BGE 138 V 481 | |||
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57. Estratto della sentenza della II Corte di diritto sociale nella causa F. contro Cassa di compensazione del Cantone Ticino (ricorso in materia di diritto pubblico) |
9C_214/2012 del 22 ottobre 2012 | |
Regeste |
Art. 10 Abs. 2 lit. a und Art. 21 Abs. 1 ELG; Begrenzung der anrechenbaren Ausgaben bei Aufenthalt in einem (ausserkantonalen) Pflegeheim. |
Mit Art. 10 Abs. 2 lit. a ELG vereinbar ist, wenn ein Kanton die zu berücksichtigenden Aufenthaltskosten in einer Weise begrenzt, dass im Regelfall nur die Sozialhilfeabhängigkeit von Pensionären verhindert wird, die in einer von ihm selber anerkannten Einrichtung betreut werden (E. 5.7). | |
Sachverhalt | |
A. F., nata nel 1928 e affetta da morbo di Alzheimer, il 31 dicembre 2010 è stata trasferita - a causa del peggioramento della situazione di salute sua e del marito (malato di cancro e poi deceduto il 24 gennaio 2011) - dal suo domicilio in Ticino in una struttura specializzata del Canton Zurigo, dove vivono le sue tre figlie. Nel febbraio 2011 l'interessata ha presentato una domanda di prestazioni complementari che la Cassa di compensazione del Cantone Ticino, pur dichiarando di comprendere le ragioni alla base del suo collocamento fuori Cantone, ha però respinto per l'accertata eccedenza dei redditi determinanti (quantificati in fr. 47'218.-) rispetto alle spese riconosciute (quantificate in fr. 34'311.-). Rilevata la competenza del Cantone di domicilio (il Ticino) a esaminare la richiesta, l'amministrazione ha in particolare computato quale tassa giornaliera di cura l'importo massimo (fr. 75.-) previsto dalla legislazione ticinese (decisione 21 luglio 2011 e decisione su opposizione 15 settembre 2011).
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B. Contestando i parametri applicati dalla Cassa cantonale di compensazione e ricordando che il ricovero fuori Cantone era stato dettato da motivi di ordine valetudinario (per la necessità di un suo trasferimento in ambiente germanofono dopo che la malattia le aveva segnatamente fatto dimenticare l'italiano) oltre che personale (per la vicinanza delle figlie), l'assicurata - rappresentata dalla figlia H., sua curatrice - si è aggravata al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino al quale ha chiesto di considerare per il calcolo delle prestazioni complementari l'aliquota giornaliera massima riconosciuta nel Canton Zurigo (fr. 250.-). Per pronuncia del 7 febbraio 2012 la Corte cantonale ha respinto il ricorso. Confermata la competenza del Cantone Ticino quale luogo di domicilio, l'autorità giudiziaria di primo grado ha rilevato di doversi attenere agli importi fissati dalla legislazione ticinese e di non potere riconoscere la tariffa giornaliera massima prevista dal Canton Zurigo.
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C. F., ora patrocinata dall'avv. Bruno Pellegrini, ha interposto ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale al quale domanda di annullare il giudizio cantonale e di attribuirle, previo adeguamento delle spese riconosciute (da elevare a fr. 98'186.- in virtù dell'auspicata applicazione della tassa giornaliera massima stabilita dal Cantone di residenza), una prestazione complementare annua di fr. 50'968.-. Dei motivi si dirà, per quanto occorra, nei considerandi.
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Chiamati a esprimersi, la Cassa opponente propone la reiezione del gravame, mentre l'Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS) ha espresso alcune considerazioni di carattere generale riguardanti la regolamentazione in esame.
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Il Tribunale federale ha respinto il ricorso nella misura della sua ammissibilità.
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Dai considerandi: | |
Erwägung 2 | |
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2.2 Una modifica della competenza territoriale sarebbe ipotizzabile in presenza di un trasferimento del domicilio derivato ai sensi dell'art. 25 cpv. 1 o 2 CC (DTF 138 V 23). Sennonché nella fattispecie tale eventualità dev'essere scartata a priori perché l'istituzione di una curatela (ancorché combinata) in favore della ricorrente non ha certamente creato alcun domicilio derivato nella sede delle autorità zurighesi (art. 25 cpv. 2 CC; cfr. anche DANIEL STAEHELIN, in Basler Kommentar, Zivilgesetzbuch, vol. I, 4a ed. 2010, n. 11 all'art. 25 CC con riferimenti).
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Erwägung 3 | |
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3.3 Per le persone che vivono durevolmente o per un lungo periodo in un istituto o in un ospedale, è segnatamente presa in considerazione quale spesa riconosciuta per il calcolo delle prestazioni complementari la tassa di soggiorno (art. 10 cpv. 2 lett. a LPC). I Cantoni possono tuttavia limitare le spese prese in considerazione a tale scopo, devono però provvedere affinché di norma il soggiorno in un istituto riconosciuto non causi una dipendenza dall'assistenza sociale (art. 10 cpv. 2 lett. a LPC nella versione applicabile dal 1° gennaio 2011; sulla regolamentazione precedente che autorizzava ugualmente, benché senza quest'ultima restrizione, i cantoni a limitare tali spese cfr. sentenza 9C_100/2009 del 28 agosto 2009 consid. 6.1, non pubblicato in DTF 135 V 309, ma in SVR 2009 EL n. 7 pag. 25). Per il resto, la definizione della tassa di soggiorno computabile attiene, entro i limiti poc'anzi esposti, al diritto cantonale (cfr. DTF 138 V 67 consid. 2.1 pag. 69 riguardo all'analoga riserva operata dall'art. 10 cpv. 2 lett. b LPC in favore del diritto cantonale per la determinazione di un importo forfettario per le spese personali).
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Erwägung 4 | |
4.1 La LPC prevede che gli aventi diritto che vivono a domicilio ricevono delle prestazioni complementari se gli importi destinati a coprire il fabbisogno vitale ai sensi dell'art. 10 cpv. 1 lett. a LPC, la pigione annua fino al massimo previsto dall'art. 10 cpv. 1 lett. b LPC e le spese riconosciute ai sensi dell'art. 10 cpv. 3 LPC eccedono i loro redditi computabili secondo la LPC (v. art. 9 cpv. 1 LPC). Questo minimo vitale, regolamentato dalla Confederazione (RUDOLF TUOR, Vermeidung von Altersarmut mit Ergänzungsleistungen, RSAS 2012 pag. 3 segg., 12), è finanziato per 5/8 da quest'ultima e per 3/8 dai cantoni (art. 13 cpv. 1 LPC; DTF 138 II 191 consid. 5.4.1 pag. 206). Per contro, per le persone che vivono in un istituto la Confederazione limita la sua presa a carico ai 5/8 delle prestazioni complementari calcolate in funzione del minimo vitale ritenuto per le persone che vivono a casa. Poiché le spese in relazione diretta con il soggiorno in un istituto non sono, conformemente all'art. 13 cpv. 2 LPC, prese in considerazione, i cantoni devono assumersene la responsabilità (cfr. Messaggio NPC del 14 novembre 2001, FF 2002 2065, 2201 segg. n. 6.1.5.3.3; Messaggio NPC del 7 settembre 2005, FF 2005 5349, 5544 n. 2.9.8.2.2; DTF 138 II 191 consid. 5.4.1 pag. 206 con riferimenti). Mentre sotto il precedente sistema l'importo da versare a titolo di prestazione complementare annua era limitato, con l'abolizione del tetto massimo da parte della nuova LPC i cantoni devono dunque coprire il saldo delle spese direttamente connesse al soggiorno in un istituto o in un ospedale eccedente il minimo vitale delle persone che vivono a casa (DTF 138 II 191 consid. 5.4.1 pag. 206 seg. con riferimenti; cfr. pure FF 2002 2203 n. 6.1.5.3.3.2).
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4.2 Da questa nuova ripartizione del finanziamento delle prestazioni complementari discende che ogni persona residente in un istituto può, se è sprovvista dei mezzi sufficienti e se soddisfa le altre condizioni, percepire a titolo di prestazione complementare l'equivalente del minimo vitale calcolato per una persona che vive a casa. Questi costi vanno a carico dei cantoni per 3/8 e della Confederazione per 5/8. Per contro, i cantoni devono assumersi interamente le spese socio-alberghiere in istituto che eccedono il minimo vitale calcolato per una persona che vive a casa (per quanto concerne invece il finanziamento delle spese di cura cfr. la ripartizione prevista dall'art. 25a [cpv. 5] LAMal in relazione con l'art. 7a dell'ordinanza del DFI del 29 settembre 1995 sulle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie [ordinanza sulle prestazioni, OPre; RS 832.112.31]). In tale contesto i cantoni sono tuttavia autorizzati a limitare le spese di soggiorno da prendere in considerazione (art. 10 cpv. 2 lett. a LPC; cfr. ANDREAS DUMMERMUTH, Ergänzungsleistungen zu AHV/IV: Entwicklungen und Tendenzen, RSAS 2011 pag. 114 segg., 130). Questa possibilità per i cantoni di limitare la loro presa a carico delle spese di soggiorno presso un istituto deriva dal fatto che essi sono competenti sia per l'organizzazione materiale e giuridica sia per il finanziamento delle spese di soggiorno in istituto che eccedono la presa a carico minimale (TUOR, op. cit., pag. 12). Si è voluto in questo modo dotare i cantoni di uno strumento adeguato per prevenire possibili abusi (FF 1985 I 85 n. 21.1) da parte degli istituti che non possono applicare tasse sproporzionate, come pure da parte dei pensionati che non possono vedersi riconosciute le spese per prestazioni che trascendono il quadro di quanto necessario alla copertura del fabbisogno esistenziale e che sconfinano nel lusso (RALPH JÖHL, Ergänzungsleistungen zur AHV/IV, in Soziale Sicherheit, SBVR vol. XIV, 2a ed. 2007, pag. 1715 n. 117; CARIGIET/KOCH, Ergänzungsleistungen zur AHV/IV, 2a ed. 2009, pag. 192). Inoltre - come già ricordato in una precedente sentenza P 25/04 del 21 settembre 2004 avente ugualmente per oggetto il tema del computo della tassa di soggiorno in caso di collocamento (temporaneo) extracantonale (di un giovane invalido) e in cui il Tribunale federale delle assicurazioni aveva parimenti applicato la tariffa prevista dal cantone di domicilio - questa possibilità permette pure di tenere conto del fatto che la LPC deve solo garantire un soggiorno semplice e adeguato, ma non anche il miglior soggiorno possibile (sentenza citata consid. 4.3-4.5; cfr. pure SVR 1995 EL n. 18 pag. 49, P 39/94 consid. 4a con riferimento). Mentre la prestazione complementare assunta in ragione di 5/8 dalla Confederazione e di 3/8 dai cantoni si calcola uniformemente per le persone che vivono a casa, i cantoni continuano così a influire sull'ammontare delle prestazioni complementari per le persone che vivono in istituto, nel senso che possono stabilire le tasse giornaliere dell'istituto che vanno tenute in considerazione e l'importo delle spese personali (FF 2005 5549 ad art. 10 LPC; DTF 138 II 191 consid. 5.4.2 pag. 207).
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4.3 Per quanto precede, non può dunque escludersi a priori che a seconda dell'importo forfettario fissato dai cantoni un pensionato riceva delle prestazioni complementari insufficienti per fare fronte al proprio soggiorno in istituto (CLAUDIO ZOGG, Wer zahlt die Pflege? Die neue Pflegefinanzierung, in Sozialalmanach: Das vierte Lebensalter, 2011, pag. 87 segg., 97). Per ridurre questo rischio, il legislatore federale ha stabilito che, nel fissare la tassa computabile, i cantoni devono provvedere, come detto, affinché di norma il soggiorno in un istituto riconosciuto non causi una dipendenza dall'assistenza sociale (art. 10 cpv. 2 lett. a LPC). La LPC non prescrive però il modo in cui i cantoni debbano impedire il verificarsi di una situazione di dipendenza. Essi dispongono di un margine d'apprezzamento nella materia, potendo ad esempio imporre degli obblighi tariffari, concedere sussidi oppure concludere dei contratti di prestazione con gli istituti (DTF 138 II 191 consid. 5.5.1 pag. 208 con riferimento).
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4.4 All'interesse dei pensionati di non cadere in assistenza si contrappone quello dei cantoni di versare prestazioni per fabbisogni riconosciuti senza dovere prendere in considerazione delle spese esorbitanti di istituti non riconosciuti (intervento della deputata Meyer [BU 2007 CN 1116]). La LPC non può in particolare garantire un soggiorno in un istituto medico-sociale di standing elevato o addirittura lussuoso (intervento della deputata Humbel Näf [BU 2007 CN 1118]). Una parte della dottrina ricorda che la funzione originale della LPC consiste nel garantire il minimo esistenziale alle persone indigenti e non nel finanziare spese di alloggio più estese (DTF 138 II 191 consid. 5.5.2 pag. 208 con riferimento a DUMMERMUTH, op. cit., pag. 134). Al fine di evitare che un pensionato debba, al di fuori di casi particolari, ricorrere all'aiuto sociale per coprire il suo soggiorno in istituto e al tempo stesso permettere ai cantoni di rifiutare il sovvenzionamento delle spese di soggiorno a tariffe sproporzionate, l'Assemblea federale ha introdotto la nozione di "istituto riconosciuto" all'art. 10 cpv. 2 lett. a in fine LPC. L'obbligo per i cantoni di vigilare affinché il soggiorno in istituto non causi una dipendenza dall'assistenza sociale vale pertanto unicamente in presenza di un istituto "riconosciuto". Ciò significa che tanto le tariffe dell'istituto quanto la sua qualità sono controllate e che gli istituti sono tenuti a rendere conto a questo proposito (intervento delle deputate Meyer, Maury Pasquier et Humbel Näf [BU 2007 CN 1116 segg.]). È considerato istituto qualsiasi struttura riconosciuta tale da un Cantone o che dispone di un'autorizzazione d'esercizio cantonale (art. 25a OPC-AVS/AI; RS 831.301). Nel fornire una definizione del termine "istituto" secondo la LPC, il legislatore rinvia pertanto al suo riconoscimento da parte dei cantoni (cfr. DUMMERMUTH, op. cit., pag. 128). Alla loro cifra 3151.03 le Direttive dell'UFAS sulle prestazioni complementari all'AVS e all'AI [DPC] http://www.bsv.admin.ch/vollzug/documents/index/category:59 vincolano la nozione di riconoscimento all'iscrizione di un istituto nell'elenco cantonale allestito secondo l'art. 39 LAMal). Le deputate Humbel Näf e Forster-Vannini si sono ugualmente espresse a favore di un legame tra gli art. 10 cpv. 2 lett. a LPC e 39 cpv. 1 (lett. e) e cpv. 3 LAMal per il motivo che gli istituti che figurano sull'elenco di un cantone devono rendergli conto delle spese e della qualità delle prestazioni e perché i cantoni possono influenzare direttamente l'importo dei loro costi (BU 2007 CN 1118; BU 2007 CS 768). Il rinvio operato dall'art. 10 cpv. 2 lett. a in fine LPC al riconoscimento LAMal deriva pertanto dalla volontà del legislatore di permettere ai cantoni di controllare e influenzare i costi socio-alberghieri in istituto la cui copertura incombe loro per intero al di là dell'importo minimo fissato per una persona che vive a casa (DTF 138 II 191 consid. 5.5.3 pag. 209).
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4.6 I cantoni dispongono di un ampio margine d'apprezzamento per la messa in atto della pianificazione sanitaria e l'allestimento dell'elenco LAMal applicabile al loro territorio. L'art. 10 cpv. 2 lett. a LPC non rimette in discussione il principio stesso di questa libertà organizzativa dei cantoni in materia di pianificazione sanitaria. Rinviando alle nozioni di riconoscimento e pianificazione menzionate all'art. 39 LAMal, la LPC impone tuttavia il rispetto di alcuni principi per quanto concerne l'estensione e il versamento delle prestazioni complementari a favore delle persone che vivono in istituto. In primo luogo, il cantone deve provvedere affinché ogni persona che ricade sotto la sua giurisdizione e che risponde alle condizioni legali per risiedere in un istituto possa effettivamente disporre di un posto. In secondo luogo, gli assicurati non possono in linea di massima essere privati della possibilità di scegliere tra gli istituti figuranti sull'elenco cantonale. Terzo, il pensionato indigente di un istituto le cui tariffe di soggiorno trascendono l'importo massimo stabilito dal cantone deve potervi ugualmente alloggiare, a condizione però che l'istituto in questione accetti di accogliere la persona alla tariffa stabilita dal cantone. Se il sistema messo in atto dal cantone rispetta le cautele indicate e non costringe i pazienti a sollecitare l'assistenza sociale, la LPC non si oppone di principio a che esso limiti la presa a carico dei costi di soggiorno effettivi, eccedenti le prestazioni minime LPC, a una categoria di istituti che figura sul-l'elenco LAMal e che soggiace a un controllo finanziario e, se del caso, a un riconoscimento statale particolare. L'art. 10 cpv. 2 lett. a LPC obbliga in effetti i cantoni a prevenire un ricorso dei pensionati all'assistenza sociale soltanto in relazione a un soggiorno in un istituto riconosciuto dal cantone. Tanto l'art. 10 cpv. 2 LPC quanto l'art. 39 LAMal, cui il primo rinvia, concedono un'ampia latitudine di giudizio ai cantoni e non si oppongono di massima a che il diritto cantonale elabori le proprie soluzioni per, al tempo stesso, controllare la spesa sociale e fare beneficiare l'insieme dei pensionati indigenti di un istituto delle prestazioni complementari evitando loro, salvo casi particolari, di dovere ricorrere all'assistenza sociale (DTF 138 II 191 consid. 5.5.4, 5.7.1 e 5.7.2 pag. 209 segg.).
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Erwägung 5 | |
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5.3 Come già accennato al consid. 1.2 (non pubblicato), inoltre, il rimprovero mosso alla legislazione ticinese di rendere possibile l'applicazione di forfait assai bassi (per un confronto cantonale v. Bollettino UFAS AVS/PC n. 286 del 21 giugno 2011, consultabile al seguente indirizzo: http://www.bsv.admin.ch/vollzug/documents/index/page:1/lang:fre/category:62) agli istituti posti sul suo territorio solo perché sovvenzionerebbe in maniera inammissibile direttamente gli istituti (sussidiamento oggettivo) anziché le persone (sussidiamento soggettivo) si appalesa inammissibilmente nuovo, oltre che infondato. Ci si limita ad osservare al riguardo, come ricorda del resto pure l'UFAS nel suo preavviso, che al capitolo relativo alle spese per il soggiorno in case di cura e per le cure a carico dei cantoni il Messaggio del Consiglio federale del 14 novembre 2001 concernente la NPC riserva espressamente ai cantoni la possibilità di scegliere tra l'aiuto al soggetto (individuale, vale a dire riferito alla persona) oppure all'oggetto (sussidiamento di istituzioni), precisando che se essi sovvenzionano l'istituto quale oggetto possono stabilire tasse d'istituto più basse nel computo delle prestazioni complementari, mentre se non lo fanno devono erogare prestazioni complementari più elevate agli aventi diritto (FF 2002 2203 n. 6.1.5.3.3.2; cfr. pure DTF 135 V 309 consid. 7.4.1 pag. 315 e il relativo commento di HARDY LANDOLT, Pflegerecht 2012 pag. 178).
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È vero che di principio la tassa giornaliera deve di massima comprendere tutte le spese che sorgono durante un soggiorno in istituto (SVR 2012 EL n. 15 pag. 48, 9C_787/2011 consid. 3.1; JÖHL, op. cit., pag. 1708 n. 106; DPC cifra 3320.01). Tuttavia, per quanto detto in precedenza (v. supra, consid. 4.4 e 4.6), l'art. 10 cpv. 2 lett. a LPC obbliga i cantoni a prevenire un ricorso dei pensionati all'assistenza sociale soltanto in relazione a un soggiorno in un istituto riconosciuto dal cantone, sottintendendo quello di competenza. Questa tutela non si estende per contro anche ai soggiorni in istituti non figuranti nell'elenco allestito dal cantone di competenza, come si avvera nella fattispecie per la casa di cura X. che non risulta fare parte dell'elenco elaborato dal Cantone Ticino. Per il resto, nulla permette di concludere (né la ricorrente lo afferma del resto) che l'importo massimo stabilito dal Cantone Ticino per il calcolo delle prestazioni complementari di un pensionato soggiornante presso un istituto da lui riconosciuto causerebbe di norma una dipendenza dall'assistenza sociale. Il decreto esecutivo cantonale promulgato in virtù della delega di cui all'art. 10 cpv. 2 lett. a LPC non viola di conseguenza il diritto federale perché - contrariamente a quanto lascia intendere la ricorrente - non ne elude le prescrizioni, non ne contraddice il senso o lo spirito, né tanto meno sconfina su una materia che il legislatore federale ha inteso regolamentare in maniera esaustiva (v. art. 49 cpv. 1 Cost.; DTF 135 I 106 consid. 2.1 pag. 108).
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5.5 A prescindere dalla considerazione (di per sé sufficiente) che precede, si osserva inoltre che il disposto in esame obbliga comunque i cantoni a provvedere "solo" affinché di norma il soggiorno non causi una dipendenza dall'assistenza sociale. Ora, con questa aggiunta il legislatore ha principalmente voluto eccettuare dalla tutela normativa i soggiorni lussuosi o (eccessivamente) confortevoli, i cui costi - per quanto esposto in precedenza (v. supra, consid. 4.2) - non possono essere finanziati dalla LPC, ma anche le situazioni di rinuncia a proventi o beni che ai fini del calcolo della prestazione complementare vengono comunque computati - ancorché non più disponibili - come reddito determinante (art. 11 cpv. 1 lett. g LPC; ZOGG, op. cit., pag. 97 seg.). Ma non solo. Interessante - e ricollegabile a quanto esposto al consid. 4.2 - per il presente contesto è anche l'argomentazione utilizzata dal deputato Hassler nel suo intervento parlamentare del 21 giugno 2007 in occasione della discussione sull'articolo di legge in esame, dopo che la commissione del Consiglio nazionale e la maggioranza di tale Camera avevano inizialmente proposto di obbligare i cantoni a fissare le spese di soggiorno in modo tale da prevenire in ogni caso (senza eccezioni dunque) il ricorso dei pensionati all'assistenza sociale. Quale relatore di minoranza, il consigliere nazionale Hassler, pur dando atto che di regola i costi di un soggiorno in istituto devono essere finanziati senza ricorrere all'assistenza sociale, aveva infatti sottolineato che in singoli casi si giustificano delle eccezioni, segnatamente nell'ipotesi di un collocamento fuori cantone il cui finanziamento compete al cantone di domicilio del pensionato. Orbene, ha osservato il deputato, se (per questi soggiorni) non si potesse fare capo all'assistenza sociale, i cantoni dovrebbero fissare dei limiti di spesa straordinariamente elevati per coprirne i costi (BU 2007 CN 1115). Ciò che ha contribuito a fare cambiare opinione alla maggioranza della Camera e ad aderire alla formulazione meno vincolante (quella attuale) del disposto, proposta dal Consiglio degli Stati. Anche da questo intervento emerge chiara la volontà del legislatore di escludere i soggiorni in istituti (non riconosciuti) fuori cantone dalla protezione dell'art. 10 cpv. 2 lett. a seconda frase LPC (sulla rilevanza dei lavori preparatori soprattutto nel caso di disposizioni recenti, se la volontà storica dell'autore della norma ha trovato, come nella fattispecie, espressione nel testo oggetto d'interpretazione cfr. DTF 137 V 273 consid. 4.2 pag. 277 con riferimenti).
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5.7 Contrariamente a quanto eccepito nel ricorso, l'art. 10 cpv. 2 lett. a LPC non osta pertanto a che un cantone limiti la tassa di soggiorno computabile in modo tale da preservare di norma dal ricorso all'assistenza sociale solo quei pensionati che vengono assistiti in una struttura da lui stesso riconosciuta. Né l'insorgente può eccepire una violazione del suo fabbisogno minimo garantito per il motivo che esso non sarebbe incondizionatamente tutelato, ovvero a prescindere dal luogo di ubicazione della casa di cura (in Svizzera) e dal cantone di competenza. La ricorrente dimentica che la soluzione esaminata è stata voluta dal legislatore federale, alle cui decisioni il Tribunale federale è vincolato (art. 190 Cost.), ed è peraltro confermata dal sistema di competenza prescritto dall'art. 21 cpv. 1 LPC sulla falsariga della LAS che si propone di disincentivare i collocamenti fuori cantone (v. supra, consid. 2.1), siano essi anche motivati - come nella fattispecie - da ragioni umanamente comprensibilissime e degne di ogni rispetto.
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5.9 Nessuna inammissibile disparità di trattamento (art. 8 Cost.) può infine ravvisarsi nella circostanza che una persona trovantesi nella stessa situazione economica e nella medesima struttura della ricorrente potrebbe, contrariamente a lei, beneficiare di una prestazione complementare (più elevata) per il solo fatto di ricadere sotto la competenza di un altro Cantone, in particolare di quello di ubicazione dell'istituto. Sostenendo il contrario, l'insorgente dimentica che la competenza cantonale è determinata dal luogo di domicilio dell'assicurato e che la diversità di questo aspetto - viste segnatamente le suesposte implicazioni finanziarie ed organizzative - costituisce (non solo nel presente ambito del resto) un elemento di fatto sufficiente a giustificare un diverso trattamento delle fattispecie da giudicare che non sono dunque paragonabili.
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5.10 La decisione delle istanze precedenti di considerare nel calcolo della prestazione complementare la tassa di soggiorno massima computabile secondo il diritto ticinese malgrado il collocamento nel Cantone Zurigo non è pertanto censurabile e va confermata anche perché, giova ricordarlo, tiene conto del fatto che la LPC deve solo garantire un soggiorno semplice e adeguato, ma non anche il miglior soggiorno possibile (sentenza citata P 25/04 consid. 4.3-4.5, nonché SVR 1995 EL n. 18 pag. 49, P 39/94 consid. 4a con riferimento). Non essendo per il resto contestati gli altri elementi di calcolo della prestazione complementare, il ricorso dev'essere respinto.
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