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22. Estratto della sentenza 3 agosto 1984 della Camera delle esecuzioni e dei fallimenti nella causa M. contro E. (ricorso) | |
Regeste |
Art. 197, 199, 206 und 219 SchKG. | |
Sachverhalt | |
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Il reclamo presentato dalla creditrice è stato respinto il 5 luglio 1984 dalla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale di appello ticinese, la cui decisione è stata impugnata con ricorso al Tribunale federale. Il ricorso è stato respinto.
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Considerato in diritto: | |
1. Nella causa trattata in DTF 67 III 33, la debitrice aveva venduto a suo figlio beni immobili pignorati in precedenza e gravati da una restrizione della facoltà di disporre; in seguito al fallimento della debitrice, l'ufficio dei fallimenti aveva chiesto la radiazione dell'annotazione nel registro fondiario, alla quale si erano però opposti i creditori che avevano ottenuto il pignoramento: le autorità esecutive avevano respinto il loro reclamo. Il Tribunale federale ha premesso che, ![]() | 3 |
La ricorrente chiede la realizzazione a suo favore dei beni che, secondo le iscrizioni nel registro fondiario, sono proprietà di terzi: essa afferma che la sentenza del Tribunale federale è contraddetta da decisioni posteriori e criticata in dottrina, per cui merita riesame.
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2. La ricorrente menziona DTF 93 III 55, per giustificare che non appartengono alla massa i beni alienati prima dell'apertura del fallimento. Il riferimento è però manifestamente errato. In quell'occasione il Tribunale federale ha in realtà ribadito che l'art. 206 LEF racchiude un principio basilare del diritto fallimentare: esecuzioni individuali possono sussistere esclusivamente se tendono alla realizzazione di un pegno (non d'un oggetto pignorato) appartenente a un terzo oppure di beni sui quali il debitore vanta un diritto di comproprietà o di proprietà comune (consid. 1 e 3), circostanze che non si verificano nella fattispecie. La tesi della ricorrente è invece smentita da una sentenza più recente, nella quale è stato confermato che, in virtù dell'art. 199 LEF, l'apertura del fallimento toglie ai creditori pignoranti il privilegio d'essere tacitati con la realizzazione dei beni pignorati a loro favore, anche trattandosi d'immobili iscritti nel registro fondiario a nome di terzi (DTF 99 III 14 ![]() | 5 |
Quanto alla dottrina, la ricorrente sembra aver confuso l'esecuzione in via di pignoramento (Betreibung auf Pfändung) con l'esecuzione in via di realizzazione del pegno (Betreibung auf Pfandverwertung). Tutti gli autori citati nel ricorso si riferiscono all'eccezione menzionata sopra, secondo la quale possono sussistere, accanto alla procedura fallimentare, le esecuzioni tendenti alla realizzazione di pegni appartenenti a terzi, non al debitore fallito: così JÄGER/DAENIKER, Praxis, 1947, vol. I, art. 206 n. 2; JÄGER/DAENIKER, ed. tascabile del 1950, art. 206 n. 2; FRITZSCHE, 1955, pag. 54; BLUMENSTEIN, 1911, pagg. 700/701. L'ultimo di questi autori non poteva del resto criticare una sentenza che il Tribunale federale non aveva ancora emanato, mentre i primi due rinviano espressamente a DTF 67 III n. 11 (pag. 33). Infine JÄGER, 1911, art. 206 n. 2, esprime dubbi sulle critiche formulate contro la prassi del Tribunale federale allora in vigore - che consentiva nelle note circostanze esecuzioni individuali - ma si chiede a sua volta se dette esecuzioni non divengano caduche per il subentro della massa nei diritti dei creditori pignoranti.
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Ne discende che non v'è motivo di scostarsi dalla prassi del Tribunale federale, cambiata in DTF 67 III 33e confermata implicitamente in DTF 99 III 14 consid. 2. L'UEF ha rifiutato con ragione la realizzazione degli immobili fatti pignorare dalla ricorrente e venduti dal debitore prima dell'apertura del fallimento: l'autorità cantonale di vigilanza non ha di conseguenza violato il diritto esecutivo. Come s'è detto, non deve essere esaminato in questa sede se l'ufficio incaricato della liquidazione della successione del debitore abbia proceduto in conformità con la giurisprudenza riassunta sopra.
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