inverno:
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13 cts/kWh tariffa alta
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10 cts/kWh tariffa bassa
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estate:
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11 cts/kWh tariffa alta
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08 cts/kWh tariffa bassa
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La decisione indicava la possibilità di interporre ricorso presso il Consiglio federale.
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C.- Il 17 aprile 1995, la Hydro Electra AG ha adito il Consiglio federale, chiedendo di annullare la citata risoluzione governativa e di concederle, a far tempo dal 1o maggio 1994, un'indennità conforme al decreto federale sull'impiego parsimonioso dell'energia.
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D.- Al termine di uno scambio di opinioni con il Consiglio federale, il Tribunale federale si è dichiarato disposto a trattare il gravame quale ricorso di diritto amministrativo.
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E.- Chiamati a esprimersi, la Società Elettrica Sopracenerina SA ha postulato di respingere il gravame mentre il Consiglio di Stato ticinese si è rimesso al giudizio del Tribunale federale; il Dipartimento federale dei trasporti, delle comunicazioni e delle energie ha proposto di annullare l'atto impugnato e di fissare la rimunerazione per l'energia elettrica in un prezzo annuale medio di 16 cts/kWh.
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Il Tribunale federale ha accolto il ricorso di diritto amministrativo e ha annullato la sentenza impugnata.
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Considerando in diritto:
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1. La decisione del Consiglio di Stato ticinese poggia sul decreto federale sull'energia, del 14 dicembre 1990, ovvero su diritto pubblico federale. Ne deriva che il ricorso di diritto amministrativo è ammissibile giusta i combinati art. 97 cpv. 1 OG e 5 della procedura federale amministrativa, del 20 dicembre 1968 (PA; RS 172.021): la decisione litigiosa è infatti stata emanata da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 98 lett. g OG) e non sussiste alcuna delle eccezioni indicate agli art. 99 a 102 OG. In particolare, non è realizzata l'eccezione prevista all'art. 99 lett. b OG, in quanto non si tratta di stabilire o di approvare una tariffa (generale e astratta), bensì di applicare al caso concreto i principi concernenti l'indennità per energia elettrica sanciti dall'art. 7 DEn (cfr. DTF 116 V 130 consid. 2a pag. 133, DTF 109 Ib 308 consid. 1 pag. 309/310). Per simili controversie, come per altre concernenti le condizioni di raccordo di produttori in proprio, è aperta la via del ricorso di diritto amministrativo. Né muta tale considerazione, il fatto che il Dipartimento federale dei trasporti, delle comunicazioni e delle energie abbia emanato delle raccomandazioni (non vincolanti) per il calcolo e la determinazione del pagamento dell'elettricità fornita da produttori in proprio, delle quali il giudice deve tenere conto nell'ambito dell'applicazione dell'art. 7 DEn.
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Da quanto esposto discende che il gravame è ammissibile quale ricorso di diritto amministrativo.
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"Art. 7. Condizioni di raccordo.
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1. Gli enti pubblici di erogazione di energia hanno l'obbligo di accettare in una forma appropriata per la rete l'energia offerta regolarmente da produttori in proprio.
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2. Il pagamento viene effettuato in funzione del prezzo applicabile alla fornitura di energia equivalente da parte delle reti regionali di trasporto.
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3. Trattandosi di fornitura di energia elettrica, ottenuta con energie rinnovabili, bisogna accettare anche l'energia non prodotta regolarmente. In tal caso, il pagamento è effettuato in funzione del prezzo d'acquisto di energia equivalente in provenienza da nuovi impianti nazionali di produzione.
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4. Le imprese forniscono l'energia al prezzo che richiedono dai consumatori che non sono produttori in proprio.
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5. I Cantoni designano l'autorità incaricata di fissare le condizioni di raccordo per i produttori in proprio, in caso di litigio."
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Il decreto in questione è entrato in vigore il 1o maggio 1991 ed esplica effetti sino all'entrata in vigore di una legge federale sull'energia, ma al più tardi sino al 31 dicembre 1998 (art. 26 DEn). Con l'ordinanza del 22 gennaio 1992 (ordinanza sull'energia, OEn; RS 730.01), il Consiglio federale ha specificato le disposizioni del decreto.
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b) La decisione impugnata qualifica come tale la ricorrente, per l'energia prodotta nella centrale di Vergeletto. Una simile qualificazione è conforme all'art. 1 lett. k OEn, secondo il quale sono produttori in proprio "i proprietari di impianti per la produzione di energia ai quali gli enti pubblici di erogazione di energia partecipano per il 50% al massimo e che producono energia di rete:
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1. principalmente per i propri bisogni o
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2. principalmente o esclusivamente per l'alimentazione della rete, senza essere portatori di un mandato pubblico".
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c) La resistente contesta tale qualifica. A suo avviso, un'impresa privata, che - come la ricorrente - convoglia la sua intera produzione nella rete pubblica, non può essere ritenuta un produttore in proprio ("producteur pour ses propres besoins", "Selbstversorger"). Senonché, la definizione di produttore in proprio contenuta nell'ordinanza eccede il significato comune dell'espressione. Un'analisi dei materiali legislativi rivela che la stessa era già impiegata nel messaggio del Consiglio federale, del 21 dicembre 1988 (FF 1989 I pag. 405 segg., segnatamente pag. 421; nel testo tedesco "Eigenerzeuger", BBl 1989 I pag. 512). Le relative spiegazioni indicano che si intendeva dare a tale nozione un significato ampio. In effetti, il messaggio governativo dichiarava le condizioni di raccordo applicabili "a produttori di energia di rete che non svolgono una funzione di approvvigionamento pubblico regolare, nonché ai proprietari di piccoli impianti che producono energia per conto di terzi senza disporre di un mandato di diritto pubblico a tale scopo". In particolare, esse dovevano essere vincolanti pure per "produttori in proprio che producono energia unicamente per terzi" (messaggio citato pag. 422). Certo, a quest'ultimo proposito il messaggio fa riferimento, a titolo di esempio, ad un impianto di incenerimento, che non utilizza l'elettricità prodotta. Nondimeno, il testo della disposizione non limita la sua applicazione ai casi in cui l'energia trasmessa in rete è un prodotto secondario e il relativo messaggio sottolinea come il campo di applicazione della norma debba essere il più vasto possibile, entro i limiti delle disposizioni di esecuzione e della prassi in materia, evitando in tal modo che scogli di natura amministrativa impediscano il ricorso giudizioso alla produzione di energia in proprio (messaggio pag. 422). Ne discende che se, da un lato, la disposizione in questione verteva, in modo primario, a disciplinare la fornitura di eccedenze di energia da parte di produttori in proprio, dall'altro, il Consiglio federale non ha ecceduto il proprio margine di apprezzamento adottando l'art. 1 lett. k OEn. In effetti, tanto nel messaggio (pag. 421) quanto nei dibattiti parlamentari, è stata ripetutamente sottolineata l'importanza di incentivare l'impiego di piccoli impianti, atti a garantire e diversificare l'approvvigionamento del paese. Orbene, ampliando l'applicazione dell'art. 7 cpv. 3 DEn alle imprese che producono energia esclusivamente per l'alimentazione della rete, il Consiglio federale favorisce il perseguimento di tale fine: un'interpretazione più restrittiva comprometterebbe infatti in modo notevole il raggiungimento dell'obbiettivo, ripetutamente proclamato, di promuovere l'impiego di energie alternative. Ne discende che il testo dell'art. 1 lett. k OEn è conforme alla legge e vincola il Tribunale federale: il fatto di fornire esclusivamente energia per l'alimentazione della rete non osta quindi alla qualifica della ricorrente quale produttore in proprio.
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a) Giusta l'art. 7 cpv. 1 e 2 DEn, gli enti pubblici di erogazione di energia devono accettare l'energia di rete prodotta regolarmente da produttori in proprio; per la stessa, essi devono versare il prezzo applicabile alla fornitura di energia equivalente da parte delle reti regionali di trasporto.
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b) Per quanto concerne l'energia elettrica prodotta mediante energie rinnovabili, il cpv. 3 del medesimo articolo pone poi degli obblighi accresciuti, sia in merito al dovere di accettare l'energia che alla relativa retribuzione: l'energia va infatti accettata anche se offerta in modo irregolare e la controprestazione dipende dal prezzo di acquisto di energia equivalente in provenienza da nuovi impianti nazionali di produzione.
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c) Nello specificare l'art. 7 DEn, l'art. 1 lett. g OEn menziona quali energie rinnovabili l'energia solare, quella idrica, geotermica, l'energia eolica e la biomassa. L'ordinanza precisa tuttavia che le condizioni di raccordo non si applicano all'energia prodotta irregolarmente, salvo quella ricavata da energie rinnovabili (art. 14 cpv. 2 lett. a OEn), all'elettricità prodotta da impianti termici fossili senza sfruttamento del calore (art. 14 cpv. 2 lett. b OEn) e all'elettricità prodotta da centrali idroelettriche la cui potenza supera 1 MW (megawatt-art. 14 cpv. 2 lett. c OEn).
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L'art. 15 cpv. 3 OEn stabilisce inoltre che piccoli enti pubblici comunali e regionali di erogazione di energia possono trasmettere all'ente superiore l'energia immessa in quantità sproporzionata (è tale l'energia che eccede il 5% della fornitura annua dell'ente di erogazione).
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A norma dell'art. 16 cpv. 1 OEn, le concrete condizioni di raccordo sono fissate mediante contratto tra le parti interessate (produttore in proprio e ente pubblico di erogazione di energia). In caso di lite, i Cantoni designano l'autorità competente a dirimere la controversia (art. 7 cpv. 5 DEn e art. 16 cpv. 2 OEn).
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Spetta poi al Dipartimento federale delle comunicazioni, dei trasporti e delle energie emanare raccomandazioni per il calcolo e la determinazione della rimunerazione dell'energia fornita dai produttori in proprio (art. 17 cpv. 1 OEn).
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La resistente è tuttavia dell'avviso che l'art. 7 DEn non sia applicabile alla vertenza, in quanto la norma citata concerne unicamente l'energia prodotta da impianti nuovi, mentre quello della ricorrente è stato costruito prima dell'adozione del decreto in questione, nell'intento di cederle la totalità dell'energia prodotta: i calcoli di redditività dell'opera non sono quindi stati effettuati sulla base della retribuzione sancita dal decreto federale sull'energia, bensì sugli accordi conclusi tra le parti dell'attuale procedura. Sempre secondo la resistente, sarebbe contrario al principio della buona fede modificare tali precedenti pattuizioni.
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b) L'interpretazione proposta dalla resistente non trova alcun sostegno nel testo di legge, che non limita l'applicazione dell'art. 7 DEn a impianti nuovi, realizzati dopo l'adozione del decreto. Inoltre, l'art. 25 cpv. 3 DEn, secondo il quale le condizioni di ripresa dell'energia già valide per produttori in proprio devono corrispondere alle esigenze dell'articolo 7 entro 3 anni dall'entrata in vigore del decreto, conduce alla conclusione inversa: evidenzia infatti l'intenzione di applicare la normativa anche a impianti già esistenti al momento della sua entrata in vigore. Certo, la regolamentazione in questione mira, in primo luogo, a incoraggiare la realizzazione di nuovi impianti. Nondimeno, i materiali legislativi mostrano che il legislatore era cosciente che il testo dell'art. 7 cpv. 3 DEn poneva anche gli impianti già esistenti a beneficio della nuova regolamentazione (Boll. uff. CS del 4 dicembre 1990 pag. 970/71, voti Rüesch; CN del 13 dicembre 1990 pag. 2389, voto Caccia). Ne discende che l'art. 7 cpv. 3 DEn trova applicazione anche a contratti di fornitura conclusi prima dell'entrata in vigore del decreto sull'energia, concernenti centrali pianificate e realizzate prima di tale termine. Un ente pubblico di distribuzione di energia non può quindi opporre a una richiesta di adattamento dei prezzi di fornitura dell'energia la violazione del principio della buona fede, salvo se in presenza di un vero e proprio abuso di diritto. In effetti, la regolamentazione in esame, che riposa su considerazioni di politica energetica e che vincola il Tribunale federale (art. 114bis cpv. 3 Cost.), è prioritaria rispetto ai principi della libertà contrattuale, della buona fede e del rispetto degli impegni assunti ("pacta sunt servanda"): l'eccezione sollevata dalla resistente si appalesa pertanto infondata e, come tale, va respinta.
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a) Il testo dell'art. 7 cpv. 2 del messaggio del Consiglio federale (FF 1989 I 445) stabiliva che tutta l'energia offerta da produttori in proprio andava rimunerata applicando il metodo più favorevole (costi per l'acquisto di energia equivalente proveniente da nuovi impianti nazionali di produzione); esso conteneva tuttavia alcune limitazioni nel concetto di produttore in proprio (FF 1989 I 421 segg.). Il Consiglio nazionale ha accettato tale versione dell'art. 7 cpv. 2, rifiutando una proposta volta a determinare la rimunerazione per l'energia di produttori in proprio (senza distinzioni) nel prezzo di energia equivalente da parte delle reti regionali di trasporto (Boll. uff. CN dell'8 febbraio 1990 pag. 155 segg.). Senonché, il Consiglio degli Stati si è rifiutato di avallare tale testo, pronunciandosi altresì in favore dell'adozione dell'attuale art. 7 cpv. 3 DEn, proposto dal Consigliere agli Stati Jagmetti (Boll. uff. CS del 4 dicembre 1990 pag. 968 segg.) e sul quale, in seguito, si è allineato pure il Consiglio nazionale (Boll. uff. CN del 13 dicembre 1990 pag. 2386 segg.). Il Consigliere Jagmetti ha motivato la propria proposta con riferimento all'opportunità di incentivare la produzione di impianti fotovoltaici e a energia eolica; egli ha tuttavia relativizzato tale considerazione, indicando che l'espressione "energie rinnovabili" è stata ripresa dall'art. 24octies Cost. e che, nei due casi, essa ha il medesimo significato. Senonché, perlomeno in quest'ultimo contesto, lo stesso proponente ammette che l'espressione comprende pure le centrali idroelettriche (Jagmetti, Kommentar BV, n. 38 all'art. 24octies Cost.). Con l'adozione dell'art. 7 cpv. 3 DEn si intendeva essenzialmente incoraggiare lo sfruttamento di energie alternative, rinnovabili. Garantendo ai proprietari di impianti il diritto di fornire l'energia prodotta (eventualmente irregolarmente) ad un prezzo tale da coprire i costi marginali, il legislatore intendeva favorire, ad esempio, la realizzazione di impianti fotovoltaici o a energia eolica, (Boll. uff. CS del 4 dicembre 1990 pag. 969/980, voto Jagmetti). Nondimeno, nel corso dei dibattiti parlamentari, numerosi votanti hanno evidenziato taluni problemi, insiti nel testo di legge proposto, segnatamente quello di concedere al titolare di una vecchia centrale elettrica il diritto a un'indennità corrispondente al costo dell'energia fotovoltaica (in tal senso Rüesch, Boll. uff. CS del 4 dicembre 1990 pag. 469 e 471) o quello di far profittare di simili incentivi centrali idroelettriche già esistenti da decenni (Boll. uff. CN del 13 dicembre 1990 pag. 2389, voto Caccia). La minoranza della Commissione del Consiglio nazionale, contraria all'adozione dell'attuale art. 7 cpv. 3 DEn, ha parimenti esplicitamente rilevato che il testo della normativa trovava applicazione a tutti gli impianti idroelettrici già esistenti, e ciò malgrado fosse stato asserito che una simile regolamentazione non corrispondeva alle intenzioni del Consiglio degli Stati. Tale asserzione non è stata smentita dal Consigliere agli Stati Caccia, relatore del rapporto di maggioranza (Boll. uff. CN del 13 dicembre 1990 pag. 2389, voto Caccia). Il Consigliere federale Ogi ha replicato a simili considerazioni asserendo che i produttori in proprio, in futuro, potrebbero contribuire in modo importante ad assicurare e diversificare l'approvvigionamento nazionale: conviene quindi incoraggiarli mediante una retribuzione sufficiente. A suo avviso, la Confederazione ha un interesse a che simili impianti forse un po' arrugginiti continuino a produrre e a fornire energia ("... wir haben alles Interesse, dass solche, wenn auch kleine, vielleicht etwas rostige Kraftwerke weiterhin Energie produzieren und Energie abgeben können" - Boll. uff. CS del 4 dicembre 1990 pag. 970 e 971).
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Orbene, la lettera dell'art. 7 cpv. 3 DEn non differenzia la rimunerazione per la fornitura dell'energia a dipendenza dell'età dell'impianto, dei relativi costi o della fonte energetica (energia eolica, fotovoltaica, piccola centrale idroelettrica). Per converso, essa prevede un prezzo unitario, applicabile a tutti i produttori in proprio che impiegano energie rinnovabili. Certo, nelle discussioni al Consiglio degli Stati è stato sollevato l'interrogativo concernente il significato dell'espressione "nuovi impianti nazionali di produzione", in merito alla quale un votante ha chiesto se si trattasse dei costi di produzione delle centrali nucleari più recenti, degli impianti idroelettrici di Ilanz I e II o, invece, dei costi dell'energia prodotta da un determinato impianto fotovoltaico o a energia eolica. L'interessato concludeva poi rilevando la mancanza di chiarezza della norma (Boll. uff. CS del 4 dicembre 1990 pag. 969-971, voto Rüesch). Senonché, simili obiezioni sono state sollevate in merito alla precedente versione dell'art. 7 cpv. 2, che prevedeva di indennizzare tutta l'energia fornita da produttori in proprio in funzione del prezzo di acquisto di energia equivalente proveniente da nuovi impianti nazionali di produzione. In merito alla nuova versione dell'art. 7 cpv. 3 DEn, proposta dal Consigliere Jagmetti e concernente esclusivamente le forniture di elettricità proveniente da energie rinnovabili, con ogni evidenza, anche il votante citato ha ammesso l'impiego di un unico metodo di retribuzione (in funzione del prezzo di acquisto di energia equivalente in provenienza da nuovi impianti nazionali di produzione). Ne deriva che, sebbene nel giustificare la regola alla base dell'art. 7 cpv. 3 DEn sia stato fatto riferimento esclusivamente alla volontà di incentivare le energie "alternative", come quella fotovoltaica e quella eolica - le quali dipendono da specifiche condizioni di produzione - (Boll. uff. CS del 4 dicembre 1990 pag. 969/70, voto Jagmetti), la disposizione effettivamente adottata è più ampia. Le considerazioni testé illustrate mostrano che il legislatore era cosciente di tale fatto, segnatamente, esso sapeva che il testo dell'art. 7 cpv. 3 DEn, concernente le "energie rinnovabili", comprendeva pure le piccole centrali idroelettriche (cfr. voto Jagmetti, op.cit., pag. 971). Ne discende che la norma in questione omette deliberatamente di differenziare la rimunerazione del produttore in proprio a dipendenza del tipo d'impianto o dell'età di quest'ultimo. Per converso, essa fa dipendere l'indennità dovuta unicamente dalla quantità di energia fornita e dal fatto che la stessa sia equivalente a quella di nuovi impianti nazionali di produzione.
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b) Secondo l'art. 7 cpv. 3 DEn, gli enti pubblici di distribuzione di energia devono accettare anche l'elettricità prodotta non regolarmente, se essa è ottenuta mediante energie rinnovabili. L'articolo stabilisce poi che in tal caso il prezzo di acquisto è più elevato di quello previsto all'art. 7 cpv. 2 DEn. Ci si deve pertanto chiedere se, con tale formulazione, il legislatore abbia inteso legare il beneficio di una retribuzione superiore all'esistenza di un'offerta irregolare, ovvero se l'espressione "in tal caso" sia riferita all'irregolarità della produzione e non, esclusivamente, al fatto che essa derivi da energie rinnovabili. La versione tedesca del testo di legge corrisponde a quella italiana e non permette di chiarire la questione; quella francese, invece, tende a scartare un'interpretazione restrittiva della norma ("L'offre d'électricité produite à partir d'énergies renouvelables doit être acceptée, même si la production n'est pas régulière. Les prix payés se fondent sur les tarifs applicables à l'énergie équivalente qui provient des nouvelles installations de production en Suisse"). Quest'ultima versione corrisponde meglio al senso del disposto. In effetti, difficilmente il legislatore avrebbe scelto una formulazione tanto indiretta quale quella dei testi italiano e tedesco per riservare la rimunerazione giusta il cpv. 3 alle energie rinnovabili che non sono prodotte regolarmente. Va poi rilevato che, come esposto al considerando precedente (consid. 6a), il cpv. 3 dell'art. 7 DEn è applicabile anche alle centrali idroelettriche. Ora, sarebbe perlomeno molto discutibile, se non assolutamente illogico, prevedere che la corrente elettrica (derivante da energie rinnovabili) va rimunerata maggiormente se è prodotta, rispettivamente offerta, irregolarmente. Una simile interpretazione avrebbe come conseguenza di motivare i titolari di centrali idroelettriche a favorire un'offerta irregolare di energia (ad esempio mediante impiego di bacini di accumulazione). Ne consegue che l'energia offerta da produttori in proprio mediante impiego di energie rinnovabili va rimunerata nello stesso modo, indipendentemente dalla regolarità dell'offerta.
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c) Il Dipartimento federale dei trasporti, delle comunicazioni e delle energie per il periodo 1993-1995 raccomanda in media un pagamento annuo minimo di 16 cts/kWh per impianti di produzione in proprio di una potenza fino a 1 MW che operano con energie rinnovabili (Raccomandazioni per il calcolo e la determinazione del pagamento dell'elettricità fornita da produttori in proprio, del 21 dicembre 1992, pag. 1). La raccomandazione assume come parametro di riferimento dati concernenti nuovi impianti nazionali di produzione, che adempiono determinati criteri di scelta e che sono stati ponderati in funzione del tipo e della quantità di produzione. Il pagamento minimo raccomandato tiene conto, in modo approssimativo, delle perdite di rete, evitabili attraverso l'immissione decentralizzata, nonché delle diverse condizioni d'acquisto, dovute alla diversità strutturale dell'economia energetica. Il criterio dell'equivalenza (posto dalla legge), è stato considerato differenziando la retribuzione in funzione delle diverse fasce temporali (p. es. estate/inverno, tariffa piena/ridotta - Raccomandazioni citate, pag. 2 e allegato 2 grafico 3).
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Secondo uno studio del 7 settembre 1995, eseguito su mandato dell'Ufficio federale dell'energia ("Valutazione delle condizioni di raccordo per produttori in proprio"), i costi di produzione per le piccole centrali elettriche progettate sono dell'ordine di 16 cts/kWh o più (studio citato pag. 88/89); ciò che conferma la correttezza delle indicazioni dipartimentali.
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d) Le menzionate raccomandazioni non vincolano il giudice. Esse vanno tuttavia considerate se il metodo di calcolo indicato rispetta le premesse stabilite dalla legge e se il risultato poggia su rilevamenti di fatto affidabili, effettuati in modo professionale. In concreto, il Tribunale federale non vede alcuna ragione per dubitare della concludenza delle constatazioni del Dipartimento e della commissione consultativa. Il prezzo di 16 cts/kWh appare invece una concretizzazione adeguata della rimunerazione stabilita all'art. 7 cpv. 3 DEn.
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Le obiezioni sollevate dal Consiglio di Stato e dalla resistente sono inconferenti. Certo, il prezzo di 16 cts/kWh è stato determinato in base ai costi di produzione di nuovi impianti. Senonché, come indicato in precedenza (consid. 5b), il legislatore intendeva applicare tale rimunerazione anche agli impianti già esistenti. L'art. 7 cpv. 3 DEn non offre alcun appiglio per ridurre la rimunerazione di simili impianti in base ai loro costi di produzione effettivi. In altre parole, la ricorrente non ha diritto solo a una rimunerazione tale da garantire o da rimunerare correttamente la continuazione dell'esercizio: la disposizione legale applicabile non tiene in considerazione i costi effettivi di ogni produttore, ammette pertanto che taluni fornitori possano, eventualmente, realizzare utili importanti (cfr. studio citato pag. 85). Si può comunque aggiungere che l'impianto della ricorrente è stato realizzato poco tempo prima dell'entrata in vigore del decreto sull'energia: i suoi costi di produzione non dovrebbero pertanto scostarsi in misura notevole da quelli attuali. Secondo le allegazioni della ricorrente, nel periodo 1990-1993, essi ammontavano, in media, a 19,2 cts/kWh: eccedevano quindi la rimunerazione prevista dalle raccomandazioni del Dipartimento federale dei trasporti, delle comunicazioni e delle energie (cfr. ricorso pag. 5). Nella fattispecie non occorre vagliare in modo più approfondito tali allegazioni di parte, in quanto, per le ragioni sopraesposte, esse sono irrilevanti ai fini del giudizio. Va poi osservato che, diversamente da quanto previsto all'art. 7 cpv. 2 DEn, il terzo capoverso di tale normativa non consente di tenere conto di particolarità regionali o di considerazioni di politica regionale di distribuzione dell'energia elettrica (cfr. studio citato pag. 26 segg.). Per quanto concerne le conseguenze macroeconomiche, va comunque rilevato che la regolamentazione litigiosa si riferisce unicamente a forniture di energia derivante da fonti rinnovabili da parte di produttori in proprio, i cui impianti hanno una capacità massima di 1 MW: per enti pubblici di distribuzione e consumatori gli oneri risultanti da una simile normativa rimarranno quindi limitati. Inoltre, i piccoli enti di distribuzione di energia potranno profittare dell'art. 15 cpv. 3 OEn, secondo il quale essi possono trasmettere all'ente di distribuzione superiore le forniture di energia che superano il 5% della loro fornitura annua. In questa sede non occorre invece vagliare in che misura l'applicazione dell'art. 7 cpv. 3 DEn soggiaccia a riserve implicite, volte a impedire abusi nonché agevolazioni o oneri sproporzionati o ingiustificati: in concreto non sussiste infatti una simile fattispecie eccezionale.
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e) Da quanto esposto scaturisce che la decisione governativa impugnata, che concede alla ricorrente una rimunerazione pari a 8-13 cts/kWh, poggia su di un'interpretazione errata dell'art. 7 cpv. 3 DEn. Essa viola pertanto il diritto federale e va annullata. Va invece constatato che l'energia elettrica fornita dalla ricorrente alla resistente va rimunerata, a partire dal 1o maggio 1994, al prezzo annuale medio di 16 cts/kWh. Giusta l'art. 25 cpv. 3 DEn, le condizioni di ripresa dell'energia concordate tra produttore e ente di distribuzione devono infatti venire adattate entro tre anni dall'entrata in vigore del decreto, avvenuta il 1o maggio 1991. I dettagli dell'accordo saranno regolati contrattualmente tra le parti o, se del caso, mediante nuova decisione del Consiglio di Stato ticinese.
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