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12. Sentenza 10 maggio 1989 della Camera delle esecuzioni e dei fallimenti nella causa Banca Popolare Svizzera contro Banca Cantonale di Zurigo | |
Regeste |
Gesamthafte Versteigerung getrennt verpfändeter Grundstücke (Art. 108 und 118 VZG). | |
Sachverhalt | |
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B.- La Banca Popolare Svizzera, detentrice di una cartella ipotecaria al portatore sulla particella n. 146, ha introdotto alla Camera delle esecuzioni e dei fallimenti del Tribunale federale un ricorso del 31 marzo 1989 in cui chiede che, concesso al rimedio effetto sospensivo, la sentenza cantonale sia annullata e l'asta in blocco eliminata dalle condizioni dell'incanto. Il Presidente della Camera, statuendo il 4 aprile 1989, ha conferito al ricorso effetto sospensivo nel senso che l'asta non avrebbe potuto aver luogo fino al sindacato del Tribunale federale. Invitato a pronunciarsi, l'Ufficio esecuzione e fallimenti conferma le osservazioni con le quali si rimetteva al giudizio dell'autorità di vigilanza. La Banca Cantonale di Zurigo postula il rigetto del gravame.
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Considerando in diritto: | |
1. L'autorità di vigilanza ha accertato che sulle particelle n. 1157, 1158 e 1159 sorgono tre case contigue (una su ogni fondo); per raggiungere da tali stabili la sovrastante strada cantonale è necessario attraversare la particella n. 146, su cui si trovano - oltre alla quarta casa unifamiliare - tutte le autorimesse e una torre d'ascensore con scala a lato. Nessun diritto d'uso o di ![]() | 3 |
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a) La corte cantonale ha ritenuto che in concreto l'alienazione singola dei quattro fondi sarebbe, sotto il profilo del ricavato complessivo, meno redditizia della vendita in blocco e che l'incanto separato della particella n. 146 provocherebbe una netta svalutazione delle particelle n. 1157, 1158 e 1159. Tali accertamenti sul valore dei fondi non possono essere ridiscussi in sede federale (art. 81 con rinvio all'art. 63 cpv. 2 OG). La ricorrente, per altro, non contesta né che le singole aste sarebbero meno proficue di un'alienazione globale, né che l'incanto separato della particella n. 146 andrebbe decisamente a scapito delle particelle n. 1157, 1158 e 1159. Afferma, certo, che la vendita in blocco tornerebbe a detrimento della particella n. 146. L'art. 134 LEF impone all'Ufficio, nondimeno, di fissare le condizioni dell'incanto "in modo da ottenere la maggior somma possibile": che la vendita in blocco sia idonea a raggiungere questo scopo è fuori dubbio. L'esistenza di un'unità economica nel senso dell'art. 108 cpv. 1 RFF non può quindi essere negata.
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c) L'art. 118 RFF prevede che nell'ipotesi di una vendita in blocco a norma dell'art. 108 RFF il ricavato è suddiviso "sui diversi fondi nella proporzione della stima attribuita ai singoli fondi nella procedura di appuramento dell'elenco degli oneri". La ricorrente sottolinea che qualora la particella n. 146 fosse alienata in blocco con le altre, la quota di riparto che ne deriverebbe sarebbe inferiore al ricavato di un'asta singola, e ciò quand'anche l'introito della licitazione in blocco debba risultare più alto del provento globale conseguibile con le singole aste. Tale accertamento non figura espressamente nella sentenza impugnata, ma si desume dalle osservazioni che l'Ufficio circondariale ha introdotto all'autorità di vigilanza e può essere ripreso a titolo integrativo (art. 81 con rimando all'art. 64 cpv. 2 OG). Ora, l'esigenza di non pregiudicare con un'asta in blocco complessivamente più vantaggiosa delle singole licitazioni i creditori pignoratizi di determinati fondi non è senza peso. Il Tribunale federale ha già avuto modo di ricordare che gli art. 797 e 816 CC garantiscono al creditore pignoratizio il diritto di essere pagato sul ricavo del fondo specifico; l'art. 108 RFF disciplina solo la procedura di realizzazione in blocco e nulla muta al riguardo: sarebbe incompatibile con il principio della ![]() | 7 |
d) La giurisprudenza ha già precisato che nel caso di una vendita in blocco è lecito inserire nelle condizioni dell'incanto una clausola secondo cui il ricavato deve permettere di attribuire a ogni fondo una quota per lo meno uguale all'offerta più alta conseguita dal fondo medesimo nell'asta singola (DTF 61 III 134seg.). Una riserva del genere non è solo consentita, ma si impone nel caso precipuo ove l'asta in blocco, per ovviare al grave deprezzamento di tre particelle, sfavorisce una quarta. È vero che la migliore offerta avanzata nel quadro dell'asta singola può essere influenzata dalle previsioni relative all'asta in blocco: tale pericolo è legato tuttavia all'istituto stesso della doppia licitazione (che è applicabile anche in altre circostanze: art. 142 LEF, art. 42, 57, 104 RFF) e non contrasta - di per sé - con l'individualità del pegno. La Banca Cantonale di Zurigo sembra eccepire che la particella n. 146 è valorizzata, oltre che dalla sua ubicazione, da manufatti (tre autorimesse e una torre dell'ascensore con scala esterna) costruiti grazie ai mutui ipotecari accesi dalla società fallita sulle particelle n. 1157, 1158 e 1159. Indipendentemente dalla circostanza però che con un minimo di attenzione - sulla base di una semplice planimetria - la banca avrebbe potuto appurare l'uso dei mutui, resta il principio che il titolare di un pegno ipotecario non può pretendere di rivalersi su pegni altrui ove non riesca a ricuperare interamente il proprio credito. Un'ipotesi simile sarebbe, come si è illustrato, contraria agli art. 797 e 816 CC. Se ne conclude, in sintesi, che l'Ufficio circondariale dev'essere tenuto a perfezionare le condizioni dell'incanto in blocco nel senso che la quota di riparto spettante a ogni fondo dovrà risultare almeno uguale all'offerta più elevata conseguita dal fondo medesimo nell'asta singola. Ciò comporta il parziale accoglimento del ricorso.
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