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Informationen zum Dokument  BGE 115 V 224  Materielle Begründung
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Regeste
Sachverhalt
Diritto:
1. a) Giusta l'art. 73 cpv. 1 LPP le controversie tra istituti di ...
2. Ai sensi dell'art. 57 cpv. 1 LCP, contro le decisioni della Ca ...
3. Questa Corte decide di principio nella situazione di fatto e d ...
4. L'assicurato ha chiesto il riconoscimento di prestazioni scade ...
5. Il ricorrente chiede un complemento degli accertamenti e di es ...
6. L'ambito del potere cognitivo del Tribunale federale delle ass ...
7. a) Per l'art. 17 cpv. 1 LCP, relativo alle prestazioni di vecc ...
8. Dato quanto precede il giudizio cantonale non può che e ...
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32. Sentenza del 31 luglio 1989 nella causa N. contro Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato e Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino
 
 
Regeste
 
Art. 73 Abs. 1 BVG: Rechtsnatur der Stellungnahmen von Vorsorgeeinrichtungen. Nach der Regelung des BVG dürfen weder die privatrechtlichen noch die öffentlichrechtlichen Vorsorgeeinrichtungen Verfügungen im Rechtssinne erlassen; die Stellungnahmen der Vorsorgeeinrichtungen werden nur aufgrund eines auf Klage hin ergangenen Gerichtsurteils rechtsverbindlich (Erw. 2).  
 
Sachverhalt
 
BGE 115 V, 224 (225)A.- Renato N., nato nel 1935, dipendente dello Stato del Cantone Ticino, venne pensionato per invalidità con effetto dal 1o maggio 1987.
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Mediante provvedimento del 26 giugno 1987, la Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato stabilì l'importo della pensione, nonché il supplemento per i figli minorenni e per una figlia maggiorenne agli studi.
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Il 3 agosto 1987 l'amministrazione precisò al pensionato gli elementi di calcolo della liquidazione.
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In data 31 dicembre 1987 Renato N. si rivolse alla Cassa chiedendo il versamento di un conguaglio di fr. 392.--, importo questo pari alla tredicesima mensilità sul supplemento per i figli, pro rata temporis dal maggio al dicembre 1987, a suo avviso ancora dovutogli dall'amministrazione. La stessa, per atto 11 gennaio 1988, respinse l'istanza asserendo che il calcolo era stato eseguito in modo esatto nel rispetto della Legge sulla Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato (LCP), in sostanza ritenendo che, conformemente al disciplinamento legale vigente, non era dato il diritto alla tredicesima sul supplemento per i figli dei pensionati invalidi.
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B.- Renato N. insorse contro quest'ultimo atto con impugnativa 28 gennaio 1988 rivolta al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino. Messe in risalto asserite BGE 115 V, 224 (226)incongruenze procedurali e censurati difetti formali, egli nel merito asserì che l'atto litigioso denegante il diritto alla tredicesima sul supplemento per i figli, ciò giusta un'interpretazione letterale della legge, non era conforme alla volontà del legislatore. Nella misura in cui disconosceva la tredicesima mensilità sui supplementi per i figli dei pensionati invalidi, l'atto in lite era arbitrario e discriminatorio nei confronti dei figli dei pensionati per vecchiaia, per i quali la tredicesima del supplemento era ammessa. Analogo ragionamento doveva essere operato per quanto riferito alla rendita per orfani, per la quale era pure riconosciuta la tredicesima. Chiese pertanto l'assegnazione di quanto gli spettava, ossia il versamento dell'arretrato di fr. 392.-- domandato per il 1987, nonché l'accertamento di pari pretesa per il 1988, invitando la Cassa pensioni ad esaminare e proporre le necessarie modifiche di legge.
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La Cassa contrappose che il calcolo rispettava le disposizioni di legge e che pertanto il gravame era da respingere: l'insorgente aveva percepito l'esatto importo che gli spettava a titolo di tredicesima, cui nulla era da aggiungere sul supplemento per i figli.
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Renato N. replicò ribadendo le precedenti allegazioni.
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Per giudizio 27 aprile 1988 il Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino ha respinto l'istanza. Reiette le eccezioni d'ordine, i primi giudici, ravvisata in essa istanza un'azione, l'hanno riconosciuta tempestiva. Nel merito, l'autorità giudiziaria cantonale ha affermato che le argomentazioni dell'assicurato non potevano essere condivise. Infatti, la tredicesima era prestazione dovuta dalla Cassa solo nella misura in cui prevista dalla LCP, nulla al riguardo figurando nella LPP; ora la legge cantonale riconosceva per i funzionari invalidi la tredicesima solo sulla pensione e non già sulla pensione comprensiva del supplemento. Così aveva stabilito il legislatore per scelta insindacabile da parte dei giudici, per cui rettamente quindi l'amministrazione aveva operato il calcolo. Se esatto era il rilievo nel senso che il riconoscimento della tredicesima sul supplemento per i figli di pensionati per vecchiaia e il diniego di essa tredicesima sul supplemento per i figli di invalidi configurava disparità di trattamento, doveva essere rilevato che l'asserto non era decisivo, dal momento che l'amministrazione aveva corretto spontaneamente la svista non corrispondendo in pratica la tredicesima sul supplemento per i figli dei pensionati per vecchiaia. Ugualmente esatto era il rilievo che pure la rendita per orfani, contrariamente BGE 115 V, 224 (227)sempre al supplemento per i figli di invalidi, dava diritto a tredicesima, ma anche questo appunto non era determinante: in sostanza, dal momento che, contro le argomentazioni dell'interessato, la LCP garantiva il livello minimo di prestazioni previsto dalla LPP, per cui nulla pertanto sarebbe stato da eccepire. Inoltre il principio della parità di trattamento non era assoluto. Irricevibile infine era la richiesta che il Tribunale facesse ordine alla Cassa di procedere all'esame e preavviso di modificazioni legislative.
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C.- Avverso il giudizio cantonale Renato N. produce ricorso di diritto amministrativo a questa Corte. Operate alcune precisazioni d'ordine, egli adduce che, al seguito di una "svista legislativa" sarebbe stata negata la tredicesima mensilità sul supplemento per i figli dei pensionati invalidi, ragione per cui la legge sarebbe stata applicata in modo scorretto. Critica l'argomento dei primi giudici, considerandolo pretestuoso, secondo cui la svista legislativa sarebbe stata corretta spontaneamente dall'amministrazione, la quale in effetti non avrebbe corrisposto la tredicesima sul supplemento per i figli dei pensionati per vecchiaia.
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La Cassa pensioni propone la disattenzione del gravame. L'Ufficio federale delle assicurazioni sociali, a sua volta, riconosciuti esatti i principi procedurali adottati dal Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino, nel merito ritiene pertinenti le argomentazioni della precedente istanza.
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Pendente lite, il ricorrente ha trasmesso ulteriore documentazione e chiesto l'assunzione di determinate prove; ha pure spedito copie di petizioni rivolte al Gran Consiglio intese ad ottenere la modificazione degli articoli di legge.
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Diritto:
 
1. a) Giusta l'art. 73 cpv. 1 LPP le controversie tra istituti di previdenza, datori di lavoro e aventi diritto sono decise da un tribunale di ultima istanza cantonale. Questo disposto si applica, da un lato, agli istituti di previdenza registrati di diritto privato o di diritto pubblico - sia per quel che concerne le prestazioni minime obbligatorie che per quel che attiene alle prestazioni più estese di quelle minime (art. 49 cpv. 2 LPP) - e, d'altro lato, alle fondazioni di previdenza a favore del personale non registrate, nel campo delle prestazioni che eccedono il minimo obbligatorio BGE 115 V, 224 (228)(art. 89bis cpv. 6 CC). Giusta l'art. 73 cpv. 4 LPP, poi, le decisioni dei tribunali cantonali designati dal cpv. 1 di questo disposto possono essere impugnate davanti al Tribunale federale delle assicurazioni con ricorso di diritto amministrativo.
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Nell'evenienza concreta non è dubbio che la controversia opponga la Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato del Cantone Ticino ad un pensionato, che si tratti cioè di una vertenza che ha come oggetto un rapporto assicurativo tra un avente diritto e un istituto previdenziale ai sensi della normativa di cui all'art. 73 LPP (cfr. DTF 114 V 105 consid. 1b; RIEMER, Das Recht der beruflichen Vorsorge in der Schweiz, pag. 127; MEYER, Die Rechtswege nach dem BVG, RDS 106/1987 I, pag. 613 e 629).
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b) Secondo la giurisprudenza le istanze giudicanti istituite dall'art. 73 LPP sono competenti a statuire su controversie relative a diritti o crediti fondati su eventi assicurati insorti dopo l'entrata in vigore, il 1o gennaio 1985, del nuovo diritto sulla previdenza professionale, ciò pure nella misura in cui essi diritti o crediti hanno origine in circostanze in parte antecedenti a questa data e richiedono, se del caso, l'applicazione del vecchio diritto materiale (DTF 114 V 35 consid. 1a, DTF 113 V 200 consid. 1b e 292; MEYER, op.cit., pag. 627 seg.). Nella fattispecie, i diritti litigiosi hanno origine in epoca in parte precedente il 1o gennaio 1985; comunque l'evento assicurato è insorto dopo questa data, più precisamente nel 1987.
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Dato quanto precede, il Tribunale federale delle assicurazioni è legittimato a pronunciarsi sulla presente vertenza.
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Nell'evenienza concreta, la Cassa aveva statuito sui diritti alla pensione dell'assicurato per decisione 26 giugno 1987. Già da allora dunque, o comunque dopo che il 3 agosto 1987 l'amministrazione aveva precisato gli elementi di calcolo della prestazione, l'interessato disponeva dei dati necessari per insorgere contro il provvedimento amministrativo. Ora egli solo il 31 dicembre 1987 si è rivolto alla Cassa ai fini di contestare l'atto ottenendo dall'amministrazione l'11 gennaio 1988 un nuovo provvedimento, atto avverso il quale egli si è poi aggravato in data 28 gennaio 1988 al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino. Ci si deve pertanto chiedere se rettamente l'autorità giudiziaria cantonale, ravvisata nell'istanza un'azione avverso una BGE 115 V, 224 (229)presa di posizione dell'amministrazione, ha considerato essere essa istanza tempestiva. In sostanza si deve esaminare la natura giuridica degli atti emessi dalla Cassa, rispettivamente delle istanze con le quali le stesse vennero contestate dinanzi all'autorità giudiziaria cantonale.
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Il Tribunale federale ha già avuto modo di affermare, riferendosi all'art. 73 LPP, disposto quadro questo in materia di contenzioso, che la legge in tema di previdenza professionale non prevede la possibilità per gli organi dell'istituto di previdenza, contrariamente a quanto predisposto per le altre amministrazioni delle assicurazioni sociali (casse di compensazione, casse malati, ecc.) di rendere decisioni vincolanti, in applicazione del diritto federale, cantonale o comunale. Quell'autorità ha poi ritenuto che se ci si può chiedere se le istituzioni previdenziali di diritto pubblico siano legittimate a determinarsi mediante decisione, si deve comunque ammettere che alle istituzioni di previdenza di diritto privato non è data la facoltà di rendere simili provvedimenti; la procedura di cui all'art. 73 LPP è quella dell'azione, quando si ritenga infine che alla base del procedimento non vi è una decisione, bensì una "controversia tra istituti di previdenza, datori di lavoro e aventi diritto" (DTF 112 Ia 184 consid. 2a). A sua volta, il Tribunale federale delle assicurazioni ha notato anch'esso che la via giudiziaria cui si riferisce l'art. 73 cpv. 1 LPP è quella dell'azione, definita come domanda indirizzata all'autorità giudiziaria e intesa al conseguimento di diritti o prestazioni, oppure alla costatazione dell'esistenza o dell'inesistenza di un diritto. La Corte ha quindi ribadito l'opinione del Tribunale federale, nel senso che ha affermato dover essere ammessa la mancata legittimazione per le istituzioni di diritto privato di emanare decisioni "stricto sensu", lasciando comunque ancora insoluto, pur riproponendo i dubbi emessi dal Tribunale federale, il quesito se tale diritto sia dato per le istituzioni di diritto pubblico (DTF 113 V 200 consid. 2). Simili dubbi sono stati riproposti in una recente sentenza in DTF DTF 115 V 115).
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Nella fattispecie, essendo la Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato una cassa pubblica e ritenuto che la risposta al quesito è decisiva ai fini di stabilire la tempestività dell'istanza inoltrata al Tribunale cantonale delle assicurazioni, il tema non può essere lasciato irrisolto.
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Orbene, anzitutto vuole essere osservato che manifestamente il legislatore non ha inteso stabilire un diverso modo di contrastare BGE 115 V, 224 (230)determinazioni degli enti previdenziali a seconda che essi fossero stati retti dal diritto pubblico, oppure dal diritto privato. Né si vede motivo per discriminare i rimedi di diritto. Se ora gli enti di diritto privato non sono abilitati a rendere "decisioni" nel senso stabilito dall'art. 5 cpv. 1 e 2 PA, altrettanto deve essere detto per gli enti previdenziali pubblici. Resta che, conformemente all'art. 5 cpv. 3 PA, le determinazioni delle casse altro non sono che le dichiarazioni di un'autorità che rifiuta o solleva pretese, da non considerare "decisioni", e da far valere mediante azione. A questo riguardo risulta opinabile quanto asserito da SCHWARZENBACH-HANHART in Die Rechtspflege nach dem BVG, in SZS 1983 pag. 183, nel senso che si tratterebbe di decisioni non destinate a crescere in giudicato. Il carattere tipico della decisione è quello di crescere in giudicato se non oggetto di tempestiva impugnazione. Altrimenti si tratta di atti amministrativi aventi carattere di una dichiarazione di parte, contro la quale può essere intentata azione al fine di ottenere il riconoscimento di diritti denegati, e ciò non nel termine breve di ricorso, pena la perenzione della pretesa, ma nei termini più ampi di prescrizione del diritto; trattasi di dichiarazioni suscettibili di imporsi soltanto in virtù di una decisione di un tribunale (cfr. SPIRA, Le contentieux des assurances sociales fédérales et la procédure cantonale, in Recueil de jurisprudence neuchâteloise 1984, pag. 15, nota 3; MEYER, op.cit., pag. 615 seg.; GRISEL, Traité de droit administratif, pag. 940).
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Che tale non poteva che essere la volontà del legislatore quale emerge anzitutto dal Messaggio 19 dicembre 1975 concernente la legge federale sulla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità in cui il Consiglio federale afferma essere la via giudiziaria quella dell'azione (FF 1976 I 183). Inoltre, con riserva di alcune eccezioni (cfr. in particolare gli art. 50 cpv. 2, 51 cpv. 5 e 69 cpv. 2 LPP), il legislatore voleva instaurare un disciplinamento identico per le istituzioni previdenziali di diritto privato e di diritto pubblico (per quel che attiene alle suddette eccezioni cfr. RIEMER, op.cit., pag. 85 seg.). Se in sede delle deliberazioni del Parlamento sussistevano divergenze tra le due Camere circa l'opportunità di sottoporre maggiormente le istituzioni di diritto pubblico a norme speciali, segnatamente in materia di organizzazione, di amministrazione e di finanziamento, queste divergenze sono state eliminate nel senso che si è ammessa l'idea di emanare, nella misura del possibile, una regolamentazione uniforme (BU 1980 CS BGE 115 V, 224 (231)289-293; 1981 CN 1099 segg., 1982 CE 20-21; cfr. DTF 113 V 202 consid. 3c).
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Ne deve essere dedotto che a ragione il Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino, considerata l'istanza una petizione, l'ha ritenuta tempestiva, non essendo ovviamente nel caso in esame trascorsi i termini di prescrizione del diritto.
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3. Questa Corte decide di principio nella situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui l'amministrazione rende la decisione litigiosa, quando si ricordi che fatti verificatisi ulteriormente possono imporsi quali elementi d'accertamento retrospettivo della situazione anteriore alla decisione stessa (DTF 112 V 93 consid. 3, DTF 109 V 179 consid. 1, DTF 107 V 5 consid. 4a, DTF 105 V 141 consid. 1b e 154 consid. 2). In tema di previdenza professionale, ritenuto, come si è visto, che all'origine della vertenza non è data decisione deferibile al giudice mediante ricorso, ma una dichiarazione unilaterale di volontà non impugnabile con gravame, bensì contestabile mediante azione, deve essere ammesso che il Tribunale federale delle assicurazioni decida nella situazione esistente al momento in cui si verifica l'evento assicurato, oppure è fatto valere il diritto contestato.
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Nel caso di specie le determinazioni della Cassa vennero rese nel giugno, rispettivamente nel dicembre 1987, per cui è da esaminare la loro conformità con il diritto a quel momento vigente. Pertanto le petizioni rivolte dal ricorrente al Gran Consiglio del Cantone Ticino al fine di conseguire la modificazione delle disposizioni da lui invocate non sono - essendo posteriori alle prese di posizione della Cassa - di rilievo decisivo. Se del caso esse potranno essere considerate nella misura in cui retrospettivamente permettano di stabilire la volontà del legislatore. Analogamente questa Corte non può esaminare il merito di contestazioni successive a quella in esame, attualmente del resto devolute ad altre istanze cantonali.
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La questione di sapere se il Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino doveva o meno pronunciarsi circa il diritto alle prestazioni future deve essere esaminata dalla Corte. In effetti, il Tribunale federale delle assicurazioni esamina d'ufficio le condizioni dalle quali dipende la legittimazione a ricorrere e i presupposti formali di validità e di regolarità della procedura amministrativa (DTF 113 V 203 consid. 3d, DTF 112 V 83 consid. 1, BGE 115 V, 224 (232)111 V 346 consid. 1a, 110 V 129 consid. 2 e 149 consid. 2b, 107 V 248 consid. 1b; GYGI, Bundesverwaltungsrechtspflege, 2a ed., pag. 73 cpv. 3 e sentenze ivi citate).
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Ora la legittimazione a chiedere simile accertamento di diritto per il futuro implica l'esistenza di un interesse considerevole e degno di protezione (cfr. DTF 110 II 357 consid. 2, DTF 109 Ib 85; GULDENER, Schweizerisches Zivilprozessrecht, pag. 207 segg.; STRÄULI/MESSMER, Kommentar zum zürcherischen ZPO, pag. 123 segg.). Si deve riconoscere l'esistenza di simile requisito qualora la misconoscenza dell'esistenza, dell'inesistenza o della misura di un diritto o di un obbligo potrebbe condurre l'amministrato a prendere, o, viceversa, tralasciare di prendere, determinate misure, a tal punto da dover subirne un pregiudizio (cfr. GUENG, Zur Tragweite des Feststellungsanspruchs gemäss Art. 25 VwG, in RSJ 1971, pag. 373).
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In concreto, l'esistenza di un interesse nel senso predetto appare opinabile. Comunque il tema non è meritevole di più ampie considerazioni da questo profilo. Infatti, la lite verte sostanzialmente sul punto del principio del diritto alla tredicesima del supplemento per i figli dei pensionati invalidi: ora, la soluzione da dare al quesito per il 1987, oggetto sul quale la Corte è tenuta ad entrare nel merito, deve ovviamente valere pure per epoca successiva.
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In sostanza al fine di documentare i suoi assunti, egli postula che si ordini un'inchiesta amministrativa a carico della Cassa pensioni per accertare le competenze e che siano chiamati a deporre ex consiglieri di Stato, il cancelliere dello Stato, il direttore delle assicurazioni sociali. Orbene, nel procedimento amministrativo al ricorrente, e ciò fa parte del suo diritto di essere sentito, è data la facoltà di proporre l'assunzione di prove. Spetta però al giudice di assumere solo quelle aventi rilievo ai fini decisionali (cfr. DTF 106 Ia 162 consid. 2b, DTF 104 V 210 consid. a; GYGI, op.cit., pag. 274; KUMMER, Grundriss des Zivilprozessrechts, 4a ediz., pag. 135).
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Nell'evenienza concreta, i documenti esistenti sono esaurienti al riguardo. Ogni ulteriore assunzione di prove apparirebbe priva di rilievo. In particolare non emerge il sospetto che le determinazioni controverse siano state rese da autorità incompetenti, che comunque ci si trovi di fronte ad arbitraria assunzione di poteri. Né poi la chiamata come testi di ex consiglieri di Stato e del BGE 115 V, 224 (233)cancelliere presumibilmente intesa a documentare la genesi dei progetti di legge sottoposti al Gran Consiglio valgono a modificare quanto contenuto negli atti parlamentari richiamati d'ufficio da parte di questa Corte. Decisivo è stabilire come si è giunti all'adozione delle disposizioni che hanno dato luogo alla controversia, quale sia il loro testo e se esso sia in contrasto con il diritto federale oppure applicato con arbitrio. Neppure può essere accolta la richiesta del ricorrente di essere sentito oralmente. Il diritto di essere sentito consente alla parte di esprimere quanto del caso, ma questa esposizione può aver luogo anche in forma scritta, come ha fatto l'interessato.
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Il ricorso di diritto amministrativo può essere interposto per violazione del diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento. L'accertamento dei fatti giuridicamente di rilievo da parte dell'autorità giudiziaria inferiore può essere oggetto di impugnativa solo in quanto esso sia stato fatto in modo manifestamente inesatto o incompleto oppure violando norme essenziali di procedura (cfr. i combinati disposti di cui agli art. 104 lett. b e 105 cpv. 2 OG).
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Nella misura in cui la procedura di ricorso concerne l'assegnazione o il rifiuto di prestazioni assicurative, l'ambito del potere cognitivo della Corte si estende invece anche all'esame dell'adeguatezza della decisione impugnata; il Tribunale in tal caso non è vincolato dall'accertamento di fatto operato dai primi giudici e può scostarsi dalle conclusioni delle parti, a loro vantaggio o pregiudizio (art. 132 OG: cognizione lata; DTF 108 V 247 consid. 1a).
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Il Tribunale federale delle assicurazioni non è vincolato dai motivi invocati dalle parti (art. 114 cpv. 1 OG con riferimento all'art. 132 OG). Esso esamina d'ufficio se il giudizio in lite viola delle norme di diritto federale - ivi compreso quello costituzionale federale - e i principi generali del diritto tali quelli di parità di trattamento e di proporzionalità (DTF 109 V 210, DTF 106 Ib 253), oppure se la prima istanza ha commesso abuso nei suoi poteri di apprezzamento.
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Secondo costante giurisprudenza, il principio dell'uguaglianza ancorato nell'art. 4 Cost. vincola anche il legislatore cantonale e comunale. Sotto questo profilo violano l'art. 4 - oltre agli atti BGE 115 V, 224 (234)legislativi che non hanno un motivo serio e oggettivo o che appaiono privi di senso e scopo - quelli che fanno delle distinzioni inammissibili, che non trovano cioè corrispondenza alcuna nelle diversità della fattispecie che la disciplina vuole regolare e quelli che - all'opposto - omettono di fare delle distinzioni, quando la diversità delle circostanze da sottoporre a norma impone invece di distinguere e che danno luogo ad una parificazione inammissibile (DTF 114 Ia 223 consid. 2b, 113 Ia 144 consid. 10 e 244 consid. 5b, 112 Ia 243 consid. 4 e 258 consid. 4a). D'altro canto, un provvedimento può essere arbitrario quando viola chiaramente una norma o un principio del diritto (DTF 114 Ia 27 consid. 3b, 113 Ia 19 consid. 3a, 113 Ib 311 consid. 2a, 113 III 8 consid. 1a e 84 consid. 2a, 108 Ia 120).
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Ora, giusta i cpv. 2 e 3 dell'art. 25 la percentuale della rendita di invalidità è aumentata del 10% dell'aliquota di vecchiaia per ogni figlio beneficiario di una rendita complementare AVS/AI, ritenuto un supplemento massimo per tutti i figli del 50%, mentre nei casi in cui l'invalidità non è riconosciuta dall'assicurazione invalidità la pensione per i figli è del 20% per ogni figlio, calcolata sulla pensione di vecchiaia, ritenuto un massimo del 60%. Secondo l'art. 27 LCP il pensionato per invalidità o vecchiaia ha diritto a un supplemento fisso annuo fintanto che non percepisce una rendita AVS/AI.
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Conformemente al cpv. 4 dell'art. 22 LCP la percentuale della rendita di vecchiaia è aumentata del 10% dell'aliquota di vecchiaia per ogni figlio minorenne o agli studi beneficiario di una rendita completiva AVS/AI, ritenuto un supplemento massimo per tutti i figli del 50%.
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Da questa normativa emerge in modo evidente che mentre per i supplementi ai figli di beneficiari di rendite di invalidità è esclusa l'attribuzione della tredicesima, altrettanto non vale per i figli di beneficiari di rendite di vecchiaia. Orbene, nell'evenienza concreta BGE 115 V, 224 (235)non può essere affermato, come asserisce il ricorrente, che si tratti di un'arbitraria applicazione di diritto cantonale, da parte dell'amministrazione prima e del giudice poi. Il testo della legge applicabile non permetteva infatti altra soluzione che quella di negare il diritto a tredicesima sui supplementi per i figli di pensionati invalidi, diritto escluso da una disposizione di legge letteralmente interpretabile in un solo modo.
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b) Resta invece da esaminare se la norma stessa non violi il diritto federale materiale, in concreto la LPP, oppure, più in generale, costituisca disparità di trattamento.
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aa) Per quanto riferito alla LPP vuole essere osservato che il tema delle prestazioni complementari per i figli di invalidi è regolato dall'art. 25 in riferimento agli art. 20 e 21. In sostanza l'ammontare della rendita per i figli deve essere uguale a quello della rendita per gli orfani e pari al 20% della rendita intera di invalidità cui avrebbe avuto diritto l'assicurato, calcolata secondo gli accrediti di vecchiaia ai sensi dell'art. 16 LPP in aliquota del salario coordinato (cfr. art. 24 cpv. 3 LPP). La legge nulla dice sul diritto a tredicesima, prestazione questa tipica del diritto cantonale.
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Ora dall'affermazione secondo cui la rendita dell'orfano è pari al supplemento per i figli di assicurati invalidi e dal fatto che la LCP all'art. 40 concede agli orfani una pensione per la quale la tredicesima non è esclusa, il ricorrente vorrebbe dedurre la difformità delle norme cantonali da quelle della LPP. Questa tesi non può essere condivisa, quando si ricordi che la LPP stabilisce un minimo di prestazioni che in concreto la LCP ha ampiamente rispettato.
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bb) Per quanto eccede i minimi della LPP, valgono solo i principi generali, in sostanza il principio della parità di trattamento. A proposito, il ricorrente vede una violazione del principio dell'uguaglianza di trattamento nel fatto che i figli dei pensionati invalidi siano discriminati nei confronti degli orfani e dei figli dei pensionati per ragioni di età.
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Orbene, contro il parere del Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino, si deve ammettere non essere insostenibile la disciplina che privilegia l'orfano nei confronti del figlio di un invalido, la situazione del primo essendo diversa al punto da oggettivamente meritare una particolare tutela.
45
Dove di contro è ravvisabile una manifesta violazione del principio di parità di trattamento è nel fatto che l'art. 17 cpv. 3 BGE 115 V, 224 (236)LCP escluda dalla tredicesima il supplemento per i figli di pensionati invalidi, mentre non lo faccia per quelli di chi è pensionato per ragioni di età. Non si vede infatti un motivo oggettivo di discriminazione, né del resto amministrazione e primi giudici hanno tentato di farlo. Il ricorrente attribuisce questo fatto ad una svista.
46
Ora, quando si ricordi che la LCP nella sua formulazione originale è del 14 settembre 1976 e che la vertenza riguarda gli art. 17, 22 e 25 della stessa, giova risalire agli atti parlamentari per stabilire se svista è avvenuta e in che modo il testo debba essere interpretato.
47
Nel Messaggio del Consiglio di Stato al Gran Consiglio concernente la modificazione della legge sulla Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato del 10 giugno 1976, per quanto concerne l'art. 17 era osservato:
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"Seguendo il criterio adottato per il personale in servizio proponiamo la codificazione nella legge della tredicesima mensilità. Essa corrisponde ad una mensilità di pensione, esclusi i supplementi compensativi (art. 25 cpv. 2 e 3 e art. 27) con l'AVS/AI... La rendita annua totale è pagata anticipatamente all'inizio di ogni mese nella misura di 12/13. Il tredicesimo assegno è pagato a scadenza fissata dal Consiglio di Stato..."
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Per quanto riferito all'art. 25 si era detto:
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"Per stabilire il diritto alla rendita per orfani (art. 40) e figli minorenni di pensionati (cpv. 2, 3 e 4) ci siamo basati sulla legislazione AVS attualmente in vigore (Cfr. Raccolta dei verbali del Gran Consiglio, vol. 3, sessione ordinaria primaverile 1976, pag. 939 segg.)."
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Circa l'art. 22 nulla ancora si diceva invece sulle prestazioni per i figli.
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Il testo allora proposto e accettato in sede commissionale e parlamentare prevedeva unicamente prestazioni complementari per i figli dei pensionati per invalidità, ma non già per i pensionati per ragioni di età (op.cit., pag. 982 seg.). La volontà del legislatore era pertanto quella di attribuire un supplemento unicamente per i figli di pensionati per invalidità, supplemento che non avrebbe beneficiato di diritto a tredicesima. I figli dei pensionati di vecchiaia viceversa non avrebbero avuto diritto a supplemento.
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Successivamente la legge venne modificata una prima volta il 18 giugno 1984. Per quanto utile ai fini del presente esame venne stabilito (art. 17 cpv. 3) un nuovo metodo di calcolo della tredicesima mensilità, sempre con la precisazione che esclusi erano "i supplementi previsti dall'art. 25 cpv. 2 e 3 e dall'art. 27 della BGE 115 V, 224 (237)presente legge" (cfr. Raccolta dei verbali del Gran Consiglio, vol. 1, sessione ordinaria primaverile 1984, pag. 689). La modificazione dell'art. 22 riguardava solo l'occupazione parziale.
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In occasione di un'ulteriore modificazione del 18 dicembre 1984 (cfr. Raccolta dei verbali del Gran Consiglio, vol. 2, sessione ordinaria autunnale 1984, pag. 927) vennero proposte le modificazioni di legge, ora vigenti, e che danno luogo alla presente controversia. Nel Messaggio del Consiglio di Stato al Gran Consiglio era proposta un'analoga disposizione all'art. 22 cpv. 4 e all'art. 25 cpv. 2, e ciò per il seguente motivo:
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"Il riordino formale di queste disposizioni è utile per sancire in modo chiaro il diritto alle prestazioni per i beneficiari delle rendite di vecchiaia e d'invalidità. Le norme LAVS/LAI sono integralmente adottate)... (op.cit., pag. 931)."
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Su questo punto la Commissione della gestione argomentò, con riferimento all'art. 22 cpv. 4:
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"Questo articolo si riferisce alle persone che a 65 anni di età hanno ancora figli a carico. Veniva già applicato in passato per i casi di vecchiaia, in analogia a quelli di invalidità (op.cit., pag. 953)."
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Il che significa che con l'adozione dell'art. 22 si intese parificare i diritti dei pensionati per vecchiaia con quelli dei pensionati invalidi per quanto concerne il supplemento ai figli, supplemento che del resto - a quanto si affermava - era già stato in pratica erogato in via di analogia.
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Ma se l'applicazione per analogia permetteva di applicare anche ai pensionati per vecchiaia l'esclusione di cui all'art. 17, ci si deve chiedere quali disposizioni fossero da prendere dopo l'adozione di una norma precisa cui l'art. 17 più non accennava.
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Deve a questo proposito essere rilevato che nel Messaggio no. 3337 del 22 giugno 1988 il Consiglio di Stato propone ulteriori modificazioni di legge, tra cui una per l'art. 17 cpv. 3 di asserito "tipo formale" del seguente tenore:
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"La tredicesima mensilità corrisponde a un dodicesimo della pensione pagata, esclusi i supplementi previsti dall'art. 22 cpv. 4, dall'art. 25 cpv. 2 e 3 e dall'art. 27 della presente legge."
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Al riguardo la Commissione della gestione nel rapporto 17 novembre 1988 ha deciso di proporre l'approvazione della modifica come formulata nel Messaggio, riservato essendo l'esito del presente ricorso. Questo atto è stato accolto dal Gran Consiglio il 28 novembre 1988; lo stesso è stato impugnato dal qui BGE 115 V, 224 (238)ricorrente. Comunque, dall'iter parlamentare, dalle affermazioni contenute negli atti del Gran Consiglio, risulta in modo evidente che la volontà del legislatore non era affatto quella di attribuire più diritti ai figli dei pensionati per vecchiaia che a quelli dei pensionati per invalidità, ma al contrario di metterli sullo stesso livello. Dunque, se vi è stata "svista", come afferma il ricorrente, essa non è affatto consistita nel non aver il legislatore tolto dall'art. 17 cpv. 3 LCP l'esclusione per i figli di invalidi, ma nel non aver previsto la stessa esclusione per quella dei pensionati di vecchiaia.
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La parità di trattamento poteva essere ripristinata in due modi: o concedendo ad ambedue le categorie di assicurati le medesime prestazioni, in concreto la tredicesima, oppure rifiutandole ad ambedue. Il Gran Consiglio ha aderito a questa seconda soluzione, facendo sua una proposta che in sostanza appariva corrispondere alla sua precedente volontà.
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Date queste premesse, rimane da esaminare se il ricorrente possa in queste condizioni far valere le prestazioni controverse.
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I primi giudici hanno asserito che l'amministrazione già avrebbe denegato le prestazioni in questione per i figli dei pensionati di vecchiaia. Quando si ricordi che secondo la giurisprudenza chi è chiamato ad applicare una legge può derogare dal suo testo letterale quando lo stesso non corrisponde allo scopo della regola o contraddice la sua genesi (DTF 112 V 172 consid. 3a, DTF 109 V 62 consid. 4, DTF 107 V 216 consid. 3b, DTF 103 Ia 117 consid. 3, DTF 99 Ia 575 consid. 3), l'amministrazione ben poteva, per analogia, applicare l'esclusione prevista dall'art. 17 LCP non solo alle prestazioni dovute in virtù dell'art. 25 cpv. 3, ma anche a quelle previste dall'art. 22 cpv. 4. E ciò senza arbitrio e in un'interpretazione del diritto cantonale conforme alla costituzione e tale da rispettare la volontà del legislatore.
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Vero è che il ricorrente contesta che l'amministrazione avesse escluso dalla tredicesima il supplemento per i figli dei pensionati per vecchiaia, deducendo da questa circostanza, ritenuto il principio dell'uguaglianza di trattamento, il diritto alle prestazioni litigiose. Il punto non è comunque meritevole di più ampie indagini. Infatti, anche se, come afferma l'assicurato, essa circostanza non fosse provata, dovrebbe pur essere ricordato che qualora un'autorità esplicitamente riconosca l'illegittimità di una determinata prassi anteriore e affermi chiaramente di volersi in futuro conformare alla legge, il principio dell'uguaglianza di trattamento deve cedere il passo a quello della legalità, fermo BGE 115 V, 224 (239)restando comunque che essa autorità sia in grado di far sì che detto intento sia effettivamente concretizzato, nel senso che essa possa effettivamente applicare la legge in modo corretto (DTF 113 Ib 313 consid. 3, DTF 110 II 400 consid. 2, DTF 108 Ia 213 /214, DTF 102 Ib 364 consid. 5, DTF 98 Ib 240; cfr. anche DTF 101 Ib 370, DTF 80 I 426, DTF 79 I 177; AUER, L'égalité dans l'illégalité, ZBL 79/1978 pag. 297). Nella fattispecie l'autorità è andata oltre all'affermazione di volere nel futuro applicare la legge in modo conforme a costituzione: essa ha proposto una modifica legislativa adottata dal Gran Consiglio, così da far coincidere la legge con la prassi.
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