BGE 134 V 257 | |||
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31. Estratto della sentenza della II Corte di diritto sociale nella causa Cassa di compensazione del Cantone Ticino contro T. e X. SA in liquidazione (ricorso in materia di diritto pubblico) |
9C_280/2007 del 26 maggio 2008 | |
Regeste |
Art. 52 Abs. 3 AHVG; Art. 81 und 82 aAHVV; Art. 89 HRegV (in der bis zum 31. Dezember 2007 gültigen Fassung); Verjährung des Schadenersatzanspruchs. |
Wenn eine Aktiengesellschaft zufolge fehlender Aktiven von Amtes wegen im Handelsregister gelöscht wird, gelten der Schaden und auch dessen Kenntnis - unter Vorbehalt anderweitiger Anhaltspunkte - mit der Publikation der Massnahme im Schweizerischen Handelsamtsblatt als eingetreten (E. 3.3.3-3.5). | |
Sachverhalt | |
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A.a T. ha ricoperto, dal 30 marzo 1999 al 21 gennaio 2004, data delle sue dimissioni, la carica di presidente del consiglio di amministrazione della X. SA, ditta iscritta a registro di commercio il (...) e il cui scopo sociale consisteva segnatamente nell'acquisto, nella fornitura, lavorazione e posa di acciaio per cemento armato e lavori edili in genere. Essendo la società entrata in mora con il pagamento dei contributi paritetici, la Cassa di compensazione del Cantone Ticino (in seguito: Cassa), presso la quale la ditta era affiliata in qualità di datrice di lavoro, ha dovuto sistematicamente diffidarla (a partire dal mese di novembre 1999) e precettarla (a partire dal mese di giugno 2001).
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A.b La X. SA è stata sciolta per deliberazione assembleare del 7 agosto 2001. Avendo constatato di avere subito un danno di fr. 65'691.70 a causa del mancato pagamento dei contributi sociali da parte della società per gli anni 1999, 2000 e 2001 (fino a giugno), la Cassa ne ha postulato il risarcimento a T., con vincolo di solidarietà con gli altri membri del consiglio di amministrazione limitatamente agli importi ad essi addebitabili (decisione del 3 luglio 2002). Facendo notare che la società in liquidazione non era stata posta "in situazione di fallimento o di carenza beni" e che un risarcimento danni poteva essere fatto valere solo in tali circostanze, T. si è opposto il 30 luglio 2002 a tale provvedimento. A seguito dell'opposizione, la Cassa, preso atto del fatto che, in quel momento, la procedura di liquidazione della società non era ancora conclusa, ha informato l'interessato che rinunciava a dare seguito alla decisione impugnata, riservandosi tuttavia la possibilità di promuovere un'azione risarcitoria nei confronti degli organi della società qualora i presupposti si fossero (in futuro) realizzati (scritto del 30 agosto 2002).
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A.c Con decisione del 20 gennaio 2006, confermata il 7 luglio seguente anche in seguito all'opposizione dell'interessato, la Cassa si è nuovamente rivolta a T. chiedendogli il risarcimento di fr. 60'743.75 per il danno causato dal mancato pagamento dei contributi per il periodo 2000 - giugno 2001.
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B. Patrocinato dall'avv. Yves Flückiger, T. ha deferito la decisione su opposizione al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino, al quale ha chiesto di annullare la pretesa risarcitoria. Tra le altre cose, ha eccepito la perenzione del diritto al risarcimento come pure il fatto che, dopo avere abbandonato la procedura nell'agosto 2002, la Cassa non avrebbe più potuto ripresentare la medesima domanda senza incorrere in una violazione del principio "ne bis in idem".
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Per pronuncia dell'11 aprile 2007, la Corte cantonale ha accolto il ricorso e ha annullato la decisione su opposizione. I giudici cantonali hanno in particolare osservato che, in analogia alla situazione valevole in caso di fallimento, la Cassa, ben sapendo della liquidazione in corso, avrebbe potuto e dovuto indicare nella decisione di risarcimento del 3 luglio 2002 l'importo del danno subito avvertendo l'interessato che quanto eventualmente incassato al termine della procedura di liquidazione gli sarebbe stato, se del caso, riversato. Ora, non avendo a suo tempo portato a termine la procedura con la promozione dell'azione risarcitoria, l'amministrazione avrebbe perso il suo diritto al risarcimento e non sarebbe stata legittimata ad emettere la seconda decisione del 20 gennaio 2006. Per gli stessi giudici non si sarebbe per contro realizzata una violazione del principio "ne bis in idem" poiché, a seguito dell'opposizione del 30 luglio 2002, la decisione 3 luglio 2002 non sarebbe cresciuta in giudicato.
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C. La Cassa ha presentato un ricorso in materia di diritto pubblico, con il quale chiede di annullare il giudizio cantonale e di confermare la decisione su opposizione. Contesta che le si possa opporre la perenzione del diritto al risarcimento e osserva che la comunicazione del 30 agosto 2002 ha di fatto posto termine alla procedura iniziata con la decisione del 3 luglio precedente. In tali circostanze, con l'emanazione della decisione del 20 gennaio 2006 essa non poteva, a suo parere, violare il principio "ne bis in idem". Per il resto fa valere che è solo con la pubblicazione, in data 27 aprile 2004, della radiazione (definitiva) della società per mancanza di attivi che il danno poteva insorgere ed essa acquisirne la necessaria conoscenza. Da ciò conclude che la decisione del 20 gennaio 2006, presentata entro il termine di prescrizione biennale previsto dalle nuove disposizioni in materia, era senz'altro tempestiva.
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Sempre patrocinato dall'avv. Flückiger, T. propone la reiezione del gravame. Oltre a rilevare l'illegittimità della Cassa ad emettere una nuova decisione di risarcimento dopo quella resa nel luglio del 2002, l'interessato aderisce alla tesi del Tribunale cantonale in merito alla perenzione del diritto. Per contro, l'Ufficio federale delle assicurazioni sociali ha rinunciato a determinarsi.
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Il Tribunale federale ha respinto il ricorso.
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Dai considerandi: | |
Erwägung 2 | |
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2.2 Per il resto, la decisione amministrativa del 3 luglio 2002 non è cresciuta in giudicato. Essa non è in particolare divenuta definitiva per non avere la Cassa promosso, entro 30 giorni dalla conoscenza dell'opposizione, azione giudiziaria dinanzi al Tribunale cantonale come prescritto dall'ordinamento allora applicabile (vecchio art. 81 cpv. 3 OAVS [RS 831.101], in vigore fino al 31 dicembre 2002). Avendo, con la comunicazione del 30 agosto 2002 e sulla base delle circostanze evidenziate dall'opposizione (sugli effetti inibitori di quest'ultima, in analogia a quanto riconosciuto in materia LEF v. DTF 122 V 65 consid. 4c pag. 68; DTF 117 V 131 consid. 5 pag. 135), rinunciato a dare seguito alla decisione del 3 luglio precedente ed essendosi riservata la possibilità di promuovere successivamente la (corretta) azione risarcitoria, la Cassa ha di fatto annullato questo suo ultimo provvedimento. Sebbene non l'abbia pronunciata in forma di decisione, questa revoca non è censurabile. Infatti, anche se la revoca, quale actus contrarius, dovrebbe di regola essere pronunciata nelle stesse forme e nella medesima procedura della decisione revocata, nulla impedisce - soprattutto se, come in concreto, si tratta di revocare una decisione sfavorevole per l'amministrato - che essa possa ugualmente avvenire con semplice atto scritto (apparentemente in questo senso - per il periodo successivo all'entrata in vigore, il 1° gennaio 2003, della LPGA [RS 830.1] - anche UELI KIESER, ATSG-Kommentar, Zurigo/Basilea/Ginevra 2003, n. 4 all'art. 51 LPGA, secondo cui la procedura semplificata [informale] introdotta dall'art. 51 LPGA troverebbe spazio per i provvedimenti di non ragguardevole entità oppure per quelli con i quali la persona interessata è d'accordo, come si poteva presumere nel caso di specie; cfr. pure DTF 125 V 118 consid. 3 pag. 121 seg.). Tale conclusione si giustifica a maggior ragione se si considera che la prassi ha ad esempio già ammesso una revoca per atti concludenti in conformità al principio della buona fede (DTF 96 I 617 consid. 2c pag. 621; MOOR, op. cit., pag. 339).
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Non va del resto dimenticato che, contrariamente a quanto avviene per la revoca di decisioni cresciute in giudicato, la cui modifica è subordinata all'adempimento dei rigorosi presupposti del riesame o della revisione processuale (DTF 129 V 110 consid. 1.2.1 pag. 111; DTF 124 V 246 consid. 2 pag. 247 con riferimenti), la possibilità di revocare decisioni non ancora cresciute in giudicato è - al di là del caso concreto - agevolata dal fatto che, fino alla crescita in giudicato, la tutela della sicurezza giuridica e il principio dell'affidamento non rivestono la medesima importanza che essi invece acquistano successivamente (cfr. ANNETTE GUCKELBERGER, Der Widerruf von Verfügungen im schweizerischen Verwaltungsrecht, in: ZBl 108/2007 pag. 309; ULRICH HÄFELIN/GEORG MÜLLER/FELIX UHLMANN, Allgemeines Verwaltungsrecht, 5a ed., Zurigo 2006, n. 821 e 995; FRANZ SCHLAURI, Grundstrukturen des nichtstreitigen Verwaltungsverfahrens in der Sozialversicherung, in: Schaffhauser/Schlauri [ed.], Verfahrensfragen in der Sozialversicherung, San Gallo 1996, pag. 49; BLAISE KNAPP, Précis de droit administratif, 4a ed., Basilea/Francoforte 1991, n. 1249 segg.).
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Ora, se questa Corte ha riconosciuto, alle predette condizioni, la possibilità di agire una seconda volta, in via amministrativa e giudiziaria, per la parte del danno precedentemente non fatta valere, mal si vede come ciò potrebbe essere negato nel caso di specie. Anche nel presente contesto questa possibilità deve essere riconosciuta se l'amministrazione, come dovrà ancora essere verificato (v. consid. 3), ha agito nei termini di legge.
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2.3.2 Va infine considerato in via abbondanziale che, in mancanza di un danno al momento della prima decisione del 3 luglio 2002, quando la procedura di liquidazione era ancora in corso - circostanza, questa, peraltro invocata a sua tutela dall'opponente stesso in data 30 luglio 2002 -, la richiesta risarcitoria della Cassa era prematura. Ora, anche se l'amministrazione avesse a quell'epoca promosso l'azione giudiziaria ai sensi del vecchio art. 81 cpv. 3 OAVS, quest'ultima avrebbe dovuto essere respinta dall'autorità giudiziaria; il che non avrebbe però impedito all'amministrazione di procedere (nuovamente) nei confronti degli organi societari, una volta conclusa la procedura di liquidazione e accertata l'esistenza di un danno (v. sentenza del Tribunale federale delle assicurazioni H 209/97 del 13 marzo 1998, consid. 3c).
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3.2 Il danno subentra nel momento in cui si deve ritenere che i contributi dovuti non potranno più essere recuperati, per motivi giuridici o di fatto (DTF 129 V 193 consid. 2.2 pag. 195; DTF 126 V 443 consid. 3a pag. 444 con riferimenti). Ciò si avvera in caso di perenzione dei contributi oppure, nell'ipotesi di fallimento, in ragione dell'impossibilità per la cassa di riscuotere i contributi secondo la procedura ordinaria. In questa seconda evenienza, il danno subito dalla cassa è presunto intervenire il giorno del fallimento stesso; il giorno dell'insorgenza del danno segna quello dell'insorgenza del credito risarcitorio (DTF 123 V 12 consid. 5c pag. 16) come pure la data a partire dalla quale decorre il termine di cinque anni. In caso di esecuzione in via di pignoramento, il danno (e contemporaneamente anche la conoscenza dello stesso da parte della Cassa) insorge per contro con il rilascio di un attestato di carenza di beni (DTF 113 V 256 consid. 3c pag. 257 seg.).
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I suesposti principi si applicano anche al fallimento con procedura sommaria poiché la decisione che dispone la liquidazione sommaria non consente ancora, da sola, di conoscere il danno (DTF 129 V 193 consid. 2.3 pag. 195 con riferimenti). Se il fallimento non viene liquidato né secondo la procedura ordinaria né secondo quella sommaria, la conoscenza del danno - subentrato con l'apertura del fallimento - viene di regola fatta intervenire al momento della sospensione della procedura per mancanza di attivi, in siffatta evenienza facendo stato la data di pubblicazione del provvedimento nel Foglio ufficiale svizzero di commercio (in seguito: FUSC; DTF 129 V 193 consid. 2.3 pag. 196; DTF 128 V 10 consid. 5a pag. 12; DTF 123 V 12 consid. 5c pag. 16).
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3.3.2 Per quanto concerne il momento della conoscenza del danno nell'ambito di una liquidazione societaria, questa Corte ha già avuto modo di statuire che dal solo fatto che una società (anonima) viene ad esempio sciolta d'ufficio per inottemperanza delle norme relative alla cittadinanza e al domicilio dei membri del consiglio d'amministrazione (art. 708 cpv. 4 CO in relazione con l'art. 86 cpv. 2 dell'ordinanza del 7 giugno 1937 sul registro di commercio [ORC; RS 221.411, nella versione applicabile in concreto, in vigore fino al 31 dicembre 2007]) non si può dedurre che i contributi dovuti non possano più essere riscossi. Lo scioglimento della società non comporta infatti ancora la sua estinzione, atteso che quest'ultima durante la liquidazione conserva la personalità giuridica e continua ad esistere. Essa può ancora esercitare diritti e assumere obbligazioni, come pure stare in giudizio. Per l'art. 743 cpv. 1 CO, i liquidatori devono ultimare gli affari in corso, a meno che risulti dal bilancio e dalla diffida ai creditori che gli attivi non sono sufficienti a coprire i debiti della società; in questa eventualità i liquidatori devono informare il giudice che pronuncerà il fallimento (art. 743 cpv. 2 CO). Lo stato di società in liquidazione non significa quindi ancora che non vi siano attivi sufficienti per pagare i creditori (sentenza del Tribunale federale delle assicurazioni H 171/02 del 2 dicembre 2003, consid. 2.2 con riferimenti). Di conseguenza, finché la liquidazione della società non è effettuata, non si può dire se la cassa di compensazione subirà un danno (DTF 126 V 443 consid. 4b pag. 448; v. pure sentenza inedita del Tribunale federale delle assicurazioni H 209/97 del 13 marzo 1998, consid. 3b). Similmente, la comunicazione di un liquidatore privato alla cassa di compensazione, con la quale viene segnalata l'irrealizzabilità di eventuali crediti, non dà luogo a una conoscenza anticipata se solo in seguito (dopo la comunicazione del liquidatore) viene pronunciato il fallimento della società precedentemente sciolta per perdita del domicilio legale ai sensi dell'art. 88a ORC e questa procedura viene sospesa per mancanza di attivi (sentenza del Tribunale federale delle assicurazioni H 328/03 del 21 settembre 2004, consid. 4.2). In quest'ultima vertenza la Corte giudicante ha infatti osservato che anche in presenza di indizi concreti che lasciavano presagire l'insolvenza della società, la cassa avrebbe prima dovuto fare valere i contributi in via esecutiva. La loro irrecuperabilità e di conseguenza un danno sarebbero soltanto stati riconosciuti se la cassa di compensazione avesse subito una perdita nella procedura esecutiva promossa in via di pignoramento nei confronti del datore di lavoro. In mancanza di un attestato di carenza di beni la cassa non avrebbe per contro potuto emettere una decisione di risarcimento danni nei confronti degli organi societari. La necessaria conoscenza del danno non poteva inoltre - sempre secondo il Tribunale giudicante - neppure derivare dal fatto che la società avesse in precedenza sospeso la propria attività e fosse stata sciolta, ritenuto che lo scioglimento non era avvenuto per mancanza di attivi realizzabili ai sensi dell'art. 89 ORC, bensì in applicazione dell'art. 86 cpv. 2 ORC, motivo per cui non si poteva dedurre che i contributi dovuti non potessero più essere riscossi. Per il resto, la cassa non avrebbe potuto acquisire la necessaria conoscenza del danno nemmeno con la dichiarazione di fallimento, bensì solo con la pubblicazione nel FUSC della sospensione della procedura per mancanza di attivi (sentenza citata H 328/03, ibidem).
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La dottrina in materia considera che una società non dispone più di attivi realizzabili se nei suoi confronti sono stati emessi attestati di carenza di beni definitivi e se nessuno ha fatto valere un interesse motivato al mantenimento dell'iscrizione della società (CLEMENS MEISTERHANS, Prüfungspflicht und Kognitionsbefugnis der Handelsregisterbehörde, tesi Zurigo 1996, pag. 285; cfr. pure THOMAS KOCH, Das Zwangsverfahren des Handelsregisterführers, tesi Zurigo 1997, pagg. 156 e 233) oppure se l'ufficiale dispone di una dichiarazione di insolvenza del consiglio di amministrazione (KOCH, op. cit., ibidem). Per la giurisprudenza, tuttavia, l'esistenza di attestati di carenza di beni definitivi non è, da sola, determinante in quanto attesterebbe unicamente (ma pur sempre) che le esecuzioni promosse contro il debitore non hanno permesso di soddisfare pienamente il creditore. Si tratterebbe pertanto di un indizio per l'assenza di attivi realizzabili ad un determinato momento (sentenza 4A.7/1999 dell'8 dicembre 1999, consid. 4b).
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Quali possibili motivi di interesse al mantenimento dell'iscrizione vengono segnatamente considerati l'esistenza di fondi o di altri attivi all'estero oppure la partecipazione a una società estera. Va però tenuto presente che, pure in presenza di un interesse motivato al mantenimento dell'iscrizione, l'autorità di vigilanza può comunque disporre la radiazione della società se per il resto si realizzano le relative condizioni. Ciò si verifica ad esempio se, da un lato, l'autorità del registro dispone di un attestato di carenza di beni definitivo e una terza persona rende verosimile di avere ancora una pretesa nei confronti della società, ma, dall'altro lato, il creditore non riesce a provare l'esistenza effettiva di attivi (MEISTERHANS, op. cit., pag. 286).
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3.4 Nel caso di specie, nonostante il resistente vi abbia accennato in sede cantonale, ma non più per contro in sede federale, non risulta che precedentemente all'avvio della procedura di cui all'art. 89 ORC la Cassa avesse ottenuto degli attestati di carenza beni definitivi a carico della società opponente. Di conseguenza, l'amministrazione non poteva avere acquisito la necessaria conoscenza di un danno (peraltro nemmeno ancora insorto) precedentemente all'avvio di detta procedura. Lo stesso dicasi, per quanto visto in precedenza (consid. 3.3.2), in relazione alla decisione di scioglimento assembleare del 7 agosto 2001 e alla procedura di liquidazione che ne è seguita. Per contro si osserva che quantomeno con la (prima) radiazione d'ufficio del 10 marzo 2003, pubblicata sul FUSC il 14 marzo seguente (sulla presunta conoscenza del contenuto di un'iscrizione a registro di commercio v. art. 933 cpv. 1 CO; MANFRED KÜNG, Commentario bernese, Berna 2001, n. 38 segg. all'art. 933 CO), quando ormai la procedura di liquidazione era cosa fatta, la Cassa, facendo prova dell'attenzione ragionevolmente esigibile, avrebbe dovuto rendersi conto - anche perché la cancellazione interveniva a distanza di oltre un anno e mezzo dalla decisione di scioglimento assembleare della società - che le circostanze effettive non permettevano più di esigere il pagamento dei contributi. Al più tardi in quel momento l'amministrazione doveva essere in grado di riconoscere che le sue pretese sarebbero rimaste scoperte. Con la pubblicazione, sul FUSC, della cancellazione della società per mancanza di attivi realizzabili in applicazione dell'art. 89 ORC, la situazione poteva infatti essere paragonata a quella di una sospensione di fallimento per mancanza di attivi. Nulla muta a tale conclusione il fatto che la radiazione sia, una settimana dopo, stata (provvisoriamente) revocata. Va qui infatti ricordato che la cancellazione è stata unicamente revocata per il motivo che l'autorità cantonale non aveva concesso il nullaosta fiscale. La (peraltro provvisoria) reiscrizione della società non ha pertanto sostanzialmente modificato la posizione creditoria della Cassa ricorrente.
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3.5 Ne discende che il momento della nascita del danno e della sua conoscenza deve essere fatto risalire al 14 marzo 2003 (o quantomeno al 15 marzo 2003, vale a dire al giorno feriale successivo a quello della data di pubblicazione nel FUSC: art. 932 cpv. 2 CO) e non già al 3 luglio 2002 come erroneamente ritenuto dai primi giudici. Ciò non cambia però nulla ai fini del giudizio poiché il termine di prescrizione di due anni di cui all'art. 52 cpv. 3 LAVS (sul diritto e i principi intertemporali applicabili nel caso di specie cfr. ad esempio la sentenza del Tribunale federale delle assicurazioni H 105/05 del 19 gennaio 2006, consid. 3.2) era comunque già scaduto quando la Cassa ha fatto valere la sua pretesa risarcitoria con la decisione del 20 gennaio 2006.
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