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31. Estratto della sentenza della Corte di diritto penale nella causa A. contro C.E. e Ministero pubblico del Cantone Ticino (ricorso in materia penale) |
6B_249/2008 del 12 settembre 2008 | |
Regeste |
Art. 305ter Abs. 1 und Art. 97 f. StGB, Art. 3-5 GwG; mangelnde Sorgfalt bei Finanzgeschäften, Verjährung. | |
Sachverhalt | |
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In applicazione della pena, il Procuratore pubblico proponeva la condanna di A. alla pena pecuniaria di fr. 16'200.-, pari a 90 aliquote di fr. 180.- l'una, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di due anni, e alla multa di fr. 1'000.- commutabile in una pena detentiva di 10 giorni in caso di mancato pagamento. C.E. veniva rinviata al competente foro per le pretese di natura civile.
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B. Statuendo sull'opposizione di A. contro il suddetto decreto d'accusa, il 17 ottobre 2007, il Presidente della Pretura penale confermava le imputazioni a carico dell'accusato e lo condannava alla pena pecuniaria di 75 aliquote giornaliere di fr. 190.-, per un totale di fr. 14'250.-, sospesa condizionalmente per un periodo di due anni nonché alla multa di fr. 1'000.- commutabile in una pena detentiva sostitutiva di 10 giorni in caso di mancato pagamento. A. veniva inoltre condannato a pagare alla parte civile C.E. fr. 4'000.- a titolo di ripetibili. Quest'ultima veniva rinviata al competente foro civile per eventuali ulteriori pretese di corrispondente natura.
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C. Con sentenza del 5 marzo 2008, la Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello (CCRP) respingeva, per quanto ammissibile, il ricorso per cassazione presentato dal condannato.
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D. Avverso questa sentenza A. insorge al Tribunale federale con ricorso in materia penale. In via principale, postula la riforma del giudizio dell'ultima istanza cantonale nel senso che egli è prosciolto dai reati di cui agli art. 305ter e 306 CP, subordinatamente dall'accusa di carente diligenza per le operazioni finanziarie antecedenti il 17 ottobre 2000; domanda inoltre che venga annullata la condanna al ![]() | 6 |
Dai considerandi: | |
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2.2 Nel caso specifico, a A. non è stato rimproverato esclusivamente di essersi astenuto dall'agire laddove era tenuto a farlo. I fatti imputatigli consistevano infatti non solo nella mancata corretta identificazione dell'avente economicamente diritto, bensì pure in operazioni di gestione delle tre relazioni bancarie in parola, ossia nella loro apertura e nel loro mantenimento in essere. Così com'è formulata la critica cade quindi nel vuoto. In realtà, la censura del ricorrente riguarda un'altra questione - determinante per la prescrizione dell'azione penale ![]() | 9 |
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2.4 Non è possibile seguire il ricorrente neppure laddove sostiene che, in quanto reato per commissione, la carente diligenza in operazioni finanziarie sia un'infrazione istantanea definitivamente ed esclusivamente consumata al momento della conclusione della relazione contrattuale. A prescindere dal fatto che quest'opinione non trova alcun riscontro nella dottrina, gli autori che si chinano su questo aspetto propendono a ritenere la fattispecie dell'art. 305ter CP un reato permanente: l'infrazione comincia con l'inizio del rapporto d'affari e termina, al più tardi, alla fine dello stesso o nel momento in cui l'intermediario finanziario assolve al proprio dovere di identificazione (v. MARLÈNE KISTLER, La vigilance requise en matière d'opérations financières, tesi Losanna 1994, pag. 171, per cui però l'art. 305ter CP sanziona un reato di omissione; NIKLAUS SCHMID, op. cit., § 6, n. 47, n. 259 ad art. 305ter CP, per cui la carente diligenza in operazioni finanziare è - anche - un reato permanente). Sebbene non ![]() | 11 |
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In concreto, è stato appurato che il ricorrente si è occupato dei valori patrimoniali in modo permanente, aprendo e mantenendo in essere tre diverse relazioni bancarie senza accertare l'identità dell'avente economicamente diritto dei valori in questione. In simili circostanze, la carente diligenza in operazioni finanziarie si configura come reato permanente, sicché su questo punto il gravame va disatteso.
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Sennonché, l'insorgente equivoca sulla portata di questo principio che concerne la procedura penale e dal quale non può dunque dedurre alcunché a sostegno della sua tesi per quanto attiene alle informazioni destinate a istituti bancari al di fuori di una procedura penale. Del resto, egli misconosce che non è tanto il carattere erroneo dell'accertamento dell'identità dell'avente economicamente diritto, quanto la carente diligenza richiesta dalle circostanze che è sanzionata dall'art. 305ter CP. Così, chi non identifica correttamente l'avente diritto economico sebbene abbia fatto prova di tutta la diligenza richiesta dalle circostanze non è punibile e può pertanto correggere senza rischi le informazioni. Per contro, la possibilità di scoprire, all'occasione di una rettifica, che l'intermediario finanziario non aveva effettuato le ricerche necessarie e possibili, e di incriminarlo a questo stadio appare conforme allo scopo della norma in questione.
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Su questo punto l'insorgente sviluppa un'argomentazione che si fonda su fatti che divergono da quanto accertato in sede cantonale, sicché non v'è ragione di entrare nel merito di tale censura (v. art. 105 cpv. 1 LTF). Peraltro egli dimostra di misconoscere la portata del suo obbligo di accertare l'identità del reale avente economicamente diritto, obbligo autonomo e indipendente da quello dell'istituto bancario. Egli è tenuto ad accertare ed eventualmente rettificare l'identità dell'avente economicamente diritto anche qualora, per ipotesi, non collochi i valori patrimoniali in un istituto bancario ma li prenda semplicemente in custodia. Non può pertanto dedurre alcunché in suo favore pretendendo che, in taluni casi, le banche rifiutino di modificare le indicazioni relative all'avente economicamente diritto.
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2.8 Infine, secondo il ricorrente, l'azione penale sarebbe prescritta. Egli riprende le argomentazioni addotte in relazione al genere di reato punito dall'art. 305ter CP. Su questo punto si può rinviare a quanto sopraesposto (v. consid. 2.4). L'insorgente precisa che ritenere che l'infrazione cominci con l'inizio della relazione d'affari e termini alla fine della stessa condurrebbe a una situazione assurda, laddove l'intermediario finanziario responsabile dell'apertura di una relazione bancaria in modo viziato dovesse successivamente abbandonare la sua funzione di responsabile. In questo caso, infatti, ![]() | 20 |
L'insorgente non può dedurre nulla in suo favore nemmeno dallo scopo della norma. Non si scorge infatti perché la lotta al riciclaggio di denaro sporco imponga necessariamente di considerare l'infrazione ex art. 305ter CP come un reato istantaneo. Al contrario, ritenere che l'infrazione perduri fintantoché la relazione d'affari è ancora in essere rafforza l'obbligo di accertare con cura l'avente economicamente diritto. Nella fattispecie, le relazioni d'affari sono continuate fino al 30 aprile 2001 (conto T.) rispettivamente fino al 22 marzo 2002 (conto S.). Per quanto attiene al terzo conto bancario (R.), dalla sentenza di primo grado risulta che fosse ancora aperto il 24 novembre 2000, ossia nel momento in cui l'interessato ha fatto le dichiarazioni oggetto di un'altra imputazione. In simili circostanze, non è possibile ritenere che le autorità cantonali hanno violato il diritto federale per non aver accertato la prescrizione dell'azione penale sia sotto l'egida del vecchio diritto che del nuovo. Di conseguenza, il gravame, infondato, dev'essere respinto e la sentenza impugnata confermata.
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