BGE 136 IV 179 | |||
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26. Estratto della sentenza della Corte di diritto penale nella causa Ministero pubblico della Confederazione contro A. e consorti (ricorso in materia penale) |
6B_900/2009 del 21 ottobre 2010 | |
Regeste |
Art. 305bis Ziff. 3 StGB, aArt. 315 und Art. 322quater StGB; Waschen von Vermögenswerten aus passiver Bestechung, beidseitige Strafbarkeit. | |
Sachverhalt | |
A. A. ha lavorato quale funzionario pubblico presso l'Ufficio U. della Regione Autonoma Valle D'Aosta. A partire dal 2000, A. ha incassato varie somme di denaro da alcune imprese della regione in cambio dell'attribuzione di appalti legati a opere di costruzione. Nel periodo compreso tra il 2000 e il 2003 A. ha versato gran parte delle tangenti ricevute su svariati conti bancari in Svizzera. Della gestione dei conti si sono occupati due consulenti bancari: B. e C.
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Con sentenza di patteggiamento pronunciata il 4 aprile 2006 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Aosta, A. è stato condannato per corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio.
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B. A seguito della segnalazione dell'Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha aperto un procedimento penale nei confronti di A. per titolo di riciclaggio di denaro, poi esteso anche ai consulenti B. e C.
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Con sentenza del 20 e 27 luglio 2009, la Corte penale del TPF ha riconosciuto A. autore colpevole di riciclaggio di denaro per cinque dei dieci capi d'accusa formulati dal MPC. B. e C. sono stati prosciolti da tutte le accuse. Il TPF ha in particolare ritenuto non punibile il riciclaggio dei proventi della corruzione passiva perpetrata prima dell'entrata in vigore dell'art. 322septies cpv. 2 CP.
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C. Contro la sentenza del TPF, il MPC ha interposto ricorso in materia penale al Tribunale federale.
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Il TPF ha dichiarato di non avere particolari osservazioni da formulare. A., B. e C. hanno postulato la reiezione del gravame.
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Il Tribunale federale ha accolto il ricorso.
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(riassunto)
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Dai considerandi: | |
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Questa disposizione, che estende la tutela penale all'amministrazione della giustizia estera (DTF 126 IV 255 consid. 3b/bb; v. pure Messaggio del 12 giugno 1989 a sostegno di una modifica del Codice penale svizzero, FF 1989 II 858 n. 231.1 e 862 n. 233), pone l'esigenza della doppia punibilità del reato a monte del riciclaggio. Qualora i valori patrimoniali provengano da un reato commesso all'estero, il loro riciclaggio in Svizzera è punibile solo ove l'antefatto sia considerato un'infrazione sia in Svizzera che all'estero. È in questo contesto e in relazione ai reati di corruzione che la distinzione tra doppia punibilità concreta e quella astratta assume una rilevanza tutta particolare e che si inserisce una controversia dottrinale. Prima però di esporre le diverse posizioni, giova rammentare che in base al principio della doppia punibilità concreta, l'atto sanzionato penalmente all'estero deve risultare concretamente punibile anche in Svizzera qualora sia commesso su suolo elvetico. Per contro, secondo il principio della doppia punibilità astratta (generalmente applicato nell'ambito dell'assistenza giudiziaria internazionale in materia penale), è sufficiente che il comportamento punito dal diritto dello Stato estero sia sanzionato anche dal diritto penale svizzero: in altre parole basta che le legislazioni dei due paesi contengano norme simili.
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Di questo avviso è segnatamenteSCHMID che adduce a sostegno della teoria della doppia punibilità concreta ragioni tratte dalla genesi della legge (NIKLAUS SCHMID, I problemi di applicazione della norma penale sull'insider trading e la fattispecie penale del riciclaggio di denaro, in Vigilanza bancaria e riciclaggio, 1992, pag. 62). Il legislatore ha infatti rifiutato di inglobare nella fattispecie dell'art. 305bis CP il riciclaggio di valori patrimoniali che provengono da un'organizzazione criminale e questo perché, al momento dell'elaborazione dell'art. 305bis CP, il diritto penale svizzero non contemplava il reato di organizzazione criminale. Si sarebbe altrimenti giunti al risultato paradossale di punire il riciclaggio di denaro di un'organizzazione criminale e di non poter punire l'appartenenza alla stessa (v. BU 1990 CS 200). Fondandosi su questa riflessione legislativa, e al fine di evitare situazioni aberranti, SCHMID ritiene perciò che debba essere data in ogni caso non solo la doppia punibilità astratta, ma anche concreta. Ne segue che, per le infrazioni di natura fiscale, militare o politica commesse all'estero nonché per i reati diretti esclusivamente contro gli interessi dello Stato elvetico (come p.es. le infrazioni di cui ai vecchi art. 285 segg. CP), non sussistono in Svizzera i presupposti di punibilità o di perseguibilità quali reati antecedenti giusta l'art. 305bis n. 3 CP se compiuti in Svizzera o all'estero a danno di interessi statali stranieri. In questa costellazione di casi non può dunque esservi riciclaggio di denaro ai sensi dell'art. 305bis CP (SCHMID, ibid.).
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Sulla falsariga di SCHMID, si posiziona pure EGGER TANNER per cui se si applicasse la teoria della doppia punibilità astratta si giungerebbe a un risultato assurdo. Sempre prima del 1° luglio 2006, il funzionario straniero che si faceva corrompere in Svizzera non commetteva reato e pertanto il riciclaggio susseguente del denaro corruttivo non era punibile. Per contro, se la corruzione passiva del medesimo funzionario avveniva nel territorio del paese da cui dipendeva, il riciclaggio in Svizzera sarebbe stato punibile. Ciò può essere evitato unicamente ricorrendo al principio della doppia punibilità concreta (CHRISTINE EGGER TANNER, Die strafrechtliche Erfassung der Geldwäscherei, 1999, pag. 85 segg.).
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Anche HARARI propende per il principio della doppia punibilità concreta. Posto come la giurisprudenza federale rifiuti la via autonoma della confisca, sarebbe incongruente punire l'atto suscettibile di vanificare la confisca del prodotto della corruzione di un funzionario straniero allorquando non è possibile pronunciarne la confisca per assenza di competenza della giurisdizione svizzera (HARARI, op. cit., pag. 14 seg).
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2.2 Per un'altra parte della dottrina, di fronte a infrazioni perpetrate a danno di interessi di uno Stato estero non tutelati dal diritto penale svizzero, è opportuno applicare per analogia le regole che disciplinano la doppia punibilità in ambito di assistenza giudiziaria internazionale in materia penale. Sotto l'egida del vecchio diritto penale sulla corruzione, la Svizzera concedeva l'assistenza quando il funzionario corrotto era alle dipendenze dello Stato richiedente, ma non quando apparteneva a uno Stato terzo (v. sentenza 1A.223/1992 del 29 marzo 1993, in Rep 1993 pag. 142), il principio della doppia punibilità non consentendo di fornire l'assistenza a uno Stato intenzionato a perseguire la corruzione di un funzionario di un terzo Stato. Trasponendo quanto esposto nel campo d'applicazione dell'art. 305bis n. 3 CP, ciò significa che il diritto penale dello Stato a cui appartiene il funzionario corrotto punisce la corruzione e che, se il funzionario fosse stato alle dipendenze del nostro paese, gli stessi fatti sarebbero stati considerati costitutivi di un crimine secondo la concezione del diritto penale svizzero (CASSANI, Commentaire du droit pénal suisse, vol. IX, 1996, n. 17 ad art. 305bis CP; v. anche URS ZULAUF, Gläubigerschutz und Vertrauensschutz - zur Sorgfaltspflicht der Bank im öffentlichen Recht der Schweiz, RDS 113/1994 II pag. 510 nota a piè di pagina 244).
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ACKERMANN osserva come, in relazione all'art. 305bis n. 3 CP, l'avamprogetto parlasse unicamente di doppia punibilità e non escludesse i reati di corruzione. Indubbiamente ci si riferiva alla doppia punibilità astratta, principio valido anche per l'assistenza giudiziaria. Anche il tenore della norma depone in favore della doppia punibilità astratta. La formulazione tedesca dell'art. 305bis n. 3 CP "wenn diese (die Haupttat) auch am Begehungsort strafbar ist" è stata ripresa fedelmente dal vecchio art. 202 n. 5 CP (tratta delle donne e dei minorenni; RS 3 238), dall'art. 240 CP (contraffazione di monete), dall'art. 245 n. 1 cpv. 3 CP (falsificazione di valori di bollo ufficiali) e dall'art. 19 n. 4 LStup (RS 812.121). Tutte queste disposizioni consacrano il principio dell'universalità o della competenza sostitutiva. Questi due principi si contraddistinguono per la rinuncia a una lesione diretta di interessi elvetici. Secondo ACKERMANN, riprendendo fedelmente la formulazione di suddette norme, il legislatore ha manifestato chiaramente (ciò che spiega l'assenza di discussioni in merito nel materiale legislativo) la rinuncia a una lesione diretta di interessi elvetici per i crimini commessi all'estero e pertanto la volontà di attenersi esclusivamente al principio della doppia punibilità astratta, tanto più se si considera che l'art. 305bis n. 3 CP, oltre a richiedere che l'atto principale "costituisca reato anche nel luogo in cui è stato compiuto", non esige che questo non sia diretto unicamente contro interessi di Stati stranieri. In Svizzera peraltro viene concessa un'assistenza giudiziaria illimitata nei procedimenti esteri relativi alla corruzione. L'applicazione della teoria della doppia punibilità astratta potrebbe condurre a risultati insoddisfacenti unicamente in rari casi del tutto eccezionali in cui la corruzione di un funzionario straniero avviene su suolo elvetico. In simili circostanze, il corrotto non potrebbe venir perseguito in Svizzera perché il vecchio art. 315 CP tutela unicamente gli interessi nazionali, mentre il riciclatore sarebbe quanto a lui punibile. Il funzionario corrotto potrebbe nondimeno venir perseguito penalmente dallo Stato da cui dipende. Seguire però la teoria della doppia punibilità concreta avrebbe quale estrema conseguenza l'impunibilità del riciclaggio di denaro versato per corrompere autorità di perseguimento penale estere al fine di impedire la confisca di valori patrimoniali di origine criminale. Da questa prospettiva, la corruzione rientra tra i reati più importanti del crimine organizzato. Nelle discussioni parlamentari sull'art. 305bis CP è stata chiaramente richiamata l'attenzione sulla connessione tra crimine organizzato e corruzione. Se il legislatore avesse voluto escludere la corruzione passiva all'estero dagli antefatti criminali, avrebbe potuto prevederlo in modo adeguato nell'art. 305bis CP, ciò che però non ha fatto. La ratio legis di questa disposizione è anche e soprattutto la lotta al crimine organizzato. Poiché quest'ultimo tenta di estendersi mediante la violenza, l'estorsione e la corruzione, non è possibile ritenere che l'occultamento di denaro proveniente da un'estorsione costituisca un riciclaggio punibile, ma non la dissimulazione del denaro di una corruzione passiva commessa all'estero. L'art. 305bis CP è un delitto indipendente. Se la lotta al riciclaggio di denaro deve combattere indirettamente il crimine organizzato, anche il semplice riciclaggio del denaro corruttivo dev'essere punito. Pertanto, conclude ACKERMANN, in virtù della chiara formulazione dell'art. 305bis CP (che non contiene alcuna limitazione in favore della doppia punibilità concreta) nonché della sua ratio legis, in caso di corruzione è sufficiente che sia data la doppia punibilità astratta. L'unica limitazione immaginabile concerne quelle infrazioni per le quali la Svizzera non concede alcuna assistenza giudiziaria (JÜRG-BEAT ACKERMANN, in Kommentar Einziehung, organisiertes Verbrechen, Geldwäscherei, vol. I, 1998, pag. 453 segg.).
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Erwägung 2.3 | |
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Nemmeno il messaggio a sostegno dell'introduzione di una norma sul riciclaggio di denaro nel codice penale fornisce indicazioni al riguardo, limitandosi a sottolineare la necessità di garantire che la giustizia penale possa intervenire anche nel caso, assai frequente, in cui il reato antecedente sia commesso all'estero e l'operazione di riciclaggio in Svizzera (FF 1989 II 862 n. 233).
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È pur vero che il legislatore ha limitato la fattispecie di riciclaggio ai valori patrimoniali che provengono da un crimine, rifiutando di estenderla anche a quelli che appartengono a un'organizzazione criminale (v. BU 1989 CN 1843-1863; BU 1990 CS 189-200). Sennonché tale scelta è stata dettata dagli imperativi del diritto penale, segnatamente dal principio della determinatezza del diritto penale. Infatti, il codice penale di allora non contemplava la fattispecie di organizzazione criminale. Il legislatore non ha quindi voluto fare dell'organizzazione criminale - nozione dai contorni non ancora delimitati - un elemento di definizione della nuova norma di base del riciclaggio (BU 1990 CS 195). Non ha ritenuto appropriato inserire una novità essenziale come questa senza prima determinare cosa si dovesse intendere per organizzazione criminale e in quali casi fosse punibile. Peraltro se fosse stata introdotta nel reato di riciclaggio, sarebbe stato necessario modificare anche il vecchio art. 58 CP (RU 1974 1893) nella misura in cui il codice penale non contemplava la punibilità dell'appartenenza al crimine organizzato (BU 1990 CS 198).
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In materia di corruzione il problema si pone in tutt'altri termini. Le riflessioni legislative relative all'organizzazione criminale non possono essere trasposte alla corruzione passiva. Contrariamente all'organizzazione criminale, infatti, la corruzione passiva era già oggetto di una precisa disposizione del codice penale. Sicché in quest'ambito le preoccupazioni legislative afferenti il rispetto del principio della determinatezza del diritto penale non sussistono, le caratteristiche della corruzione passiva e le relative conseguenze essendo descritte con sufficiente precisione al vecchio art. 315 CP (sino al 30 aprile 2000) rispettivamente all'art. 322quater CP (a partire dal 1° maggio 2000).
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Nel corso della procedura legislativa è stato chiaramente posto l'accento sul legame esistente tra crimine organizzato e corruzione (FF 1989 II 839 n. 111; v. pure BU 1990 CS 194). È stato infatti sottolineato come esso non esiti a ricorrere ad atti di violenza e all'intimidazione, ma anche alla corruzione nonché a esercitare un influsso su autorità, politica e amministrazione. La particolare pericolosità del crimine organizzato è da ricondurre soprattutto anche a questa minaccia delle fondamenta democratiche dello Stato (BU 1989 CN 1847).
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Risulta pertanto difficilmente immaginabile che una disposizione concepita per colpire il crimine organizzato non possa trovare applicazione laddove il reato a monte si configura come corruzione, ossia come un reato che, a mente del legislatore, costituisce una delle infrazioni tipiche e più perniciose dell'organizzazione criminale (in questo senso pure PAOLO BERNASCONI, Forme di riciclaggio in Svizzera, Casistica giudiziaria, in Vigilanza bancaria e riciclaggio, 1992, pag. 90 seg., per cui la corruzione, strumento tipico della criminalità organizzata, dev'essere considerata come reato a monte del riciclaggio al fine di colmare ogni lacuna possibile nella lotta internazionale contro la criminalità).
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Ora, nell'ambito dell'assistenza giudiziaria, la Svizzera interpreta l'esigenza della doppia punibilità (v. art. 64 AIMP [RS 351.1]) in modo astratto. In particolare, in relazione ai reati di corruzione, il Tribunale federale ha affermato che i fatti addebitati al perseguito nella domanda di assistenza debbono esser trasposti nella misura necessaria e secondo il loro senso per giudicare della punibilità secondo il diritto svizzero, partendo dall'ipotesi che essi si siano verificati nel territorio, o meglio nella giurisdizione svizzera. Nel procedere a questa trasposizione, il giudice deve supporre non solo che il corrotto abbia agito in Svizzera (anziché all'estero), ma anche che l'amministrazione cui appartiene il funzionario che si pretende corrotto sia quella svizzera, cioè quella dello Stato richiesto anziché quella dello Stato richiedente (sentenza 1A.213/1992 del 29 marzo 1993 consid. 5, in Rep 1993 pag. 142).
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Prestando assistenza giudiziaria a uno Stato estero per i reati di corruzione, segnatamente mediante la consegna a scopo di confisca di beni sequestrati (art. 74a AIMP), la Svizzera permette allo Stato estero di esercitare il suo diritto di confisca, riconoscendogli implicitamente una pretesa confiscatoria. Si tratta manifestamente della medesima pretesa confiscatoria che l'art. 305bis n. 3 CP intende tutelare.
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Applicare la teoria della doppia punibilità concreta nell'ambito dell'art. 305bis n. 3 CP limiterebbe la tutela che il legislatore ha voluto accordare all'amministrazione della giustizia estera. Il legislatore tuttavia non ha posto limiti a tale tutela se non quello della gravità del reato antecedente che, giusta l'art. 305bis n. 1 CP, deve costituire un crimine secondo la concezione giuridica svizzera (v. DTF 126 IV 255 consid. 3b/aa). Orbene, la corruzione passiva rientra indubbiamente nella categoria dei crimini (vecchio art. 315 CP rispettivamente art. 322quater CP unitamente al vecchio art. 9 cpv. 1 CP [RS 3 189]) e quindi degli antefatti del riciclaggio di denaro.
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2.3.6 In sintesi, la genesi, lo scopo della disposizione e il bene giuridico da questa tutelato conducono a concludere che, nell'ambito dell'art. 305bis n. 3 CP, debba trovare applicazione il principio della doppia punibilità astratta. Sicché nulla osta a punire il riciclaggio di denaro proveniente dalla corruzione passiva commessa prima del 1° luglio 2006 in uno Stato estero da un funzionario di tale Stato. Applicando il principio della doppia punibilità concreta il TPF ha così violato il diritto federale e su questo punto il ricorso si rivela quindi fondato.
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