BGE 108 II 422 | |||
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82. Estratto della sentenza 6 luglio 1982 della I Corte civile nella causa dott. B. contro A. (ricorso per riforma) | |
Regeste |
Haftung des Arztes aus unerlaubter Handlung. |
2. Art. 43 Abs. 1 OR. Die Schadensberechnung erfolgt unabhängig von der allfälligen Verwendung der Schadenersatzsumme durch den Geschädigten (E. 3). |
3. Art. 47 OR. Genugtuung bei fehlendem Bewusstsein des Geschädigten. Anspruch auf Genugtuung (E. 4) und Bemessung der Genugtuungssumme (E. 5). | |
Sachverhalt | |
Il 13 marzo 1972 la quindicenne A. si sottopose a un intervento chirurgico di appendicectomia. A seguito di negligenze commesse dal medico anestesista dott. B., delle quali si dirà nei considerandi di diritto, durante l'operazione la paziente subì un arresto della respirazione e del battito cardiaco; ne seguì un'anossia con gravissime lesioni del cervello. Da allora A. è completamente invalida, ha funzioni cerebrali limitate a reazioni indifferenziate a stimoli esterni e necessita giornalmente di cure intense ad opera di almeno due persone: è assolutamente dipendente per ogni sua funzione vitale e solo con versi e mimiche reagisce in modo primitivo a percezioni che può risentire come piacevoli o spiacevoli. Il perito giudiziario ha asserito che "lo stato di salute di A. è caratterizzato da una tetraspasticità con paralisi di ogni movimento volontario degli arti nonché da una profonda demenza". A dipendenza di questi fatti il dott. B. venne penalmente condannato per gravi lesioni colpose.
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Il 30 dicembre 1976 A., rappresentata dal padre, promosse direttamente in appello una causa civile, con la quale chiedeva al medico anestesista il risarcimento del danno subito, valutato nelle conclusioni a Fr. 1'399'818.80 oltre interessi. Il convenuto, che ammise la commissione di un atto illecito, chiese che il risarcimento fosse limitato a Fr. 500'000.--.
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Il 12 febbraio 1982 la II Camera civile del Tribunale di appello ticinese condannò il medico a pagare all'attrice Fr. 1'361'727.20 oltre interessi. Riassumendo il risarcimento comprende le spese del periodo precedente il 1975 (Fr. 117'644.40), quelle sopportate tra il 1975 e il 1981 con capitalizzazione per il futuro (Fr. 457'842.80), la perdita di guadagno passata e futura (Fr. 686'240.--) e il torto morale (Fr. 100'000.--).
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Contro la sentenza del Tribunale di appello il convenuto ha presentato ricorso per riforma al Tribunale federale, con il quale chiede in via principale che il risarcimento sia contenuto in Fr. 500'000.--, in via subordinata che la causa venga rinviata all'autorità cantonale per nuovo giudizio. Tre sono le censure mosse contro la sentenza impugnata dal ricorrente, che riconosce peraltro la propria responsabilità: con la prima egli rimprovera ai giudici cantonali di avere erroneamente qualificato di grave la sua colpa, impedendo così la riduzione del risarcimento per indigenza del debitore ai sensi dell'art. 44 cpv. 2 CO; in secondo luogo il ricorrente critica la mancata applicazione del principio della "compensatio lucri cum damno"; da ultimo egli ravvisa una violazione dell'art. 47 CO nella concessione di un'indennità per torto morale a una persona completamente priva di capacità mentali.
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Considerando in diritto: | |
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a) Per chiarire gli aspetti medici della tragedia accaduta il 13 marzo 1972, il Tribunale di appello si è fondato essenzialmente sulla perizia fatta allestire durante il procedimento penale (perizia Gemperle) nonché su quella eseguita per il processo civile (perizia Mumenthaler /Tschirren). Esso ha accertato che prima di iniziare il suo intervento l'anestesista non ha eseguito l'anamnesi della bambina, della quale non conosceva neppure il nome. Il convenuto ha poi adottato una tecnica d'anestesia che la perizia Gemperle - riferendosi, come giustamente osserva il ricorrente, alla mancanza di una "prise en charge complète de la respiration" giustificata dal tipo di rilassante muscolare utilizzato - definisce contraria alle regole dell'arte medica e da proscrivere. Inoltre, il dott. B. ha iniettato nella paziente una dose iniziale eccessiva di alloferina - un miorilassante derivato dal curaro - nonostante le conoscenze che ogni anestesista dovrebbe possedere e le chiare istruzioni fornite con il prodotto: per una bambina di quaranta chilogrammi come l'attrice sarebbero occorsi sei milligrammi di alloferina, mentre l'anestesista ne ha utilizzati otto, com'è usuale per una persona del peso di settanta o ottanta chilogrammi. Infine, sempre secondo il Tribunale di appello, quando lo stato della paziente mostrava chiaramente l'arresto cardiaco, il convenuto ha commesso un ultimo errore riprendendo l'anestesia invece di proseguire l'ossigenazione fino al manifestarsi dei primi sintomi di risveglio.
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L'autorità cantonale ha stabilito che tutti gli esperti che si sono pronunciati durante i procedimenti civile e penale sono stati concordi sia nel valutare gravi e contrari alle regole dell'arte medica questi errori ed omissioni commessi dal convenuto durante la narcosi, sia nel considerare che essi - ad esclusione della mancanza di un'anamnesi, giudicata irrilevante nella sentenza impugnata - sono stati la causa delle gravi lesioni cerebrali di cui soffre l'attrice.
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b) Gli accertamenti di fatto contenuti nella sentenza impugnata, fondati sull'apprezzamento delle prove e in particolare sull'interpretazione delle perizie giudiziarie, vincolano il Tribunale federale nella procedura di riforma (art. 63 cpv. 2 OG). Si deve pertanto ammettere che l'anestesista, durante la narcosi di A., ha utilizzato una tecnica errata, ha somministrato una sovraddose di alloferina e ha lasciato proseguire l'operazione dopo l'arresto cardiaco.
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La determinazione del grado di colpa da imputare al convenuto nel caso concreto, ossia l'individuazione delle regole della prudenza violate e del comportamento che un medico anestesista ragionevole avrebbe assunto se si fosse trovato nella medesima situazione, è una questione prettamente tecnica; essa coinvolge esclusivamente problemi della scienza medica, che il giudice non può comprendere senza l'ausilio di periti. Pur trattandosi di un esame di diritto, la valutazione dell'intensità della colpa commessa dal dott. B. dipende quindi in modo considerevole dalle conclusioni peritali (cfr. DTF 70 II 209, DTF 61 II 111 /112, DTF 53 II 427). A questo proposito il ricorrente asserisce giustamente che il giudice civile non è vincolato, in virtù dell'art. 53 cpv. 2 CO, all'apprezzamento giuridico della colpa eseguito dal giudice penale; il giudice civile può tuttavia riferirsi - per quanto lo consenta il diritto processuale cantonale - alle risultanze e agli accertamenti di fatto emersi durante il processo penale e valutare in seguito in modo autonomo questi elementi dal profilo giuridico (DTF 107 II 157 consid. 5 e riferimenti). Pertanto, contrariamente a quanto sostiene il convenuto, la sentenza impugnata non viola il diritto federale sotto questo aspetto. È vero che il Tribunale di appello, fors'anche per un'infelice formulazione, ha inizialmente lasciato intendere d'essere vincolato al giudizio penale nell'apprezzamento della colpa; nelle pagine seguenti esso ha però valutato in modo indipendente l'esistenza e l'intensità della colpa commessa dal convenuto, sia pure fondandosi in parte sugli accertamenti contenuti nella perizia esperita durante il procedimento penale.
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c) La conclusione del Tribunale di appello secondo cui la colpa del convenuto è grave non può seriamente essere messa in dubbio: essa rispetta il parere degli esperti. Nella perizia Gemperle si legge che il medico "n'a pas prêté toute l'assistance attendue d'un médecin-anesthésiste". Pur ammettendo con il ricorrente che questa affermazione non consente da sola di definire grave la sua negligenza, essa non permette neppure di considerarla leggera o media. La gravità della colpa emerge invece dalle considerazioni generali che l'esperto ha esposto prima di rispondere ai quesiti peritali, considerazioni che non lasciano dubbi sul suo giudizio. Occorre del resto tenere conto del fatto che il tenore dell'affermazione peritale precitata, rilasciata in risposta a una precisa domanda, riprende praticamente i termini utilizzati nella formulazione del quesito; inoltre, ai fini dell'istruzione penale, non era neppure necessario stabilire con esattezza l'intensità della negligenza commessa dal prevenuto.
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Ogni dubbio sulla gravità della colpa è comunque levato dalle conclusioni cui sono giunti i periti del processo civile. A loro è stata posta la domanda seguente: "Qualora (essi fossero) del parere che il dott. B abbia commesso in occasione della narcosi di A. errori di arte medica rispettivamente omissioni, sono questi errori ed omissioni talmente gravi, da essere stati fatti in violazione delle più elementari regole di prudenza ovvero che sia stato trascurato ciò che ogni persona ragionevole nella stessa situazione e nelle medesime condizioni avrebbe ritenuto evidente?" Essi hanno risposto: "Ja". Il ricorrente asserisce che questa "laconica" risposta immotivata non permette di trarre conclusioni giuridiche concernenti la colpa. Egli dimentica tuttavia che questa risposta è preceduta da un primo referto peritale di 31 pagine e da un complemento di altre 6 pagine, con i quali i periti hanno delucidato le questioni mediche che si ponevano e hanno complessivamente risposto a 27 domande sottoposte loro dalle parti; essi hanno inoltre confermato espressamente le conclusioni contenute nella perizia esperita durante il procedimento penale.
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d) In queste circostanze non può essere mosso alcun rimprovero al Tribunale di appello, che ha giudicato grave la colpa commessa dall'anestesista durante l'operazione subita da A. Gli ulteriori argomenti addotti dal ricorrente nulla mutano a questa conclusione. Nella misura in cui non riguardano l'apprezzamento delle prove, essi si riferiscono a presunte contraddizioni e divergenze d'opinioni dei periti in merito a comportamenti del medico - segnatamente ai metodi d'intubazione, alla possibilità di rilevare subito lo stato anormale della paziente e alla posizione nella quale essa è stata posta durante l'intervento chirurgico - che non sono stati ritenuti dal Tribunale di appello come elementi della colpa. Infine, dev'essere aggiunto che nella procedura di riforma il ricorrente deve esporre in modo conciso le sue censure (art. 55 cpv. 1 lett. c OG); il riferimento agli atti della procedura cantonale non è ammissibile (DTF 104 II 192 consid. 1).
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Se il convenuto ha commesso una colpa grave, il risarcimento del danno non può essere ridotto in applicazione dell'art. 44 cpv. 2 CO e l'esame dell'eventuale indigenza del medico diviene superfluo. Anche la questione teorica della possibile esistenza di una colpa media non deve essere esaminata.
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La motivazione di questa censura si situa, a dire il vero, ai limiti dell'ammissibilità: il ricorrente la formula in termini generici e non precisa l'entità dei presunti risparmi conseguiti dall'attrice. Del resto, se gli argomenti del ricorso risultassero fondati, il Tribunale federale potrebbe unicamente rinviare la causa all'autorità cantonale, poiché a questo riguardo mancano accertamenti di fatto sufficienti nella sentenza impugnata (art. 64 cpv. 1 OG). Tale modo di procedere è tuttavia inutile, dal momento che la tesi del ricorrente è infondata nel suo principio.
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La riduzione per il risparmio concernente il vitto dell'attrice potrebbe eventualmente essere esaminata se il Tribunale di appello avesse conglobato nel calcolo del risarcimento tutte le spese di sostentamento. In questa posta l'autorità cantonale ha però tenuto conto solo del maggior costo dell'alimentazione speciale di cui necessita l'invalida, per cui essa deve comunque fare fronte alle spese usuali. Per quanto riguarda invece i risparmi dovuti al fatto che la completa infermità non consente all'attrice di dedicare parte del suo reddito alle attività di svago, occorre in primo luogo precisare che il risarcimento non deve permetterle di sopperire ai suoi bisogni, come afferma il ricorrente, ma costituisce la ricompensa della diminuzione del suo patrimonio consecutivo all'atto illecito; in particolare, l'indennità stabilita dal Tribunale di appello per il titolo di perdita di guadagno non è in relazione con i bisogni reali della beneficiaria. Una persona in buona salute è libera di utilizzare il reddito del suo lavoro come meglio crede: c'è chi risparmia, chi investe e chi semplicemente spende, in un modo o nell'altro. Nel diritto della responsabilità civile sarebbe inconcepibile graduare ogni risarcimento in funzione di queste attitudini puramente soggettive e non v'è motivo di trattare una persona completamente invalida diversamente da una persona sana o solo parzialmente minorata. Certo, l'attrice potrà difficilmente praticare attività di svago come quelle menzionate dal ricorrente; non è tuttavia da escludere ch'essa possa utilizzare parte del denaro per l'acquisto di apparecchiature speciali che, pur non essendo strettamente necessarie e non potendo quindi giustificare un risarcimento specifico da parte del convenuto, possano in qualche modo migliorare la sua triste condizione.
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4. Il Tribunale di appello ha condannato il convenuto a pagare all'attrice un'indennità per torto morale di Fr. 100'000.--. Il debitore osserva che la lesione cerebrale che ha colpito A. non le consente più di avere coscienza del valore di un'indennità pecuniaria e della possibilità di utilizzarla per trovare piaceri morali o spirituali. Il ricorrente ravvisa inoltre una contraddizione nella sentenza impugnata, poiché i giudici cantonali, dopo avere accertato che secondo i periti le capacità intellettive dell'attrice sono praticamente nulle, hanno in seguito concluso di non poter escludere con certezza che essa sia del tutto insensibile al dolore e non soffra per la sua condizione. Con questi argomenti il ricorrente nega la legittimità dell'indennità assegnata per il torto morale.
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a) Il Tribunale di appello ha considerato che gli elementi oggettivi per il riconoscimento dell'indennità per torto morale sono realizzati, mentre difettano quelli di natura soggettiva: secondo i periti A. giace infatti in uno stato di profonda demenza, ha perso ogni facoltà intellettiva ed è di conseguenza incapace di percepire dolori dello spirito, di avere coscienza del suo stato di salute e di attribuire ogni importanza al denaro. L'autorità cantonale ha però aggiunto che l'attrice, secondo un medico che la segue tuttora, dimostra "molta sensibilità" e reagisce "con il sorriso o con il pianto" alla presenza di persone care. I giudici cantonali hanno pertanto concluso di non poter "escludere in modo certo che A. sia del tutto insensibile al dolore ed allo stato in cui si trova" e le hanno riconosciuto il diritto di percepire un'indennità per torto morale: a loro avviso la perdita di questo diritto si giustifica solo in casi estremi, quando si può escludere con certezza l'esistenza di funzioni sensitive della vittima. Il Tribunale di appello ha infine stabilito in Fr. 100'000.-- il risarcimento del torto morale, tenuto conto della gravità della colpa del convenuto e delle gravissime conseguenze delle sue negligenze.
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Questo riassunto della motivazione della sentenza impugnata mostra che l'autorità cantonale sembra effettivamente essersi contraddetta: d'un canto ha affermato l'assenza dell'elemento soggettivo per la concessione dell'indennità di torto morale; d'altro canto essa ha rilevato di non poter escludere con certezza la presenza di tale elemento. Le reali capacità percettive di A. sono però problemi di fatto, che i giudici debbono valutare apprezzando perizie e testimonianze secondo i precetti del diritto processuale cantonale. Questo esame sfugge alla procedura di riforma (art. 43 cpv. 3 OG) e il Tribunale federale deve limitarsi a costatare che su tale punto gli accertamenti di fatto dell'autorità cantonale non sono completi. Il rinvio della causa per la completazione degli atti secondo l'art. 64 cpv. 1 OG non è tuttavia necessario: come si vedrà, l'indennità per torto morale di Fr. 100'000.--, stabilita dal Tribunale di appello, appare giustificata anche nell'eventualità in cui l'attrice fosse assolutamente incapace di avere coscienza del proprio stato di salute e di attribuire importanza al denaro.
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b) La riparazione del torto morale presuppone in primo luogo una lesione dei diritti della personalità quali la vita, l'integrità fisica e psichica, l'onore, ecc. (OFTINGER, Schweizerisches Haftpflichtrecht, I, pag. 289; DESCHENAUX/TERCIER, La responsabilité civile, pag. 54; BECKER, art. 47 CO n. 3). Alcuni autori ritengono indispensabile, accanto a questo requisito oggettivo, l'aspetto soggettivo: a mente loro la persona lesa deve essere in grado di percepire il dolore fisico o psichico ed è appunto questa sofferenza soggettiva ad essere oggetto di riparazione (JÄGGI, Fragen des Privatrechtlichen Schutzes der Persönlichkeit, RDS 79/1960, II, pag. 186a nota 96; DESCHENAUX/TERCIER, loc.cit.; TERCIER, La réparation du tort moral: crise ou évolution?, Mélanges en l'honneur de Henri Deschenaux, pagg. 309 segg.; La réparation du tort moral en cas d'inconscience totale et définitive de la victime, SJZ 68/1972 pagg. 245 segg.; cfr. OFTINGER, op.cit. pag. 289 nota 17 e pag. 302). La questione è tuttavia controversa ed è stata tra l'altro oggetto del postulato Dillier del 19 dicembre 1972, al quale il Consiglio federale decise di dare seguito nell'ambito dello studio della revisione del diritto della responsabilità civile e della protezione della personalità (Boll.uff. 83/1973, Consiglio degli Stati, pag. 514). OFTINGER (op.cit. pag. 290), con riferimento a STOLL (Verhandlungen des 45. deutschen Juristentages, 1964, I, pagg. 1 segg. e 127 segg.), critica la teoria soggettiva, asserendo che la lesione della personalità come tale costituisce la premessa per l'assegnazione di un'indennità per torto morale, mentre le conseguenze soggettive sono soltanto indici per la valutazione dell'intensità del danno immateriale.
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Nel citato articolo apparso in SJZ 68/1972, TERCIER menziona a pag. 246 tre sentenze dei tribunali cantonali di Soletta (SJZ 12/1915-16, pag. 290), Berna (ZBJV 81/1945 pag. 276) e Lucerna (SJZ 65/1969 pag. 297), che sostengono la preponderanza dell'elemento oggettivo del danno morale, nonché una sentenza vallesana che giunge a conclusioni opposte (RVJ 2/1968 pagg. 279 segg.). L'autore trae lo spunto - commentandola e approvandola - da una sentenza della Corte di cassazione francese, con la quale fu deciso che il diritto svizzero non accorda alcuna riparazione del torto morale alla vittima completamente incosciente di un incidente stradale, incapace di soffrire o, perlomeno, di avere coscienza delle sofferenze che subisce.
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c) Il Tribunale federale non ha finora risolto definitivamente la controversia. In DTF 97 II 349 esso aveva dovuto esaminare la riparazione del torto morale di una persona lesa cerebralmente, sia pure in modo meno grave dell'attrice; dopo essersi domandato se questa persona poteva ancora trovare riparazione nell'indennità pecuniaria, il Tribunale federale aveva concluso che ciò non poteva essere escluso, poiché era verosimile che l'interessato potesse ancora apprezzare il denaro come il cittadino medio. Questa sentenza ha condotto TERCIER (Mélanges, pag. 310) ad affermare che il Tribunale federale non avrebbe accordato indennità alcuna qualora avesse potuto essere certamente escluso che la vittima potesse provare un qualunque sentimento. La deduzione appare invero un poco affrettata: se essa esprimesse realmente l'opinione del Tribunale federale, sarebbe difficilmente giustificabile l'attribuzione d'indennità per torto morale alle persone giuridiche, le quali godono anch'esse di taluni diritti della personalità suscettibili d'essere lesi, ma non possono ovviamente avere percezioni soggettive del danno e della riparazione (DTF 95 II 488 consid. 4 e 502 consid. 12b e riferimenti). Inoltre, meno comprensibile risulterebbe anche il riconoscimento del diritto alla riparazione morale alle persone prive della capacità di discernimento, pur ammettendo con TERCIER (Contribution à l'étude du tort moral et de sa réparation en droit civil suisse, pagg. 64 e 153) che può esservi sofferenza senza comprensione (DTF 90 II 83, DTF 88 II 461 consid. 4 e riferimenti).
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Nel caso di A. bisogna tenere presente che gli aspetti oggettivi e soggettivi della lesione della personalità sono strettamente legati e possono a malapena essere distinti; l'eventuale incapacità della vittima di avere coscienza della propria condizione - carenza sostenuta dal convenuto - non è altro che una componente della lesione fisica della sua integrità corporale, ossia della lesione cerebrale. La mancanza dell'elemento soggettivo del torto morale s'identifica praticamente con la lesione oggettiva della personalità e, non lo si dimentichi, è una diretta conseguenza dell'atto illecito commesso dal convenuto. In questa situazione non può essere stata l'intenzione del legislatore quella di voler negare in virtù dell'art. 47 CO ogni riparazione del torto morale alla vittima di una lesione cerebrale resa incosciente dall'atto illecito e di accordare invece il risarcimento a una persona che ha subito una lesione meno grave e che possiede ancora facoltà intellettive.
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In definitiva, nei casi di danni all'integrità corporale, occorre quindi conferire preponderanza all'aspetto oggettivo della lesione dei diritti della personalità e riconoscere di conseguenza il diritto alla riparazione del torto morale anche in assenza di coscienza della vittima. A questa soluzione non osta l'obiezione secondo la quale lo scopo della riparazione del torto morale - che è di consentire alla vittima di ritrovare almeno in parte il benessere perduto, mediante una compensazione della sofferenza con un'indennità pecuniaria - non può essere raggiunto qualora la persona lesa sia incapace di comprendere il valore del denaro (BECKER, art. 47 CO n. 1; OFTINGER, op.cit. pagg. 289/290; TERCIER, Mélanges pag. 316 e SJZ 68/1972 pag. 247). Le conseguenze soggettive della lesione, in particolare l'intensità della sofferenza e del dolore, dovranno essere prese in considerazione per la fissazione dell'ammontare dell'indennità.
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A titolo di confronto può essere menzionato che nella prassi germanica la predetta obiezione, ritenuta di per sé fondata, non impedisce la concessione d'indennità per torto morale in situazioni analoghe. La Corte suprema federale reputa infatti che l'indennità (Schmerzensgeld) ha due funzioni: una di compensazione (Ausgleich) e una di riparazione (Genugtuung). La prima, normalmente preponderante, cede il passo alla seconda qualora la vittima sia incapace d'intendere e in questo caso la riparazione assume un carattere simbolico e astratto e si concreta in un'indennità pecuniaria ridotta (sentenza del 16 dicembre 1975, in Versicherungsrecht 76 pag. 660). Questa soluzione, che sia pure per motivi diversi si avvicina a quella risultante dall'applicazione del diritto svizzero, manifesta anch'essa la giustificabile volontà di non privare la vittima di gravissime lesioni cerebrali d'ogni indennità per torto morale.
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5. Nella valutazione della somma spettante all'attrice per il torto morale occorre in primo luogo considerare l'intensità della lesione della sua personalità. Non è necessario spendere molte parole al fine di dimostrare come non sia immaginabile lesione corporale più grave di quella subita da A.: bambina in ottima salute e non ancora quindicenne essa si ritrovò da un giorno all'altro tetraplegica e demente, senza possibilità - secondo i periti - di mutamento. Il secondo fattore da considerare è la grave colpa commessa dal medico responsabile (cfr. consid. 2). Inoltre, come s'è detto, deve essere esaminata l'intensità della sofferenza morale dell'attrice, che dipende, in sostanza, dalle sue reali capacità cognitive.
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In modo generale si può affermare che l'indennità per torto morale può essere ridotta in funzione del grado di coscienza e di consapevolezza della vittima. Ciò non significa tuttavia che nessuna indennità spetti a chi è assolutamente incapace d'attività cerebrali; gli aspetti oggettivi e soggettivi della lesione della personalità interagiscono e si combinano tra di loro in modo indipendente e con diverse intensità: se nel caso di A. influisce in modo preponderante o addirittura assoluto il fattore oggettivo, sono facilmente immaginabili eventualità nelle quali prevalga l'elemento soggettivo della sofferenza morale, basti pensare alle conseguenze psichiche che può avere una leggera lesione corporale ad esempio per un concertista o un attore. In questo senso non v'è contraddizione nell'ammettere in un primo momento l'esistenza del diritto alla riparazione del torto morale anche in assenza di attività percettive della vittima e nel considerare in seguito questa mancanza quale fattore di riduzione dell'indennità.
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Nel caso concreto occorre infine tenere presente che la condizione fisica e mentale dell'attrice rende indispensabile la continua assistenza dei genitori, specialmente della mamma. Senza dubbio lo stato di salute della figlia suscita in loro un dolore immenso e il doversi continuamente occupare delle cure comporta non pochi inconvenienti. Il sacrificio dei genitori è sicuramente benefico per l'attrice, la quale si vede circondata d'affetto e di calore umano che l'assistenza di personale medico ausiliario difficilmente potrebbe darle. Il fatto che questa situazione particolare dei genitori sia dovuta alle gravi conseguenze dell'atto illecito, segnatamente alla mancanza di coscienza, impone di tenerne conto nel calcolo dell'indennità per torto morale spettante alla figlia. In dottrina è già stata difesa la necessità di valutare questi fattori nel caso di gravi invalidità che richiedono assidua assistenza (OFTINGER, op.cit. pag. 308); la motivazione avanzata si scosta invero leggermente da quella esposta sopra e trae origine dalla volontà di accordare alla vittima di simili gravi lesioni i mezzi necessari per dimostrarsi riconoscente verso i genitori che si curano di lei. Anch'essa traduce però implicitamente il desiderio di prendere in considerazione la sofferenza e il dolore dei genitori, colpiti a volte dalla grave invalidità di un figlio in modo fors'anche più duro della morte. Queste considerazioni sono indipendenti dall'esito che avrebbe potuto avere un'eventuale pretesa di risarcimento del torto morale avanzata direttamente dai genitori di A. e non influenzano la prassi del Tribunale federale, che ha finora esitato a riconoscere il diritto di agire ai familiari delle vittime di lesioni corporali.
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In conclusione, tutte le circostanze menzionate permettono di confermare l'indennità di Fr. 100'000.-- stabilita dal Tribunale di appello. Questa somma sarebbe raggiunta anche se si dovesse computare una riduzione per l'impossibilità dell'attrice di rendersi conto della propria condizione d'invalida; si rammenta che tale questione di fatto è rimasta irrisolta nel considerando 4a. La somma tiene conto dell'attuale tendenza del Tribunale federale, che accorda indennità per torto morale più elevate in caso di lesioni corporali con gravi conseguenze (DTF 107 II 348).
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