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6. Sentenza 17 febbraio 1970 della I Corte civile nella causa Troisi S.p.A contro Pedrioli. | |
Regeste |
Haftung einer Firma, die einen Kran lieferte, wegen mangelnder Instruktion ihres Monteurs (Art. 55 Abs. 1 OR). | |
Sachverhalt | |
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Sull'apposito binario si era già proceduto all'innalzamento della torre e alla sistemazione del braccio operante nonchè del controbraccio. Restava da introdurre in un telaio, situato all'estremità di quest'ultimo, il contrappeso costituito da tre lastre di cemento, fra loro collegate da un perno. A tale scopo, gli operai Pedrioli e Ciccardini salirono sul controbraccio. Il montatore Ferrari rimase al suolo per far funzionare l'argano di sollevamento incorporato nella gru. Le lastre vennero sollevate e introdotte nel telaio. Esse dovevano poi essere fissate con due sbarre di ferro (spinotti); la prima doveva passare internamente fra i fori corrispondenti del telaio e delle tre lastre riunite, la seconda doveva appoggiare esternamente sulla cornice del telaio passando negli analoghi fori delle lastre. La prima sbarra potè essere introdotta, ma non senza difficoltà perchè, le lastre essendosi smosse, i fori più non corrispondevano esattamente. L'introduzione della seconda risultò ancora più difficile. Ferrari risalì sul controbraccio riuscendo con i due operai ad introdurre anche la seconda sbarra nei fori delle lastre. Tuttavia la sbarra, invece di appoggiare esternamente sulla cornice del telaio, urtava al lato interno della medesima. Ferrari ritenne di poter completare l'operazione sollevando di pochi centimetri le lastre di contrappeso. Scese e manovrò ripetutamente l'argano di sollevamento, aumentando gradualmente l'intensità dello strappo. L'operazione non riuscì perchè, le lastre essendo già fissate dalla sbarra interna, la trazione della fune, invece di esercitarsi attraverso la puleggia a sollevamento del blocco di contrappeso, si esercitò essenzialmente sul controbraccio, il quale cedette piegandosi sulla gru. Saltando a terra, Ciccardini potè salvarsi con ferite lievi; invece Pedrioli andò a finire in fondo alla scarpata, battendo la testa contro una trave di acciaio. Dovette essere ricoverato all'ospedale. Rilasciato venne dichiarato completamente inabile al lavoro.
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B.- Con petizione 7 ottobre 1969, Bruno Pedrioli ha convenuto la ditta Troisi-Aiacci e Carlo Ferrari davanti alla Camera civile del Tribunale di appello, chiedendo che i convenuti fossero condannati in solido a risarcire il danno di fr. 27'564.-- più interessi al 5%, da lui subito a causa dell'infortunio e non coperto dalle prestazioni dell'INSAI.
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L'abbandono del procedimento penale è stato fondato sulle risultanze del perito ing. Wyss. Il perito giudiziale del procedimento civile ha confermato tali risultanze, ma le ha completate facendo rilevare che nell'operazione di innalzamento e di fissaggio del contrappeso devono essere ravvisate le seguenti irregolarità:
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Il contrappeso è stato costruito in modo difforme da quanto prescritto nelle istruzioni della ditta fornitrice. In particolare doveva essere costituito da 5 lastre invece che di 3; doveva avere due perni di fissaggio invece di uno; l'armatura di sollevamento doveva essere infissa nel blocco anzichè agganciata lateralmente.
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Dalla perizia risulta poi che il blocco venne anzitutto fissato con la sbarra interna e che la medesima dovette essere spinta con forti colpi di martello. Dalle istruzioni della ditta fornitrice non risulta tuttavia quale delle due sbarre doveva essere infissa per la prima.
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Risulta infine che il blocco di contrappeso si è incagliato nel telaio e che il motore dell'argano ha esercitato una forza eccessiva senza che i fusibili disinserissero la corrente elettrica.
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Tutte le suesposte irregolarità hanno contribuito, in modo più o meno diretto, comunque adeguato, al verificarsi dell'infortunio. Occorre tuttavia stabilire se Ferrari, nella sua qualità di montatore specialista, doveva prevedere le conseguenze. Ferrari doveva rendersi conto che il contrappeso era stato costruito in difformità alle prescrizioni della ditta e che ciò avrebbe potuto provocare difficoltà di montaggio. Ad ogni modo l'errore da lui commesso di infiggere prima lo spinotto interno invece di quello esterno è imperdonabile. Entrambi i periti sono unanimi a questo riguardo. Viste le difficoltà che ne erano risultate, Ferrari doveva procedere all'estrazione del primo spinotto e infiggere il secondo. Se Ferrari si è reso conto della situazione, ma non ha effettuato detta operazione, vuol dire che ha inteso evitare la difficoltà di estrarre il primo spinotto, questo essendo stato presumibilmente bloccato dallo spostamento delle lastre, conseguente all'infissione a mazzate del secondo. Il procedimento adottato da Ferrari è in adeguato nesso di causalità con le conseguenze finali.
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La responsabilità della ditta convenuta deve essere esaminata sotto il triplice aspetto della culpa in eligendo, instruendo e ![]() | 10 |
Invece, la prova fornita dalla convenuta sulle istruzioni date al suo montatore non risulta convincente. Secondo i periti la gru non costituiva un'opera perfezionata. Essi hanno inoltre fatto rilevare che le istruzioni di montaggio date dalla ditta non precisano quale dei due spinotti deve essere sistemato per il primo. Per di più, nel testo delle istruzioni si legge, tra l'altro: "mollare la fune sorvegliando che i perni di bloccaggio si posino correttamente negli intagli a V dei tiranti di controbraccio". Ora è accertato che nella gru in questione non esistevano affatto tali 4 intagli. Se fossero esistiti, Ferrari avrebbe potuto sollevare "in taglia" il contrappeso fino al massimo, facendo poi appoggiare le estremità degli spinotti negli intagli. Sta comunque il fatto che le istruzioni erano lacunose. Non è fuori luogo pretendere che la ditta costruttrice avrebbe dovuto far rilevare l'opportunità di fissare anzitutto lo spinotto esterno invece di quello interno. Se per il montatore non era possibile prevedere l'eccessiva forza traente esercitata sul controbraccio, per i tecnici della ditta fornitrice della gru ciò doveva essere prevedibile. Cambiando il sistema di montaggio avrebbero dovuto avvertire il montatore delle relative conseguenze. Anche la ditta è pertanto responsabile dell'infortunio.
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Per la determinazione dell'ammontare del danno, le pretese dell'attore risultano giustificate.
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C.- Ferrari non si è aggravato contro la sentenza suesposta. Invece, l'impresa Troisi-Aiacci ha tempestivamente interposto al Tribunale federale un ricorso per riforma. Essa chiede che, per quanto la riguardano, la sentenza cantonale sia annullata e la petizione respinta. Le relative motivazioni possono essere così riassunte.
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Come risulta dagli atti, Ferrari, in possesso di diploma della scuola professionale "Luigi Motta" di Milano, è un montatore specializzato, uno dei più esperimentati montatori della ditta convenuta. Ciò stante, e contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, non si poteva pretendere che questa ditta, nell'affidargli il lavoro di montaggio della gru a Lugano, avesse dovuto dargli istruzioni supplementari. D'altronde, i ![]() | 14 |
Ad ogni modo, delle cause dell'infortunio nessuna è in nesso di causalità con un errore commesso dalla convenuta.
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D.- L'attore propone di respingere il ricorso.
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Considerando in diritto: | |
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Secondo detta norma, il datore di lavoro è responsabile del danno cagionato dai suoi dipendenti nell'esercizio delle incombenze conferite ai medesimi. Egli risponde in via causale, e quindi indipendentemente da colpa; può liberarsi dalla sua responsabilità solo dimostrando di aver usato ogni diligenza per prevenire il danno o dimostrando che questo si sarebbe anche in tal caso verificato. Al riguardo la giurisprudenza ha posto esigenze severe, tanto più rigorose, in quanto dal modo di esecuzione del compito affidato può dipendere la sicurezza e la incolumità delle persone (RU 42 II 366, OFTINGER, Schweizerisches Haftpflichtrecht vol. II 1 p. 158).
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Il datore di lavoro deve dimostrare di aver usato ogni cura nella scelta e nell'istruzione del proprio dipendente, nonchè nel prendere le necessarie misure di sicurezza (RU 90 II 90 c, 91 I 239 consid. 3).
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2. Secondo la Corte cantonale, la ditta Troisi ha provato, in modo convincente, di aver usato ogni cura nella scelta del montatore Ferrari, definito di indubbia preparazione professionale ed esperienza. Nella risposta al ricorso, Pedrioli espone dei dubbi a tale riguardo, riferendosi particolarmente ai frequenti cambiamenti di posto che il suddetto avrebbe effettuato negli ![]() | 20 |
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L'impugnazione della ricorrente nel senso che, trascurando detto determinante accertamento, la Corte cantonale avrebbe violato l'art. 8 CC è pertanto destituita di fondamento.
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Invece la questione di sapere, se la convenuta abbia una responsabilità nel fatto che Ferrari ha accettato di montare un contrappeso costruito in modo difforme dalle disposizioni prestabilite, concerne la cura in instruendo.
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La ricorrente pretende di aver soddisfatto anche a questa esigenza affidando l'esecuzione del montaggio del contrappeso ad un montatore specializzato e sperimentato quale era Ferrari.
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Dal momento che il montaggio del contrappeso non è avvenuto nelle condizioni normali, per le quali Ferrari era preparato, la convenuta poteva liberarsi dalla sua responsabilità, a'sensi dell'art. 55 CO, solo dimostrando di aver dato le necessarie istruzioni. Per l'ammissione della petizione è sufficiente stabilire che tale prova non è stata fornita.
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