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59. Estratto della sentenza del 3 marzo 1993 della II Corte civile nella causa Francesco Fornaciarini contro Consiglio di Stato del Cantone Ticino (ricorso per riforma) | |
Regeste |
Art. 30 Abs. 1 ZGB. Namenswechsel eines Kindes unverheirateter Eltern. |
2. Mit einer Namensänderung kann einem Kind unverheirateter Eltern nicht ein Doppelname gegeben werden, der sich aus dem Familiennamen des Vaters gefolgt von jenem der Mutter oder umgekehrt zusammensetzt (E. 4). | |
Sachverhalt | |
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B.- Il 9 settembre 1992 Francesco Fornaciarini, rappresentato dalla madre, ha inoltrato contro predetta decisione un ricorso per riforma, con cui ha rinnovato le richieste formulate in sede cantonale. Il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha proposto la reiezione del gravame. Il Tribunale federale ha respinto il ricorso e confermato la decisione impugnata.
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Dai considerandi: | |
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b) Per cognome coniugale si intende il cognome del marito o il cognome della sposa, qualora un'istanza degli sposi ai sensi dell'art. 30 cpv. 2 CC sia stata accolta. Il cognome, composto dal cognome del marito con l'aggiunta del cognome che la moglie portava da nubile, non è il cognome legale della famiglia, anche se corrisponde a un uso abbastanza corrente e permette talvolta di aumentare il carattere distintivo di cognomi ampiamente diffusi (DTF 110 II 99 consid. 2). Anche se un coniuge utilizza nei rapporti sociali un cognome composto come appena descritto o se la moglie fa uso della facoltà conferitale dall'art. 160 cpv. 2 CC di anteporre il proprio cognome a quello coniugale, il cognome coniugale rimane quello del marito. Ed è quest'ultimo il cognome che viene assunto alla nascita dal figlio di genitori fra di loro coniugati (art. 270 cpv. 1 CC).
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c) Giusta l'art. 270 cpv. 2 CC, il figlio di genitori non uniti in matrimonio assume il cognome della madre, ma se costei porta un doppio cognome in seguito a un matrimonio precedente, soltanto il primo ![]() | 5 |
d) La critica ricorsuale, che vede nella vigente legislazione una lacuna, è pertanto infondata. Da quanto precede è evidente che il Codice civile regola la questione del cognome dei figli naturali, e la ![]() | 6 |
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L'argomentazione ricorsuale misconosce le ragioni che hanno portato il Tribunale federale ad ammettere il cambiamento del nome di figli nati da genitori non uniti in matrimonio. La ratio della giurisprudenza illustrata nel precedente considerando ne costituisce anche il limite. Come già precisato, la prassi permette l'assunzione del nome del padre, che vive con la madre e il figlio nella medesima economia domestica, unicamente per evitare a quest'ultimo eventuali inconvenienti, che potrebbero scaturire dal fatto che i suoi genitori non sono coniugati. Infatti nonostante una liberalizzazione dei costumi, non è possibile escludere una discriminizzazione sociale dei figli nati fuori dal matrimonio. Si tratta dunque di avvicinare il più possibile lo statuto del figlio naturale a quello di figli di genitori fra loro sposati, anche se tuttavia occorre riconoscere che l'unità del cognome di una famiglia di fatto è realizzata in modo insoddisfacente, poiché la madre continua ad avere un cognome differente.
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b) A giusto titolo, poi, il Consiglio di Stato osserva che la soluzione prospettata dal ricorrente non è prevista né dal Codice civile né dalla giurisprudenza. La richiesta del ricorrente non gli permetterebbe di avere un nome che lo assimilerebbe a un membro di una famiglia composta da genitori coniugati, ma al contrario ne accrescerebbe lo statuto particolare, rivelando definitivamente la sua nascita fuori dal matrimonio. Inoltre, come indica l'Ufficio federale di giustizia, nella fattispecie si creerebbe una famiglia nella quale non esiste alcun cognome comune, tranne quello del padre e le sue due figlie di primo letto. È del resto, se contrariamente a quanto prospettato dai genitori del ricorrente, essi si dovessero un giorno sposare e avere altri figli comuni, quest'ultimi non potrebbero avere lo stesso cognome dell'istante. Questo fatto darebbe luogo a un'ineguaglianza di trattamento fra i discendenti di una medesima famiglia e più in generale fra figli di genitori coniugati e figli di persone che ![]() | 9 |
c) Se si può concordare con il ricorrente che il nuovo diritto di famiglia non realizza l'intento della parità fra donna e uomo per quanto concerne la trasmissione del cognome (cfr. DTF 115 II 201 consid. d), è necessario ricordare che il Tribunale federale, in virtù dell'art. 113 cpv. 3 Cost., deve applicare le leggi federali anche qualora esse non dovessero rispettare la Costituzione. È pertanto inutile il riferimento ricorsuale a una decisione del Bundesverfassungsgericht germanico su questo punto, poiché la Corte appena menzionata può esaminare la costituzionalità delle leggi. Inoltre il ricorrente non è che toccato indirettamente da questa disparità di trattamento e non è quindi legittimato a invocarla in suo favore. Infatti vittima della ineguaglianza citata dal ricorrente è innanzi tutto la donna, che sposandosi non può né mantenere né trasmettere ai figli il proprio cognome. Nemmeno la dottrina si rivela insensibile a tali argomenti. A. BUCHER, ad esempio, ritiene inevitabile una revisione della legge (op.cit., n. 779). Tuttavia non esiste nessun autore che sostiene, per il diritto svizzero, la tesi del ricorrente tendente all'assunzione, da parte del figlio di genitori non coniugati, sia del cognome del padre che quello della madre. D'altra parte la domanda principale corrisponde al cognome composto dei genitori (Gianettoni-Fornaciarini), se essi fossero sposati, mentre quella sussidiaria (Fornaciarini-Gianettoni), potrebbe creare della confusione supplementare, poiché esso potrebbe essere scambiato con un cognome coniugale composto e far apparire il cognome Fornaciarini come quello del padre.
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d) Nemmeno la CEDU dà conforto alle argomentazioni ricorsuali. A. HÄFLIGER - citando la decisione della Commissione europea dei diritti dell'uomo n. 8042/77 (DR 12, pag. 202) emanata prima dell'entrata in vigore del nuovo diritto matrimoniale svizzero - indica che il fatto di rendere facilmente identificabili i membri di una famiglia giustifica l'imposizione del nome del marito alla moglie e ai figli senza ledere l'art. 14 CEDU (Die Europäische Menschenrechtskonvention und die Schweiz, Berna 1993, pag. 261). Più recentemente la Commissione nel suo rapporto del 21 ottobre 1992 nel caso Burghartz e Schnyder Burghartz c. Svizzera (la decisione ![]() | 11 |
e) Pur essendo esatto che in Svizzera esistono, anche se non frequenti, dei cognomi formati da due cognomi (ad esempio: Ressiga-Vacchini, Aostalli-Adamini, Robert-Tissot, Rey-Mermet), occorre tuttavia riconoscere che il diritto svizzero è fondato sul principio della trasmissione ai discendenti di un solo cognome. Del resto, il ricorrente, menzionando la possibilità della donna coniugata di mantenere il proprio cognome anteponendolo a quello del marito, misconosce il fatto che tale cognome non costituisce il cognome coniugale che è trasmesso ai figli. Inoltre, come rileva giustamente l'Ufficio federale di giustizia, il grave motivo deve riferirsi anche al nome richiesto. In concreto non si può sostenere che sia nell'interesse del figlio di pronunciare e scrivere la combinazione dei due cognomi, di cui uno è composto da quattro e l'altro da cinque sillabe. Del resto, secondo A. BUCHER, i cognomi composti assunti da numerose donne sono spesso lunghi e difficili da ricordare, con la conseguenza che l'uso corrente è di amputarne una parte (op.cit., n. 779).
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5. Infine il ricorrente afferma che la decisione impugnata viola una Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia. In linea di principio una siffatta censura è ricevibile, poiché pure i trattati internazionali costituiscono del diritto federale ai sensi dell'art. 43 cpv. 1 OG. Tuttavia tale critica si rivela infondata, poiché la Convenzione non è ancora stata ratificata dalla Svizzera. Il ricorso deve pertanto essere respinto, non essendovi dei gravi motivi, come prescritto dall'art. 30 cpv. 1 CC, per concedere il cambiamento del nome.
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