BGer 1A.210/2001 | |||
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BGer 1A.210/2001 vom 21.03.2002 | |
Tribunale federale
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{T 0/2}
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1A.210/2001/col
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Sentenza del 21 marzo 2002
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I Corte di diritto pubblico
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Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e vicepresidente del Tribunale federale,
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Féraud, Catenazzi,
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cancelliere Crameri.
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A.________, ricorrente, patrocinato dall'avv. dott. Florian Baumann, Stern & Partner, Rämistrasse 5, casella postale,
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8024 Zurigo,
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contro
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Procuratore pubblico del Cantone Ticino, Nicola Respini, palazzo di Giustizia, via Pretorio 16, 6900 Lugano,
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Tribunale d'appello del Cantone Ticino, Camera dei ricorsi penali, via Pretorio 16, 6901 Lugano.
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Assistenza giudiziaria internazionale in materia penale con il Belgio
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(ricorso di diritto amministrativo contro la sentenza del
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28 novembre 2001 della Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino)
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Fatti:
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A.
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Il 25 ottobre 1996 il Giudice istruttore di Bruxelles ha inoltrato all'Autorità svizzera una domanda di assistenza giudiziaria, completata l'8 novembre 1996 e il 21 aprile 1999, nell'ambito di un procedimento penale avviato contro diversi prevenuti per i reati di riciclaggio di denaro, possesso illecito e importazione di sostanze stupefacenti, estorsioni, organizzazione criminale e traffico di persone. Secondo l'Autorità richiedente gli inquisiti, attraverso le società B.________ N.V. e H.________ Ltd. e la I.________ Trust, avrebbero cercato di riciclare denaro, di provenienza illecita, per finanziare le attività della L.________, società attiva nella produzione e diffusione di programmi televisivi in curdo.
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In tale contesto il Giudice istruttore di Bruxelles ha chiesto all'Autorità svizzera di procedere al sequestro e alla consegna della "X.________ collection", consistente in sei zaffiri di grossa caratura, apparentemente di proprietà di A.________; vi sarebbe il sospetto che la collezione sia servita per procurare alla B.________, rispettivamente alla L.________, i mezzi finanziari leciti necessari per l'ottenimento di una licenza televisiva satellitare.
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B.
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Il 18 agosto 1998 la Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CRP) ha confermato il sequestro disposto nel 1996 dal Procuratore pubblico del Cantone Ticino (PP) il quale, con decisione del 4 maggio 1999, ha poi ordinato la consegna dei gioielli all'Autorità belga; questa decisione è stata confermata il 17 dicembre 1999 dalla CRP. Adito da A.________ e dalla B.________ N.V., il Tribunale federale ne ha accolto parzialmente i ricorsi con sentenza del 3 gennaio 2001: esso ha annullato la decisione della CRP nella misura in cui ordinava la consegna della collezione all'Autorità richiedente, ma l'ha confermata in quanto manteneva il sequestro (cause 1A.14 e 1A.15/2000); ha stabilito inoltre che lo Stato richiedente producesse, entro un termine ragionevole, una decisione di confisca e indicasse concretamente se gli sviluppi dell'inchiesta giustificavano un ulteriore mantenimento del sequestro.
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C.
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Il PP ha tosto fissato all'Autorità belga un termine sino al 30 settembre 2001 per comunicare la decisione rispettivamente fornire le informazioni di cui aIla sentenza del Tribunale federale. Nel frattempo, il 30 luglio 2001 la CRP aveva respinto un reclamo di A.________ avverso l'asserita inattività del PP, rispettivamente per denegata giustizia. Con decisione del 4 ottobre 2001 il PP ha comunicato all'interessato che il sequestro veniva mantenuto fino all'emanazione di una sentenza definitiva di confisca; adita da A.________, la CRP, con decisione del 28 novembre 2001, ne ha respinto il ricorso in quanto ammissibile.
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D.
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A.________ presenta un ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale con cui chiede di annullare sia la decisione della CRP sia quella del PP e di levare definitivamente il sequestro. Ribadendo la sua estraneità ai sospettati reati, egli fa valere che l'Autorità richiedente non avrebbe adempiuto le condizioni poste dal Tribunale federale.
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Il PP e l'Ufficio federale di giustizia (UFG), quest'ultimo esprimendosi quale Autorità di vigilanza, concludono per la reiezione del gravame, mentre la Corte cantonale si rimette al giudizio del Tribunale federale. Il ricorrente, dietro sua esplicita richiesta, ha potuto esprimersi su queste osservazioni: la CRP e, con osservazioni del 1° marzo 2002 l'UFG, hanno potuto replicare.
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Il 15 febbraio 2002 il ricorrente ha prodotto copia di un suo ricorso da lui presentato all'UFG. Un precedente ricorso dello stesso interessato, che lamentava la manchevole esecuzione della citata sentenza del Tribunale federale, è stato respinto dal Consiglio federale il 13 febbraio 2002.
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Diritto:
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1.
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Il contestato giudizio, che conferma il mantenimento del sequestro, costituisce una decisione incidentale; presentato entro il termine di dieci giorni dalla sua comunicazione il ricorso è quindi tempestivo (art. 80k AIMP).
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Di massima, una decisione incidentale anteriore alla decisione finale può essere impugnata con un ricorso di diritto amministrativo solo quando produca un pregiudizio immediato e irreparabile, in particolare attraverso il sequestro di beni e valori (art. 80e lett. b n. 1 AIMP). Di per sé, il sequestro di beni o di valori non comporta tuttavia, secondo la giurisprudenza, un siffatto pregiudizio, la nozione di quest'ultimo dovendo essere interpretata restrittivamente. Pertanto, il ricorrente non può limitarsi ad asserire l'esistenza di siffatto pregiudizio ma deve renderla verosimile (FF 1995 III 13; sentenza del 29 settembre 1999 in re F., consid. 3e, apparsa in Pra 2000 38 204; Robert Zimmermann, La coopération judiciaire internationale en matière pénale, Berna 1999, n. 296/297 pag. 227 seg.): il pregiudizio può consistere per esempio in un sequestro di beni che blocchi l'attività economica di una società o di una persona o impedisca di ovviare all'attuazione imminente di atti di esecuzione o di fallimento (sentenze del 1° giugno 1999 in re M., consid. 2c e d, e del 28 novembre 2000 in re C., consid. 2c, causa 1A.266/2000); Michel Féraud, Die neue Rechtsmittelordnung in der Rechtshilfe zur Unterstützung eines Strafverfahrens im Ausland, in: Solothurner Festgabe zum Schweizerischen Juristentag 1998, pag. 657 segg., in particolare pag. 661 seg.). Quest'ultima fattispecie è data in concreto visto che, come è stato rilevato nella sentenza del Tribunale federale del 3 gennaio 2001 (Fatti F), l'Ufficio dei fallimenti di Lugano rivendicava il bene sequestrato, che comporta inoltre elevati costi di deposito.
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2.
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2.1 Il ricorrente rileva che contro di lui, quale proprietario del bene sequestrato, non è ancora stata prospettata l'apertura di una procedura di confisca e aggiunge che la circostanza che l'Autorità richiedente lo sospetti di riciclaggio, definendolo "escroc notoire", confermerebbe il timore che la confisca avvenga senza coinvolgerlo nella procedura e senza udirlo. Secondo il ricorrente, infine, la questione decisiva sarebbe di sapere se il sequestro possa essere mantenuto senza che la sua colpevolezza sia indicata concretamente.
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2.2 L'assunto non regge. Come già rilevato nella sentenza del Tribunale federale del 3 gennaio 2001 (consid. 3c e d) e nella decisione impugnata, l'asserita estraneità del ricorrente ai prospettati reati non è decisiva, visto che la concessione dell'assistenza non presuppone che l'interessato, nei cui confronti la domanda è rivolta, coincida con l'inquisito o l'accusato nel procedimento penale estero: basta in effetti una relazione diretta e oggettiva tra il bene sequestrato e i reati per i quali si indaga e non è necessaria un'implicazione dell'interessato nell'operazione criminosa (DTF 120 Ib 252 consid. 5a e b). Ora, in concreto, come è stato rilevato anche dall'UFG nelle osservazioni al ricorso, le Autorità inquirenti estere hanno continuamente ribadito la connessione tra l'inchiesta e la collezione litigiosa. In quanto sostiene l'assenza di risultanze concrete che dimostrino l'uso della "X.________ collection" per i reati di riciclaggio, il ricorrente disattende che l'esame delle prove poste a fondamento della richiesta e l'esame della colpevolezza, spettano al giudice estero del merito (sentenza del 3 gennaio 2001, consid. 3b).
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3.
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Il ricorrente fa valere che il sequestro dovrebbe essere revocato, lo Stato richiedente non avendo adempiuto le esigenze poste dal Tribunale federale, in particolare non avendo fornito giustificazioni valide per il mantenimento della misura.
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Nella sentenza del 3 gennaio 2001 il Tribunale federale aveva rilevato che il chiarimento dell'utilizzazione delittuosa dei beni sequestrati non dev'essere eseguito, di massima, dall'Autorità svizzera dell'assistenza, ma deve avvenire nel quadro di un procedimento giudiziario nello Stato richiedente, ove eventuali persone danneggiate, o che vantano diritti sugli oggetti litigiosi, possano far valere la loro buona fede. Ciò non deve avvenire necessariamente nell'ambito del procedimento penale principale ma, se del caso, al termine di una procedura indipendente di confisca o mediante un decreto di abbandono. Aveva aggiunto che le Autorità di esecuzione dovevano invitare lo Stato richiedente a produrre, entro un termine ragionevole, una decisione di confisca e a indicare concretamente se gli sviluppi dell'inchiesta estera giustificano il mantenimento del sequestro ritenuto che, in caso contrario, doveva essere ordinato il dissequestro (consid. 5b).
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3.1 Risulta dalla decisione impugnata e dall'incarto che le Autorità belghe, con scritti del 30 agosto e del 7 settembre 2001, hanno precisato che il procedimento si trova nella fase conclusiva, che l'inchiesta è stata chiusa dal Giudice istruttore e che il Procuratore del Re ha chiesto il rinvio dinanzi al tribunale correzionale di 17 incolpati, il Procuratore stesso impegnandosi a ottenere un giudizio in prima istanza entro il mese di giugno 2002. Il magistrato ha ancora precisato che la "X.________ collection" ha svolto un ruolo importante nell'ambito delle operazioni di riciclaggio e sottolineato che il mantenimento del sequestro è indispensabile; ha pure precisato che, secondo la procedura belga, una richiesta di confisca può essere presentata solo nel corso del dibattimento, ma si è impegnato formalmente ad agire in tal senso e ha insistito sulla necessità di mantenere il sequestro.
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3.2 Secondo la sentenza 3 gennaio 2001 del Tribunale federale, lo Stato estero doveva indicare se gli sviluppi dell'inchiesta giustificassero il mantenimento della misura. Ora, il 30 agosto 2001 il Procuratore pubblico belga ha concretamente fornito queste indicazioni: ha rilevato di avere chiesto il rinvio degli incolpati davanti al tribunale correzionale, segnatamente per operazioni di riciclaggio in cui la collezione litigiosa ha avuto un ruolo importante e ha precisato che di questa sarà chiesta la confisca. L'immediato dissequestro postulato dal ricorrente non appare quindi giustificato visto che nel frattempo l'inchiesta si è conclusa, che è stato chiesto il rinvio a giudizio degli incolpati e che è stato prospettato un giudizio di confisca di prima istanza entro il mese di giugno 2002.
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3.3 Nelle osservazioni al ricorso l'UFG rileva d'aver nuovamente interpellato le Autorità belghe e ch'esse, mediante scritto del 10 gennaio 2002, hanno ribadito che il sequestro della collana è essenziale ai fini della complessa inchiesta. Esprimendosi al riguardo, il ricorrente riafferma che contro di lui, quale asserito proprietario del bene litigioso, non è stato aperto in Belgio alcun procedimento per riciclaggio, né è stata avviata alcuna procedura di confisca, sicché la collezione dev'essere dissequestrata. In sostanza il ricorrente contesta una relazione diretta tra la collana e i reati. Questa valutazione delle prove non dev'essere tuttavia, di massima, esaminata dal giudice svizzero dell'assistenza: le Autorità belghe, e in particolare il Giudice estero del merito, contrariamente alle Autorità svizzere, dispongono infatti di tutte le risultanze processuali e possono quindi valutare compiutamente l'utilizzazione effettiva della collezione nei sospettati reati. Neppure l'accenno alla restituzione di cui all'art. 12 cpv. 1 del Secondo protocollo addizionale alla CEAG muta l'esito del gravame, già per il fatto ch'esso è stato firmato il 15 febbraio 2002 ma non è ancora stato ratificato dalla Svizzera.
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4.
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La critica principale del ricorrente consiste nell'affermare che il procedimento penale belga, e in particolare quello di confisca, non sarebbero conformi ai principi di uno Stato di diritto e lederebbero pertanto la CEDU, dato che la collezione è sotto sequestro da oltre cinque anni; inoltre, non essendo egli incolpato nel procedimento estero, né essendo stato coinvolto nella procedura di confisca, una decisione finale di confisca non potrebbe, in tali circostanze, essere emanata entro un termine ragionevole. Sul criticato funzionamento della giustizia belga il Tribunale federale si è già pronunciato (sentenza del 3 gennaio 2001, consid. 4c e 4e). Inoltre, premesso che il ricorrente non fa valere d'aver chiesto, se del caso e come gli impone il principio della buona fede processuale, di poter partecipare alla procedura di confisca, non v'è ragione di credere che in tale ambito il Belgio, che ha ratificato sia la CEDU che il Patto ONU II, disattenda le garanzie offerte dal diritto internazionale. Queste censure devono pertanto essere sollevate, semmai, dinanzi alle competenti Autorità belghe, come rilevato dalla CRP. Al riguardo il ricorrente fa tuttavia valere che tutti gli scritti presentati dal suo legale belga alle Autorità richiedenti sarebbero stati ignorati con la motivazione, orale, ch'egli non sarebbe toccato dal procedimento.
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4.1 Secondo l'art. 2 lett. a AIMP, la domanda di assistenza è irricevibile se vi è motivo di credere che il procedimento all'estero presenti gravi deficienze o che non sia conforme ai principi di procedura stabiliti dalla CEDU o dal Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, del 16 dicembre 1966 (Patto UNO II; RS 0.103.2), quest'ultimo non richiamato dal ricorrente. La norma ha lo scopo di evitare che la Svizzera partecipi, concedendo l'assistenza giudiziaria, a procedimenti che non garantirebbero alla persona perseguita un livello minimo di protezione corrispondente a quello offerto dal diritto degli Stati democratici, definito in particolare dalla CEDU e dal Patto, o che contrasterebbero con norme ritenute facenti parte dell'ordine pubblico internazionale. Perché la domanda sia dichiarata irricevibile devono tuttavia sussistere motivi seri riguardo al rischio di un trattamento contrario alla CEDU o al Patto ONU II, che potrebbe subire l'interessato: questi deve dimostrarlo in modo serio e credibile; la domanda è altresì irricevibile qualora presenti altre gravi deficienze (art. 2 lett. d AIMP; DTF 126 II 324 consid. 4a, 123 II 161 consid. 6a, 122 II 140 consid. 5a; cfr. Zimmermann, op. cit., n. 100-103).
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4.2 Le obiezioni del ricorrente non inducono a scostarsi da quanto stabilito nella decisione precedente. Gli atti da lui prodotti concernono scritti del 1997 e del 1998 del suo avvocato belga indirizzati al Giudice istruttore di Bruxelles; altri riguardano l'esecuzione di una rogatoria presentata al Lussemburgo ed esulano pertanto dalla presente procedura. Da una risposta del Ministro della giustizia del 23 luglio 1997 si desume che le richieste del ricorrente erano state trasmesse per esame al Procuratore generale di Bruxelles. Ora, da questi scritti non si desume, né egli lo fa valere, che il ricorrente, contro il criticato agire del Giudice istruttore belga, sia insorto dinanzi alle competenti Autorità giudiziarie nazionali adducendo l'asserita violazione dell'art. 6 CEDU e che non abbia potuto beneficiare, in particolare riguardo alla prospettata confisca, di una procedura conforme alla Convenzione. Del resto egli si limita ad addurre che quand'anche non si fosse adoperato per difendere i suoi interessi in Belgio, le Autorità di quel Paese non potrebbero definirlo, senza alcuna procedura e senza violare la presunzione d'innocenza, quale "escroc notoire" rispettivamente indicarlo quale riciclatore. Queste critiche generali non dimostrano che la procedura all'estero, segnatamente riguardo a un equo processo, non sarebbe manifestamente conforme all'ordine pubblico svizzero e alle esigenze della CEDU (DTF 126 II 462 consid. 5c pag. 469, 324 consid. 4e).
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Il ricorrente sostiene che anche la Svizzera, mantenendo il sequestro sulla base del contestato procedimento belga, lederebbe la Convenzione. Ora, come si è visto, non è stato dimostrato in modo credibile che la procedura all'estero non sarebbe conforme alle esigenze della CEDU; inoltre, ricordato che l'art. 6 CEDU non è di massima applicabile alla procedura di assistenza (DTF 123 II 175 consid. 6e pag. 185), in Svizzera il contestato sequestro è stato esaminato dalle competenti autorità giudiziarie.
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4.3 Per di più il ricorrente, imperniando il ricorso sulla circostanza che il procedimento estero violerebbe la CEDU, non coinvolgendolo quale asserito proprietario della "X.________ collection", disattende che nella decisione del 3 gennaio 2001 il Tribunale federale non doveva risolvere né ha risolto, la questione, secondo la CRP tuttora da dimostrare, della proprietà della collezione litigiosa (cfr. DTF 117 Ib 517 consid. 11a pag. 550), rilevando ch'essa era "apparentemente di proprietà di A.________" (Fatti A): esso ha semplicemente ritenuto - dal ristretto profilo della legittimazione secondo l'art. 80h lett. b AIMP - che egli poteva essere considerato come personalmente e direttamente toccato dalla misura di assistenza, rilevando che la sua legittimazione si fondava sulla presunzione conferitagli dal possesso del bene litigioso (consid. 1f).
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4.4 La CRP ha ritenuto, conformemente a quanto stabilito dal Tribunale federale, che nell'ipotesi in cui le Autorità belghe non dovessero mantenere fede agli impegni formalmente assunti si porrà la questione dell'inammissibilità della domanda estera e del dissequestro della "X.________ collection". Le Autorità di esecuzione dovranno continuare a seguire attentamente il corso del procedimento estero, chiedendo altresì alle Autorità belghe se e in che misura eventuali persone danneggiate, o che vantano diritti sugli oggetti litigiosi, possano far valere la loro asserita buona fede nell'ambito di una procedura conforme alla CEDU e al Patto ONU II (sentenza del 3 gennaio 2001, consid. 5b pag. 26; DTF 126 II 462 consid. 5c pag. 469, 123 II 268 consid. 4b/aa in fine, pag. 275, 595 consid. 4f pag. 606).
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5.
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Ne segue che il ricorso dev'essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Il ricorso è respinto.
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2.
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La tassa di giustizia di fr. 5'000.-- è posta a carico del ricorrente.
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3.
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Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Ministero pubblico e alla Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino e all'Ufficio federale di giustizia (B 104 330/01).
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Losanna, 21 marzo 2002
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In nome della I Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: Il cancelliere:
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