BGE 93 II 30 | |||
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8. Sentenza 21 marzo 1967 della I. Corte civile nella causa Bontadelli & Pervangher contro Associazione svizzera degli impresari di lavori pubblici e del genio civile. | |
Regeste |
Nichtigkeit von Generalversammlungsbeschlüssen einer juristischen Person. Beitragspflicht der Mitglieder einer Genossenschaft. |
2. Ein Genossenschafter kann zur Leistung von Beiträgen an die Genossenschaft nur verhalten werden, wenn eine solche Verpflichtung in den Statuten vorgesehen ist. Nichtigkeit des Generalversammlungsbeschlusses einer Genossenschaft auf Erhebung von Beiträgen bei den Mitgliedern ohne vorgängige Aufnahme einer solchen Verpflichtung in die Statuten? (Erw. 4). | |
Sachverhalt | |
A.- La Società svizzera degli impresari-costruttori (SSIC) è una società cooperativa ai sensi degli art. 828 e segg. CO. Essa si prefigge di "tutelare e promuovere in ogni senso gli interessi morali ed economici" dei suoi membri e, in particolare, di "disciplinare la concorrenza e gli appalti" (art. 2 prima frase e art. 2 num. 11 dello statuto). Per conseguire tali scopi, la società, giusta l'art. 3 dello statuto, può emanare regolamenti e disposizioni vincolanti per gli associati, dichiarare obbligatorie certe norme ed aderire ad altre organizzazioni, assumendo, per sè e per i propri membri, i relativi impegni.
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Il 19 maggio 1957 l'assemblea generale della SSIC decise di sottoporre alle disposizioni del regolamento di concorso (RC) dell'Associazione svizzera degli impresari di lavori pubblici e del genio civile (ASILP) le "offerte per lavori del genio civile il cui importo totale presumibile o l'ammontare dei singoli lotti sorpassa la somma di Fr. 300 000.--".
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Furono in tal modo dichiarate vincolanti per i membri della SSIC delle disposizioni stabilite dalla ASILP, una società cooperativa costituente un gruppo professionale autonomo della SSIC, che si propone principalmente di controllare le basi delle offerte, di collaborare all'allestimento di norme e di condizioni d'aggiudicazione uniformi, di sviluppare il calcolo dei prezzi e di adottare misure collettive per l'ottenimento di prezzi equi (art. 2 lett. a-d dello statuto). Per lo studio delle offerte, la ASILP dispone di speciali uffici di calcolo (art. 23 dello statuto) presso i quali le imprese interessate all'esecuzione di determinati lavori devono annunciarsi, non appena siano venute a conoscenza di un concorso (art. 4 del RC). L'impresa che lo desidera, può tuttavia conservare una completa libertà nel fissare la propria offerta. Se almeno la metà degli interessati fanno uso di questa facoltà, l'offerta è dichiarata completamente libera (art. 7 del RC). La ditta che ha ottenuto l'aggiudicazione deve versare alla ASILP, in linea di principio, una quota variante dal 2 al 4% dell'"ammontare dei lavori aggiudicati" (art. 15 del RC).
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La ditta Bontadelli & Pervangher fu membro della SSIC dal 1946 al 1963. Nel 1960 le Officine idroelettriche di Blenio SA le deliberarono i lavori di costruzione della galleria e della diga di Carassina, nel gruppo dell'Adula, per un prezzo d'aggiudicazione di fr. 3 980 407.--. La ASILP pretese quindi dalla ditta il contributo previsto dall'art. 15 del RC. L'aggiudicataria rifiutò tuttavia il pagamento, adducendo di non essere mai stata membro della ASILP e di non poter quindi essere obbligata a versarle dei contributi. Mediante petizione del 18 maggio 1965 la ASILP chiese alla Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino di condannare la ditta Bontadelli & Pervangher al pagamento di fr. 13 949.05 oltre interessi.
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B.- La Camera civile del Tribunale di appello accolse parzialmente la petizione e condannò l'aggiudicataria a versare alla ASILP la somma di fr. 8358.84 oltre interessi del 5% dal 26 agosto 1963.
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Essa considerò che le norme previste dal regolamento di concorso della ASILP erano applicabili anche nei confronti della convenuta, la quale doveva quindi versare il contributo litigioso. Quest'ultimo doveva però essere calcolato non sull'importo della fattura definitiva, come ha erroneamente fatto l'attrice, ma sull'ammontare della somma aggiudicata per contratto. Di qui l'importo di fr. 8358.84 (oltre interessi) calcolato conformemente all'art. 15 del RC.
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C.- La ditta Bontadelli & Pervangher impugna questa sentenza con un tempestivo ricorso per riforma. Essa chiede la integrale reiezione della petizione.
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La ASILP interpone un ricorso adesivo nel quale chiede di condannare la convenuta al pagamento di fr. 11 050.-- oltre interessi al 5% dal 26 agosto 1963.
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Considerando in diritto: | |
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La convenuta contesta la validità di questa opinione, e adduce che nessun socio può essere chiamato a fornire prestazioni che non siano stabilite dallo statuto della società cui appartiene. Essa non pretende però che l'amministrazione o un socio abbiano contestato davanti al giudice, giusta l'art. 891 CO, quella deliberazione entro due mesi dal giorno in cui essa è stata presa, nè tantomeno che il giudice l'abbia annullata. La deliberazione di cui si tratta, pertanto, esplica in linea di massima i suoi effetti nei confronti dei soci. Essa cessa di essere vincolante soltanto nel caso in cui sia nulla ai sensi della dottrina e della giurisprudenza, vale a dire sia inficiata da un vizio che non potrebbe essere sanato dalla sua mancata impugnazione. Il presente caso si differenzia a questo riguardo da quello pubblicato in RU 46 II 313 e segg., cui si appella la convenuta.
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Con la deliberazione di cui si tratta l'assemblea generale della SSIC ha dichiarato vincolanti per i suoi membri le norme del regolamento di concorso stabilite dalla ASILP. Il regolamento di concorso è stato dettato dalla necessità di disciplinare i prezzi per i lavori del genio civile, al fine di assicurare all'impresa una rimunerazione normale lasciandole un guadagno conveniente e proporzionato ai rischi affrontati. A tale scopo sono stati istituiti gli uffici di calcolo, il cui scopo principale consiste appunto nel determinare i prezzi sulla base di sperimentati metodi di computo e tenendo conto delle possibilità attuali della tecnica. Quando l'esecuzione di lavori del genio civile è messa a concorso, l'ufficio di calcolo dirige le discussioni preliminari degli interessati, e stabilisce le misure da prendere e i metodi da seguire. L'interessato cui sono stati aggiudicati i lavori deve versare il contributo previsto dall'art. 15 RC; vi è tenuto anche se il lavoro è stato lasciato libero, se il calcolo non è stato effettuato, se l'offerente ha desiderato conservare completa libertà e se l'offerta è stata considerata lavoro speciale (art. 16 RC). Il contributo non è pertanto concepito come se fosse la retribuzione d'un servizio prestato, vale a dire la rimunerazione per i calcoli eseguiti, ma dipende invece soltanto dall'assegnazione dei lavori sottoposti al regolamento.
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Nonostante questo assetto, il contributo litigioso non è contrario alla legge o ai buoni costumi, nè contrasta con il diritto della personalità. A questo riguardo è indifferente che la debitrice sia obbligata a versarlo in virtù della sua qualità di membro della ASILP oppure soltanto in virtù della sua appartenenza alla SSIC. Infatti, della lotta contro offerte che non tengono debito conto degli impegni, delle spese e dei rischi di un lavoro razionalmente concepito beneficiano tutti gli offerenti, anche coloro che non sono associati alla ASILP. Non importa nemmeno che nel singolo caso la libertà del concorso sia effettivamente limitata oppure che i concorrenti possano formulare liberamente le loro offerte: la semplice possibilità che la maggioranza dei concorrenti apporti delle restrizioni può infatti impedire la formulazione di offerte sottocosto e risolversi quindi virtualmente a beneficio di tutti. La circostanza che solo il concorrente cui i lavori sono stati aggiudicati è tenuto a versare il contributo non è per nulla criticabile; è infatti l'aggiudicatario a trarre nel singolo caso vantaggio dal risanamento dei rapporti di concorrenza, risanamento che si propongono di attuare il regolamento di concorso in genere e gli uffici di calcolo in ispecie. Chi non approva questo ordinamento può sottrarsene, non aderendo nè alla SSIC nè alla ASILP. Dato quanto precede, la deliberazione suesposta della SSIC non può considerarsi nulla a causa del suo contenuto.
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Nella fattispecie, l'assoggettamento dei membri della SSIC alle norme del regolamento di concorso della ASILP, e quindi ai contributi da esso previsti, è stato deciso dall'assemblea generale della SSIC tenuta il 19 maggio 1957. L'attrice esige il contributo litigioso invocando simile deliberazione. Resta però da esaminare se quest'ultima costituisce una base sufficiente a tale riguardo, e se la mancata trasposizione dell'obbligo di pagare il contributo nello statuto della SSIC non rende quella deliberazione nulla ai sensi della giurisprudenza citata.
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a) L'art. 832 CO enumera le disposizioni che lo statuto d'una società cooperativa deve contenere. L'art. 833 CO, a sua volta, enumera le disposizioni che possono mancare, ma la cui presenza nello statuto è necessaria perchè siano vincolanti.
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L'art. 832 num. 3 CO contraddice questa sistematica. Esso dispone infatti che lo statuto deve contenere disposizioni circa "l'obbligo che esistesse per i soci d'eseguire prestazioni pecuniarie o d'altra natura, come pure la specie ed i limiti di siffatte prestazioni" (il testo tedesco par la di una "allfällige Verpflichtung der Genossenschafter ..." e il testo francese di "prestations... dont pourraient être tenus les sociétaires..."). Risulta quindi dal tenore stesso di tale norma che i membri di una società cooperativa non sono necessariamente tenuti a fornire prestazioni alla società. Essi sono assoggettati ad un simile obbligo soltanto qualora la società lo voglia e introduca al riguardo una esplicita disposizione nello statuto. Il contenuto di tale norma avrebbe quindi dovuto correttamente essere riprodotto all'art. 833 CO. Non ne è stato il caso manifestamente per una svista. L'art. 832 CO è stato in realtà redatto sul modello dell'art. 626 CO, il quale prescrive le disposizioni che devono figurare nello statuto della società anonima: le prestazioni fornite dal socio di una società cooperativa possono infatti adempiere in un certo senso una funzione analoga a quella connessa alla sottoscrizione e al pagamento delle azioni al fine di costituire il capitale sociale di una società anonima, di cui si occupa l'art. 626 num. 3 CO. Del resto, i redattori dei progetti di revisione del CO ritenevano che lo statuto dovesse sempre contenere una disposizione sui contributi, anche quando si fosse deciso di non prelevarne (cfr. l'art. 797 num. 4 del progetto del 1919, secondo cui lo statuto deve contenere disposizioni circa "la natura e il valore dei contributi o conferimenti dei soci, oppure il fatto che non ve ne sono"; v. pure, a questo proposito, il rapporto del marzo 1920 di E. HUBER al Dipartimento federale di giustizia e polizia, ove, con riferimento al contenuto degli statuti giusta il citato art. 797, è detto (a p. 149 in fine) che "se non si devono prestare dei contributi, questo fatto deve pure essere mentovato negli statuti"; l'art. 834 num. 4 del progetto del 1923 riproduce l'art. 797 num. 4 del progetto del 1919, mentre l'art. 821 num. 3 del progetto del 1928 stabilisce che lo statuto deve contenere disposizioni circa "l'esistenza dell'obbligo, per i soci, di conferire denaro contante o altri beni, come pure, ove tale obbligo esista, la specie e l'ammontare dei conferimenti"; nel progetto per la commissione di redazione del 28 maggio 1936 fu stralciata dal-l'art. 821 num. 3 l'espressione "ove tale obbligo esista"; soltanto la commissione di redazione, nel suo progetto del 26 novembre 1936, ha dato alla norma l'attuale tenore).
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Poichè il num. 3 dell'art. 832 CO appartiene, in virtù del suo contenuto, all'art. 833 CO, ne deriva che il socio di una società cooperativa può essere tenuto a fornire una prestazione soltanto quando tale obbligo sia previsto dallo statuto. L'art. 833 CO recita infatti esplicitamente che le disposizioni in esso enumerate non sono vincolanti ("non obbligano") se non figurano nello statuto. Un eventuale obbligo di pagare contributi o di fornire prestazioni non riprodotto negli statuti è quindi nullo.
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Si arriva al medesimo risultato pure se si dovesse considerare che l'art. 832 num. 3 CO è collocato al giusto posto. L'art. 832 CO inizia con le parole: "Lo statuto deve contenere disposizioni sui punti seguenti...". Il mancato ossequio a questo precetto ha, in linea di principio, la conseguenza che la società cooperativa non può essere iscritta nel registro di commercio (art. 940 CO), per cui essa non può acquisire la personalità (art. 830 CO). La circostanza che lo statuto non menzioni gli obblighi di fornire prestazioni non può però avere tale effetto, perchè una società cooperativa può essere costituita anche senza tali obblighi. Ma evidentemente, giusta il senso e lo scopo dell'art. 832 CO, il mancato ossequio del num. 3 non può essere lasciato privo di sanzioni. L'effetto adeguato e conforme al significato della disposizione non può essere che di rendere nulli gli obblighi d'eseguire prestazioni i quali non fossero indicati nello statuto.
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La natura stessa dell'oggetto impone tale soluzione. La legge intende evitare che ai membri di una società cooperativa siano imposti contributi diversi da quelli stabiliti dalla maggioranza qualificata prevista dalla legge o dallo statuto (art. 888 cpv. 2 CO). Essa vuole pure far sì che ogni socio possa, sulla base del solo statuto, conoscere esattamente e con precisione gli obblighi cui è tenuto nei confronti della società (cfr. Boll. sten. 1931-1936, anno 1932, sessione del Consiglio degli Stati, p. 90 in fine; GERWIG, Schweiz. Genossenschaftsrecht, p. 174; ZUMBÜHL, Die korporationsrechtlichen Leistungspflichten in der Genossenschaft, p. 70). Ora, questo scopo sarebbe frustrato se una deliberazione circa un obbligo di eseguire prestazioni alla società, non riprodotta nello statuto, fosse semplicemente annullabile anzichè nulla. In tal caso, la giurisprudenza potrebbe riconoscere il diritto di impugnare la deliberazione ad ogni socio che entra a far parte della società, per cui nascerebbe una insopportabile insicurezza giuridica. D'altra parte, un eventuale annullamento della deliberazione decretato a beneficio soltanto di chi l'ha impugnata contrasterebbe e con l'art. 891 cpv. 3 CO, secondo cui l'annullamento per sentenza delle deliberazioni ha effetto per tutti i soci, e con l'art. 854 CO, secondo cui tutti i soci hanno, di massima, eguali diritti ed eguali doveri (cfr. anche l'art. 872 CO). L'insicurezza giuridica sussisterebbe anche per i terzi, poichè un obbligo di versare contributi non figurante nello statuto potrebbe sempre essere annullato da una sentenza, oppure da una deliberazione assembleare pure non riprodotta nello statuto e quindi sottratta alla pubblicità. L'interesse che la società cooperativa potrebbe avere di nascondere al pubblico certi obblighi di fornire prestazioni incombenti ai propri soci, deve cadere di fronte a queste considerazioni. Esso non potrebbe essere salvaguardato, perchè contrasta con l'art. 836 cpv. 1 combinato con gli art. 832 e 930 CO.
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L'art. 867 cpv. 1 CO non porta ad altra soluzione. Tale norma non introduce nulla di nuovo. Essa ricorda solo, a mo'di introduzione ai capoversi 2 a 4, che lo statuto regola l'obbligo di pagare contributi e di fornire altre prestazioni.
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b) L'attrice sostiene che il contributo litigioso non contrasta con gli art. 832 e 867 CO: infatti, esso sarebbe previsto dall'art. 3 lett. b dello statuto della SSIC, il quale autorizza la società ad "aderire ad altre organizzazioni, assumendo, per sè e per gli associati, gl'impegni relativi".
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L'attrice non adduce però che nella fattispecie si sia costituita una federazione di cooperative ai sensi dell'art. 921 CO: nè ciò risulta dagli atti. Del resto, anche qualora si fosse in presenza di una simile federazione, la soluzione non cambierebbe, poichè, giusta l'art. 925 CO, l'ingresso d'una società cooperativa in una federazione non potrebbe avere l'effetto di imporre ai soci di quella obblighi che già non incombessero loro per legge o per una disposizione statutaria della loro società.
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Il rapporto tra le due società cooperative risulta piuttosto dall'art. 8 dello statuto della SSIC, il quale dispone che "altre associazioni svizzere del ramo edile possono aderire alla Società svizzera degli impresari-costruttori come sezioni o gruppi professionali autonomi", e dall'art. 1 dello statuto della ASILP, la quale ha fatto uso di quella possibilità: tale norma precisa infatti che "l'ASILP costituisce un gruppo professionale autonomo della Società svizzera degli impresari costruttori (SSIC)". Che, viceversa, anche la SSIC abbia aderito alla ASILP, non è stato mai affermato, nè risulta dall'incarto. Lo statuto della ASILP non contiene per di più nessuna norma che permetterebbe una simile adesione. L'art. 3 lett. b dello statuto della SSIC non entra dunque in linea di conto nella fattispecie.
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Del resto, all'adesione "ad altre organizzazioni" quale essa è prevista dall'art. 3 lett. b dello statuto della SSIC si dovrebbe applicare, direttamente o in via analogica, l'art. 925 CO. L'adesione non potrebbe avere l'effetto di imporre ai soci della SSIC obblighi che non incombessero già loro per legge o per disposizione statutaria. Ora, l'art. 3 lett. b dello statuto della SSIC non costituisce, a tale riguardo, una base valida. Questa norma non indica infatti la specie e i limiti degli obblighi che la SSIC potrebbe imporre ai suoi soci per l'adesione ad un'altra organizzazione. Essa contrasta quindi in modo evidente con l'art. 832 num. 3 CO.
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c) L'attrice invoca inoltre l'art. 8 cpv. 2 dello statuto della SSIC, secondo il quale i rapporti reciproci tra quest'ultima e le associazioni affiliate sono disciplinati contrattualmente. Essa ne desume che "la decisione presa dall'Assemblea Generale della SSIC a Basilea è giuridicamente di natura quasi contrattuale". Questa tesi giuridica è però irrilevante. Non importa infatti se la SSIC trae il diritto di godere dei vantaggi degli uffici di calcolo dell'attrice, da un contratto o da un altro rapporto giuridico, assumendo su tale base l'obbligo di sottoporre i suoi soci alle norme del regolamento di concorso della ASILP. Ciò che importa sapere è invece se tale obbligo ha potuto essere costituito in modo vincolante per i soci della SSIC. A tale riguardo, per essere vincolante, esso dovrebbe poggiare su di una disposizione statutaria che adempia i requisiti dell'art. 832 num. 3 CO. Una simile disposizione non può essere ravvisata nell'art. 8 cpv. 2 dello statuto, perchè quest'ultima norma non dice che la SSIC può imporre obblighi ai propri membri attraverso il disciplinamento contrattuale dei suoi rapporti con le organizzazioni affiliate. Del resto, non si potrebbero nemmeno desumere da essa le necessarie indicazioni circa la specie e i limiti di tali obblighi.
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d) Nella deliberazione assembleare stessa non può nemmeno essere ravvisata una disposizione statutaria ai sensi dell'art. 832 num. 3 CO. L'attrice medesima, del resto, non afferma che quella deliberazione è stata adottata in una procedura volta alla modificazione dello statuto, in particolare ch'essa è stata presa alla maggioranza dei tre quarti dei voti emessi prescritta dall'art. 34 cpv. 3 dello statuto della SSIC. Essa non adduce nemmeno d'aver considerato tale deliberazione come una disposizione statutaria, nè di averla notificata al registro di commercio per l'iscrizione, così come si sarebbe dovuto fare giusta l'art. 836 cpv. 1 combinato con l'art. 832 CO.
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e) La circostanza che la deliberazione dell'assemblea generale non ha fissato direttamente i contributi, ma ha soltanto cercato di imporli in via indiretta, non ha alcun peso. Pure senza importanza è il fatto che i contributi erano destinati non alla SSIC medesima, ma all'attrice, vale a dire ad un terzo; ed è parimenti irrilevante che le prestazioni non erano esigibili, come quelle previste dall'art. 17 dello statuto della SSIC, automaticamente da ogni socio, ma dipendevano unicamente dall'aggiudicazione di determinati lavori sull'importo della quale veniva poi calcolato il contributo di concorso ai sensi dell'art. 15 RC. In effetti, si tratta dell'obbligo di pagare un contributo che poteva solo essere vincolante se figurava nello statuto. La deliberazione assembleare non poteva imporlo direttamente. Essa è di conseguenza nulla.
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Il Tribunale federale pronuncia:
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