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Informationen zum Dokument  BGE 106 III 28  Materielle Begründung
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Regeste
Sachverhalt
Considerando in diritto:
1. Secondo la ricorrente la questione della validità dell' ...
2. La ricorrente ritiene che il provvedimento rogatorio del 23 no ...
3. La ricorrente insorge anche contro l'estromissione dall'invent ...
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8. Estratto della sentenza 8 maggio 1980 della Camera delle esecuzioni e dei fallimenti nella causa Massa fallimentare Motel Mezzovico SA c. Rolande Knuchel (ricorso)
 
 
Regeste
 
Retentionsurkunde; Art. 283 Abs. 3 und 97 Abs. 2 SchKG; Befugnis, die Entlassung von Gegenständen, die von Dritten beansprucht werden, aus dem Retentionsbeschlag zu verlangen.  
2. Dürfen Gegenstände, die von Dritten zu Eigentum angesprochen werden, zu einem Schätzungswert, der die durch das Retentionsrecht gesicherte Forderung übersteigt, in die Retentionsurkunde aufgenommen werden? Frage offen gelassen (E. 3a).  
3. Der Schuldner, der anlässlich der Aufnahme der Retentionsurkunde erklärt, dass die in die Urkunde aufgenommenen Gegenstände Dritten gehörten, ist nicht befugt, die Entlassung dieser Gegenstände aus dem Retentionsbeschlag zu verlangen. Hiezu ist einzig der Drittansprecher legitimiert (E. 3b).  
 
Sachverhalt
 
BGE 106 III, 28 (29)A.- Dal 1977 al 1979 la Massa fallimentare Motel Mezzovico S.A. locò a Rolande Knuchel il Motel Mezzovico. Il rapporto di locazione si fondò su due contratti distinti. Il primo scadde il 31 dicembre 1978 e diede luogo ad una procedura di sfratto; il secondo venne stipulato il 25 maggio 1979, dopo che la locatrice ebbe ottenuto lo sfratto, per il periodo dal 1o gennaio al 31 dicembre 1979.
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Il 17 aprile 1979, a tutela del diritto di ritenzione della locatrice, venne eretto un inventario a garanzia della pigione residua del 1978 (Fr. 38'154.--) e dell'indennità di occupazione relativa al periodo 1o gennaio-30 maggio 1979 (Fr. 100'000.--). Parte dei beni inventariati venne asportata fra il 15 di ottobre ed i primi di novembre 1979. Il 12 novembre 1979 venne allestito un secondo inventario a garanzia della pigione concernente il periodo 1o giugno-31 dicembre 1979 (Fr. 45'000.--). I due inventari riguardarono gli stessi beni, eccettuati quelli asportati, e furono intimati contemporaneamente alla debitrice, ossia il 13 dicembre 1979.
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B.- Con rogatoria del 23 novembre 1979 dell'UEF di Lugano, Circondario 2, all'UEF di Ginevra, dove la conduttrice si era nel frattempo trasferita, BGE 106 III, 28 (30)venne ordinata la reintegrazione dei beni inventariati il 17 aprile 1979 e asportati dalla debitrice. Quest'ultima insorse contro tale provvedimento, con reclamo del 10 dicembre 1979, chiedendone l'annullamento.
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Con un ulteriore reclamo datato 4 gennaio 1980, la debitrice chiese d'un canto l'annullamento dell'inventario eretto il 17 aprile 1979, per il motivo che la pigione ch'esso garantiva era stata interamente pagata, prima dell'intimazione dell'inventario, e che appariva ad ogni modo inammissibile ritardare di otto mesi tale intimazione; d'altro canto chiese la riduzione dei beni inventariati il 12 novembre 1979 in modo che il loro valore complessivo non superasse l'ammontare del credito residuo, cioè Fr. 45'000.--.
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C.- Con decisione del 17 marzo 1979 la Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale di appello statuì su entrambi i reclami, accogliendoli. Essa ritenne, in sostanza, arbitraria la fissazione del termine dell'art. 283 cpv. 3 LEF per promuovere l'esecuzione in via di realizzazione del pegno dopo quasi otto mesi dall'erezione dell'inventario, tanto più che tale modo di procedere era stato suggerito dalla creditrice stessa. L'autorità cantonale revocò pertanto l'inventario del 17 aprile 1979 e accolse di conseguenza anche il reclamo proposto contro il provvedimento ordinato il 23 novembre 1979, poiché dipendente dallo stesso inventario. Vista la caducità del primo inventario, la Camera di esecuzione e fallimenti rilevò che quello eretto il 12 novembre 1979 doveva essere circoscritto al credito da esso garantito; ordinò quindi l'estromissione dei beni eccedenti il valore di stima di Fr. 45'000.-- (dispositivo n. 2).
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D.- La creditrice insorge contro la decisione della Camera di esecuzione e fallimenti e ne postula l'annullamento. In particolare chiede che il provvedimento di reintegrazione dei mobili asportati venga confermato, che non vengano estromessi beni dall'inventario del 12 novembre 1979 e che sia accertata la validità di quello eretto il 17 aprile 1979. Le sue argomentazioni saranno esposte, se necessario, nei considerandi di diritto.
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E.- La debitrice, con osservazioni del 5 maggio 1980, propone l'integrale reiezione del ricorso.
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Considerando in diritto:
 
1. Secondo la ricorrente la questione della validità dell'inventario allestito il 17 aprile 1979 deve essere risolta esclusivamente BGE 106 III, 28 (31)nell'ambito del principio della buona fede. In altre parole l'inventario potrebbe essere considerato nullo unicamente se il ritardo nell'intimazione alla debitrice avesse danneggiato quest'ultima, ciò che in concreto non sarebbe avvenuto.
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a) La Camera delle esecuzioni e dei fallimenti del Tribunale federale, colmando una lacuna della legge, ha precisato che l'art. 278 cpv. 2 LEF si applica per analogia all'art. 283, nel senso che qualora il debitore interpone opposizione al precetto esecutivo notificatogli per la realizzazione del pegno (ossia dei beni inventariati e vincolati dal diritto di ritenzione), il creditore deve chiedere il rigetto dell'opposizione o promuovere l'azione di riconoscimento del suo credito, rispettivamente del diritto di ritenzione, entro 10 giorni; inoltre, soccombendo nella procedura di rigetto dell'opposizione, il creditore deve promuovere l'azione ordinaria ancora entro 10 giorni dalla notifica della decisione. Queste conclusioni si fondano sul fatto che il debitore, con l'erezione dell'inventario, perde la facoltà di disporre degli oggetti inventariati, anche se in seguito il diritto di ritenzione dovesse risultare materialmente infondato, e che è pertanto inammissibile prolungare gli effetti di tale impedimento, paragonabili a quelli del sequestro, a discrezione del creditore. Occorre quindi mettere a disposizione del debitore i mezzi atti ad impedire che i beni inventariati restino vincolati fino all'estinzione dell'esecuzione (circolare n. 24 del 12 luglio 1909).
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b) La Camera di esecuzione e fallimenti ha accertato in modo vincolante per il Tribunale federale (art. 63 cpv. 2 e 81 OG), che l'inventario del 17 aprile 1979 venne notificato alla debitrice il 13 dicembre 1979 non solo con il consenso, bensì su richiesta della creditrice. Questo accertamento non è del resto contestato. Ora, l'autorità cantonale rettamente ha dedotto dalla circolare suindicata che non è ammissibile permettere alla ricorrente di impedire a suo piacimento - in concreto per quasi otto mesi - alla debitrice di disporre degli oggetti vincolati dal diritto di ritenzione. Infatti è contrario al senso ed allo spirito della legge e della circolare menzionata lasciar dipendere dalla volontà della creditrice il momento dal quale inizia il decorso di termini, la cui inosservanza comporta la decadenza dell'inventario. In particolare non è conciliabile con le norme suddette permettere alla ricorrente di impedire all'escussa di disporre dei beni inventariati, lasciandole scegliere liberamente il momento BGE 106 III, 28 (32)dell'intimazione dell'inventario, ossia il momento da cui decorre il termine per promuovere l'esecuzione in via di realizzazione del pegno (art. 283 cpv. 3 LEF). A questo proposito è utile ricordare che secondo l'art. 113 LEF, applicabile per analogia alla fattispecie (H. U. WALDER, Schuldbetreibung und Konkurs, 10a ed., n. 4 ad art. 283), l'inventario di ritenzione deve essere notificato al debitore entro tre giorni dall'erezione.
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Il modo di procedere suggerito dalla ricorrente all'Ufficio di esecuzione e fallimenti di Lugano, se esaminato secondo i principi della buona fede, comporta le stesse conseguenze dell'inosservanza del termine (cfr. art. 278 cpv. 4 LEF): l'inventario è revocato ed il diritto di ritenzione si estingue. Il fatto che il differimento della notificazione non abbia arrecato alcun danno alla debitrice è irrilevante. Determinante è il vincolo, di cui si è detto sopra, che colpisce i beni inventariati, ossia l'impossibilità di disporre degli stessi. In altre parole il differimento degli effetti dell'inventario per volontà della creditrice non è conciliabile con il diritto della debitrice alla rapida rimozione dell'impedimento.
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Per questi motivi la decisione impugnata, nella misura in cui revoca l'inventario eretto il 17 aprile 1979, deve essere confermata. Ne segue che l'istanza di reintegrazione dei beni asportati dalla debitrice non può essere fondata su detto inventario.
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Ora, il rappresentante della ricorrente è stato incaricato di intraprendere le pratiche necessarie per fare riportare gli oggetti asportati soltanto in occasione della riunione della delegazione dei creditori nel fallimento della Motel Mezzovico S.A., tenutasi il 21 novembre 1979. Ciò significa indubbiamente che fino a questa data il provvedimento di reintegrazione non era ancora stato chiesto, nemmeno per atto concludente. Non è BGE 106 III, 28 (33)pertanto possibile che la richiesta d'inventario del 12 novembre 1979 contenesse implicitamente la domanda di reintegrazione. Inoltre, dal momento che la Camera di esecuzione e fallimenti ha accertato che l'asportazione è avvenuta al più tardi durante la prima settimana di novembre, la domanda di reintegrazione, che per forza di cose dev'essere stata formulata dopo la riunione del 21 novembre 1979, appare ad ogni modo tardiva in virtù dell'art. 284 LEF, senza che sia necessario determinare quando essa venne formulata.
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L'annullamento del provvedimento rogatorio del 23 novembre 1979 deve pertanto essere confermato anche per questi motivi.
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a) Il Tribunale federale ha precisato che in virtù dell'art. 97 cpv. 2 LEF, applicabile per analogia, l'inventario allestito a garanzia del diritto di ritenzione deve limitarsi ai beni necessari per coprire il credito in esecuzione oltre interessi e spese, secondo la stima dell'ufficio, e che la stessa norma intende evitare che al terzo proprietario degli oggetti inventariati venga tolta la facoltà di disporre degli stessi in misura maggiore a quanto necessario (DTF 61 III 13). Giova d'altra parte ricordare che secondo l'art. 273 CO, i diritti del terzo proprietario prevalgono sul diritto di ritenzione del locatore solo in casi eccezionali. Si potrebbe pertanto essere indotti a concludere che la necessità di proteggere i diritti del terzo proprietario, d'un canto, ed il fatto che il diritto di ritenzione prevale di regola su questi diritti, d'altro canto, debbano comportare la reiezione della censura in esame.
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Occorre tuttavia tenere conto anche degli interessi della creditrice. Infatti dal processo verbale dell'inventario del 12 novembre 1979 risulta che tutti i beni inventariati sono stati "rivendicati dalla Sig.a Knuchel Rolande di proprietà del Sig. Weibel Walter, Nendel". Allo stadio attuale della procedura non è quindi ancora possibile determinare quali beni potranno essere realizzati a favore della creditrice. In particolare, se la rivendicazione di proprietà di Weibel dovesse condurre all'estromissione BGE 106 III, 28 (34)dall'inventario di taluni di questi beni, non è certo che quelli rimanenti saranno ancora sufficienti per coprire il credito vantato dalla locatrice. In questo senso si potrebbe giustificare di inventariare oggetti per un valore di stima complessivo superiore all'ammontare del credito della ricorrente.
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La questione dell'estromissione dall'inventario del 12 novembre 1979 di parte dei beni inventariati può tuttavia rimanere aperta, poiché il dispositivo n. 2 della sentenza impugnata deve essere annullato già per un altro motivo.
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b) Nel corso dell'allestimento del secondo inventario, fu la debitrice stessa a dichiarare che tutti i beni sui quali la locatrice intendeva esercitare il diritto di ritenzione appartenevano a Weibel. Ora, secondo la già citata sentenza del Tribunale federale (DTF 61 III 13), il terzo rivendicante è egli stesso legittimato a chiedere l'estromissione dall'inventario dei beni di sua proprietà. Di conseguenza alla debitrice manca l'interesse legittimo sufficiente per chiedere che i beni da lei dichiarati di proprietà di terzi siano svincolati dal diritto di ritenzione.
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Su questo ultimo punto il ricorso deve pertanto essere accolto.
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