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9. Estratto della sentenza del 19 novembre 1999 della II Corte di diritto pubblico nella causa G. Sprenger e litisconsorti contro la Commissione federale delle banche (ricorsi di diritto amministrativo) | |
Regeste |
Art. 2 lit. d, Art. 10 Abs. 2 lit. d, Art. 11 Abs. 1 lit. a-c, Art. 35, Art. 36 BEHG (SR 954.1); Art. 3 Abs. 5, Art. 38 Abs. 1 lit. c, Art. 39 Abs. 1 lit. a Ziffer 1 BEHV (SR 954.11); Art. 23bis und 23quinquies BankG (SR 952.0); Auflösung von Gesellschaften, die ohne Bewilligung Effektenhandel betreiben, bzw. Liquidation der Zweigniederlassung eines ohne Bewilligung tätigen ausländischen Effektenhändlers. |
In Bezug auf die Auflösung von Gesellschaften, die ohne Bewilligung Effektenhandel betreiben, weist das BEHG eine echte Lücke auf. Diese ist durch analoge Anwendung der Regeln zu schliessen, welche die Rechtsprechung für Gesellschaften entwickelt hat, die ohne Bewilligung im Bankengeschäft tätig sind. Die Massnahmen gemäss Art. 36 BEHG können daher auch gegen Effektenhändler ergriffen werden, die ohne Bewilligung handeln (E. 6e). |
Verletzung der Informations- (E. 7a), der Sorgfalts- (E. 7b) und der Treuepflicht (E. 7c) gemäss Art. 11 Abs. 1 lit. a bis c BEHG sowie fehlende Gewährleistung einer einwandfreien Geschäftstätigkeit im Sinne von Art. 10 Abs. 2 lit. d BEHG (E. 7d). |
Die sofortige Auflösung der beschwerdeführenden Gesellschaften verletzt das Verhältnismässigkeitsprinzip nicht (E. 8). | |
Sachverhalt | |
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Quest'ultima società, nel definire la propria attività, ha precisato di fungere quale agente per la Finorex International S.A., società domiciliata ad Aruba.
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B.- Con un'unica decisione del 20 novembre 1997 la Commissione federale delle banche ha dichiarato assoggettate alla Legge sulle borse la Comfinor S.A., la Comsal S.A., la Comro S.A. e la succursale di Roveredo della Finorex International S.A., quali commercianti di valori mobiliari, rispettivamente, quale succursale di commerciante estero nonché ha sciolto le citate società, ponendole in liquidazione con effetto immediato.
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C.- Il 30 dicembre 1997 Gerold Sprenger e Claudia Martin, amministratori della Comsal S.A. e della Comro S.A., rispettivamente della Comfinor S.A., nonché azionisti delle stesse, hanno presentato dinanzi al Tribunale federale un ricorso di diritto amministrativo. Affermano, in sintesi, che il giudizio impugnato difetta di una base legale e disattende, sotto vari aspetti, la Legge sulle borse. Lamentano una violazione del principio della proporzionalità e contestano che siano adempiute le condizioni poste dalla normativa applicabile per poter dichiarare le società assoggettate alla medesima.
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Il 9 gennaio 1998 la Comsal S.A. in liquidazione (in seguito: Comsal), la Comfinor S.A. in liquidazione (in seguito: Comfinor) e la Comro S.A. in liquidazione (in seguito: Comro) hanno, a loro volta, adito il Tribunale con un unico ricorso di diritto amministrativo, la cui motivazione e le cui conclusioni sono identiche a quelle del gravame esperito da Gerold Sprenger e Claudia Martin.
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Lo stesso giorno, la Finorex International NV (di seguito: Finorex) ha ugualmente proposto davanti al Tribunale federale un ricorso di diritto amministrativo. La ricorrente, oltre a negare che si possa ammettere l'esistenza di una sua succursale in Svizzera, formula le stesse censure di quelle contenute negli altri due ricorsi.
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Il Tribunale federale ha respinto i ricorsi, in quanto ammissibili.
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Dai considerandi: | |
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Conformemente all'art. 38 cpv. 1 lett. c OBVM, sono commercianti esteri tutte le imprese organizzate secondo il diritto estero che esercitano il commercio di valori mobiliari ai sensi dell'art. 2 lettera d della legge. L'art. 39 cpv. 1 lett. a cifra 1 OBVM stabilisce poi che il commerciante estero necessita dell'autorizzazione della Commissione delle banche se occupa in Svizzera persone che, a titolo professionale e permanente, in Svizzera e dalla Svizzera, negoziano per lui valori mobiliari, tengono conti della clientela e lo impegnano giuridicamente (succursale). In proposito, va osservato che la Legge sulle borse, per ammettere l'esistenza di una succursale, pone esigenze meno elevate che quelle sgorganti dall'interpretazione giurisprudenziale dell'art. 935 CO (sulla nozione di succursale nella ![]() | 11 |
b) aa) Nella fattispecie in esame, va sottolineato in primo luogo che le quattro società ricorrenti operavano nello stesso campo. Negli inserti di causa vi sono infatti sufficienti elementi per ammettere che esse esercitavano la stessa attività (acquisto e vendita di opzioni, cfr. prospetti pubblicitari identici), alle stesse condizioni (in particolare, prelievo di una commissione pari al 35% del costo totale della transazione) e che, come verrà esposto di seguito, presentavano gli stessi pericoli per i clienti.
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bb) La Comsal e la Comfinor contestano il loro assoggettamento alla Legge sulle borse. A torto. Come emerge sia dalla decisione contestata sia dagli atti di causa, queste due società hanno dichiarato di avere - a fine giugno 1997 - centotrentanove, rispettivamente ottantanove clienti attivi (a fine giugno 1996 questi erano centosette, rispettivamente settantotto), ai quali, come risulta in modo incontestato dagli atti, non si applicava alcuno dei motivi di esclusione di cui all'art. 3 cpv. 6 OBVM. Detti clienti non acquistavano direttamente opzioni presso il broker estero: tutte le transazioni erano effettuate dalle società, le quali agivano quale controparte del broker: è quindi a ragione che la Commissione federale delle banche ha considerato che le medesime operavano a nome loro e per conto di terzi. Va poi osservato che le condizioni generali delle società indicavano chiaramente l'apertura di conti da parte dei clienti, sui quali erano iscritte tutte le operazioni contabili riguardanti i medesimi (versamenti, acquisti, vendite): sono quindi manifestamente adempiute le condizioni di cui all'art. 3 cpv. 5 OBVM. Infine, è invano che viene asserito che i conti di cui erano intestatarie le società non corrispondono alla definizione di "omnibus accounts", ossia di conti collettivi o di conti comuni. In effetti, come rileva la Commissione federale delle banche, questi conti servivano ad effettuare una pluralità di operazioni per diversi clienti. Su questo punto ![]() | 13 |
cc) Per quanto riguarda la Comro, va osservato innanzitutto che, come risulta dal rapporto allestito il 16 gennaio 1998 dalla liquidatrice, l'attività sviluppata dalla medesima è identica a quella della Comsal e della Comfinor, con l'unica differenza che tutta la parte amministrativa veniva trattata dalla Finorex Dienstleistung GmbH a Vienna. In proposito, ci si limita a rilevare che, come emerge dagli atti, la Comro aveva conseguito una cifra d' affari di complessivi fr. 5'196'000.- per il 1996 e di fr. 4'337'000.- per il 1997 (fino al 30 giugno). L'ammontare delle commissioni prelevate era pari a fr. 1'039'000.- per il 1996 e a fr. 867'000.- per il 1997 (fino al 30 giugno). Va poi osservato che detta società intratteneva due tipi di relazioni. Da un lato, essa era legata alla Comsal e alla Comfinor: le stesse persone dirigevano le società e la Comro, prima di essere dichiarata in fallimento, era rappresentata dallo stesso legale che le altre due società. Dall' altro, essa aveva dei legami con la Finorex: oltre al fatto che era la prima che contattava eventuali clienti e che era la seconda che si occupava dell'aspetto finanziario delle transazioni, anche qui, vi erano le stesse persone che operavano per le due società (cfr. in particolare la gestione del conto corrente postale svizzero della Finorex). Va poi osservato che il prospetto pubblicitario della Finorex, oltre a rinviare alla Comro, era di contenuto identico al suo. Per quanto concerne la questione dell'intermediazione per l'acquisto di contratti, non è necessario, in questa sede, vagliare in modo dettagliato la natura e la portata del contratto stipulato il 1o gennaio 1996 tra le due società (cfr. "Vertriebsvereinbarung" del 1o gennaio 1996). Infatti, in questo ambito, è determinante il tipo di relazioni che la Comro aveva con i clienti. In proposito, la tesi sostenuta dalle interessate, secondo cui la Comro si limitava ad indicare alla Finorex le possibilità di concludere contratti, senza procedervi lei stessa, è smentita dalle conferme d'ordine inviate ai clienti su carta intestata della Comro, recante all'inizio della lettera e messo in evidenza il termine "Auftragsbestätigung". Il contenuto stesso di tali documenti prova che il contratto era concluso in quel momento, la Finorex essendo solo l'ente esecutore per la Comro. La circostanza che alla fine di queste lettere figurava, redatta in piccoli caratteri, la menzione "Auftragseingangsbestätigung" non porta ad una diversa conclusione. Va poi osservato che, a parte l'attività sviluppata in comune con la Comro e il cui ricavo veniva incassato su un conto postale in Svizzera, nulla si sa sulla Finorex, la quale si è sempre ![]() | 14 |
dd) La Finorex fa valere di vendere opzioni, tra l'altro, anche a clienti domiciliati in Svizzera, senza però esercitarvi alcun'altra attività. Non contesta di essere un commerciante di valori mobiliari ai sensi dell'art. 2 lett. d LBVM, ma osserva che la sua sede si trova all'estero, che non impiega personale in Svizzera e che non vuole diventare membro di una borsa la cui sede si trova in Svizzera: a suo avviso, non necessita pertanto di un'autorizzazione della Commissione federale delle banche giusta l'art. 10 cpv. 4 LBVM, combinato con l'art. 3 cpv. 1 OBVM. Sostiene poi di non avere una direzione effettiva in Svizzera e di non svolgere i suoi affari essenzialmente o prevalentemente in Svizzera o a partire dalla Svizzera. Afferma pertanto di non essere obbligata ad essere organizzata secondo il diritto svizzero e di non sottostare alle disposizioni relative ai commercianti svizzeri (art. 10 cpv. 4 LBVM, in relazione con l'art. 38 OBVM). Č quindi a torto che la Commissione federale delle banche ha constatato che esercitava un'attività di fatto in Svizzera, come anche ha considerato che essa vi aveva una succursale, perlomeno di fatto, per la quale doveva ottenere un'autorizzazione.
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La tesi è inconferente. Anzitutto va ricordato che la Finorex non contesta di svolgere un'attività di commerciante di valori mobiliari ai sensi dell'art. 2 lett. d LBVM. In proposito, va ribadito che l'interessata si è astenuta di fornire, a parte un estratto della "Chamber of Commerce and Industry" di Aruba, una copia del contratto stipulato con la Comro, del suo prospetto pubblicitario nonché delle proprie condizioni generali, qualsiasi altro documento, dal quale si sarebbe potuto dedurre quali altre attività - oltre a quella esercitata con la Comro - essa svolgeva. Va poi rilevato che, per i motivi già esposti in precedenza (cfr. consid. 5b/cc), è a giusto titolo che la ![]() | 16 |
6. a) A parere dei ricorrenti (parere condiviso anche in dottrina, cfr. MANFRED KÜNG/FELIX M. HUBER/MATTHIAS KUSTER, Kommentar zum Börsengesetz, vol. II, Zurigo 1998, nota 11 segg. all'art. 36 LBVM), la decisione di sciogliere e di porre in liquidazione le società esulerebbe dalle competenze che la Legge sulle borse riconosce alla Commissione federale delle banche, in quanto priva di una base legale: la normativa in esame non prevederebbe infatti la facoltà di sciogliere e porre in liquidazione una persona giuridica che esercita il commercio di valori mobiliari allorché non dispone ancora della relativa autorizzazione, un tale provvedimento essendo previsto unicamente in caso di ritiro di un'autorizzazione già concessa, conformemente a quanto sancito dall'art. 36 LBVM. Secondo i ricorrenti, l'art. 35 LBVM, su cui si fonda il giudizio contestato, non prevede espressamente la misura contestata e non costituisce pertanto una valida base legale. Asseriscono altresì che non si può dedurre una tale sanzione da un'interpretazione estensiva della Legge sulle borse, in quanto a loro avviso, su questo punto, vi è un ![]() | 17 |
b) La Commissione federale delle banche non nega che il giudizio contestato si basa sull'art. 35 LBVM. Afferma tuttavia che è pure applicabile per analogia l'art. 36 LBVM. Fa poi valere che la Legge sulle borse non menziona tutte le misure che essa può adottare e che gli interventi precisi di cui all'art. 35 cpv. 3 lett. a e b LBVM sono esplicitamente enunciati nella legge in quanto trattasi di misure specifiche. Detta autorità sostiene poi che l' enumerazione di cui all'art. 35 LBVM non è esaustiva e che la messa in liquidazione di un commerciante non autorizzato rientra negli interventi usuali che essa, quale autorità di vigilanza, può decidere al fine di ripristinare l'ordine legale. Adduce che una diversa soluzione condurrebbe a riconoscere l'impossibilità per lei di porre un termine ad attività non autorizzate, altamente pericolose per il pubblico e l'immagine del sistema finanziario elvetico. Infine, asserisce che gli art. 35 e 36 LBVM si rifanno agli art. 23bis e 23quinquies della legge federale sulle banche e le casse di risparmio, dell'8 novembre 1934 (Legge sulle banche; LBCR; RS 952.0), e che la propria prassi nonché la giurisprudenza del Tribunale federale in materia d'interventi nei confronti di società non autorizzate esercitanti l'attività bancaria si applicano pertanto, mutatis mutandis, ai commercianti di valori mobiliari. Al riguardo sottolinea che secondo la prassi del Tribunale federale, gli art. 23bis segg. LBCR le permettono di prendere le decisioni necessarie al ripristino dell'ordine legale e che essa gode di un vasto potere di apprezzamento nella scelta delle misure proprie al perseguimento degli scopi della legge, segnatamente la protezione dei creditori.
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c) Giusta l'art. 35 LBVM, l'autorità di vigilanza prende le decisioni necessarie all'applicazione della legge e delle sue disposizioni di esecuzione e sorveglia l'osservanza delle prescrizioni legali e regolamentari (cpv. 1). Se viene a conoscenza d'infrazioni alle prescrizioni ![]() | 19 |
d) Un testo legale soffre di una lacuna, alla quale il giudice deve rimediare secondo la regola generale posta dall'art. 1 cpv. 2 CC, quando lascia irrisolta una questione giuridica che la sua applicazione solleva inevitabilmente e che una soluzione non può essere dedotta né dal testo né dall'interpretazione della legge (lacuna propria; cfr. DTF 117 III 3 consid. 2b e rinvii) oppure quando, a causa di un-'incongruenza del legislatore, omette di disciplinare un quesito la cui soluzione scaturisce dalle idee e dagli scopi di quest'ultimo. Per converso, il giudice non può supplire al silenzio della legge quando la lacuna è stata voluta dal legislatore (silenzio qualificato) e corrisponde ad una norma negativa oppure quando l'omissione consiste nella mancanza di una regola desiderabile (lacuna impropria), perché in tal caso si sostituirebbe al legislatore; egli può tuttavia farlo se costituisce abuso di diritto o addirittura viola la Costituzione invocare il senso considerato determinante della normativa (DTF 124 V 271 consid. 2a, 346 consid. 3b/aa e rispettivi richiami).
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Per giurisprudenza, la legge va innanzitutto interpretata secondo il suo tenore letterale (interpretazione letterale). Se il testo legale non è assolutamente chiaro o se più interpretazioni del medesimo si ![]() | 21 |
e) Č vero che l'art. 35 LBVM non prevede espressamente la possibilità di sciogliere e porre in liquidazione una persona giuridica che non dispone della necessaria autorizzazione e che l'art. 36 LBVM disciplina solo il ritiro di autorizzazioni già concesse e le conseguenze che ne derivano. Va poi rilevato che nel Messaggio concernente una legge federale sulle borse e il commercio di valori mobiliari, del 24 febbraio 1993 (di seguito: Messaggio; FF 1993 I 1077 segg., in particolare pag. 1134) è unicamente menzionata la possibilità di agire nei confronti di commercianti non autorizzati in base a quanto sancito dall'art. 35 LBVM. Senonché, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, non si è in presenza di un silenzio normativo qualificato, bensì di una lacuna propria, la quale può essere colmata applicando per analogia i criteri sviluppati dalla prassi riguardo alla Legge sulle banche, in particolare per quanto concerne i provvedimenti che possono essere emanati nei confronti di società non autorizzate. In effetti, sia dal Messaggio (cfr. FF 1993 I 1077 segg., in particolare pag. 1128 segg.) sia dai lavori preparatori (cfr. ad esempio, BU 1993 CS 998 segg., in particolare 999, 1010, 1011, 1013; BU 1994 CN 1076), sia dalla legge medesima (cfr. art. 34 LBVM), emergono numerosi rinvii alla Legge sulle banche, segnatamente ad un applicazione analogica dei criteri ivi contenuti o sviluppati in applicazione della medesima. Da tutto ciò si può quindi dedurre che la Legge sulle borse si è ispirata alla Legge sulle banche, anche se ciò non viene espressamente formulato per ogni articolo di legge. Non va poi trascurato che sebbene la Legge sulle borse, ![]() | 22 |
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a) L'obbligo d'informazione di cui all'art. 11 cpv. 1 lett. a LBVM sancisce che il commerciante deve, in particolare, informare la sua clientela sui rischi inerenti al genere di transazione effettuata. In proposito, va osservato che anche se la documentazione pubblicitaria, le condizioni generali e gli altri documenti firmati dai clienti menzionano esplicitamente i rischi importanti connessi al commercio di opzioni nonché il prelievo di una commissione pari al 35% del prezzo totale dell'opzione, non va tuttavia trascurato il fatto che - come ![]() | 24 |
b) L'obbligo di diligenza di cui all'art. 11 cpv. 1 lett. b LBVM stabilisce che il commerciante deve, in particolare, garantire la migliore esecuzione possibile degli ordini della clientela e far sì che la stessa possa ricostruire lo svolgimento delle operazioni. Su questo punto, si può senz'altro condividere gli argomenti - confortati da numerosi documenti figuranti agli atti - sviluppati dalla Commissione federale delle banche e rispetto ai quali i ricorrenti non riescono a formulare valide contestazioni né a fornire spiegazioni convincenti. Al riguardo, ci si può limitare a rilevare che i clienti avevano difficoltà a seguire l'andamento dei propri investimenti, che non erano regolarmente informati in proposito, che gli ordini da loro impartiti non erano sempre rispettati, e che mancava chiarezza nell'esecuzione dei loro ordini e nell'informazione data.
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c) L'obbligo di lealtà previsto dall'art. 11 cpv. 1 lett. c LBVM stabilisce che il commerciante deve, in particolare, vegliare affinché la sua clientela non venga lesa da eventuali conflitti d'interesse. Nel caso concreto, elemento incontestato, il rispetto di tale norma di comportamento va esaminato sotto il profilo delle modalità di percezione delle commissioni, segnatamente la loro entità. In proposito, ci si può allineare alla tesi della Commissione federale delle banche, secondo cui l'ammontare delle commissioni percepite, corrispondente al 35% del costo totale dell'opzione, non è giustificato - e i ![]() | 26 |
Da quanto testé esposto, discende che la Commissione federale delle banche ha ritenuto a ragione che le norme di comportamento di cui all'art. 11 LBVM erano state violate dalle società ricorrenti, ![]() | 27 |
d) Visto quanto precede, è a giusto titolo che la Commissione federale delle banche ha considerato che le società ricorrenti non offrivano la garanzia di un'attività irreprensibile (art. 10 cpv. 2 lett. d LBVM). Considerato poi le ulteriori mancanze constatate (personale non qualificato, infrastrutture inadeguate, capitale sociale insufficiente), che d'altronde le società ricorrenti non sono state capaci d'infirmare, ben si può concludere che i requisiti di cui all'art. 10 cpv. 2 LBVM - necessari per ottenere un'autorizzazione - non erano manifestamente adempiuti in concreto.
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e) Su questi punti, i ricorsi si rivelano infondati e vanno, di conseguenza, respinti.
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8. Nella fattispecie in esame, le gravi violazioni della legge rimproverate alle società ricorrenti appaiono, per i motivi esposti in precedenza (cfr. consid. 7), del tutto fondate. Ricordata inoltre l'importanza che il legislatore ha voluto conferire al rispetto delle norme di comportamento sancite dall'art. 11 LBVM (cfr. FF 1993 I 1114 seg.), la decisione relativa al scioglimento coattivo delle società ricorrenti appare - contrariamente all'opinione delle medesime che non è al riguardo sostenuta da validi argomenti - rispettosa del principio della proporzionalità e, di conseguenza, va pure confermata da questo profilo. In effetti, come ben rileva la Commissione federale delle banche nella propria risposta, la quale viene qui condivisa, oltre al fatto che la gestione effettuata conduce ad un depauperamento del patrimonio affidato, dette società costituiscono un pericolo anche per potenziali investitori, considerato che le stesse ricercano continuamente per telefono nuovi clienti (cfr. in proposito, l'ammontare delle spese telefoniche per il 1996 figurante agli atti). Rilevato inoltre che non è possibile, viste le violazioni constatate, convertire la loro attività in attività conforme alle esigenze legali, la decisione impugnata, il cui scopo è di tutelare gli investimenti intrapresi dagli attuali clienti, di proteggere potenziali investitori nonché di assicurare l'affidabilità della piazza finanziaria elvetica, è conforme al principio della proporzionalità e va, di conseguenza, confermata. Anche su questo punto, i ricorsi devono pertanto essere respinti.
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