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23. Estratto della sentenza della Corte di cassazione penale del 10 marzo 1992 nella causa Procura pubblica sopracenerina c. D., C., B. e A. (ricorso per cassazione). | |
Regeste |
Art. 63 StGB; Bemessung der Strafe bei aufgrund verdeckter Fahndung festgenommenen Angeschuldigten. | |
Sachverhalt | |
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Con sentenza del 14 aprile 1989 la Corte delle assise criminali del Cantone Ticino sedente a Bellinzona dichiarava i predetti partecipanti a tale traffico colpevoli di violazione aggravata della legge federale sugli stupefacenti, condannando: C. (riconosciuto altresì colpevole di taluni altri reati minori) a 17 anni di reclusione e all'espulsione dal territorio svizzero per 15 anni; D., a 12 anni di reclusione e all'espulsione per 15 anni; A. e B., a 8 anni di reclusione e all'espulsione per 15 anni; B. (riconosciuto colpevole anche di due reati minori), a 6 anni di reclusione.
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Adita da C. e da D., la Corte di cassazione e di revisione penale del Cantone Ticino (CCRP) accoglieva il 12 ottobre 1989 parzialmente il ricorso del primo, prosciogliendolo da un'imputazione di atti preparatori di un traffico di 1000 kg di hascisc per intervenuta prescrizione, respingendo i gravami per il rimanente e confermando le pene irrogate in prima istanza.
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Il 16 maggio 1990, la Corte di cassazione penale del Tribunale federale accoglieva il ricorso per cassazione proposto da C. e D. contro la sentenza della CCRP, nella misura in cui questa non aveva tenuto conto, quale fattore di riduzione di pena, dell'inchiesta mascherata; il ricorso di B., che non aveva sollevato tale censura, era invece respinto.
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La Procura pubblica sopracenerina è insorta tempestivamente con ricorso per cassazione avverso la sentenza del 26 giugno 1991 della CCRP, chiedendone l'annullamento per avere tale corte effettuato una riduzione eccessiva delle pene.
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La Corte di cassazione del Tribunale federale ha accolto il ricorso, rinviando la causa alla CCRP per nuova decisione.
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Considerando in diritto: | |
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a) In base ad un'interpretazione dell'art. 63 CP conforme alla Costituzione e alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, gli effetti dell'impiego di un agente infiltrato devono essere considerati, ai fini della determinazione della pena, in modo adeguato a favore dell'imputato. Il Tribunale federale non esige una base legale per l'impiego di agenti infiltrati, dato che non v'è una violazione di un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione o dalla CEDU quando chi è imputato in seguito ad un'inchiesta mascherata non venga in alcun modo punito per il contributo alla sua partecipazione recato da agenti infiltrati (DTF 116 IV 297 consid. 2b/aa, DTF 112 Ia 22). Ne discende, da un lato, che può derogarsi a tale principio solo in casi del tutto straordinari, per esempio laddove tale contributo sia stato minimo o manifestamente non abbia avuto alcuna influenza sul grado di colpa dell'imputato (DTF 116 IV 298 consid. 2b/bb). D'altro canto, allorquando il traffico di stupefacenti di cui si tratta non sia stato in alcun modo avviato grazie ad un comportamento attivo di agenti infiltrati, bensì sia dovuto esclusivamente all'iniziativa degli autori, l'agevolazione - intervenuta in virtù del contributo di agenti infiltrati - dell'esecuzione dell'attività criminosa può comportare solo effetti limitati sulla misura della pena da pronunciare (DTF 116 IV 299 consid. 2b/cc). In altre parole, in linea di principio va tenuto conto di qualsiasi agevolazione dell'attività criminosa; se tuttavia ![]() | 11 |
b) La CCRP ha manifestamente frainteso l'esatto significato di tale giurisprudenza. Essa è pervenuta in fatto alla conclusione - vincolante il Tribunale federale (art. 277bis cpv. 1 PP) e contro la quale i resistenti sollevano pertanto censure inammissibili (art. 273 cpv. 1 lett. b PP) - che il comportamento degli agenti infiltrati diretto a spianare la strada degli autori del traffico era stato essenzialmente passivo, di guisa che occorreva a tali autori, per realizzare il fine che si erano proposti, una volontà criminosa minore in misura corrispondente (DTF 116 IV 297 consid. 2b/aa). Nel ridurre le pene, rispettivamente di un quarto o di un quinto, la CCRP ha ecceduto il proprio potere d'apprezzamento, poiché non ha tenuto conto dell'influenza solo modesta che il grado relativamente minore di colpevolezza dovuto al contributo degli agenti infiltrati poteva avere sulla misura delle pene da irrogare. Nella fattispecie poteva entrare nei limiti di un corretto potere d'apprezzamento solo una riduzione inferiore a un decimo. Per tale ragione il ricorso dev'essere accolto, la sentenza impugnata annullata e la causa rinviata per nuova decisione alla CCRP.
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