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8. Sentenza 20 gennaio 1987 della I Corte civile nella causa Federazione Svizzera Lavoratori Metallurgici e Orologiai contro società anonima X. e società anonima Y. (ricorso per riforma) | |
Regeste |
Gesamtarbeitsvertrag: Beitritt einer Minderheitsgewerkschaft (Art. 356 Abs. 4 und 356b Abs. 1 OR). | |
Sachverhalt | |
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B.- La FLMO si è rivolta il 9 aprile 1985 all'Ufficio di conciliazione del Cantone Ticino, istituito in virtù della legge federale sul lavoro nelle fabbriche (RS 821.41), e l'11 aprile ha convenuto le due ditte davanti al Pretore della giurisdizione di Locarno-Campagna. Il 30 gennaio 1986 l'Ufficio di conciliazione ha chiuso la procedura e constatato che le due imprese rifiutavano di transigere affermando di garantire già agli associati della FLMO una situazione identica a quella dei lavoratori aderenti ai sindacati firmatari del contratto collettivo. Da parte sua il Pretore, con pronunzia del 18 febbraio 1986, ha respinto l'azione evocando il testo dell'art. 356b cpv. 1 CO e la libertà contrattuale delle due ditte, che non potevano essere obbligate a stringere un accordo con la FLMO per il solo fatto di applicare il contratto collettivo all'insieme dei dipendenti. La II Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino ha confermato il giudizio di primo grado il 4 giugno 1986.
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C.- Insorta al Tribunale federale con un ricorso per riforma, la FLMO propone che la sentenza di appello sia annullata e che le sia riconosciuto il diritto di aderire al noto contratto collettivo. Le società anonime X. e Y. hanno concluso per il rigetto di ogni censura.
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Considerando in diritto: | |
2. Le cause civili relative a diritti di carattere non pecuniario sono deferibili al Tribunale federale con ricorso per riforma giusta l'art. 44 OG. V'è da domandarsi se una vertenza concernente la partecipazione di un sindacato minoritario a un contratto collettivo (l'eventuale partecipazione del sindacato alle trattative di rinnovo è ormai senza oggetto), implicando la tutela della personalità del sindacato stesso e dei suoi membri (art. 28 CC), non sia già per questa circostanza priva di carattere pecuniario (cfr. DTF 110 II 413 consid. 1, DTF 102 II 307 consid. 1, 165 consid. 1 con rinvii). Ora, anche volendo scorgere nella ![]() | 4 |
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4. Nessuna disposizione espressa conferisce a un sindacato il diritto di firmare un contratto collettivo di lavoro al quale non è parte. L'art. 356 cpv. 4 CO stabilisce unicamente che se più associazioni di datori di lavoro o, dall'altra parte, più associazioni di lavoratori sono vincolate al contratto collettivo per averlo conchiuso o per avervi, con l'assenso delle parti, aderito ulteriormente, esse stanno fra loro in un rapporto di diritti e obblighi uguali. L'art. 356b cpv. 1 CO dispone che singoli datori di lavoro o singoli lavoratori al servizio di un datore di lavoro vincolato possono, con l'assenso delle parti, sottoscrivere il contratto collettivo e divenire datori di lavoro o lavoratori vincolati, ma non limita l'autonomia della volontà e non specifica se sia possibile superare l'opposizione di un firmatario. La legge federale concernente ![]() | 6 |
La ricorrente sostiene che il giudizio cantonale discrimina un sindacato minoritario, comporta una pressione indebita sugli aderenti e un attentato alla loro libertà di associazione indebolendo l'immagine del sindacato ai loro stessi occhi. È necessario esaminare pertanto se il diritto positivo, segnatamente la buona fede (art. 2 CC) e la protezione della personalità (art. 28 CC; cfr. DTF 107 Ia 280 consid. 3a) cui la ricorrente accenna, permettano di imporre ai firmatari di un contratto collettivo l'obbligo di accettare l'ingresso di un'altra associazione nella comunità contrattuale.
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a) La sentenza di principio DTF 74 II 158, emanata il 25 maggio 1948, ha confermato il rigetto dell'azione con cui un sindacato estraneo a un contratto collettivo di lavoro intendeva far dichiarare nulle le adesioni individuali dei propri membri siccome contrarie alla legge, ai buoni costumi e alla tutela della personalità. Il Tribunale federale ha precisato allora che nessuno può essere tenuto a stipulare un contratto collettivo di lavoro né pretendere di esser parte a negoziazioni preliminari; la libertà contrattuale autorizza a scegliere se, con chi e come accordarsi tanto da una parte quanto dall'altra, senza distinzione tra sindacati di maggioranza o di minoranza (consid. 3a e 3b). Simile libertà ha invero i propri limiti negli scopi intrinseci del contratto collettivo. Il datore di lavoro o l'organizzazione padronale che dovesse rifiutare, senza motivo ragionevole, di discutere con un sindacato la possibilità di siglare un contratto collettivo nel palese intento di compromettere la situazione dei lavoratori e di procurarsi un vantaggio commetterebbe un atto illecito e contrario ai buoni costumi. Estremi del genere non si verificavano nel caso precipuo (consid. 3c e 3d).
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La successiva sentenza DTF 75 II 305, del 13 settembre 1949, riguardava l'azione congiunta di un lavoratore appartenente a un ![]() | 9 |
Il messaggio del 29 gennaio 1954 che illustra il disegno di legge federale concernente il conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro (FF edizione francese o tedesca 1954 I 125) menziona le difficoltà di elaborare un criterio comune per distinguere con chiarezza dove l'adesione dei dissidenti al contratto collettivo sia sollecitata da spinte economiche e dove invece sia l'esito di manovre illecite. Il Consiglio federale ha preferito lasciare il compito al giudice aggiungendo che ci si sarebbe potuti aspettare, in seguito a una modifica della giurisprudenza sul boicottaggio, una nuova prassi dei tribunali ove i metodi usati dalle varie associazioni presentassero analogie con un sistema del genere (pag. 140). Data la materia "ancora troppo fluida" il Consiglio federale ha rinunciato a sancire l'illiceità di clausole, accordi o misure vietanti a chi firma un contratto collettivo ![]() | 10 |
La giurisprudenza in materia di boicottaggio ha conosciuto da quell'epoca un'evoluzione notevole. In DTF 82 II 299 consid. 3 il Tribunale federale ha confermato che, sebbene lecito, il boicottaggio diviene inaccettabile quando il suo scopo o i mezzi cui fa capo sono illegali o contrari ai buoni costumi oppure si crei una sproporzione manifesta tra l'utile ridondante all'autore e il pregiudizio arrecato alla vittima; un boicottaggio simile lederebbe i buoni costumi e la personalità del danneggiato. In DTF 86 II 374 consid. 4, con un cambiamento di prassi, il boicottaggio è stato definito illegittimo per principio siccome contrario al diritto della personalità nel libero esercizio di un'occupazione economica; un'eccezione si giustifica solo ove, mediante il boicottaggio, si difendano interessi legittimi e prevalenti che non possono essere salvaguardati in altro modo. Entrambe le sentenze ripetono, comunque sia, che l'obbligo di accogliere il boicottato nell'ambito della relativa organizzazione può costituire un mezzo per porre fine all'illecito (DTF 90 II 344 consid. 6c).
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Il 20 dicembre 1962 è stata varata la legge federale su i cartelli e le organizzazioni analoghe (RS 251), che in caso di ostacoli indebiti alla concorrenza permette al giudice di ordinare, su domanda dell'attore, lo svincolo dagli obblighi imposti dal cartello e, se necessario, l'ammissione nel cartello o nell'associazione con i relativi diritti e obblighi (art. 6 cpv. 2). La legge nondimeno è inapplicabile a contratti, decisioni e provvedimenti che concernono rapporti di lavoro (art. 1 seconda frase).
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b) Le relazioni tra i firmatari di un contratto collettivo di lavoro e gli estranei, il nesso che esiste cioè tra la libertà ![]() ![]() | 13 |
L'opinione appena riassunta trova riscontro, con sfumature diverse, in altri autori (DEN OTTER, Kollektives Arbeitsrecht, in: KUHN, Aktuelles Arbeitsrecht für die betriebliche Praxis, parte 17 capitolo 9; HUG, Ausgewählte Abhandlungen zum Arbeits- und Wirtschaftsrecht, vol. II, Berna 1978, pag. 332 segg.; KREIS, Der Anschluss eines Aussenseiters an den Gesamtarbeitsvertrag, tesi, Berna 1973, pag. 108 segg. e - tuttavia - pag. 172); di orientamento affine è la regolamentazione francese, che dà per principio a ogni sindacato rappresentativo un diritto di adesione susseguente (RIVERO/SAVATIER, Droit du travail, Vendôme 1984, pag. 346). Ma vi sono anche opere di dottrina che, riferendosi a DTF 74 II 158 e DTF 75 II 305 come pure - più o meno implicitamente - agli art. 19 e 356 cpv. 4 CO, negano a un'organizzazione non firmataria la facoltà di sottoscrivere un contratto collettivo senza l'accordo delle parti (REHBINDER, Schweizerisches Arbeitsrecht, VIII edizione, pag. 156 infra; GUHL/MERZ/KUMMER, Das schweizerische Obligationenrecht, VII edizione, pag. 402; WILD, Die Entwicklung des Gesamtarbeitsvertragsrechts, tesi, Berna 1985, pag. 177; SCHWEINGRUBER/BIGLER, Kommentar zum Gesamtarbeitsvertrag, III edizione, pag. 52 seg.; riservato: LUSSER, op.cit., pag. 77 infra e 124 segg.).
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c) Non vi è dubbio che gli art. 356 cpv. 4 e 356b cpv. 1 CO favoriscano il contratto collettivo di lavoro come mezzo idoneo a tutelare la parte economicamente più debole, a garantire un trattamento unitario dei lavoratori, a prevenire conflitti sociali e a disciplinare le condizioni d'impiego con norme relativamente duttili (VISCHER in: Zürcher Kommentar, note 15 segg. ad art. 356 CO). Questo indirizzo è confermato dall'art. 356b cpv. 3 CO e dalla nota legge federale concernente il conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro; del resto il contratto collettivo influisce spesso sui contratti individuali sebbene i medesimi non gli siano giuridicamente sottoposti (nel caso in esame tutti i lavoratori delle due aziende fruiscono di condizioni salariali e lavorative identiche). La legge promuove perciò - oltre alla partecipazione di singoli lavoratori - l'adesione dei sindacati ai contratti collettivi e non permette disparità di trattamento fra un sindacato e l'altro (art. 356 cpv. 4 ![]() | 15 |
Il testo dell'art. 356b cpv. 1 CO riprende quello del vecchio art. 322bis cpv. 1 CO, introdotto appunto dalla legge federale concernente il conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro (RU 1956 pag. 1665). Si è visto che il Consiglio federale ha rinunciato in tale circostanza a proporre diritti di adesione o obblighi di trattativa riservando le eventualità in cui associazioni padronali o sindacati si fossero serviti di metodi analoghi al boicottaggio. Che la libertà contrattuale delle parti dovesse prevalere anche sugli scopi del contratto collettivo non è stato affermato nemmeno durante i dibattiti parlamentari (Boll.Sten. 1955 CS 194 e 1956 CN 228 segg.). Ne discende, in ossequio a DTF 74 II 163 consid. 3c e 75 II 326 consid. 9a, che il rifiuto di far aderire un sindacato a un contratto esistente non può sospingersi nell'abuso né violare i diritti della personalità. È in entrambe le sentenze citate il Tribunale federale ha avuto modo di spiegare che un rifiuto privo di ragioni valide, destinato a indebolire la posizione dei dipendenti, non può essere protetto poiché vanifica gli scopi del contratto collettivo. Sarebbe incompatibile con l'idea basilare di tale istituto, per di più, che un'associazione professionale potesse far ricorso alla propria forza per impedire a un'altra associazione di sottoscrivere un contratto collettivo. Nel messaggio del 29 gennaio 1954 il Consiglio federale, pur non essendo stato in grado di formulare rimedi, era giunto a una conclusione identica.
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Il principio secondo cui l'autonomia della volontà (art. 19 CO) non abilita le parti a sovvertire gli scopi del contratto collettivo, sicché il richiamo alla libertà contrattuale può raffigurare un abuso (art. 2 CC) ove manchi di interesse legittimo o persegua - anche senza mire dolose (DTF 109 II 22) - interessi contrari agli obiettivi della legge (DTF 94 I 667 consid. 4), va confermato. Esso salvaguardia la personalità del lavoratore (art. 28 CC), segnatamente il diritto al libero esercizio di un'occupazione economica (DTF 86 II 376 consid. 4c e 4d; TERCIER, Le nouveau droit de la personnalité, Zurigo 1984, pag. 71 n. 493 segg.) e alla libera scelta di un organismo sindacale (cfr. DTF 111 II 253 consid. 4b; REHBINDER, op.cit., pag. 254). Inoltre esso protegge la personalità dell'ente sindacale come corporazione di diritto privato (cfr. DTF 75 II 326 consid. 9), che di fronte all'ostracismo gratuito di un firmatario potrebbe vedersi minacciato nella sua stessa esistenza per l'impossibilità ![]() | 17 |
Il caso in rassegna attiene all'adesione di un sindacato minoritario, non di singoli lavoratori. È superfluo domandarsi quindi se lavoratori isolati cui sia impedito di partecipare a un contratto collettivo giusta l'art. 356b cpv. 1 CO possano invocare l'abuso di diritto come limite all'autonomia della volontà. Pacifico è che l'organizzazione minoritaria dev'essere sufficientemente rappresentativa, comprendere cioè un numero tale di affiliati da legittimare un'adesione sindacale contro la volontà delle parti (cfr. DTF 75 II 328 consid. 9b). Al riguardo non è necessario far uso di rigide proporzioni numeriche. È indispensabile tuttavia che il sindacato sia portavoce di una minoranza importante, se non nell'azienda almeno sul piano cantonale o federale; compete al giudice valutare simile requisito in base alle particolarità della fattispecie (art. 2 n. 6 per analogia della legge federale concernente il conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro; SCHWEINGRUBER/BIGLER, op.cit., pag. 111 seg.).
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Riservate circostanze speciali, la soluzione descritta non pregiudica i legittimi interessi delle parti. Nulla osta, infatti, a che i lavoratori siano più largamente rappresentati nell'ambito del contratto collettivo; i sindacati maggioritari, le associazioni padronali e i datori di lavoro, a loro volta, non possono pretendere di confinare un sindicato di minoranza senza giusti motivi. Poco importa che l'adesione di un sindacato minoritario possa essere supplita, negli effetti, dalla decisione con cui l'autorità estende il campo di applicazione di un contratto collettivo in virtù della legge federale concernente il conferimento del carattere obbligatorio generale (art. 1). Intanto l'autorità agisce solo su istanza di tutte le parti firmatarie (art. 8 cpv. 1). In secondo luogo la facoltà di ottenere una dichiarazione di carattere obbligatorio del contratto non esclude che determinati litigi tra partner sociali possano ![]() | 19 |
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Che le convenute applichino unilateralmente il contratto collettivo all'insieme del personale, anche non sindacato, non basta per attribuire all'associazione in discorso qualità di parte firmataria e nemmeno per assicurare agli affiliati i vantaggi sgorganti dal contratto stesso. Lo statuto giuridico rimane diverso tanto per l'una quanto per gli altri. Ma pure dal lato pratico la posizione del sindacato estraneo al contratto comporta incovenienti non trascurabili, poiché esso è esulato da riunioni e assemblee di fabbrica così come dai colloqui tra la Commissione di fabbrica e la direzione aziendale (art. 6.5 del regolamento aziendale o "Regolamento per la Commissione di fabbrica"). Ciò restringe notevolmente il suo raggio d'intervento e influisce sulla libera scelta dei lavoratori che desiderano associarsi a un sindacato capace di tutelare con efficacia i loro interessi.
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Le convenute obiettano che, comunque sia, l'attrice non riunisce nemmeno il 10% dei dipendenti e non può quindi definirsi rappresentativa. Si evince dagli atti che al 31 dicembre 1984 le maestranze delle due ditte (114 dipendenti) erano così suddivise: 44 aderenti all'Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese (OCST), 38 ai Sindacati Indipendenti Ticinesi (SIT), 8 all'attrice, 2 al Sindacato Edilizia e Legno (SEL) e 1 alla Federazione Svizzera dei Lavoratori del Commercio, dei Trasporti e dell'Alimentazione (FCTA); 21 operai non erano affiliati ad alcun sindacato. Ora, quand'anche non si volesse giudicare rappresentativo un ![]() | 22 |
Rimane da verificare se le convenute abbiano un interesse degno di salvaguardia a difesa della loro opposizione. Nulla risulta in proposito. Le due ditte non rimproverano alcunché alla ricorrente: non affermano - né tanto meno dimostrano - che essa si sia mai rivelata un interlocutore scorretto o querelante, che abbia tenuto un contegno inconciliabile con quanto ci si deve attendere da un firmatario, che abbia dato adito a univoci sospetti di inaffidabilità, che abbia osteggiato le trattative per il rinnovo o reso difficile l'intesa con gli altri partner sociali. Al contrario: in una lettera del 28 novembre 1984 esse hanno confermato di non avere il minimo appunto da muovere all'attrice. La ricorrente da parte sua si è sempre dichiarata disposta ad assumere tutti gli obblighi derivanti dal contratto. Il rifiuto delle due ditte mancando di qualsiasi argomento a sostegno, la richiesta di adesione proposta dal sindacato appare legittima, ciò che comporta la riforma della sentenza cantonale.
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Per questi motivi il Tribunale federale pronuncia:
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Il ricorso è accolto e, in riforma della sentenza impugnata, è accertato il diritto spettante alla Federazione Svizzera Lavoratori Metallurgici e Orologiai di aderire al contratto collettivo di lavoro aziendale stipulato il 1o aprile 1981 dalle società anonime X. e Y. con l'Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese e i Sindacati Indipendenti Ticinesi.
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