BGE 131 II 352 | |||
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27. Estratto della sentenza della II Corte di diritto pubblico nella causa A. contro Dipartimento federale di giustizia e polizia (ricorso di diritto amministrativo) |
2A.410/2004 del 14 aprile 2005 | |
Regeste |
Art. 13 Abs. 1 ANAG, Art. 100 Abs. 1 lit. b Ziff. 1 OG, Art. 11 Abs. 1 und 3 FZA, Art. 5 Anhang I FZA; Einreisesperre, Verwaltungsgerichtsbeschwerde, öffentliche Ordnung. |
Zusammenfassung der Grundsätze und Voraussetzungen für die Einschränkung der sich aus dem Freizügigkeitsabkommen ergebenden Rechte aus Gründen der öffentlichen Ordnung (E. 3). |
Prüfung der Schwere der verübten strafbaren Handlung und der Rückfallsgefahr: Im konkreten Fall keine gegenwärtige und hinreichend schwere Bedrohung, welche eine Einreisesperre rechtfertigen könnte (E. 4). | |
Sachverhalt | |
Il 27 maggio 2003, il cittadino italiano residente a Milano A. (1950), fino ad allora incensurato, è stato condannato dalla Corte delle assise correzionali di Lugano a tredici mesi di detenzione, sospesi condizionalmente, per complicità in ripetuta appropriazione indebita. Come dirigente di una società milanese di brokeraggio, ha infatti prestato assistenza ad un funzionario di una banca ticinese nell'effettuazione di operazioni finanziarie che, tra il 1998 e il 1999, hanno causato all'istituto di cui quest'ultimo era dipendente un danno di almeno fr. 590'000.-. Di tale perdita la parte lesa è poi stata adeguatamente risarcita.
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Preso atto della suddetta condanna, il 30 giugno 2003 l'Ufficio federale degli stranieri (ora: Ufficio federale della migrazione; UFM) ha pronunciato nei confronti di A. un divieto d'entrata in Svizzera valido fino al 30 giugno 2008. Impugnato dall'interessato, il provvedimento è stato confermato dal Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) con decisione del 15 giugno 2004.
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Il 16 luglio 2004 A. ha introdotto un ricorso di diritto amministrativo dinanzi al Tribunale federale con cui ha chiesto l'annullamento della decisione dipartimentale o, in via subordinata, la sua modifica nel senso che il divieto d'entrata venisse ridotto ad un anno.
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Il Tribunale federale ha accolto il ricorso, annullando la decisione del DFGP ed il divieto d'entrata.
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Dai considerandi: | |
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1.1 Le decisioni in materia di divieto d'entrata sono pronunciate dall'Ufficio federale della migrazione (art. 13 cpv. 1 e 15 cpv. 3 della legge federale del 26 marzo 1931 concernente la dimora e il domicilio degli stranieri [LDDS; RS 142.20]) con facoltà di ricorso al Dipartimento federale di giustizia e polizia (art. 20 cpv. 1 lett. a LDDS). Quest'ultimo decide inappellabilmente (art. 20 cpv. 3 LDDS): il chiaro tenore dell'art. 100 cpv. 1 lett. b n. 1 OG esclude infatti l'ammissibilità del ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale in quest'ambito (DTF 129 II 193 consid. 2.1). In base a tale disposto l'impugnativa in esame risulterebbe dunque irricevibile.
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Erwägung 1.2 | |
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Nella fattispecie vanno dunque ossequiate le garanzie processuali previste dall'art. 11 ALC " per quanto riguarda l'applicazione delle disposizioni dell'Accordo ". Tale norma prescrive in particolare alle parti contraenti l'istituzione di un doppio grado di ricorso. Mentre la prima istanza ricorsuale può essere anche solo un'autorità amministrativa, a condizione che garantisca comunque un ricorso efficace, contro le sue decisioni deve essere data facoltà di appello dinanzi ad un'autorità giudiziaria indipendente e imparziale (art. 11 cpv. 1 e 3 ALC; STEPHAN BREITENMOSER/MICHAEL ISLER, Der Rechtsschutz im Personenfreizügigkeitsabkommen zwischen der Schweiz und der EG sowie den EU-Mitgliedstaaten, in: AJP 2002 pag. 1003 segg., in part. pag. 1014; PETER UEBERSAX, Entwicklungen beim Rechtsschutz im Ausländerrecht, in: Bernhard Ehrenzeller [a cura di], Das schweizerische Ausländerrecht, San Gallo 2003, pag. 61 segg., in part. pag. 80).
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1.2.2 Come rilevato, l'ordinamento procedurale interno relativo ai divieti d'entrata non prevede la possibilità di impugnare il giudizio reso su ricorso dal Dipartimento dinanzi ad un'autorità giudiziaria. La disciplina dell'art. 100 cpv. 1 lett. b n. 1 OG disattende di conseguenza le esigenze poste dall'Accordo (UEBERSAX, op. cit., pag. 82 seg.; ANDREAS ZÜND, Beendigung der Anwesenheit, Entfernung und Fernhaltung, in: Uebersax/Münch/Geiser/Arnold [a cura di], Ausländerrecht, Basilea/Ginevra/Monaco 2002, n. 6.92).
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Erwägung 1.3 | |
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Non occorre pertanto chiedersi se l'Accordo abbia in generale valenza prioritaria rispetto alle leggi federali di senso opposto. Giova comunque rilevare che a sostegno di tale tesi la dottrina adduce, tra l'altro, l'impegno a riferirsi al diritto comunitario espresso all'art. 16 cpv. 1 ALC, il rango superiore del diritto internazionale nella Comunità europea o la natura di diritto fondamentale del principio della libera circolazione (BREITENMOSER/ISLER, op. cit., pag. 1010; SILVIA BUCHER, Die Rechtsmittel der Versicherten gemäss APF im Bereich der sozialen Sicherheit, in: Schaffhauser/ Schürer [a cura di], Rechtsschutz der Versicherten und der Versicherer gemäss Abkommen EU/CH über die Personenfreizügigkeit im Bereich der sozialen Sicherheit, San Gallo 2002, pag. 87 segg., in part. pag. 153 segg.).
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2. Con il ricorso di diritto amministrativo può essere fatta valere sia la violazione del diritto federale, che comprende i trattati internazionali (DTF 130 II 337 consid. 1.3; DTF 126 II 506 consid. 1b) nonché l'eccesso e l'abuso del potere di apprezzamento, sia l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti rilevanti (art. 104 lett. a e b OG). Il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 114 cpv. 1 OG), senza essere vincolato dai considerandi della decisione impugnata o dai motivi invocati dalle parti. Non essendo l'istanza inferiore un'autorità giudiziaria, può inoltre verificare d'ufficio gli accertamenti di fatto su cui si fonda il giudizio contestato (art. 105 OG).
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Erwägung 3 | |
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3.2 Le deroghe alla libera circolazione devono essere interpretate in modo restrittivo. Pertanto il ricorso da parte di un'autorità nazionale alla nozione di ordine pubblico per restringere questa libertà presuppone, al di là della turbativa insita in ogni violazione di legge, una minaccia effettiva e abbastanza grave ad uno degli interessi fondamentali della società (DTF 130 II 493 consid. 3.2, DTF 130 II 176 consid. 3.4.1; DTF 129 II 215 consid. 7.3; sentenze CGCE del 27 ottobre 1977 nella causa 30-77, Bouchereau, Racc. 1977, pag. 1999, n. 33- 35, e del 19 gennaio 1999 nella causa C-348/96, Calfa, Racc. 1999, I-11, n. 23 e 25). I provvedimenti fondati su motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza devono inoltre essere adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale dell'individuo nei riguardi del quale essi sono applicati (art. 3 cpv. 1 della direttiva 64/221/CEE). Escluse sono quindi misure dettate da ragioni di prevenzione generale, decretate cioè nell'intento di provocare un effetto dissuasivo presso altri cittadini stranieri (DTF 130 II 493 consid. 3.2, DTF 130 II 176 consid. 3.4.1; DTF 129 II 215 consid. 7.1; sentenza CGCE del 26 febbraio 1975 nella causa 67-74, Bonsignore, Racc. 1975, pag. 297, n. 6-7). La sola esistenza di condanne penali non può automaticamente legittimare l'adozione di provvedimenti che limitano la libera circolazione (art. 3 cpv. 2 della direttiva 64/221/ CEE). Una tale condanna può essere presa in considerazione soltanto nella misura in cui dalle circostanze che l'hanno determinata emerga un comportamento personale costituente una minaccia attuale per l'ordine pubblico; secondo i casi, non è comunque escluso che la sola condotta tenuta in passato costituisca una siffatta minaccia (DTF 130 II 493 consid. 3.2, DTF 130 II 176 consid. 3.4.1; sentenze CGCE cit. in re Bouchereau, n. 27-29, e in re Calfa, n. 24).
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Erwägung 4 | |
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Erwägung 4.3 | |
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Al di là del manifesto interesse pubblico a perseguire atti illeciti come quelli commessi dal ricorrente, questi ultimi non riguardano comunque beni giuridici estremamente sensibili come la vita e l'integrità fisica, né sono legati al commercio di stupefacenti o ad altri crimini specialmente pericolosi per l'ordine pubblico (DTF 125 II 521 consid. 4a/aa; Istruzioni OLCP, pag. 77). Benché le colpe dell'interessato non vadano certo minimizzate, le specifiche modalità di commissione delle infrazioni non evidenziano inoltre una particolare gravità. Lo attesta d'altronde già la pena relativamente modesta inflitta. Diversamente da quanto sostenuto nella sentenza impugnata, le malversazioni non sono invero state operate su vasta scala, ma in un unico, ridotto contesto societario e su un lasso di tempo limitato a qualche mese. Esse hanno inoltre arrecato alla parte lesa un danno non trascurabile, ma nemmeno esorbitante per il tipo di reato in questione.
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4.4 Per le ragioni esposte, non appaiono in definitiva adempiuti i presupposti per ammettere una restrizione al principio della libera circolazione. Nonostante le infrazioni commesse, il ricorrente, fors'anche indesiderabile nel senso dell'art. 13 cpv. 1 LDDS, non rappresenta infatti una minaccia effettiva, attuale e sufficientemente grave ad un interesse fondamentale della società, tale da legittimare una misura per motivi di ordine pubblico, giusta l'art. 5 Allegato I ALC. Indipendentemente dalle ragioni per cui egli intende recarsi in Svizzera, il divieto d'entrata, pur limitato nel tempo e peraltro finora concretamente effettivo, deve di conseguenza essere annullato.
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