitante la professione nel medesimo studio legale dell'avv. A.
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Con decisione del 28 luglio 2004, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC), ritenuta la sussistenza di un rischio di collusione fra i due inquisiti e, pertanto, un rischio di inquinamento delle prove, nonché un possibile conflitto di interessi nella loro difesa, ha ingiunto ai legali di comunicargli, entro cinque giorni, quale imputato intendono patrocinare, prospettando l'eventuale nomina, se necessario, di difensori d'ufficio.
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Contro questa decisione C. e gli avvocati A. e B. sono insorti dinanzi alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale. Gli insorgenti hanno contestato l'asserito rischio di collusione e la limitazione, da parte del MPC, del diritto dell'imputato di scegliere liberamente il proprio patrocinatore e la strategia difensiva. Il provvedimento violerebbe inoltre il diritto dei legali al libero esercizio della professione, spettando, se del caso, esclusivamente a loro rinunciare al patrocinio di uno o di ambedue gli imputati in presenza di un eventuale conflitto di interessi. Il Presidente della Corte dei reclami penali ha negato l'effetto sospensivo ai gravami. L'avv. A. ha quindi optato per la difesa di D., mentre il patrocinio di C. è stato assunto dall'avv. E. che esercita la professione presso un altro studio legale. La Corte dei reclami penali, statuendo il 18 agosto 2004, ha respinto il ricorso.
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C. e gli avvocati A. e B. impugnano questo giudizio con un ricorso al Tribunale federale.
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Il Tribunale federale ha dichiarato inammissibile il ricorso.
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Dai considerandi: | |
Erwägung 1 | |
Erwägung 1.1 | |
1.2 Riguardo all'impugnabilità della decisione della Corte dei reclami penali i ricorrenti si limitano ad accennare, senza esprimersi oltre sulla questione, al fatto che nella stessa l'esclusione del duplice patrocinio sarebbe stata considerata come una misura coercitiva. L'assunto non regge.
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Nell'indicazione sui rimedi giuridici l'istanza precedente si è limitata a richiamare testualmente l'art. 33 cpv. 3 lett. a della legge del 4 ottobre 2002 sul Tribunale penale federale (LTPF; RS 173.71), secondo cui le decisioni della Corte dei reclami penali concernenti misure coercitive sono impugnabili mediante ricorso al Tribunale federale entro 30 giorni dalla notifica, per violazione del diritto federale; la procedura è retta dagli art. 214-216, 218 e 219 PP, applicabili per analogia.
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Questa disciplina vale fino all'entrata in vigore della revisione totale dell'OG (art. 33 cpv. 3 LTPF).
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1.2.3 Il Tribunale federale, pronunciandosi sul mantenimento della detenzione preventiva, ha recentemente stabilito che il ricorso non era ammissibile nella misura in cui il ricorrente faceva valere d'essere stato privato del diritto di consultare l'incarto della procedura e di essere stato interrogato senza la presenza del suo avvocato: queste censure, fondate sull'asserita violazione dei diritti della difesa, esulano in effetti dall'oggetto del litigio deferibile davanti al Tribunale federale: ciò vale anche per la questione dell'indennità degli avvocati d'ufficio (sentenze 1S.1/2004 del 9 luglio 2004, consid. 2 e 1S.3/2004 del 13 agosto 2004, consid. 2.2 e 2.3; vedi anche DTF 120 IV 342 consid. 1 concernente l'art. 105bis cpv. 2 vPP, dove era stata negata l'ammissibilità del reclamo alla Camera d'accusa per il rifiuto di autorizzare la presenza del difensore in occasione dell'interrogatorio dell'imputato e di consultare l'incarto, non trattandosi di misure coercitive o di atti d'autorità connessi a siffatti provvedimenti; sulla nozione di misure coercitive vedi DTF 120 IV 260 consid. 3b pag. 262 seg.; cfr. anche ROBERT HAUSER/ERHARD SCHWERI, Schweizerisches Strafprozessrecht, 5a ed., Zurigo 2002, § 68 n. 3 pag. 297 seg.; NIKLAUS SCHMID, Strafprozessrecht, 4a ed., Zurigo 2004, n. 684 e segg.; GÉRARD PIQUEREZ, Procédure pénale suisse, Zurigo 2000, n. 2267 e segg., n. 2469 e segg.).
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D'altra parte, l'argomentazione dell'imputato, generica e incentrata del resto sul suo diritto di scegliere il proprio difensore, non si riferisce affatto alla sua detenzione o al mantenimento di quest'ultima. Le critiche ricorsuali non sono sollevate infatti nell'ambito di una domanda di scarcerazione, né l'imputato sostiene che la criticata misura gli avrebbe impedito di difendersi efficacemente di fronte a un'eventuale proroga della carcerazione. Le censure ricorsuali, attinenti all'asserita violazione dei diritti di difesa, concernono, in sostanza, la libertà di scegliere il proprio difensore e la propria strategia difensiva nell'ambito del procedimento penale: esse non sono pertanto neppure strettamente connesse a una misura coercitiva (cfr. DTF 120 IV 342 consid. 1a).
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