BGE 104 V 36 | |||
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8. Sentenza dell'8 marzo 1978 nella causa Ticozzi contro Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni e Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino | |
Regeste |
Art. 98 Abs. 3 KUVG und Art. 3a VRV. | |
Sachverhalt | |
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Il 26 maggio 1976 l'assicurato fu vittima di un incidente stradale nell'abitato di F. Verso le ore 23.10 di quel giorno la parte anteriore sinistra della sua vettura "Fiat 124" entrò in collisione con la fiancata sinistra dell'automobile "Renault 4" guidata da S. che, senza concedergli la precedenza, stava lasciando il piazzale delle FFS. Loris Ticozzi, che non aveva allacciato le cinture di sicurezza, fu sbalzato contro il parabrezza del proprio veicolo. Egli venne ricoverato all'Ospedale S., ove rimase degente sino al 27 maggio 1976. Successivamente a quella data, egli fu curato dal dott. F. Nel suo rapporto rassegnato all'Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni (INSAI) il 30 maggio 1976 quel medico rilevo quanto segue...
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"Il paziente presenta ferite da taglio e lacere al viso e in particolare
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una ferita che dalla parte mediana della fronte scende a sinistra
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trasversalmente verso l'occhio di circa 6 cm; un'altra che dalla tempia
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scende verticalmente verso la guancia di circa 5 cm, lateralmente
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all'occhio. Inoltre altre più piccole e superficiali. Numerosi anche i
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segni di contusione al viso.
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II falange del mignolo destro che appare gonfia. Non lesioni ossee.
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Non commozione cerebrale."
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Loris Ticozzi riprese l'attività lavorativa al 50% il 9 giugno 1976 e al 100% il 23 giugno successivo.
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Il caso venne assunto dall'INSAI. Tuttavia, mediante decisione del 16 agosto 1976, l'istituto ridusse del 10% le prestazioni assicurative perché l'interessato non aveva allacciato le cinture di sicurezza, circostanza questa che, secondo gli organi dell'assicurazione, costituiva una colpa grave ai sensi dell'art. 98 cpv. 3 LAMI.
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B.- Loris Ticozzi fece deferire il suddetto atto amministrativo al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino adducendo che il mancato allacciamento delle cinture di sicurezza non può essere considerato come una colpa grave giusta la LAMI. L'assicurato rilevo che il fatto di allacciarsi può persino, in determinati casi, aggravare le conseguenze dell'infortunio. Egli sollevò infine l'eccezione di incostituzionalità dell'ordinanza che impone al conducente e ai passeggeri che "prendono posto sui sedili anteriori" di allacciarsi.
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L'INSAI postulò la reiezione del gravame osservando che se l'assicurato avesse allacciato le proprie cinture, egli non sarebbe stato sbalzato contro il parabrezza e non avrebbe pertanto riportato le ferite al capo. Quell'istituto asserì che l'obbligo di allacciare le cinture previsto dall'art. 3a ONCS dev'essere considerato come una elementare regola della circolazione, la cui violazione costituisce una colpa grave ai sensi dell'art. 98 cpv. 3 LAMI. Sempre secondo l'opponente, l'efficacia delle cinture di sicurezza, specie nella circolazione all'interno degli abitati, è un fatto ormai che l'esperienza ha confermato. L'INSAI concluse asseverando che, date le circostanze, la riduzione delle prestazioni assicurative nella misura del 10%, non era affatto inadeguata.
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Mediante giudizio del 14 marzo 1977 il Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino respinse il gravame condividendo in sostanza l'opinione dell'amministrazione. I primi giudici notarono inoltre che se agli assicurati dell'INSAI non è negata la facoltà di esporsi ai rischi anche più temerari, è di contro loro negato il diritto di far pesare le conseguenze del loro comportamento sulla comunità degli assicurati. Quanto alla questione del grado della riduzione i giudici di prime cure ritennero che essa doveva essere esaminata unicamente dal profilo dell'eccesso d'apprezzamento.
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C.- Ticozzi ha fatto interporre ricorso di diritto amministrativo a questa Corte ribadendo la tesi secondo cui il mancato allacciamento delle cinture di sicurezza non costituisce colpa grave. A mente sua, l'art. 3a ONCS sarebbe sprovvisto di sufficiente base legale e sarebbe in contrasto con la garanzia costituzionale della libertà individuale.
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L'INSAI propone la reiezione del gravame.
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Diritto: | |
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La legislazione in materia di circolazione stradale prevede una sanzione praticamente per quasi tutte le mancanze che possono essere commesse da un conducente, essenzialmente al fine di salvaguardare, in generale, la sicurezza del traffico e quella dei terzi. Tuttavia tanto un'imprudenza del conducente che non viola la legislazione stradale, e che non metta in pericolo che lui stesso può giustificare la riduzione delle prestazioni assicurative secondo l'art. 98 cpv. 3 LAMI, quanto giustificata è la riduzione per le frequenti imprudenze dello stesso tipo commesse da terzi (v. sentenza inedita 3 luglio 1969 in re Ladu in cui il Tribunale federale delle assicurazioni ha confermato una riduzione di prestazioni INSAI per il passeggero di una vettura guidata da un conducente in stato di ebrietà). D'altronde, nell'ambito degli infortuni non professionali il fatto che l'evento infortunistico si sia verificato quando l'assicurato stava commettendo un atto illecito costituisce di massima non soltanto un motivo di riduzione, bensì un motivo di esclusione delle prestazioni (cfr. art. 67 cpv. 3 LAMI e Risoluzione 31 ottobre 1967 del Consiglio d'amministrazione dell'INSAI, cifra I/4; MAURER, Recht und Praxis der schweizerischen obligatorischen Unfallversicherung, Berna, 1963, p. 157).
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Del resto, la riduzione delle prestazioni giusta l'art. 98 cpv. 3 LAMI presuppone un rapporto causale adeguato tra la colpa grave di cui si è reso responsabile l'assicurato e il verificarsi o l'aggravarsi delle lesioni. L'evento improvviso ed involontario, dovuto a cause esterne più o meno eccezionali (cfr. DTF 102 V 132 consid. a, DTF 100 V 78 consid. 1a), che costituisce uno degli elementi dell'infortunio, non deve invece necessariamente derivare da una colpa dell'assicurato; esso può essere dovuto a terzi o alla fatalità (MAURER, op.cit., pag. 295; STFA 1960, p. 158, e 1964, p. 5).
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"Nelle automobili, negli autofurgoni e nei furgoncini, provvisti di
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cinture di sicurezza, il conducente e i passeggeri che prendono posto
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sui sedili anteriori devono, durante la corsa, allacciarsi con le cinture
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di sicurezza."
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In una recente sentenza 2 settembre 1977 in re Favre il Tribunale federale ha dichiarato che il succitato disposto dell'ONCS è privo di base legale e che pertanto i conducenti e i passeggeri che non vi si attengono non sono passibili di sanzioni penali. Da detta giurisprudenza discende che l'assicurato vittima di un incidente della circolazione, il quale non abbia allacciato le cinture di sicurezza non commette un'infrazione e pertanto non gli può essere negata ogni prestazione ai sensi dell'art. 67 cpv. 3 LAMI e della cifra I/4 della Risoluzione 31 ottobre 1967 del Consiglio di amministrazione dell'INSAI. La suesposta sentenza lascia tuttavia insoluta la questione di sapere se, tralasciando di allacciare le cinture l'assicurato ometta di rispettare le regole di prudenza elementare che ogni persona ragionevolmente avrebbe dovuto osservare in una medesima situazione e nelle stesse circostanze. Chiamata a pronunciarsi in merito, la Corte plenaria del Tribunale federale delle assicurazioni ha considerato che, riservate circostanze particolari, deve a tale quesito essere data una risposta affermativa.
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Infatti, le cinture di sicurezza impediscono che, in caso di forte decelerazione, le persone allacciate siano sbalzate dal sedile e in particolare che il capo venga ad urtare il parabrezza e il cruscotto. Esse sono pertanto atte a ridurre fortemente il rischio di lesioni di gravità sproporzionata alla violenza dell'urto, qualora l'incidente si verifichi a velocità moderata, e a garantire una maggior sicurezza, ove la collisione sopravvenga ad alta velocità, evitando segnatamente in tal caso le solitamente gravissime conseguenze di una possibile eiezione dall'abitacolo. Se vero è che in determinate circostanze l'allacciamento delle cinture di sicurezza può avere un effetto negativo, altrettanto vero è che l'uso delle stesse risulta di indiscussa efficacia nella stragrande maggioranza dei casi. Per queste ragioni enti autorevoli in materia di circolazione stradale, quali l'Ufficio federale per la prevenzione degli infortuni, l'ACS e il TCS, nonché le imprese di assicurazione, raccomandano agli automobilisti di allacciarsi, raccomandazione questa alla quale si associa pure gran parte del corpo medico. Inoltre, le varie legislazioni che impongono alle ditte costruttrici di equipaggiare gli autoveicoli di cinture di sicurezza o che ne dichiarano l'uso obbligatorio si fondano su seri dati statistici.
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L'assicurato fa valere che l'INSAI non avrebbe finora mai operato una riduzione nel caso di automobilisti i quali avevano trascurato di allacciarsi. L'istituto opponente consente rilevando rettamente di aver atteso, per applicare la riduzione, che l'adeguatezza e l'importanza dell'allacciamento delle cinture di sicurezza si fossero affermate e fossero state portate a conoscenza del pubblico.
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L'esame della questione con il potere cognitivo di cui all'art. 132 OG è tuttavia ininfluente quanto all'esito del presente litigio, essendo la riduzione del 10% adeguata alle circostanze della fattispecie.
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Il Tribunale federale delle assicurazioni pronuncia:
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