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35. Estratto della sentenza della I Corte di diritto pubblico nella causa A. contro Ministero pubblico del Cantone Ticino (ricorso in materia di diritto pubblico) |
1C_447/2018 del 13 maggio 2019 | |
Regeste |
Art. 84 BGG; Art. 6-8 des Übereinkommens der UNESCO über Massnahmen zum Verbot und zur Verhütung der rechtswidrigen Einfuhr, Ausfuhr und Übereignung von Kulturgut; Art. I Abs. 2 und Art. IV der Vereinbarung zwischen dem Schweizerischen Bundesrat und der Regierung der Republik Italien über die Einfuhr und die Rückführung von Kulturgut; Art. 2 Abs. 5, Art. 3, 5, 7 und 24 des Kulturgütertransfergesetzes (KGTG); Art. 5 Ziff. 1 Bst. a des Europäischen Übereinkommens über die Rechtshilfe in Strafsachen (EUeR) und Art. 64 Abs. 1 IRSG. Internationale Rechtshilfe in Strafsachen: beidseitige Strafbarkeit. |
Das UNESCO-Übereinkommen ist nicht direkt anwendbar. Die bilaterale Vereinbarung mit Italien ist ebenfalls nicht anwendbar, da deren Anhang Gemälde nicht erfasst (E. 3). |
Bei gehöriger Umsetzung wäre die Ausfuhr des Gemäldes aus der Schweiz nicht strafbar, da dieses nicht im Bundesverzeichnis bzw. in einem italienischen Verzeichnis eingetragen ist. Ebenso wenig wäre seine Einfuhr rechtswidrig, da sie nicht, wie das KGTG verlangt, gegen die bilaterale Vereinbarung mit Italien verstösst, deren Anhang Gemälde nicht aufführt. Das interne italienische öffentliche Recht ist nicht massgebend, weil unter Vorbehalt einer anderslautenden Regelung in einer bilateralen Vereinbarung kein Staat gehalten ist, innerhalb seiner Grenzen ausländisches öffentliches Recht anzuwenden und einzuhalten (E. 5 und 6). | |
Sachverhalt | |
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B. Con sentenza del 23 dicembre 2016 (RR.2016.181) la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (TPF) aveva annullato l'ordinata restituzione all'Italia del dipinto fondata su una decisione non ancora passata in giudicato. Con complemento del 5 aprile 2018 la Procura estera ha poi chiesto di eseguire la sentenza n. 83 del 9 marzo 2017 del citato Tribunale nei confronti di A. A., con la quale è stata condannata alla pena di un anno e due mesi di reclusione ed è stata disposta la confisca del dipinto, decisione divenuta irrevocabile il 30 gennaio 2018. Il 30 maggio 2018 il Ministero pubblico del Cantone Ticino (MP) ne ha ordinato la consegna all'Italia. Adito da A. A., con decisione del 4 settembre 2018 il TPF ne ha respinto il ricorso. (...)
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Il Tribunale federale accoglie il ricorso di A. A., legittima proprietaria del dipinto, annulla la decisione del TPF e gli rinvia la causa ![]() | |
(estratto)
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Dai considerandi:
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Erwägung 2 | |
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Giova rilevare che la Convenzione dell'Unidroit sui beni culturali rubati o illecitamente esportati, conclusa a Roma il 24 giugno 1995, firmata il 26 giugno 1996 dalla Svizzera, che non l'ha tuttavia ratificata, non è applicabile. La Svizzera non ha inoltre firmato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulle infrazioni coinvolgenti i beni culturali adottata a Nicosia il 3 maggio 2017, aperta alla firma dal ![]() | 6 |
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Erwägung 3 | |
3.1 Secondo l'art. 1 della Convenzione UNESCO sono considerati beni culturali quelli che, a titolo religioso o profano, sono designati da ciascuno Stato come importanti tra l'altro per l'arte e che appartengono a determinate categorie, tra le quali rientrano i beni d'interesse artistico quali quadri, pitture e disegni fatti interamente a mano su qualsiasi supporto e con qualsiasi materiale (lett. g, n. i). L'art. 8 dispone che gli Stati parti della Convenzione s'impegnano a imporre sanzioni penali o amministrative a qualsiasi persona responsabile di un'infrazione ai divieti previsti negli articoli 6 lett. b e 7 lett. b della stessa. L'art. 6 prevede che gli Stati contraenti s'impegnano a istituire un certificato appropriato mediante il quale lo Stato esportatore specifica che l'esportazione del o dei beni culturali in questione è autorizzata: tale certificato deve accompagnare il o i beni culturali regolarmente esportati (lett. a); si impegnano inoltre a proibire l'esportazione dal proprio territorio di quelli non accompagnati dal certificato di esportazione sopra menzionato (lett. b). S'impegnano anche a proibire l'importazione dei beni culturali rubati in un museo o in un monumento pubblico civile o religioso o in una istituzione similare (art. 7 ![]() | 8 |
È pacifico che la Convenzione UNESCO non è applicabile direttamente: per essere attuata, essa obbliga infatti gli Stati contraenti a legiferare e a trasporla nella legislazione nazionale. In Svizzera ciò è avvenuto con l'adozione della legge federale del 20 giugno 2003 sul trasferimento internazionale dei beni culturali (LTBC; RS 444.1; Messaggio del 21 novembre 2001 concernente la Convenzione UNESCO 1970 e la legge federale sul trasferimento internazionale dei beni culturali [LTBC], FF 2002 457, 459, 477 e 485; BU 2003 CN 25; DTF 131 III 418 consid. 3.2.2 pag. 427). Nel citato Messaggio si precisa che fino allora le norme d'esportazione straniere non erano di principio riconosciute in Svizzera, in quanto appartenenti al diritto pubblico di uno Stato estero, motivo per cui nel nostro Paese le pretese di rimpatrio erano praticamente destinate a naufragare (pag. 469).
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1 Salvo che per il reato sia comminata una pena più severa in virtù di un'altra disposizione, è punito con la detenzione fino a un anno o con la multa fino a 100 000 franchi chiunque, intenzionalmente:
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a. importa, vende, distribuisce, procura per mediazione, acquista o esporta beni culturali rubati o andati persi contro la volontà del proprietario;
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b. si appropria di prodotti di scavi ai sensi dell'articolo 724 del Codice civile;
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c. importa illecitamente beni culturali o li dichiara in modo inesatto all'importazione o al transito;
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d. esporta illecitamente o dichiara in modo inesatto all'esportazione beni culturali iscritti nell'Elenco federale.
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2 Chi ha agito per negligenza è punito con la multa fino a 20 000 franchi.
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3 (...)
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Solo i beni culturali di proprietà della Confederazione e d'importanza significativa per il patrimonio culturale svizzero sono iscritti nell'Elenco federale (art. 3 cpv. 1 LTBC): questa iscrizione implica che una loro esportazione definitiva è vietata (art. 3 cpv. 2 lett. c LTBC), mentre quella temporanea è soggetta ad autorizzazione (art. 5 cpv. 1 e 2 lett. a LTBC).
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Secondo l'art. 3 della Convenzione UNESCO sono illeciti l'importazione, l'esportazione e il trasferimento di proprietà di beni culturali ![]() | 19 |
È pacifico che in caso di infrazione alla LTBC, la Svizzera può concedere assistenza giudiziaria alle autorità estere (art. 23 LTBC).
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Ne segue che, come ancora si vedrà, il diritto internazionale non esplica alcun effetto diretto sulla causa in esame.
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Erwägung 4 | |
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Il TPF non ha ritenuto, rettamente, la doppia punibilità riguardo alla fattispecie d'importazione o esportazione di beni culturali rubati o andati persi contro la volontà del proprietario (art. 24 cpv. 1 lett. a LTBC; anche la fattispecie della lett. b non è chiaramente realizzata). Le disquisizioni della ricorrente al riguardo sono quindi ininfluenti.
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Ha aggiunto che la LTBC trae le proprie origini anche dall'art. 6b della Convenzione UNESCO, secondo cui gli Stati contraenti s'impegnano a istituire un certificato appropriato e a proibire l'esportazione dei beni culturali che non ne sono accompagnati, motivo per cui già il solo fatto di non dichiarare in Svizzera l'esportazione di un bene culturale, e quindi di non disporre del relativo certificato d'esportazione, violerebbe detta normativa, motivo per cui il requisito della doppia punibilità sarebbe adempiuto. Con quest'argomentazione il TPF disattende che la Convenzione non è direttamente applicabile e che, inoltre, l'esportazione dalla Svizzera concerne solo beni culturali iscritti nell'Elenco federale, condizione non adempiuta per il dipinto in esame, appartenente alla ricorrente e non allo Stato richiedente, che non ha addotto che l'opera litigiosa figurerebbe in un inventario italiano.
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Il TPF si è poi pronunciato con un'ulteriore sentenza del 4 febbraio 2019, non impugnata e passata quindi in giudicato, su un caso analogo, concedendo anche in quella causa l'assistenza, tuttavia con una motivazione differente, più articolata ma che per i motivi di cui si dirà non potrebbe essere seguita (RR.2018.214).
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Nelle osservazioni l'Ufficio federale di giustizia (UFG) ritiene che sarebbe applicabile l'art. 24 LTBC.
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L'Ufficio federale della cultura (UFC) osserva che poiché la Convenzione UNESCO non è direttamente applicabile, come non lo è neppure l'Accordo italo-svizzero, le basi legali determinanti sono la LTBC e la relativa ordinanza. Nell'ipotesi dell'autenticità del dipinto, esso rientrerebbe quale bene d'interesse artistico nella categoria dell'art. 1 lett. g della Convenzione UNESCO costituendo quindi un bene culturale ai sensi dell'art. 2 cpv. 1 LTBC. In tal caso, l'opera avrebbe dovuto fare l'oggetto di una dichiarazione doganale, indipendentemente dalla sussistenza di un accordo bilaterale (art. 19 LTBC in relazione con l'art. 25 cpv. 2 dell'ordinanza del 13 aprile 2005 sul trasferimento internazionale dei beni culturali [OTBC; RS 444.11]). Sottolinea che anche una mancata dichiarazione, che impedisce l'esame di un bene culturale, sarebbe punibile ai sensi dell'art. 24 cpv. 1 lett. c LTBC relativo all'importazione illecita (al riguardo cfr. SIMONE BRATSCHI, Die Strafbestimmungen des Kulturgütertransfergesetzes, 2013, n. 212 pag. 87).
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4.4 Riguardo all'autenticità del dipinto, quesito sul quale il TPF non si è soffermato e che per la ricorrente non dovrebbe essere rilevante ![]() | 32 |
Del resto, nel decreto che dispone il giudizio del 16 giugno 2016 del Giudice per l'udienza preliminare si rileva che il condannato B., avvocato del foro di Pesaro, aveva commissionato anche la realizzazione di una copia del dipinto litigioso, realizzata nel 2013 e poi trasferita presso uno studio legale luganese. Nella sentenza di condanna del 9 marzo 2017 del Tribunale di Pesaro è stato accertato che il 16 agosto 2013 B. è stato controllato dall'Ufficio dogane di Como su un treno in arrivo da Lugano: è stato trovato in possesso di uno scritto con il quale conferiva a un terzo il mandato di vendere l'opera litigiosa al prezzo minimo di Euro 95.000.000.-. Questi indizi militano a favore della verosimiglianza dell'autenticità del dipinto o comunque di una sua importanza significativa. La ricorrente rileva inoltre che intenderebbe presentare una domanda di revisione del giudizio di condanna italiano: in quell'ambito ella potrà sollevare nuovamente anche questo quesito.
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Erwägung 5 | |
5.1 La ricorrente in Italia è stata condannata per l'esportazione del dipinto; sotto il profilo della doppia punibilità, unico quesito litigioso, ![]() | 35 |
Ora, in Svizzera l'esportazione sarebbe punibile unicamente qualora, secondo la chiara volontà del Legislatore federale, il dipinto fosse iscritto nell'Elenco federale (art. 24 cpv. 1 lett. d LTBC). Una siffatta iscrizione comporta tra l'altro che questi beni non possono essere acquistati né per usucapione né in buona fede e che la loro esportazione definitiva dalla Svizzera è vietata (art. 3 cpv. 2 lett. a e c LTBC, quella temporanea essendo soggetta ad autorizzazione, art. 5 LTBC). La costituzione di inventari nazionali relativi a beni culturali importanti pubblici e privati, la cui esportazione costituirebbe un impoverimento sensibile del patrimonio culturale nazionale, deriva infatti da un impegno imposto dalla Convenzione UNESCO (art. 5 lett. b). L'Elenco concerne i beni culturali di proprietà della Confederazione e, cumulativamente e non alternativamente, d'importanza significativa per il patrimonio culturale (art. 3 cpv. 1 LTBC). Ora, se quest'ultima condizione potrebbe essere adempiuta dal dipinto in esame, non lo è manifestamente la prima, requisito decisivo. Il dipinto litigioso non appartiene infatti allo Stato richiedente né è stato addotto che, conformemente all'art. 5 lett. b Convenzione UNESCO, sarebbe iscritto in un inventario italiano o che si intenderebbe iscrivervelo. Sotto il profilo della doppia punibilità occorre infatti fare astrazione, come per esempio nell'ambito della corruzione di un funzionario, dal quesito della nazionalità (DTF 132 II 81 consid. 2.7.2 e 2.7.3 pag. 90 seg.; DTF 129 II 462 consid. 4.4 pag. 465). Il dipinto litigioso non deve quindi chiaramente figurare in un inventario svizzero, ma italiano. In presenza di un bene culturale iscritto in un inventario la questione della proprietà, statale o privata, dello stesso non parrebbe costituire di per sé un elemento decisivo sotto il profilo della doppia punibilità, ritenuto inoltre che, sempreché i privati ne diano il loro consenso, anche beni di loro proprietà possono essere per esempio iscritti negli elenchi dei Cantoni (art. 4 cpv. 1 lett. b LTBC; vedi MARIE BOILLAT, Trafic illicite de biens culturels et coopération judiciaire internationale en matière pénale, 2012, n. 802 pag. 232).
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Il requisito dell'iscrizione in un elenco non si riferisce del resto a un mero elemento soggettivo o a una particolare forma di colpa, del quale si potrebbe fare astrazione nell'ambito dell'esame della doppia punibilità, come parrebbe aver ritenuto il TPF, ma concerne un elemento oggettivo (in questo senso anche BOILLAT, loc. cit, n. 561 pag. 166; in generale su questo tema vedi DTF 112 Ib 576 ![]() | 37 |
In effetti, allo scopo di proteggere i propri beni culturali contro l'importazione e l'esportazione e la trasmissione di proprietà illecite, gli Stati contraenti si impegnano a costituire, sulla base di un inventario nazionale di protezione, la lista dei beni culturali importanti pubblici e privati, la cui esportazione costituirebbe un impoverimento sensibile del patrimonio culturale nazionale (art. 5 lett. b Convenzione UNESCO). È quindi a ragione che BOILLAT precisa che l'iscrizione in un registro potrebbe costituire l'elemento determinante nel giudizio sulla concessione dell'assistenza. Ne deduce che, pertanto, l'esigenza di un'autorizzazione, senza l'iscrizione in un inventario, non adempie tutte le condizioni oggettive previste dall'art. 24 cpv. 1 lett. d LTBC (loc. cit., n. 565-572 pag. 167 segg.). L'assistenza giudiziaria potrebbe quindi essere concessa solo qualora si trattasse dell'esportazione di un bene culturale specifico protetto da una norma simile a quella dell'art. 3 LTBC e quindi iscritto in un inventario (BOILLAT, loc. cit., n. 558 seg. pag. 165).
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L'opinione dottrinale richiamata nella sentenza impugnata non è decisiva, visto che, rinviando in maniera generica all'art. 24 LTBC, non si esprime sulle chiare differenze sostanziali operate dal Legislatore federale (nello stesso generico senso vedi RASCHÈR/BOMIO, Strafen und Rechtshilfe, in: Kultur Kunst Recht, 2009, pag. 367 segg., n. 474 pag. 380; GIORGIO BOMIO, Le rôle de l'entraide pénale internationale dans le domaine des biens culturels, in: Criminalité, blanchiment et nouvelles réglementations en matière de transfert de biens culturels, 2006, pag. 101 segg., 104 e 116; altri autori accennano alla LTBC senza esprimersi oltre, NADJA CAPUS, Strafrecht und Souveränität: Das Erfordernis der beidseitigen Strafbarkeit in der internationalen Rechtshilfe in Strafsachen, 2010, pag. 476; ZIMMERMANN, loc. cit., n. 178 pag. 186, n. 323 pag. 345, n. 610 pag. 659 che indica la decisione impugnata del TPF).
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5.3 Riguardo alla LTBC, nella dottrina si evidenzia l'assenza di interesse per la Svizzera di adottare una normativa federale volta a limitare l'esportazione dei suoi beni culturali, essendo più uno Stato importatore di beni culturali stranieri che esportatore di quelli di origine elvetica: si rileva nondimeno che la questione è differente riguardo alla sua collaborazione alla tutela del patrimonio culturale di Stati esteri (al riguardo e sul progetto della LTBC vedi BYRNE-SUTTON/RENOLD, Rôle et contenu d'une nouvelle réglementation suisse en matière de circulation des biens culturels, in: La réglementation suisse de l'importation et de l'exportation des biens culturels, 1994, pag. 15 segg., 18, 21 e 23: critica riguardo alla LTCB, URSULA CASSANI, Les infractions à la loi fédérale sur le transfert international des biens ![]() | 42 |
Con particolare riferimento all'Italia, nella dottrina si osserva che gli Stati "esportatori" di beni culturali importanti dispongono di un patrimonio culturale relativo alla storia dell'arte molto significativo, che si trova spesso in uno stato di deperimento, mentre in quelli "importatori" confluiscono i beni culturali esteri. Questa differenza spiega l'approccio protezionistico delle norme nazionali e delle normative tipiche dei Paesi esportatori, per rapporto all'aspetto liberale di quelle degli Stati importatori (VITULIA IVONE, Die Umsetzung des UNESCO- Übereinkommens von 1970 in Italien, in: Kulturgüterschutz - Künstlerschutz, 2009, pag. 107 segg., 108: il saggio illustra anche il D. L. 22 gennaio 2004 n. 42).
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Nella dottrina, richiamando la predetta sentenza, si insiste, con motivazioni differenziate, sul fatto che - qualora non siano integrati in un accordo bilaterale - divieti nazionali esteri di esportazione (come il D. L. 22 gennaio 2004 n. 42 oggetto della sentenza di condanna italiana), a causa del loro carattere di diritto pubblico interno, non devono di massima essere applicati o eseguiti in Svizzera. In assenza di un accordo bilaterale che comprenda anche i dipinti, esclusione deliberatamente voluta dai due Stati contraenti, l'opera litigiosa non è oggetto di alcuna norma internazionale che ne limiti l'esportazione, motivo per cui non poteva neppure essere importata illecitamente in Svizzera ai sensi dell'art. 2 cpv. 5 LTBC (in questo senso, tra altri: BOILLAT, loc. cit., n. 546-550 pag. 162 seg.; GABUS/RENOLD, Commentaire LTBC, 2006, n. 29 ad art. 24 LTBC pag. 252; BRATSCHI, loc. cit., pag. 83 seg., 86; KURT SIEHR, Das Sachenrecht der Kulturgüter: Kulturgütertransfergesetz und das schweizerische Sachenrecht, in: Festschrift für Heinz Rey zum 60. Geburtstag, 2003, pag. 127 segg., 137;
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MARC-ANDRÉ RENOLD precisa in effetti a ragione che l'Accordo bilaterale con l'Italia non include l'insieme dell'arte del Rinascimento, del Seicento, di quella barocca ecc., né l'arte moderna e contemporanea: ciò perché lo scopo del trasferimento illegale di beni culturali, che dev'essere combattuto, si riferisce al commercio illegale di antichità e, in particolare, di reperti archeologici. Ne deduce che, sebbene gran parte delle norme della LTBC siano nondimeno applicabili, in assenza di convenzioni bilaterali, non lo sono quelle concernenti l'importazione illegale in Svizzera. Riguardo all'applicazione dell'art. 24 cpv. 1 lett. c LTBC egli sottolinea, rettamente, che non si tratta infatti di una qualsiasi importazione illecita, ma di una ai sensi dell'art. 2 cpv. 5 LTBC, ossia di un'importazione che viola una convenzione bilaterale giusta l'art. 7 LTBC (Die Umsetzung des UNESCO-Übereinkommens von 1970 in der Schweiz: Das Beispiel der bilateralen internationalen Vereinbarungen, in: Kulturgüterschutz - Künstlerschutz, 2009, pag. 97 segg., 100, 102 e 104; della stessa opinione KURT SIEHR, Das Kulturgütertransfergesetz der Schweiz aus der Sicht des Auslandes, AJP 2005 pag. 675 segg., 677, secondo il quale il D. L. 22 gennaio 2004 n. 42, che non richiama la Convenzione UNESCO, non è applicabile e BOILLAT, loc. cit., n. 834 pag. 239 e n. 979 pag. 276). Inoltre, per la Convenzione UNESCO, comunque non direttamente applicabile, illeciti sono considerati il trasferimento di proprietà, condizione questa non adempiuta in concreto, nonché l'importazione e l'esportazione illecite di beni culturali in contrasto con le norme adottate dagli Stati partecipanti in virtù della Convenzione, ciò che, come ancora si vedrà, non è il caso per il D. L. 22 gennaio 2004 n. 42.
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ALEXANDER JOLLES sottolinea che "illegale" in numerosi casi non significa "rubato", ma trasferito all'estero da parte del suo legittimo proprietario, tuttavia in violazione di norme che vietano o limitano l'esportazione, disposizioni che a volte appaiono legittime, a volte assurde. Adduce che la Svizzera può sostenere uno Stato estero ad ![]() | 48 |
Ora, la confisca litigiosa non si fonda sull'Accordo bilaterale con l'Italia, ma unicamente sul D. L. 22 gennaio 2004 n. 42, ossia il "Codice italiano dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137", normativa non indicata nell'Accordo bilaterale e che non si fonda di massima sulla Convenzione UNESCO. Questo Codice, dichiara soggetta ad autorizzazione l'uscita definitiva "delle cose, a chiunque appartenenti, che presentino interesse culturale, siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni" (art. 65 comma 3 lett. a); l'art. 174 comma 1 dispone tra l'altro che chiunque trasferisce all'estero "cose di interesse artistico" senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione è punito con la reclusione da uno a quattro anni o con la multa da euro 258 a euro 5'165. La violazione di questa norma del diritto pubblico interno straniero non implica di per sé la concessione dell'assistenza (in questo senso BOILLAT, loc. cit., n. 805 pag. 232).
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BEAT SCHÖNENBERGER afferma che non vi è alcun caso dove un bene culturale sarebbe stato restituito nell'ambito dell'assistenza giudiziaria internazionale sulla base di una semplice violazione di un divieto di esportazione estero; trattandosi dell'applicazione del diritto pubblico straniero, la debole posizione di mere norme di esportazione nell'ambito della loro esecuzione a livello internazionale si manifesta quindi anche in relazione all'assistenza internazionale (Restitution von Kulturgut, 2009, pag.167; anche SIEHR, AJP 2005 pag. 677 sostiene che il D. L. 22 gennaio 2004 n. 42, che non richiama la Convenzione UNESCO, non è applicabile).
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Per di più, l'art. 1 lett. f OTBC definisce la nozione di "trasferimento" di un bene culturale quale negozio giuridico "oneroso" nel commercio
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Erwägung 6 | |
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Come visto, l'art. 24 cpv. 1 lett. c LTBC punisce infatti unicamente l'importazione illecita di beni culturali o una loro dichiarazione inesatta all'importazione. Ora, come visto, per "importazione illecita" s'intende, in maniera restrittiva, un'importazione che violi una convenzione secondo l'art. 7 o un provvedimento limitato nel tempo secondo l'art. 8 cpv. 1 lett. a LTBC (art. 2 cpv. 5 LTBC), condizioni non adempiute nel caso in esame. Secondo la chiara volontà del Legislatore federale, l'art. 24 cpv. 1 lett. c LTBC non permette quindi, se il bene non è incluso in un accordo, di reprimere una sua importazione in Svizzera. Certo, anche la dichiarazione inesatta, o la mancata dichiarazione all'importazione è punibile (BRATSCHI, loc. cit., pag. 87, con riferimento tuttavia alla dichiarazione doganale dell'art. 25 OTBC): deve trattarsi nondimeno di un bene oggetto di un accordo bilaterale (BOILLAT precisa che, in caso contrario, ogni importazione di un bene culturale, la cui dichiarazione doganale fosse inesatta, potrebbe essere costitutiva di un reato penale: ciò estenderebbe il campo di applicazione della LTBC oltre la volontà del legislatore, che ha inteso controllare soltanto l'importazione dei beni oggetto di un accordo e non di ogni bene culturale protetto da una qualsiasi normativa estera che ne disciplini l'esportazione, [loc. cit., n. 548 seg. pag. 162]).
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6.2 Certo, quando uno Stato estero, legato da una convenzione bilaterale alla Svizzera, esige una licenza per l'esportazione di tali beni, questa dev'essere presentata alle autorità doganali svizzere (art. II cpv. 1 dell'Accordo bilaterale; cfr. BENNO WIDMER, Ein-, Durch- und Ausfuhr von Kunstwerken, Kunst & Recht 2011 pag. 121 segg., 131; cfr. ANDREA F. G. RASCHÈR ET AL., Trasferimento dei beni culturali, 2005, pag. 195 e MARC-ANDRÉ RENOLD, Ist eine Revision des ![]() | 55 |
Nella lotta contro le esportazioni e le importazioni illegali di beni culturali e il loro rimpatrio e nel campo dell'assistenza internazionale, il Legislatore svizzero ha scelto infatti espressamente di fondarsi sulla conclusione di accordi bilaterali, che dovrebbero tener conto delle specificità dei differenti Stati contraenti: queste convenzioni sono nondimeno raramente utilizzabili riguardo a beni culturali generici, quella con l'Italia essendo limitata ai beni culturali fino al 1500 d.C. (vedi BOILLAT, che propone di estendere il campo di applicazione degli accordi, non limitandoli ai beni archeologici e della preistoria, n. 798 seg. pag. 231, n. 818 pag. 235, n. 898 segg. pag. 258 segg. e n. 923 pag. 263, n. 930 e 933 segg. pag. 265 seg., n. 979 pag. 276).
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