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Informationen zum Dokument  BGer 6S.452/2001  Materielle Begründung
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BGer 6S.452/2001 vom 29.04.2002
 
{T 0/2}
 
6S.452/2001 MDE
 
C O R T E DI C A S S A Z I O N E P E N A L E
 
***************************************************
 
29 aprile 2002
 
(secondo seduta del 17 aprile 2002)
 
Composizione della Corte: giudici federali Schubarth, pre-
 
sidente della Corte, Schneider, Wiprächtiger, Kolly e Kar-
 
len.
 
Cancelliera: Bino.
 
_______
 
Visto il ricorso per cassazione proposto il 4 luglio 2001
 
dal Ministero pubblico del Cantone Ticino contro la senten-
 
za del 29 maggio 2001 emanata dalla Corte di cassazione e
 
di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone
 
Ticino, Lugano, nel procedimento penale aperto a carico di
 
A.________, patrocinato dall'avv. Andrea Pagani, Massagno,
 
e B.________, patrocinata dall'avv. Nicola Delmué, Biasca,
 
per tratta di esseri umani, riciclaggio di denaro e infra-
 
zione alla legge federale concernente la dimora e il domi-
 
cilio degli stranieri, contravvenzione e infrazione alla
 
legge federale sugli stupefacenti nonché infrazione alla
 
legge federale sulle armi;
 
R i t e n u t o i n f a t t o :
 
A.- Il 17 gennaio 2001, il Presidente della Corte
 
delle assise correzionali di Leventina, riunita a Bellinzo-
 
na, riconosceva B.________, colpevole:
 
- di tratta di essere umani per aver compiuto la
 
tratta di 20 donne, tra novembre 1998 e maggio 2000, nell'
 
Osteria Y.________ a X.________, da lei gestita congiunta-
 
mente a A.________ e, tra settembre 1998 e maggio 2000, di
 
altre 38 donne in vari locali ticinesi;
 
- di riciclaggio di denaro per avere inviato all'
 
estero almeno fr. 10'000.-- di origine criminosa;
 
- d'infrazione e contravvenzione alla legge federa-
 
le concernente la dimora e il domicilio degli stranieri,
 
per avere favorito l'entrata e il soggiorno illegale di 6
 
donne nell'Osteria Y.________, per avere impiegato circa 60
 
donne straniere non autorizzate a lavorare in Svizzera, per
 
avere illegalmente soggiornato lei stessa in Svizzera dal
 
26 ottobre al 5 novembre 1998 e per avere esercitato un'at-
 
tività lavorativa senza permesso tra il 26 luglio e il 26
 
ottobre 1998; e
 
- di contravvenzione alla legge federale sugli
 
stupefacenti per avere consumato un'imprecisata quantità di
 
cocaina e marijuana.
 
Egli riconosceva altresì A.________ colpevole:
 
- di tratta di esseri umani per aver compiuto la
 
tratta di 20 donne, tra novembre 1998 e maggio 2000, nell'
 
Osteria Y.________ a X.________, da lui gestita congiunta-
 
mente a B.________, e, tra agosto e settembre 1999, di
 
altre 5 o 6 donne nello stesso esercizio pubblico;
 
- di riciclaggio di denaro per avere inviato all'
 
estero almeno fr. 10'000.-- di origine criminosa;
 
- d'infrazione e contravvenzione alla legge federa-
 
le concernente la dimora e il domicilio degli stranieri per
 
avere favorito l'entrata e il soggiorno illegale di almeno
 
6 donne nell'Osteria Y.________, per avere impiegato senza
 
autorizzazione il cittadino lettone C.________, oltre a
 
circa 60 donne lettoni e un imprecisato numero di donne
 
dell'America latina, stranieri non autorizzati a lavorare
 
in Svizzera;
 
- di contravvenzione alla legge federale sugli stu-
 
pefacenti per avere consumato un'imprecisata quantità di
 
cocaina e di marijuana; e
 
- d'infrazione alla legge federale sulle armi per
 
avere, senza diritto, acquistato e detenuto una pistola
 
Maverick "357 Magnum".
 
A ragione di questi fatti, il Presidente della
 
Corte delle assise condannava, computato il carcere preven-
 
tivo sofferto, B.________ a 18 mesi di detenzione, al paga-
 
mento di una multa di fr. 7'000.-- e all'espulsione dal
 
territorio svizzero per 3 anni, e A.________ a 14 mesi di
 
detenzione nonché al pagamento di una multa di fr.
 
5'000.--, quest'ultima parzialmente aggiuntiva a una multa
 
di fr. 200.-- inflitta con decreto di accusa del 27 set-
 
tembre 1999.
 
L'esecuzione delle pene detentive nonché l'espul-
 
sione pronunciata nei confronti di B.________ venivano
 
sospese con un periodo di prova di 2 anni; veniva altresì
 
ordinata la confisca di fr. 20'000.-- depositati sul conto
 
n. H.________ presso la Banca dello Stato del Cantone Tici-
 
no nonché di fr. 19'806.10.-- in contanti e di una pistola.
 
B.- Il 29 maggio 2001, la Corte di cassazione e di
 
revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino
 
(CCRP) accoglieva i ricorsi di B.________ e di A.________,
 
respingeva il ricorso del Ministero pubblico e riformava
 
parzialmente la sentenza del Presidente della Corte delle
 
assise. Essa proscioglieva B.________ dall'imputazione di
 
tratta di esseri umani nonché di riciclaggio di denaro e la
 
condannava alla pena di 2 mesi di detenzione, computato il
 
carcere preventivo sofferto, all'espulsione dalla Svizzera
 
per 3 anni, entrambe sospese condizionalmente con un perio-
 
do di prova di 2 anni, e al pagamento di una multa di fr.
 
4'000.--. La Corte cantonale proscioglieva altresì
 
A.________ dall'imputazione di tratta di esseri umani e di
 
riciclaggio di denaro e lo condannava alla pena di 2 mesi
 
di detenzione, computato il carcere preventivo sofferto,
 
sospesa condizionalmente per un periodo di prova di 2 anni,
 
nonché al pagamento di una multa di fr. 4'000.--, parzial-
 
mente aggiuntiva a quella di fr. 200.--, inflittagli con
 
decreto di accusa del 27 settembre 1999. Essa annullava la
 
confisca e ordinava la liberazione a favore del suo titola-
 
re di fr. 20'000.-- depositati sul conto n. H.________
 
presso la Banca dello Stato del Cantone Ticino e di fr.
 
19'806.10.-- in contanti.
 
C.- Con tempestivo ricorso per cassazione, il Mi-
 
nistero pubblico del Cantone Ticino (in seguito: Ministero
 
pubblico) è insorto dinanzi il Tribunale federale contro la
 
decisione della CCRP chiedendone l'annullamento, con prote-
 
sta di spese e ripetibili.
 
D.- Con osservazioni del 1° marzo 2002, B.________
 
e A.________ postulano la reiezione del gravame.
 
Considerando in diritto :
 
1.- a) Il Tribunale federale esamina d'ufficio e
 
con libero potere l'ammissibilità del rimedio esperito,
 
senza essere vincolato, in tale ambito, dagli argomenti
 
delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 127 III 41 con-
 
sid. 2a, 126 I 81 consid. 1, 125 I 253 consid. 1a e rinvii,
 
458 consid. 1).
 
b) Inoltrato dal Ministero pubblico (art. 270 cpv.
 
1 lett. c della legge federale del 15 giugno 1934 sulla
 
procedura penale [PP; RS 312.0]) e diretto contro una sen-
 
tenza penale emessa in ultima istanza da un tribunale supe-
 
riore (art. 268 cpv. 1 PP), il presente gravame è ammissi-
 
bile (v. Martin Schubarth, Nichtigkeitbeschwerde 2001,
 
Berna 2001, n. 22 e 86-88).
 
c) Il ricorso per cassazione può essere fondato
 
unicamente sulla violazione del diritto federale (art. 269
 
cpv. 1 PP). Tranne in caso di rettifica di sviste manife-
 
ste, il Tribunale federale è vincolato dagli accertamenti
 
operati dall'autorità cantonale (art. 277bis PP). Non pos-
 
sono quindi essere né criticati accertamenti di fatto né
 
addotti fatti nuovi né proposte eccezioni, impugnazioni e
 
mezzi di prova nuovi (art. 273 cpv. 1 lett. b PP). Il Tri-
 
bunale federale deve fondare il suo giudizio sui fatti
 
quali accertati dall'ultima istanza cantonale ed eventual-
 
mente su quelli considerati dall'autorità inferiore nella
 
misura in cui essi siano ripresi, per lo meno in modo im-
 
plicito, nella decisione impugnata (art. 273 cpv. 1 lett. b
 
PP; DTF 118 IV 122 consid. 1; Bernard Corboz, Le pourvoi en
 
nullité, SJ 1991, pagg. 92 e 93).
 
d) Nella misura in cui rinvia agli argomenti sol-
 
levati in sede cantonale, il gravame è inammissibile (DTF
 
111 IV 108, 100 IV 181 consid. 1a).
 
2.- a) La CCRP ha annullato la condanna dei resi-
 
stenti per tratta di esseri umani, reato perseguito all'
 
art. 196 CP. Richiamando la recente giurisprudenza pubbli-
 
cata in DTF 126 IV 225 e ancora sconosciuta all'epoca della
 
decisione sul merito, essa ha ribadito che la tratta di
 
esseri umani presuppone un'offesa al diritto all'autodeter-
 
minazione in campo sessuale; non è quindi punibile chi si
 
occupa d'ingaggiare o di trasferire delle prostitute se
 
esse hanno dato il proprio assenso con cognizione di causa.
 
Fondandosi sugli accertamenti di prima istanza, la Corte
 
cantonale ha ritenuto che le giovani donne avevano scelto
 
liberamente di venire in Ticino e di dedicarsi alla prosti-
 
tuzione per cui, oggettivamente, non vi erano gli estremi
 
per applicare l'art. 196 CP.
 
b) Il Ministero pubblico sostiene che l'art. 196
 
CP deve essere interpretato alla luce dell'art. 1 cpv. 1
 
della Convenzione concernente la repressione della tratta
 
delle donne maggiorenni dell'11 ottobre 1933 (RS 0.311.34;
 
in seguito: "Convenzione dell'11 ottobre 1933") che postula
 
espressamente la punibilità del reato di tratta di esseri
 
umani anche nell'ipotesi in cui le giovani donne abbiano
 
acconsentito liberamente di prostituirsi. La DTF 126 IV 225
 
concerneva un caso interno, ossia il trasferimento di pro-
 
stitute ungare da uno stabilimento svizzero all'altro. La
 
fattispecie in esame si estende al di là del territorio
 
nazionale; pertanto, in applicazione della Convenzione
 
dell'11 ottobre 1933, i presupposti della tratta di esseri
 
umani sarebbero adempiuti nonostante il consenso delle in-
 
teressate.
 
3.- a) Secondo l'art. 1 cpv. 1 della Convenzione
 
dell'11 ottobre 1933 deve essere punito chiunque, allo sco-
 
po di favorire l'altrui libidine, arruola, rapisce o svia,
 
anche col suo consenso, una donna o una giovane maggiorenne
 
per trarla alla prostituzione in un altro paese. La Conven-
 
zione dell'11 ottobre 1933 completa l'Accordo internaziona-
 
le inteso a garantire una protezione efficace contro il
 
traffico criminale conosciuto sotto il nome di tratta delle
 
bianche del 18 maggio 1904 (RS 0.311.31; in seguito: "Ac-
 
cordo internazionale del 18 maggio 1904"), la Convenzione
 
internazionale per la repressione della tratta delle bian-
 
che del 4 maggio 1910 (RS 0.311.32; in seguito: "Conven-
 
zione del 4 maggio 1910") e la Convenzione internazionale
 
per la repressione della tratta delle donne e dei fanciulli
 
del 30 settembre 1921 (RS 0.311.33; in seguito: "Convenzio-
 
ne del 30 settembre 1921"). Storicamente, siffatti strumen-
 
ti s'inserivano nell'ambito della lotta contro il traffico
 
e lo sfruttamento di donne a livello internazionale, lotta
 
resa necessaria dalla constatazione, alla fine del XIX e
 
all'inizio del XX secolo, dell'esistenza di vere e proprie
 
organizzazioni che attiravano giovani donne con vantaggiose
 
offerte di lavoro all'estero come governanti, istitutrici,
 
cuoche, cantanti, ecc. Simili offerte erano un pretesto per
 
poi spingerle alla prostituzione. La tratta sfruttava la
 
loro inesperienza e ingenuità nonché le condizioni di mise-
 
ria in cui vertevano. I trafficanti, ricorrevano all'astu-
 
zia, all'inganno, alla minaccia o altri mezzi di costrizio-
 
ne per abusare cinicamente e circuire le loro vittime (FF
 
1924 III 1059-1060). In tale clima, le norme internazionali
 
volevano colmare le lacune di quelle legislazioni nazionali
 
che non prevedevano la punibilità della tratta di esseri
 
umani (v. in particolare gli art. 2 e 3 della Convenzione
 
del 30 settembre 1921). Sotto mira era principalmente il
 
traffico internazionale, più pericoloso per la sua ramifi-
 
cazione al di là delle frontiere. La Convenzione del 4 mag-
 
gio 1910 auspicava la punibilità del traffico di donne mag-
 
giorenni solo se quest'ultime non erano consenzienti, ossia
 
in caso di "inganno, minaccia, abuso di autorità o altro
 
mezzo di costrizione" (art. 2; FF 1924 III 1069-1070). La
 
Convenzione dell'11 ottobre 1933 ha poi esteso la persegui-
 
bilità anche ai casi in cui vi era consenso. All'epoca, la
 
Svizzera aveva ratificato tali strumenti internazionali
 
poiché la legge federale del 30 settembre 1925 sulla tratta
 
delle donne e dei fanciulli (RU 42 9; in seguito: "Legge
 
federale del 30 settembre 1925") perseguiva già la tratta
 
senza distinguere tra donne consenzienti o meno (FF 1934 I
 
878).
 
b) Le Convenzioni testé citate non sono diretta-
 
mente applicabili (sulla nozione v. Andreas Auer/Giorgio
 
Malinverni/Michel Hottelier, Droit constitutionnel suisse,
 
vol. I, Berna 2000, pagg. 452-454), ma esortano il legisla-
 
tore svizzero a concretizzare i principi universali in esse
 
contenuti (FF 1924 III 1067 nonché art. 2 e 3 della Conven-
 
zione del 30 settembre 1921). L'interpretazione delle norme
 
e dei principi penali deve essere, nella misura del possi-
 
bile, conforme al diritto costituzionale e convenzionale
 
(DTF 127 IV 66 consid. 2g; 126 IV 236 consid. 4; 118 IV 153
 
consid. 4c; 106 Ia 33 consid. 2 e 3). All'epoca della Co-
 
stituzione previgente, il Tribunale federale ha ribadito a
 
più riprese che la Confederazione non può sottrarsi ai suoi
 
obblighi internazionali invocando il diritto interno:
 
quest'ultimo deve essere interpretato anzitutto in modo
 
conforme alle norme internazionali (DTF 125 II 417 consid.
 
4c). In caso di conflitto, esse prevalgono, comunque e in
 
linea di massima, sul diritto interno e la regola nazionale
 
non conforme non va applicata. Questa soluzione si giusti-
 
fica ancor più se la norma internazionale tende a protegge-
 
re i diritti dell'uomo. Non fu tuttavia decisa la questione
 
se tale modo di procedere dovesse estendersi anche ad altri
 
campi (DTF 125 II 417 consid. 4d). Fu poi lasciato indeciso
 
il quesito se e in quale misura il diritto convenzionale
 
possa "correggere" una norma del Codice civile (DTF 125 III
 
209 consid. 6e). Il 12 marzo 2000 la modifica della Costi-
 
tuzione concernente la riforma della giustizia è stata
 
accettata. Contrariamente alla proposta del Consiglio fede-
 
rale, essa non prevede l'introduzione della giurisdizione
 
costituzionale. La questione se la decisione politica debba
 
avere delle conseguenze sulla giurisprudenza anteriore in
 
materia di conflitto tra diritto interno e internazionale
 
può, per il momento, rimanere irrisolta. Infine, è d'uopo
 
ribadire che nell'ambito penale il principio nullum crimen
 
sine lege esclude, in mancanza di una disposizione specifi-
 
ca di diritto interno, la punibilità di un comportamento
 
esclusivamente in base ad un testo internazionale, in ogni
 
caso quando tale testo non è direttamente applicabile (v.
 
in generale DTF 127 IV 198 consid. 3b).
 
4.- a) Conformemente ai suoi obblighi internazio-
 
nali, il legislatore svizzero ha adottato, ultimo in data,
 
l'art. 196 che prevede la condanna alla reclusione o
 
alla detenzione non inferiore a 6 mesi di chi, per favorire
 
l'altrui libidine, esercita la tratta di esseri umani. Tale
 
disposizione concretizza i dettami contenuti in particolare
 
nella Convenzione dell'11 ottobre 1933; conferisce, tra
 
l'altro, al principio della punibilità della tratta una
 
portata più vasta di quella convenzionale poiché estesa a
 
tutti gli esseri umani, cioè a ogni individuo indipendente-
 
mente dall'età e dal sesso (FF 1985 II 978). I presupposti
 
del reato di cui all'art. 196 CP, interpretato anche alla
 
luce della DTF 126 IV 225, sono adempiuti allorquando viene
 
pregiudicato il diritto all'autodeterminazione nel campo
 
sessuale della persona interessata (FF 1985 II 956; sulla
 
nozione di tratta di esseri umani v. anche infra, consid.
 
6; nonché Guido Jenny, Delikte gegen die sexuelle Integri-
 
tät un gegen die Familie: Art. 187-200, Art. 213-220 CP, in
 
Guido Jenny, Martin Schubarth, Peter Albrecht, Kommentar
 
zum schweizerischen Strafrecht, vol. 4, Berna 1997, ad art.
 
196 CP, n. 5 e 6; Jörg Rehberg, Niklaus Schmid, Delikte
 
gegen den Einzelnen, 7a ed., Zurigo 1997, pagg. 413-414;
 
Günter Stratenwerth, Schweizerische Strafrecht, Besonderer
 
Teil I, 5a ed., Berna 1995, pagg. 174-176, n. 19 e 21). Ciò
 
avviene esclusivamente quando un essere umano è sfruttato
 
come vera e propria mercanzia, in particolare se tenuto
 
all'oscuro di ciò che l'attende, se poco informato o se,
 
per altre ragioni, incapace di difendersi (DTF 126 IV 225
 
consid. 1d). Più precisamente nel caso di donne che si
 
prostituiscono, la loro libertà all'autodeterminazione ses-
 
suale non è infranta se acconsentono al trasferimento da un
 
postribolo all'altro con l'aiuto di un mediatore. Questo
 
principio vale, tuttavia, solo se esse si dedicano sponta-
 
neamente alla prostituzione e, dietro compenso, ricorrono a
 
intermediari per cambiare posto di lavoro alla stessa stre-
 
gua di quanto capita nell'ambito di altre professioni. Una
 
simile analogia deve tuttavia essere relativizzata tenendo
 
presente la peculiarità del settore della prostituzione,
 
ove le persone che vi si dedicano sono confrontate alla
 
discriminazione e alla condanna morale da cui possono ri-
 
sultare un serio isolamento e una dipendenza personale
 
nonché finanziaria da protettori, tenutari di postriboli e
 
gestori di saloni di massaggio. Le prostitute che soggior-
 
nano illegalmente in Svizzera sono le più esposte (v. anche
 
Tiziano Crameri, Immissioni moleste legate all'esercizio
 
della prostituzione, con particolare riferimento alle zone
 
abitative, in RDAT I-2000, pagg. 168-169). La questione se
 
la libertà sessuale sia lesa deve quindi essere decisa in
 
funzione delle circostanze concrete; il consenso formale
 
della vittima non basta, è imperativo accertare che tale
 
consenso sia effettivamente libero da costrizioni (DTF 126
 
IV 225 consid 1d).
 
b) L'art. 196 CP deve essere interpretato tenendo
 
conto delle circostanze attuali (DTF 105 Ib 49 consid. 5a),
 
avendo tuttavia come sfondo l'armonizzazione tra diritto
 
interno e internazionale.
 
Come testé ribadito (v. supra consid. 3a), lo scopo
 
del legislatore internazionale all'inizio del XX secolo era
 
quello di lottare e ostacolare il commercio di donne prove-
 
nienti dai paesi poveri, ove difettavano le risorse intel-
 
lettuali ed economiche, nei postriboli dei paesi più ricchi
 
(FF 1924 III 1060; v. anche DTF 96 IV 118 consid. 2b). La
 
stessa prostituzione era un'attività moralmente condannata
 
e le attività connesse, quali il lenocinio, erano in alcuni
 
casi penalmente perseguibili (v. ad esempio, gli art. 198 e
 
segg. vCP). I trafficanti, creando una vera e propria rete
 
internazionale, approfittavano delle condizioni sociali te-
 
sté descritte con astuzia e sfrontato cinismo per circuire
 
ed ingannare giovani donne sul loro destino (FF 1924 III
 
1060). Date le difficoltà riscontrate nel determinare se
 
esse fossero effettivamente vittime d'inganni o di pressio-
 
ni, quest'ultime non volendo parlare per paura di rappresa-
 
glie o dell'intervento delle autorità di polizia, la puni-
 
bilità della tratta fu resa indipendente dal consenso (FF
 
1934 I 882 e art. 1 della Convenzione dell'11 ottobre
 
1933).
 
Ancor oggi e conformemente alla giurisprudenza
 
pubblicata in DTF 126 IV 225, i presupposti del reato di
 
tratta di esseri umani possono essere adempiuti in presenza
 
di giovani donne consenzienti, se tale consenso è viziato.
 
Per potere escludere con la massima certezza una qualsiasi
 
relazione di dipendenza che intaccherebbe il libero consen-
 
so, le autorità devono prestare un'attenzione accresciuta
 
alle condizioni, in particolare sociali ed economiche, in
 
cui le donne accettano di essere arruolate per prostituirsi
 
(DTF 126 IV 225 consid. 1d). La tratta di esseri umani
 
impone che le eventuali vittime siano messe sul mercato e
 
sfruttate come vera e propria mercanzia (FF 1924 III 1068).
 
Tale non può manifestamente essere il caso se esse sono
 
consapevoli e consenzienti e, pertanto, libere nell'eserci-
 
zio del loro diritto all'autodeterminazione sessuale. L'
 
art. 196 CP, interpretato alla luce della nozione di con-
 
senso effettivo, rispetta gli obblighi internazionali as-
 
sunti dalla Svizzera e s'inserisce, come si vedrà qui di
 
seguito, perfettamente nell'evoluzione normativa attuale.
 
aa) Il Codice penale tedesco esige che venga eser-
 
citata un'influenza sulla capacità di determinarsi della
 
vittima (v. art. 180b e 181 CP), non è sufficiente il solo
 
fatto di arruolare, senza pressioni di alcun genere. Non vi
 
è tratta di esseri umani, poiché non esiste bene giuridico
 
degno di protezione, quando la giovane donna, senza essere
 
motivata da uno stato di bisogno o di vulnerabilità, accon-
 
sente pienamente a prostituirsi all'estero per migliorare
 
la propria situazione (v. Adolf Schönke/Horst Schröder,
 
Strafgesetzbuch, Kommentar, 26a ed., Monaco 2001, § 181, n.
 
14; Reinhart Maurach/Friedrich-Christian Schroeder/Manfred
 
Maiwald, Strafrecht, Besonderer Teil, vol. 1, 8a ed.,
 
Heidelberg 1995, § 22 I, n. 35). In Austria, il reato di
 
tratta di esseri umani sembra avere una portata più ampia
 
poiché il consenso nella speranza di migliori possibilità
 
di guadagno, non esclude di regola la perseguibilità
 
(Thomas Philipp, Wiener Kommentar zum Strafgesetzbuch, 2a
 
ed., Vienna 2001, 32simo fascicolo, § 217 n. 10). Simile
 
portata non è tuttavia esente da critica (Philipp, op.
 
cit., § 217 n. 6). La legislazione francese è irrilevante
 
ai fini della presente causa poiché il reato di lenocinio,
 
consistente tra l'altro nell'aiutare, assistere e proteg-
 
gere colui che si prostituisce ricavandone un profitto, è
 
tutt'oggi perseguibile (art. 225-5 a 225-10 del nuovo Co-
 
dice penale francese). Lo stesso vale per il Codice penale
 
italiano, il quale sanziona i reati d'istigazione, favo-
 
reggiamento e sfruttamento della prostituzione (art.
 
531-534 del Codice penale italiano); una disposizione spe-
 
ciale prevede tuttavia la punibilità della tratta di donne
 
e di minori, ma solamente in caso di violenza, minaccia o
 
inganno (art. 536 del Codice penale italiano).
 
bb) In seno alle istanze europee e internazionali
 
si profila una nozione di tratta di esseri umani che esclu-
 
de la punibilità se il consenso è effettivo. La Risoluzione
 
del Parlamento europeo del 18 gennaio 1996 sulla tratta di
 
esseri umani (Gazzetta ufficiale, n. C 032 del 5 febbraio
 
1996, pag. 88; in seguito: "Risoluzione del Parlamento
 
europeo del 18 gennaio 1996") la definisce come "l'atto il-
 
legale di chi, direttamente o indirettamente, favorisce
 
l'entrata o il soggiorno di un cittadino proveniente da un
 
paese terzo ai fini del suo sfruttamento utilizzando l'in-
 
ganno o qualunque altra forma di costrizione o abusando di
 
una situazione di vulnerabilità o incertezza amministrati-
 
va". Il 22 gennaio 2001 la Commissione ha proposto al Con-
 
siglio e al Parlamento dell'Unione europea una decisione
 
quadro sulla lotta alla tratta degli esseri umani (in se-
 
guito: "Decisione quadro") la quale prevede all'art. 2 in-
 
titolato "Reati relativi alla tratta degli esseri umani a
 
fini di sfruttamento sessuale", l'obbligo per ciascun Stato
 
membro di adottare le misure necessarie affinché il reclu-
 
tamento, il trasporto o il trasferimento di una persona
 
siano puniti come reato qualora sia fatto uso di coercizio-
 
ne, violenza o minacce, d'inganno o frode, oppure di pres-
 
sioni o influenze abusive qualunque sia la loro forma. La
 
Raccomandazione del 19 maggio 2000 n. R(2000)11 del Comi-
 
tato dei Ministri del Consiglio dell'Europa sulla lotta
 
contro la tratta di esseri umani ai fini di sfruttamento
 
sessuale (in seguito: "Raccomandazione del Consiglio dell'
 
Europa n. R(2000)11") definisce la tratta come l'arruola-
 
mento di persone, quand'anche consenzienti, in vista del
 
loro sfruttamento sessuale, se del caso ricorrendo a forme
 
di costrizione quali violenza, minaccia, abuso di autorità
 
o di una situazione di vulnerabilità. La Raccomandazione
 
1325 (1997) relativa alla tratta delle donne e alla prosti-
 
tuzione coatta negli Stati membri del Consiglio dell'Europa
 
adottata dall'Assemblea parlamentare il 23 aprile 1997 (in
 
seguito: "Raccomandazione del Consiglio dell'Europa 1325
 
(1997)") proponeva già la stessa definizione. Il Protocollo
 
aggiuntivo relativo alla lotta contro la tratta di persone
 
in particolare di donne e bambini alla Convenzione delle
 
Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organiz-
 
zata (Doc. ONU AC.254/4 Add. 3, 24 settembre 1999) (in se-
 
guito: "Protocollo aggiuntivo relativo alla Convenzione
 
delle Nazioni Unite") precisa infine che il consenso della
 
vittima è indifferente allorquando vi sia minaccia, utiliz-
 
zo della forza, rapimento, frode, inganno, abuso di autori-
 
tà o di una situazione di vulnerabilità (art. 3 lett. a e
 
b).
 
cc) Risulta dalla panoramica di diritto comparato
 
e internazionale che di regola i presupposti della tratta
 
di esseri umani sono adempiuti nonostante l'accordo dell'
 
interessata se viene sfruttata una "situazione di vulnera-
 
bilità". Quest'ultima può derivare da condizioni economiche
 
o sociali difficili o da rapporti di dipendenza personale
 
e/o finanziari costrittivi. In assenza di una qualsiasi
 
vulnerabilità, non sussiste reato poiché, dato l'inconte-
 
stato diritto all'autodeterminazione nel campo sessuale,
 
non sussiste bene giuridico da proteggere.
 
c) La portata dell'art. 196 CP sviluppata nella
 
DTF 126 IV 225 rispecchia perfettamente questa evoluzione:
 
non vi è tratta di esseri umani solo se non viene pregiudi-
 
cato il diritto all'autodeterminazione sessuale della per-
 
sona interessata, ossia in assenza di una qualsiasi forma
 
di abuso, minaccia o sfruttamento di una situazione di
 
vulnerabilità. Il consenso deve corrispondere effettivamen-
 
te alla volontà delle prostitute, le quali devono essere
 
adeguatamente informate sul loro destino e coscienti di
 
quello che le aspetta senza essere influenzate da condizio-
 
ni di debolezza o incertezza. La nozione di consenso deve
 
essere interpretata in modo restrittivo tenendo conto dei
 
molteplici rapporti di dipendenza in cui esse possono tro-
 
varsi, soprattutto se straniere (DTF 126 IV 225 consid. 1c
 
in fine). Nel caso di persone che si recano all'estero per
 
prostituirsi, il consenso effettivo deve essere ammesso con
 
estrema prudenza poiché il rischio di sfruttamento di una
 
situazione di povertà è particolarmente acuto (v. per ana-
 
logia con il diritto tedesco anche Schönke/Schröder, op.
 
cit., § 180b, n. 12). Tale interpretazione è conforme ai
 
principi enunciati nelle Convenzioni internazionali ratifi-
 
cate dalla Svizzera interpretate alla luce delle circostan-
 
ze attuali e non vi è ragione di scostarvisi. Non vi è luo-
 
go nemmeno, come sostiene il Ministero pubblico, di diffe-
 
renziare dal punto di vista della perseguibilità la tratta
 
interna da quella internazionale. Come rileva a ragione la
 
CCRP, una siffatta soluzione sarebbe iniqua poiché permet-
 
terebbe di punire l'intermediario che colloca in un postri-
 
bolo una donna proveniente dall'estero, mentre chi, come
 
nella DTF 126 IV 225, si adopera per trasferire una prosti-
 
tuta da uno stabilimento all'altro sul territorio svizzero
 
andrebbe esente da pena. Ma non solo. Essa sarebbe contra-
 
ria agli stessi principi sanciti nella Convenzione dell'11
 
ottobre 1933: già a quell'epoca il legislatore internazio-
 
nale qualificava d'inammissibile che un paese perseguisse
 
in modo diverso il traffico esterno da quello interno (FF
 
1924 III 1067 in fine). Essa contravverrebbe altresì allo
 
scopo perseguito dall'art. 196 CP, ossia punire il riforni-
 
mento di merce umana per i postriboli in tutto il mondo
 
(DTF 96 IV 118 consid. 2b in merito al previgente art. 202
 
CP).
 
5.- a) La CCRP ha annullato la condanna dei resi-
 
stenti per tratta di esseri umani poiché le ragazze che
 
arrivavano all'Osteria Y.________ o in altri postriboli
 
ticinesi sapevano a quali condizioni dovevano prostituirsi
 
e non hanno subito costrizioni o pressioni né sono state
 
influenzate da un qualsiasi rapporto di dipendenza. Esse si
 
prostituivano liberamente, non venivano loro imposti clien-
 
ti, non furono mai state minacciate o percosse e decidevano
 
in modo autonomo delle loro prestazioni, in particolare
 
della durata e del prezzo. Tali elementi non sono tuttavia
 
sufficienti per escludere i presupposti della tratta di
 
esseri umani quali testé delimitati.
 
b) È d'uopo premettere che in materia di tratta di
 
esseri umani, un'attenzione particolare è necessaria quando
 
il suo oggetto sono le donne e i bambini provenienti dai
 
paesi in via di sviluppo e dai paesi dell'Europa centrale e
 
orientale (v. anche consid. 9 della Risoluzione del Parla-
 
mento europeo del 18 gennaio 1996).
 
c) È accertato in modo insindacabile (art. 273
 
cpv. 1 lett. b e 277bis cpv. 1 PP) che le ragazze si pro-
 
stituivano per povertà. È altresì accertato che nel periodo
 
tra novembre 1998 e maggio 2000 i resistenti hanno provoca-
 
to ed organizzato la venuta in Svizzera di circa 87 ragaz-
 
ze. Di queste, circa 43 hanno trovato posto di lavoro al-
 
l'Osteria Y.________, 20 circa grazie all'intermediazione
 
di terzi, mentre le altre furono ingaggiate direttamente
 
dalla resistente. Di sua iniziativa, essa svolse anche
 
un'attività in proprio procurando 38 ragazze provenienti
 
dai paesi dell'Est a diversi postriboli del Cantone Ticino.
 
Il resistente, dal canto suo, ingaggiò da solo ancora 5/6
 
ragazze. Si trattava di un'operazione di chiara importanza,
 
per il sovrappiù ben strutturata con una rete d'intermedia-
 
ri efficiente. Tutte le ragazze provenivano dall'Europa
 
dell'Est in particolare dalla Lettonia. Esse giungevano in
 
Svizzera per sfuggire a condizioni economiche difficili e
 
migliorare così la loro situazione. Tenuto conto che la
 
resistente stessa, di nazionalità lettone, era venuta in
 
Svizzera per prostituirsi a causa della sua disastrosa
 
situazione finanziaria, gli accusati hanno coscientemente
 
approfittato dell'evidente stato di necessità delle giovani
 
donne. Quest'ultime non potevano tra l'altro ragionevolmen-
 
te rappresentarsi un quadro completo di quello che avrebbe-
 
ro vissuto una volta sul suolo elvetico. Ispirato da una
 
situazione di vulnerabilità dovuta alle accertate precarie
 
condizioni economiche, il loro consenso non può essere con-
 
siderato come effettivo. Al riguardo non è necessario, come
 
sembra sostenere la CCRP, che le ragazze vertessero in uno
 
stato di miseria tale da essere ridotte a una specie di
 
schiavitù equiparata a quella vissuta dalle donne prove-
 
nienti dai paesi del terzo mondo. Visto anche il numero di
 
prostitute implicate e la durata del traffico, la fattispe-
 
cie è un tipico caso di tratta di esseri umani. Il proscio-
 
glimento dei resistenti dall'imputazione del reato di cui
 
all'art. 196 CP, le ragazze avendo liberamente acconsentito
 
alla loro venuta in Svizzera per dedicarsi alla prostitu-
 
zione, viola pertanto il diritto federale. L'autonomia che
 
le giovani donne godevano nell'esercizio della loro attivi-
 
tà è rilevante solo per la commisurazione della pena.
 
6.- a) Resta da esaminare se i presupposti dell'
 
art. 196 CP debbano estendersi alla totalità delle ragazze
 
la cui venuta in Svizzera era stata organizzata dai resi-
 
stenti, ossia a tutte le 87, oppure se in applicazione
 
della DTF 96 IV quest'ultimi debbano essere prosciolti
 
- come fu il caso in prima istanza - dall'imputazione di
 
tratta per le 20 ragazze giunte all'Osteria Y.________ gra-
 
zie alla loro intermediazione diretta, anticipando loro il
 
denaro per il viaggio e le piccole spese. Il Ministero pub-
 
blico contesta l'applicazione della DTF 96 IV 118 alla fat-
 
tispecie. La CCRP non ne ha trattato, poiché ha considerato
 
come non adempiuti i presupposti del reato di cui all'art.
 
196 CP.
 
b) Nella DTF 96 IV 118, resa sotto l'imperio del
 
diritto previgente, il Tribunale federale escluse dalla
 
nozione di tratta l'attività consistente nell'ingaggiare
 
delle prostitute per il proprio postribolo. La fattispecie
 
in esame concerneva l'impiego di prostitute arruolate in
 
Africa dal gestore di un postribolo per prostituirsi nel
 
suo locale in Svizzera. Due interpretazioni erano a con-
 
fronto: quella più restrittiva per cui il gestore che ar-
 
ruola e ingaggia delle prostitute per il suo postribolo non
 
è colpevole di tratta di esseri umani, quest'ultima presup-
 
ponendo un vero e proprio commercio con l'intervento di un
 
intermediario; e quella più estesa per cui la tratta di es-
 
seri umani ha una portata più larga che la nozione usuale
 
di commercio, dati i comportamenti tipici che ne costitui-
 
scono le varie fasi, ossia il fatto di arruolare, allettare
 
o rapire (DTF 96 IV 118 consid. 1). Il Tribunale federale,
 
dopo aver proceduto all'interpretazione storica e teleolo-
 
gica della norma previgente e avere ribadito che le due
 
accezioni si fondavano su motivi altrettanto validi, optò
 
per quella restrittiva (DTF 96 IV 118 consid. 2).
 
c) Fino ad oggi non si era presentata l'occasione
 
per riesaminare tale giurisprudenza nell'ambito del nuovo
 
art. 196 CP, il quale ha comunque essenzialmente ripreso i
 
presupposti dell'art. 202 vCP (FF 1985 II 976 nonché Jenny,
 
op. cit., ad art. 196, n. 5 e rinvii).
 
d) Le disposizioni in materia di repressione della
 
tratta di esseri umani sono state concepite per armonizzare
 
la legislazione svizzera alle regole internazionali vigenti
 
in tale ambito (FF 1924 III 1078 e FF 1934 I 877). Lo scopo
 
era, ed è ancor oggi, di perseguire la tratta di esseri
 
umani con la medesima efficienza che essa si svolga all'in-
 
terno del confine svizzero o si estenda al di là del terri-
 
torio nazionale (FF 1924 II 1067). Furono così adottate
 
dapprima la Legge federale del 30 settembre 1925 (FF 1934
 
II 878) in seguito l'art. 202 vCP (DTF 96 IV 118 consid.
 
2a) e, infine, l'art. 196 CP attualmente in vigore. L'impe-
 
rativo per il legislatore svizzero di tenere conto delle
 
convenzioni internazionali in questo settore è stato altre-
 
sì ribadito al momento dell'adozione di quest'ultima dispo-
 
sizione (FF 1985 II 978). La nozione di tratta di esseri
 
umani deve essere quindi interpretata avendo come sfondo
 
l'essenziale armonizzazione tra diritto interno e interna-
 
zionale; questo aspetto è stato in parte trascurato a torto
 
nella DTF 96 IV 118.
 
aa) Esiste oramai una nozione internazionale di
 
tratta di esseri umani. Già la Convenzione del 4 maggio
 
1910 definiva tale attività come l'atto di colui che, allo
 
scopo di favorire l'altrui libidine, arruola, sottrae o
 
rapisce una donna (art. 1). La Convenzione dell'11 ottobre
 
1933 riprendeva sostanzialmente gli stessi termini (art.
 
1). Come testé visto (v. supra consid. 4b/bb), i testi
 
internazionali più recenti riproducono una nozione di ancor
 
più larga portata. In virtù del Protocollo aggiuntivo alla
 
Convenzione delle Nazioni Unite l'attività di tratta si
 
estende all'arruolamento, al trasporto o al trasferimento,
 
ivi compreso al dare alloggio, ai fini di approfittare
 
della prostituzione altrui (art. 3 lett. a). L'art. 1 della
 
Raccomandazione del Consiglio dell'Europa n° R (2000) 11
 
riprende essenzialmente lo stesso concetto. La Raccomanda-
 
zione del Consiglio dell'Europa 1325 (1997) definisce la
 
tratta come il trasferimento legale o illegale di donne e/o
 
il loro commercio in vista di un profitto commerciale. La
 
Risoluzione del Parlamento europeo del 18 gennaio 1996 qua-
 
lifica la tratta come l'atto illegale di chi, direttamente
 
o indirettamente, favorisce l'entrata o il soggiorno di una
 
persona ai fini del suo sfruttamento. Nella costellazione
 
internazionale un'attività consistente in un vero e proprio
 
"commercio" inteso nel senso della DTF 96 IV 118 non è in-
 
dispensabile: il solo fatto di arruolare, trasportare o
 
trasferire può già essere costitutivo di tratta. Per cui
 
l'attività di un gestore che ingaggia e arruola all'estero
 
delle prostitute per il proprio postribolo rientra nel cam-
 
po di applicazione della nozione di tratta di esseri umani
 
consacrata nei testi internazionali, a condizione tuttavia
 
che le ragazze non siano consenzienti o meglio che il loro
 
consenso appaia viziato.
 
bb) La nozione di tratta di esseri umani dell'art.
 
196 CP deve essere interpretata alla luce di quanto prece-
 
de. Siffatta interpretazione s'impone anche tenuto conto
 
delle circostanze economiche e sociali attuali (DTF 105 Ib
 
49 consid. 5a). La tratta di esseri umani è divenuta per un
 
numero sempre maggiore di persone una fonte di lucro di
 
forte attrattiva. Il fenomeno è favorito altresì dalla glo-
 
balizzazione e dalle tecnologie moderne. Il commercio di
 
donne provenienti da paesi lontani, quand'anche apparente-
 
mente consenzienti, per dedicarsi alla prostituzione assume
 
sfaccettature sempre più complesse e raffinate. In partico-
 
lare, proliferano organizzazioni specializzate che si occu-
 
pano delle varie fasi indispensabili all'arruolamento e al
 
piazzamento di prostitute in vari locali, di regola di loro
 
proprietà. Ostacolare perseguendo penalmente i responsabi-
 
li la proliferazione di un simile traffico, quand'anche con
 
modalità diverse, era già la preoccupazione essenziale del
 
legislatore all'inizio del XX secolo (DTF 96 IV 118 consid.
 
2a). In virtù dell'interpretazione sviluppata nella DTF 96
 
IV 118, i responsabili di queste organizzazioni, ben strut-
 
turate e capaci di portare a buon fine l'intero processo di
 
tratta dal reclutamento sul posto fino all'ingaggio, non
 
sarebbero punibili ai sensi dell'art. 196 CP. Sarebbero
 
invece perseguibili coloro che, non potendo usufruire di
 
una vasta rete organizzativa, si limitassero a fornire pro-
 
stituite a vari locali del nostro paese. Siffatto risulta-
 
to, il cui carattere iniquo è manifesto, non poteva essere
 
voluto dalla DTF 96 IV 118, la quale, è bene ribadirlo, si
 
fondava sull'interpretazione storica e teleologica dell'
 
art. 202 vche s'inscriveva in un'epoca ben diversa da
 
quella attuale.
 
cc) Discende da quanto precede che la nozione di
 
tratta di esseri umani di cui all'art. 196 CP deve essere
 
estesa anche al caso di chi, come nella fattispecie, arruo-
 
la all'estero giovani donne in situazione di vulnerabilità,
 
organizza la loro venuta in Svizzera e le ingaggia, affin-
 
ché si prostituiscano, nel proprio postribolo, indifferen-
 
temente che egli agisca con l'aiuto di un intermediario
 
prezzolato o direttamente. Di primo acchito, l'attività dei
 
resistenti adempie indistintamente tali presupposti e come
 
tale deve essere perseguita. Incomberà all'autorità canto-
 
nale di esaminare la questione tenendo conto delle conside-
 
razioni che precedono.
 
7.- a) Per quanto concerne la pretesa violazione
 
dell'art. 305bis CP, è d'uopo ribadire che il reato di
 
riciclaggio di denaro ha per fine la sottrazione all'auto-
 
rità penale del provento di un crimine. Qualsiasi atto
 
suscettibile di vanificare l'accertamento dell'origine, il
 
ritrovamento o la confisca di valori patrimoniali costitui-
 
sce oggettivamente un atto di riciclaggio (DTF 119 IV 59
 
consid. 2, 242 consid. 1e). Ciò non necessita di operazioni
 
finanziarie complicate: anche gli atti più semplici, come
 
l'occultazione del bottino, possono essere adeguati (DTF
 
122 IV 211 consid. 3b/aa). Tutti i valori patrimoniali pro-
 
venienti da un crimine possono costituire oggetto di rici-
 
claggio (DTF 119 IV 242 consid. 1b). Il reato di riciclag-
 
gio è un reato di esposizione a pericolo astratto; il com-
 
portamento è punibile a questo titolo anche se l'atto vani-
 
ficatorio non ha raggiunto il suo scopo (DTF 127 IV 20
 
consid. 3; 119 IV 59 consid. 2e). È compito della giuri-
 
sprudenza di sviluppare una casistica di atti vanificatori
 
tipici (FF 1989 II 859). Fino ad oggi l'atto di riciclaggio
 
è stato riconosciuto nei casi in cui i valori patrimoniali
 
sono stati occultati (DTF 127 IV 20 consid. 3; 122 IV 211
 
consid. 2b; 119 IV 59 consid. 2e), investiti (DTF 119 IV
 
242 consid. 1d) e cambiati con banconote di taglio diffe-
 
rente (DTF 122 IV 211 consid. 2c). Al contrario, non è un
 
atto di riciclaggio il semplice versamento su un conto ban-
 
cario personale (DTF 124 IV 274 consid. 4) o il solo pos-
 
sesso, rispettivamente la custodia, di valori (sentenza del
 
Tribunale federale 6S.595/1999 del 24 gennaio 2000 consid.
 
2d/aa). Il reato di cui all'art. 305bis CP può essere adem-
 
piuto anche, come nella fattispecie, nei confronti di chi
 
ricicla valori patrimoniali provenienti da un crimine da
 
lui stesso perpetrato (DTF 124 IV 274 consid. 3; 120 IV 323
 
consid. 3; Martin Schubarth, Geldwäscherei - Neuland für
 
das traditionelle kontinentale Strafrechtsdenken in Fest-
 
schrift für Günter Bemmann, Joachim Schulz/Thomas Vormbaum
 
ed., Baden-Baden 1997, pagg. 430-435).
 
b) Il giudice di merito ha qualificato di atto di
 
riciclaggio il denaro inviato all'estero ai familiari della
 
resistente. Tale comportamento di per se è oggettivamente
 
suscettibile di sottrarre il provento della tratta di esse-
 
ri umani all'amministrazione della giustizia, ossia d'impe-
 
dire di scoprire il legame esistente tra il crimine e i
 
valori patrimoniali che ne sono il prodotto (DTF 124 IV 274
 
consid. 2; 127 IV 20 consid. 3a; Bernard Corboz, Les prin-
 
cipales infractions, vol. II, Berna 1999, ad art. 305bis
 
CP, n. 25; Jürg-Beat Ackermann, Geldwäscherei [StGB Art.
 
305bis], in Niklaus Schmid, Kommentar Einziehung, organi-
 
siertes Verbrechen, Geldwäscherei, vol. 1, Zurigo 1998, n.
 
315 e segg.).
 
c) Il Ministero pubblico insorge contro l'ammonta-
 
re stabilito "prudenzialmente" a fr. 10'000.--. La CCRP,
 
avendo prosciolto dei resistenti del reato che presuppone
 
il riciclaggio ossia quello previsto all'art. 196 CP, non
 
ha esaminato la questione.
 
d) Tenuto conto dell'esito della presente causa e
 
del conseguente rinvio per quanto concerne l'applicazione
 
dell'art. 196 CP, la CCRP dovrà confrontarsi ex novo con
 
l'imputazione di riciclaggio di denaro. Non è quindi possi-
 
bile trattare il gravame del Ministero pubblico su questo
 
punto. Conviene comunque già fin d'ora ribadire alcuni ele-
 
menti essenziali di cui l'autorità cantonale dovrà tenere
 
conto.
 
e) Riferendosi alla giurisprudenza pubblicata in
 
DTF 122 IV 211, il giudice di merito ha ritenuto che i
 
trasferimenti all'estero del denaro guadagnato con la trat-
 
ta di esseri umani destinati a compensare gli intermediari
 
nonché gli invii degli anticipi per le spese di viaggio e
 
l'evidenza dei fondi alle prostitute erano indispensabili
 
per compiere o concludere la tratta e, pertanto, non costi-
 
tutivi di riciclaggio.
 
f) Tale conclusione, sostanzialmente criticata dal
 
Ministero pubblico, non è conforme al diritto federale.
 
Essa travisa in particolare la giurisprudenza pubblicata
 
nella DTF 122 IV 211 relativa al traffico di stupefacenti e
 
al suo finanziamento con denaro riciclato, ove è precisato
 
che il riciclaggio non deve essere qualificato di comporta-
 
mento necessario a tale traffico in quanto si riferisce a
 
una fattispecie distinta che concerne unicamente gli atti
 
suscettibili di ostacolare l'identificazione di valori pa-
 
trimoniali ottenuti con un crimine (DTF 122 IV 211 consid.
 
3). La disposizione sulla tratta degli esseri umani e la
 
disposizione sul riciclaggio hanno per fine la salvaguardia
 
di due beni giuridici distinti, rispettivamente, la prote-
 
zione delle donne e della loro libertà sessuale e la buona
 
amministrazione della giustizia (DTF 127 IV 79 consid. 2e e
 
rinvii); pertanto, gli art. 196 e 305bis CP sono in concor-
 
so perfetto, si delimitano in modo chiaro, hanno scopi au-
 
tonomi e concernono fattispecie diverse (v. per analogia
 
DTF 127 IV 79 consid. 2e; 122 IV 211 consid. 4e). Finan-
 
ziare la tratta di esseri umani con denaro illecito prove-
 
niente dalla tratta stessa o da altre attività illegali non
 
può quindi essere considerato come un atto accessorio ante-
 
cedente corepresso dall'art. 196 CP se lo scopo perseguito
 
è l'occultamento del provento di un crimine (v. per analo-
 
gia di motivi DTF 122 IV 211 consid. 4; sulla nozione v.
 
anche Philippe Graven, L'infraction pénale punissable, 2a
 
ed., Berna 1995, pagg. 340-342). In altre parole, se l'at-
 
tività di finanziamento della tratta, per quanto possa ap-
 
parire indispensabile alla sua preparazione, adempie al
 
contempo i presupposti oggettivi e soggettivi dell'art.
 
305bis CP, coloro che vi si dedicano sono punibili sulla
 
base degli art. 196 e 305bis CP, applicati in concorso. Ciò
 
vale per l'integralità dell'ammontare trasferito dai resi-
 
stenti all'estero senza dover distinguere tra i compensi
 
versati agli intermediari e i soldi anticipati alle ragazze
 
o i soldi inviati ai familiari della resistente. Non è tut-
 
tavia accertato se l'importo versato agli intermediari e
 
anticipato alle ragazze fosse effettivamente il provento
 
della tratta di esseri umani. Non sono altresì accertati,
 
allo stadio attuale, i presupposti soggettivi del reato di
 
riciclaggio. Difatti, affinché quest'ultimi siano adempiu-
 
ti, l'agente deve conoscere l'origine criminosa dei fondi e
 
essere consapevole che il suo atto potrà vanificare l'ac-
 
certamento dell'origine, il ritrovamento o la confisca dei
 
valori patrimoniali; o quanto meno, in caso di dolo even-
 
tuale, egli deve ipotizzarne l'eventualità ed accettarne le
 
conseguenze (FF 1989 II 860; DTF 119 IV 242 consid. 2; 122
 
IV 211 consid. 2e). Tali elementi non sono stati accertati
 
neanche per i fr. 10'000.-- considerati di sicura prove-
 
nienza illecita. Incomberà quindi all'autorità cantonale di
 
esaminare se il reato di riciclaggio può oggettivamente
 
concernere un ammontare superiore a quello stabilito in
 
precedenza - tenendo conto tra l'altro che la tratta ri-
 
guarda in tutto 87 giovani prostitute - e se i resistenti
 
avevano la volontà, foss'anche per dolo eventuale, di ri-
 
ciclare tali proventi.
 
8.- Per quanto concerne la confisca, la CCRP non
 
l'ha esaminata poiché erano cadute le accuse fondate sulla
 
tratta di esseri umani. Dato l'esito della presente causa,
 
essa dovrà riesaminare la questione in funzione dei consi-
 
derandi che precedono. In sede cantonale, si dovrà quindi
 
procedere a una stima della somma da confiscare - tenendo
 
conto tra l'altro che la tratta concerne in tutto 87 giova-
 
ni prostitute - e eventualmente determinare se sono adem-
 
piuti i presupposti per pronunciare un risarcimento compen-
 
sativo conformemente all'art. 59 cpv. 2 CP (v. DTF 123 IV
 
70 consid. 3; 122 IV 299 consid. 3).
 
9.- a) Il Ministero pubblico critica infine la
 
condanna dei resistenti per semplice contravvenzione all'
 
art. 23 n. 4 della legge federale del 26 marzo 1931 con-
 
cernente la dimora e il domicilio degli stranieri (LDDS; RS
 
142.20) per avere impiegato stranieri non autorizzati a
 
lavorare in Svizzera. L'entrata nonché il soggiorno sul
 
suolo elvetico delle giovani donne provviste di visto da
 
turista erano, a sua mente, illegali poiché esse avevano
 
fin dall'inizio l'intenzione di esercitare un'attività lu-
 
crativa. Non potevano quindi beneficiare dello "statuto di
 
favore" di turiste e avrebbero dovuto avvertire le autorità
 
conformemente all'art. 2 cpv. 1 seconda proposizione LDDS.
 
Fornendo loro alloggio, i resistenti avrebbero favoreggiato
 
in particolare la loro entrata e il loro soggiorno illega-
 
li, adempiendo così i presupposti del reato di cui all'art.
 
23 n. 1 cpv. 5.
 
b) La questione litigiosa è circoscritta alle
 
prostitute regolarmente annunciate alle autorità e rimaste
 
in Svizzera per una durata non superiore a 3 mesi. È accer-
 
tato che il loro soggiorno veniva regolarmente notificato,
 
conformemente all'art. 2 cpv. 2 LDDS, ma si trattava di
 
semplici notifiche di soggiorni turistici non comprensive
 
dell'annuncio di un'attività lucrativa. È inoltre accertato
 
che esse possedevano un visto da turista valido per entrare
 
in Svizzera. Dati questi elementi, la CCRP ha ritenuto che
 
le giovani donne si trovavano legalmente sul suolo elvetico
 
per cui i resistenti erano punibili esclusivamente giusta
 
l'art. 23 n. 4 LDDS per avere ingaggiato stranieri non au-
 
torizzati a lavorare.
 
c) In materia di sanzioni penali, l'art. 23 LDDS
 
distingue tra i reati citati ai n. 1 e 2 e le contravven-
 
zioni perseguite in virtù dei n. 4 e 6. Giusta l'art. 23 n.
 
1 cpv. 5 LDDS è punito con la detenzione fino a 6 mesi, a
 
cui può aggiungersi una multa fino a fr. 10'000.--, e con
 
la sola multa nei casi poco gravi, chiunque faciliti od
 
aiuti l'entrata o l'uscita illegale o un soggiorno illegale
 
di uno straniero in Svizzera. Secondo l'art. 23 n. 2 LDDS
 
chi agisce a scopo d'indebito arricchimento è punito con la
 
detenzione e con la multa fino a fr. 10'000.--. Conforme-
 
mente all'art. 23 n. 4 LDDS, salvo nei casi di poca gravi-
 
tà, chi intenzionalmente impiega stranieri, non autorizzati
 
a lavorare in Svizzera, è punito per ogni straniero impie-
 
gato illegalmente, con la multa fino a fr. 5'000.-- se ha
 
agito intenzionalmente, o fino a fr. 3'000.-- se ha agito
 
con negligenza; se l'agente ha agito a scopo di lucro, il
 
giudice non è legato da questi massimi. Infine, l'art. 23
 
n. 6 LDDS prevede la multa fino a fr. 2'000.-- per le "al-
 
tre" infrazioni alle disposizioni di polizia degli stranie-
 
ri o ai provvedimenti delle autorità competenti.
 
d) Secondo giurisprudenza costante, la semplice
 
attività consistente nell'assunzione di uno straniero, che
 
soggiorna legalmente in Svizzera, senza permesso è una
 
contravvenzione (DTF 118 IV 262 consid. 1-4 e rinvii; sen-
 
tenza non pubblicata della Corte di cassazione del Tribuna-
 
le federale del 12 settembre 1982 nella causa E.M.; v.
 
anche Valentin Roschacher, Die Strafbestimmung des Bundes-
 
gesetzes über Aufenthalt und Niederlassung der Ausländer
 
vom 26 März 1931 (ANAG), Zurigo 1991, pagg. 113-114, nonché
 
Heinz Heller, Schwarzarbeit: Das Recht der Illegalen, unter
 
besonderer Beücksichtigung der Prostitution, Tesi Zurigo,
 
1999, pagg. 25-26).
 
e) L'entrata o il soggiorno in Svizzera sono ille-
 
gali ai sensi dell'art. 23 n. 1 LDDS in particolare se lo
 
straniero oltrepassa il confine senza validi documenti di
 
legittimazione e/o e risiede sul suolo elvetico senza i
 
necessari permessi. Secondo l'art. 1 cpv. 2 dell'ordinanza
 
di esecuzione del 1° marzo 1949 della legge federale con-
 
cernente la dimora e il domicilio degli stranieri (ODDS; RS
 
142.201), uno straniero è entrato legalmente in Svizzera,
 
se ha osservato le prescrizioni sul possesso di documenti
 
di legittimazione, sul visto, sul controllo di confine,
 
ecc. e non ha contravvenuto ad un divieto personale come
 
un'espulsione, un divieto e una restrizione di entrata (v.
 
anche art. 1 e 2 dell'ordinanza del 14 gennaio 1998 concer-
 
nente l'entrata e la notificazione degli stranieri [OEnS;
 
RS 142.211] e Roschacher, op. cit., pagg. 27-37).
 
f) Esercitare una professione senza la necessaria
 
autorizzazione non basta di per sé per rendere illegale o
 
abusivo il soggiorno (Roschacher, op. cit., pag. 56-57 e
 
114-115). Scopo originario della LDDS non è la protezione
 
del mercato contro il lavoro clandestino, bensì impedire
 
l'entrata e il soggiorno di persone indesiderabili nonché
 
un'eccessiva penetrazione di stranieri, lottando contro il
 
loro soggiorno illegale e evitando che, sprovvisti di per-
 
messo, si sottraggano al controllo delle autorità (v. anche
 
FF 1986 III 219; Roschacher, op. cit., pag. 114; Heinz
 
Heller, op. cit., pag. 9). Solo in seguito al proliferare
 
del lavoro clandestino, le disposizioni penali della LDDS
 
sono state completate con l'inserimento dell'art. 23 n. 4 e
 
5 LDDS per tentare di dissuadere l'impiego di stranieri
 
sprovvisti di permesso (FF 1986 II 219-220 e 225-226).
 
g) Nella fattispecie, è accertato in modo insinda-
 
cabile (art. 273 cpv. 1 lett. b e 277bis cpv. 1 PP) che le
 
giovani donne erano giunte in Svizzera in possesso di un
 
visto per turisti e che ripartivano una volta trascorsi i 3
 
mesi durante i quali potevano risiedere sul suolo elvetico
 
senza dover compiere ulteriori formalità (art. 2 cpv. 1
 
LDDS). Non risulta tra l'altro che i visti fossero stati
 
emessi per una durata inferiore a 3 mesi o che non fossero
 
validi. È indubbio che non hanno soggiornato e neanche sono
 
entrate in Svizzera come turiste, poiché era loro intenzio-
 
ne esercitare un'attività lucrativa ai sensi dell'art. 6
 
dell'Ordinanza del 6 ottobre che limita l'effettivo
 
degli stranieri (OLS; RS 823.21; v. anche la definizione
 
proposta in Roschacher, op. cit., pag. 55, nota che
 
qualifica il "turista" come colui che per un tempo determi-
 
nato visita la Svizzera per conoscerne le particolarità o
 
per riposarsi). Si pone quindi la questione se, come so-
 
stiene il Ministero pubblico, a causa di siffatta constata-
 
zione la loro entrata nonché il loro soggiorno fossero il-
 
legali, nel qual caso i resistenti alloggiandole sarebbero
 
effettivamente colpevoli del reato di cui all'art. 23 n. 1
 
cpv. 5 LDDS (DTF 118 IV 262 consid. 3a). La risposta è ne-
 
gativa per i motivi che seguono.
 
h) Al momento di oltrepassare il confine svizzero
 
e durante il loro soggiorno, le giovani donne erano in pos-
 
sesso di un visto per turisti valido (v. art. 11 cpv. 1
 
lett. a OEnS). Pertanto, hanno oltrepassato il confine e
 
soggiornato legalmente in Svizzera. Poco importa se, even-
 
tualmente consigliate e aiutate dai resistenti, esse abbia-
 
no ottenuto in modo fraudolento tale autorizzazione, lo
 
scopo del loro soggiorno non essendo quello dichiarato. In
 
simili casi, è prevista unicamente la revoca senza formali-
 
tà del visto prima dello scadere del termine previsto (art.
 
15 cpv. 2 lett. b OEnS). Tale revoca - che non risulta es-
 
sere avvenuta per nessuna delle giovani donne -, è una fa-
 
coltà, non un obbligo (DTF 125 IV 148 consid. 2b in fine).
 
Pertanto il visto, quand'anche ottenuto con l'inganno, non
 
è nullo ab ovo; la sua validità e, quindi, la legalità
 
dell'entrata e del soggiorno perdurano fino al momento
 
della revoca (v. anche Roschacher, op. cit., pag. 117 sulla
 
revoca del permesso di dimora previsto all'art. 9 cpv. 2
 
LDDS). La pratica litigiosa era indubbiamente volta a in-
 
durre in errore l'amministrazione affinché le giovani donne
 
potessero penetrare in Svizzera ed esercitare indisturbate
 
il mestiere di prostitute per 3 mesi. Tale comportamento è
 
chiaramente riprovevole ma in assenza di una disposizione
 
specifica (v. anche DTF 125 IV 148 consid. 2c e Roschacher,
 
op. cit., pag. 57), non può essere eretto come reato ai
 
sensi dell'art. 23 n. 1 cpv. 5 LDDS.
 
i) Pertanto, poiché le interessate si trovavano
 
legalmente sul suolo Svizzero, la condanna dei resistenti,
 
non recidivi, per avere contravvenuto all'art. 23 n. 4 LDDS
 
non viola il diritto federale.
 
l) Il Ministero pubblico sostiene altresì che la
 
decisione impugnata sarebbe "contraria alla tutela dell'or-
 
dine pubblico". A sua mente, giovani donne a beneficio di
 
un visto da turista, quand'anche venissero scoperte, non
 
potrebbero essere arrestate né espulse. Inoltre l'emanazio-
 
ne di un decreto penale limitato ad una semplice multa non
 
avrebbe alcun effetto dissuasivo, con il rischio per il
 
territorio del cantone di diventare una facile terra di
 
conquista.
 
m) La decisione impugnata è conforme al diritto
 
federale e come tale va protetta. Indipendentemente dalla
 
loro fondatezza, le motivazioni di cui sopra, di portata
 
generale, esulano dalla competenza della Corte di cassazio-
 
ne il cui compito è quello di statuire su un caso concreto.
 
10.- Discende da quanto precede che il gravame de-
 
ve essere accolto e la sentenza annullata nella misura in
 
cui viene constatata la violazione dell'art. 196 CP, riba-
 
dendo che l'attività di tratta concerne l'insieme delle
 
ragazze contemplate nella sentenza del giudice di merito,
 
ossia 87 in tutto. L'autorità cantonale dovrà altresì rie-
 
saminare le questioni dell'imputazione di riciclaggio di
 
denaro e della confisca. Per il sovrappiù, il gravame è re-
 
spinto nella misura della sua ammissibilità.
 
Dato l'esito del ricorso, non viene prelevata alcu-
 
na tassa di giustizia né accordati ripetibili ai resistenti
 
(art. 278 PP).
 
Per questi motivi
 
i l T r i b u n a l e f e d e r a l e
 
p r o n u n c i a :
 
1. Nella misura in cui è ammissibile il ricorso è
 
parzialmente accolto e la causa rinviata all'autorità can-
 
tonale per nuovo giudizio ai sensi dei considerandi.
 
2. Non si riscuotono spese.
 
3. Non si accordano ripetibili.
 
4. Comunicazione al Ministero pubblico, alla Corte
 
di cassazione e di revisione penale del Cantone Ticino, ai
 
patrocinatori dei resistenti e al Ministero pubblico della
 
Confederazione.
 
Losanna, 29 aprile 2002
 
In nome della Corte di cassazione penale
 
del TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO:
 
Il Presidente,
 
La Cancelliera,
 
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