BGer H 170/2001 | |||
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BGer H 170/2001 vom 23.07.2002 | |
Eidgenössisches Versicherungsgericht
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Tribunale federale delle assicurazioni
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Tribunal federal d'assicuranzas
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Corte delle assicurazioni sociali
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del Tribunale federale
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Causa
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{T 7}
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H 170/01 /Ws
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Sentenza del 23 luglio 2002
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IIIa Camera
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Composizione
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Giudici federali Borella, Presidente, Leuzinger, Gianella, supplente; Grisanti, cancelliere
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Parti
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1. A.________,
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2. B.________,
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3. C.________, ricorrenti,
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rappresentati dallo Studio legale Delcò Rossi & Associati, viale Stazione 32, 6501 Bellinzona,
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contro
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Cassa di compensazione della Società svizzera degli impresari-costruttori, Viale Portone 4, 6501 Bellinzona, opponente,
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Istanza precedente
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Tribunale cantonale delle assicurazioni, Lugano
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(Giudizio del 22 marzo 2001)
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Fatti:
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A.
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La D.________ SA, con sede a M.________, è stata costituita nel 1963 con lo scopo di esercitare un'impresa di costruzioni. Il consiglio di amministrazione era composto di A.________ e B.________, presidente rispettivamente vicepresidente, entrambi con diritto di firma individuale a partire dal 4 giugno 1985 e fino alla dichiarazione di fallimento pronunciata il 7 giugno 1999, come pure di C.________, membro, con diritto di firma individuale, dal 5 dicembre 1995 al 19 febbraio 1998.
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Il 29 maggio 1998 la società è stata posta al beneficio di una moratoria concordataria di sei mesi, prorogata in due occasioni di ulteriori complessivi sei mesi, prima che il Pretore del Distretto di D.________, in data 13 aprile 1999, ne determinasse la revoca e, con decreto 7 giugno 1999, dichiarasse il fallimento della società.
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Con tre distinte decisioni del 6 dicembre 1999 la Cassa di compensazione della Società svizzera degli impresari-costruttori, constatato di aver subito un danno di fr. 363'865.15 a causa del mancato pagamento dei contributi paritetici da parte della fallita per il periodo da maggio 1996 a maggio 1998, ne ha postulato il risarcimento, in via solidale, da A.________ e B.________ per l'intero importo, nonché da C.________ limitatamente a fr. 299'255.20 per il periodo da maggio 1996 a dicembre 1997, essendo essa responsabile del mancato pagamento solo fino al 31 dicembre 1997.
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B.
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A seguito dell'opposizione degli amministratori, la Cassa ha promosso in data 19 gennaio 2000 azione nei loro confronti dinanzi al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino, chiedendone la condanna al risarcimento dei predetti importi con vincolo di solidarietà.
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Mediante giudizio 22 marzo 2001 la Corte cantonale, congiunti i procedimenti, ha accolto le petizioni.
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C.
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Contro il giudizio cantonale gli interessati, assistiti dagli avv. Tuto Rossi e Manuela Rainoldi, hanno inoltrato a questa Corte un ricorso di diritto amministrativo postulandone l'annullamento.
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La Cassa propone la reiezione del gravame, mentre l'Ufficio federale delle assicurazioni sociali ha rinunciato a determinarsi.
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Diritto:
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1.
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1.1 Qualora la lite non verta sull'assegnazione o il rifiuto di prestazioni assicurative, il Tribunale federale delle assicurazioni deve limitarsi ad esaminare se il giudizio di primo grado abbia violato il diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento, oppure se l'accertamento dei fatti sia manifestamente inesatto, incompleto od avvenuto violando norme essenziali di procedura (art. 132 OG in relazione con gli art. 104 lett. a e b e 105 cpv. 2 OG).
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1.2 Oggetto della controversia è il risarcimento di danni per il mancato pagamento di contributi AVS/AI/IPG/AD e AF. Ora, per quel che riguarda questi ultimi, essi attengono alla legislazione cantonale, per cui il loro esame sfugge al controllo giudiziale del Tribunale federale delle assicurazioni, il quale è legittimato a statuire unicamente circa gli oneri di diritto federale (DTF 124 V 146 consid. 1 e riferimenti). Nella misura in cui riguarda danni addebitabili al mancato versamento di simili contributi, il ricorso di diritto amministrativo è quindi irricevibile.
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2.
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In via preliminare i ricorrenti eccepiscono la perenzione della pretesa.
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2.1 Per l'art. 82 cpv. 1 OAVS, il diritto di richiedere il risarcimento di un danno si prescrive quando la cassa di compensazione non lo fa valere mediante una decisione entro un anno dal momento in cui ha avuto conoscenza dello stesso. Questo termine, contrariamente alla lettera del disposto, è di perenzione, la quale, come tale, deve essere accertata d'ufficio (DTF 126 V 451 consid. 2a, 121 III 388 consid. 3b e sentenze ivi citate). La cassa è reputata avere conoscenza del danno quando, facendo prova dell'attenzione ragionevolmente esigibile, avrebbe dovuto rendersi conto che le circostanze effettive non permettevano più di esigere il pagamento dei contributi, ma potevano giustificare l'obbligo di risarcire il danno (DTF 126 V 444 consid. 3a, 452 consid. 2a, 121 III 388 consid. 3b e sentenze ivi citate). Nell'ipotesi di un fallimento, questo momento non coincide necessariamente con quello in cui la cassa ha conoscenza del riparto finale o le è rilasciato un atto di carenza beni; secondo la giurisprudenza, il creditore, che intende domandare il risarcimento di una perdita subita in un fallimento o in un concordato con abbandono dell'attivo, è sufficientemente a conoscenza del pregiudizio, di regola, quando viene depositata la graduatoria: in quel momento il creditore conosce, o può conoscere, l'importo dell'inventario, la propria collocazione nella graduatoria, nonché il dividendo prevedile (DTF 121 III 388 consid. 3b, 119 V 92 consid. 3 e riferimenti ivi citati). Difficilmente, invece, il Tribunale federale delle assicurazioni, conformandosi alla prassi del Tribunale federale (cfr. DTF 116 II 162, 11 II 57 consid. 3a) e in considerazione del breve termine di un anno per fare valere la pretesa di risarcimento danni, ammette di anticipare il dies a quo per la decorrenza di tale termine di perenzione a un momento precedente (DTF 126 V 449 consid. 4d, 121 V 242).
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Secondo la prassi di questa Corte, infatti, solo eccezionalmente e in presenza di circostanze particolari, la parte danneggiata può acquisire la conoscenza necessaria già prima del deposito della graduatoria (DTF 121 V 242). In particolare, il Tribunale federale delle assicurazioni ha già avuto modo di stabilire come, in caso di rifiuto di omologazione di un concordato con abbandono dell'attivo, la cassa di compensazione creditrice possa essere tenuta ad informarsi sui motivi di tale rifiuto e ad intraprendere, se del caso, le misure necessarie per la salvaguardia del termine di perenzione. La cassa deve in siffatta evenienza mostrarsi attiva e diligente, almeno a partire dal giorno di pubblicazione del dispositivo del giudizio con il quale è stata rifiutata l'omologazione del concordato (VSI 1995 pag. 173 consid. 4d).
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In una recente sentenza, questa Corte ha precisato la propria prassi applicando i suesposti principi, validi in caso di rifiuto di omolgazione di un concordato, parimenti alla revoca della moratoria concordataria, e rilevando che alla cassa, una volta revocata la moratoria concordataria, incombe lo stesso dovere di informazione (DTF 128 V 5).
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2.2 Alla luce della suesposta giurisprudenza, la pronunzia cantonale, che situa il momento dell'insorgenza del danno al 13 aprile 1999 - quando cioè il Pretore ha revocato la moratoria concordataria -, e ritiene che la Cassa si sarebbe potuta rendere conto in questa occasione dell'irrecuperabilità del suo credito, merita di essere tutelata. Non può per contro trovare accoglimento la tesi dei ricorrenti, i quali sostengono che l'amministrazione avrebbe avuto conoscenza del danno già a partire dal 30 ottobre 1998, quando cioè venne pubblicata sul Foglio ufficiale la prima proroga della moratoria concordataria, in quanto già in questo momento la Cassa - dopo che la commissaria del concordato aveva prospettato un dividendo del 10-15% per i creditori chirografari - avrebbe dovuto prevedere che avrebbe subito un danno. Tale conclusione, che presuppone un'ulteriore anticipazione del dies a quo del termine di perenzione annuale rispetto a quanto suindicato (consid. 2.1), contrasta con la prassi del Tribunale federale delle assicurazioni, dalla quale non sussiste valido motivo per discostarsi.
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3.
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3.1 A.________, B.________ e C.________, facendo valere una violazione del diritto di essere sentito, censurano la mancata assunzione da parte dei primi giudici dei documenti contabili relativi alla fallita depositati presso l'Ufficio esecuzione e fallimenti (UEF) di D.________, che avrebbero potuto dimostrare l'assenza da parte loro di ogni responsabilità per l'omesso pagamento dei contributi sociali.
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3.2 Per costante giurisprudenza, dal diritto di essere sentito deve in particolare essere dedotto il diritto per l'interessato di esprimersi prima della resa di una decisione sfavorevole nei suoi confronti, quello di fornire prove circa i fatti suscettibili di influire sul provvedimento, quello di poter prendere visione dell'incarto, quello di partecipare all'assunzione delle prove, di prenderne conoscenza e di determinarsi al riguardo (DTF 126 I 16 consid. 2a/aa, 124 V 181 consid. 1a, 375 consid. 3b e sentenze ivi citate).
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Se però gli accertamenti svolti d'ufficio permettono all'amministrazione o al giudice, che si sono fondati su un apprezzamento diligente delle prove, di giungere alla convinzione che certi fatti presentino una verosimiglianza preponderante, e che ulteriori misure probatorie non potrebbero modificare questo apprezzamento, è superfluo assumere altre prove (apprezzamento anticipato delle prove; Kieser, Das Verwaltungsverfahren in der Sozialversicherung, pag. 212 no. 450; Kölz/Häner, Verwaltungsverfahren und Verwaltungsrechtspflege des Bundes, 2a ed., pag. 39 no. 111 e pag. 117 no. 320; Gygi, Bundesverwaltungsrechtspflege, 2a ed., pag. 274; cfr. anche DTF 122 II 469 consid. 4a, 122 III 223 consid. 3c, 120 Ib 229 consid. 2b, 119 V 344 consid. 3c e riferimenti). In tal caso non sussiste una violazione del diritto di essere sentito conformemente all'art. 29 cpv. 2 Cost. (DTF 124 V 94 consid. 4b, 122 V 162 consid. 1d e sentenza ivi citata).
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3.3 In merito all'acquisizione dell'incarto dell'UEF di D.________, giova qui ricordare ai ricorrenti che non può essere richiesta in termini generici l'edizione di documentazione, ritenuto che è preciso dovere processuale delle parti indicare con esattezza - dopo aver proceduto come lo consente il diritto di consultazione dedotto dall'art. 8a cpv. 1 LEF (cfr. sull'estensione di siffatto diritto Peter, Commento basilese, no. 15 all'art. 8a LEF) - i documenti utili a dimostrare i motivi di discolpa invocati a sostegno del loro corretto agire.
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I membri del consiglio d'amministrazione devono procedere in modo selettivo e mirato all'offerta e alla produzione dei mezzi di prova rilevanti per il giudizio, indicandone partitamente gli elementi che li individuano e caratterizzano nonché l'obiettivo probatorio perseguito con la richiesta. Scopo evidente di siffatto rigore formale è di consentire all'autorità giudicante di valutare la rilevanza di ogni mezzo di prova ritualmente offerto. L'asserita violazione del diritto di essere sentito non può pertanto essere fondata sul fatto che i primi giudici non abbiano dato seguito alla domanda generica di edizione dell'intero incarto 29/99 dell'UEF di D.________, dal momento che i ricorrenti - ai quali va rammentato che il richiamo di documenti non può essere elevato a comodo artifizio per procrastinare e complicare inutilmente l'iter procedurale - non si sono preoccupati di procurarsi tale materiale probatorio e nemmeno hanno indicato gli atti specifici - tra quelli presenti in incarti fallimentari di regola parecchio corposi e articolati - da assumere.
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Ne consegue che non sussiste in concreto alcuna violazione del diritto di essere sentito da parte della precedente istanza.
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4.
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4.1 Va ora accertato se A.________, B.________ e C.________, rispettivamente presidente, vicepresidente e membro del consiglio di amministrazione della E.________ SA, siano da considerare responsabili giusta l'art. 52 LAVS per il mancato pagamento dei contributi paritetici.
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4.2 Nei considerandi del querelato giudizio, cui si rinvia, la Corte cantonale ha già correttamente ricordato che i presupposti a fondamento dell'obbligo di risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 52 LAVS sono, oltre all'esistenza del danno, la violazione delle prescrizioni vigenti in materia di contributi paritetici da parte del datore di lavoro e l'intenzionalità o la negligenza grave di quest'ultimo. In sostanza, l'obbligo di conteggiare e versare i contributi da parte del datore di lavoro - nella cui nozione sono compresi pure gli organi di una società anonima - è un compito prescritto dal diritto pubblico. A questo riguardo il Tribunale federale delle assicurazioni ha più volte ricordato che il venir meno a detto compito costituisce una violazione di prescrizioni ai sensi dell'art. 52 LAVS e comporta il risarcimento integrale del danno (DTF 118 V 195 consid. 2a e sentenze ivi citate).
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Occorre però esaminare se speciali circostanze legittimassero il datore di lavoro a non versare i contributi o potessero scusarlo dal procedervi (DTF 108 V 186 consid. 1b e 193 consid. 2b; cfr. pure DTF 121 V 244 consid. 4b). L'obbligo del datore di lavoro e dei suoi organi responsabili di risarcire il danno alla cassa sarà negato, e di conseguenza decadrà, se questi sostengono e provano motivi di giustificazione, rispettivamente di discolpa (DTF 108 V 187 consid. 1b).
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4.3 I ricorrenti sostengono a giustificazione del loro operato che il differimento dal maggio 1996 al maggio 1998 del pagamento dei contributi alle assicurazioni sociali sarebbe avvenuto allo scopo di permettere la prosecuzione dell'attività aziendale, ossia di far fronte alle pretese delle ditte fornitrici e di ottenere i materiali indispensabili per terminare i lavori appaltati ed incassarne il controvalore, garantendo così la sopravvivenza della E.________ SA e la contestuale capacità di onorare gli arretrati nei confronti della Cassa. Asseriscono inoltre di aver avuto il convincimento di superare la crisi finanziaria, reputata momentanea, sivvero che avrebbero personalmente contratto un debito di fr. 1'200'000.- con la Banca X.________ per attuare il risanamento della società e rilevano che altrimenti, se la società non avesse avuto concrete prospettive di risollevarsi, la stessa non avrebbe potuto beneficiare di una proroga della moratoria concordataria. In conclusione osservano che determinante è stata la decisione 4/19 novembre 1998 della Commissione di vigilanza per l'applicazione della legge sull'esercizio della professione di impresario costruttore (LEPIC), che ha avuto come conseguenza la radiazione della ditta dall'albo degli impresari costruttori, con conseguente impedimento di assumere nuovi lavori e di concretizzare il risanamento societario.
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4.4 Gli argomenti addotti dai ricorrenti per il mancato pagamento dei contributi sociali non sono sufficienti quale motivo di giustificazione e di discolpa nel senso della giurisprudenza.
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Dalla documentazione agli atti risulta che la Cassa a partire dal 1992/1993 ha sempre dovuto richiamare al pagamento la E.________SA, adire le vie esecutive e rammentare agli amministratori le responsabilità gravanti su di loro in qualità di organi della società. Dagli atti si evince pure che la E.________ SA al 31 dicembre 1997 aveva accumulato un debito per oneri sociali di fr. 750'573.70 nei confronti della Cassa e che - malgrado le promesse fatte - non aveva prestato la dovuta collaborazione alla Commissione di vigilanza LEPIC in vista di una soluzione del problema, obbligando così quest'ultima a decretare la radiazione della società dall'albo delle imprese di costruzione.
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È vero che i ricorrenti affermano di aver "finanziato in prima persona l'operazione di risanamento della società, accollandosi personalmente un debito di fr. 1'200'000.- contratto dalla E. ________ SA con la Banca X.________". Va però ricordato che dal profilo processuale non basta sostenere un fatto rilevante, se esso non viene anche comprovato. Ora, a sostegno della loro tesi liberatoria i ricorrenti non indicano qualsivoglia documento tra quelli prodotti e nemmeno risultano espressamente richiamati specifici mezzi di prova atti a dimostrare che l'importo sopra indicato sia stato concesso ed utilizzato nell'interesse della ditta. L'asserzione dei ricorrenti è rimasta allo stadio di puro parlato senza supporto probatorio alcuno. Dovendosi ritenere secondo la comune esperienza della vita che documenti bancari rilevanti vengano custoditi e comunque richiesti tempestivamente, l'ipotesi del finanziamento di fr. 1'200'000.-, in quanto circostanza non provata e non direttamente desumibile, non può essere considerata. Medesimo discorso vale per l'affermazione secondo cui il differimento del pagamento dei contributi sarebbe servito per pagare le ditte fornitrici - tra cui: F.________ SA, G.________ SA, H.________ SA, I..________ SA e L..________ SA -, per consentire di "portare a termine i lavori assunti" e di conseguenza poter saldare i debiti nei confronti della Cassa. Anche in merito a tale questione, che avrebbe potuto essere di pregio, gli insorgenti non indicano i documenti a sostegno della loro tesi e nemmeno citano testi in grado di provare i pagamenti intervenuti e i lavori realmente conclusi.
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Per quanto precede, non risulta comprovato che la scelta di differire il pagamento dei contributi paritetici - sull'arco di un periodo peraltro molto lungo, da maggio 1996 a maggio 1998 - fosse obiettivamente indispensabile per la sopravvivenza della società e ad ogni modo appare poco verosimile che il datore di lavoro potesse oggettivamente presumere di soddisfare entro breve termine - nel senso di pochi mesi e non di anni, come nel caso di specie - la Cassa riguardo a ogni suo credito (DTF 108 V 188; RCC 1992 pag. 261 consid. 4b), considerato che già a partire dal settembre 1992 la società aveva non indifferenti problemi di liquidità, acuitisi negli anni 1995-1997, per poi dare luogo nel 1998 a una moratoria concordataria non sfociata in un decreto di omologazione. L'eluso versamento dei contributi non può quindi essere riconducibile a una situazione di momentanea illiquidità.
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4.5 Né giova ai ricorrenti richiamarsi all'istanza di proroga della moratoria concordataria dell'ottobre 1998, formulata dal commissario, secondo cui vi sarebbero state buone prospettive di riuscita. Siffatta ipotesi costituisce a ben vedere un discutibile atto dilatorio dell'organo del concordato che ha omesso di considerare elementi rilevanti per formulare prognosi affidabili benché fossero ormai decorsi cinque mesi dalla concessione della moratoria. Così, il commissario non si è curato dell'esigenza di quantificare l'importo occorrente - definito solo come "ingente" - e nemmeno di indicare concretamente le modalità di finanziamento, limitandosi ad allegazioni incerte ed ambigue, inidonee a sostanziare elementi favorevoli alla posizione della E.________ SA. Non era infatti possibile fare soverchio affidamento sulla possibilità di incassare un importo tra fr. 250'000.- e fr. 350'000.- da una ditta (M.________ SA) che non era in grado di far fronte ai suoi impegni perché altre ditte (N.________/O.________SA) non riuscivano a loro volta ad onorare i propri debiti. L'alea fondata sulle capacità di pagamento di ditte in difficoltà, creditrici a loro volta di società poste nella medesima situazione, non consentiva di nutrire serie speranze. Né può essere seguito l'assunto del commissario quando prospetta la vendita di "terreni di proprietà privata degli azionisti", quando solo si tenga presente che agli atti non esiste alcun impegno vincolante di questi ultimi - peraltro nemmeno nominati - di mettere a disposizione le loro proprietà immobiliari a favore dei creditori della E.________ SA, né la situazione del mercato immobiliare, che nel 1998 era notoriamente molto depresso nel Cantone Ticino, lasciava seriamente sperare di ottenere plusvalenze da siffatte operazioni.
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In tale contesto, il fatto che i ricorrenti abbiano asserito ma non dimostrato di aver investito nella ditta, a fondo perso, un'ingente somma e che il commissario del concordato abbia loro inizialmente prospettato un esito favorevole della procedura concordataria è lungi dal costituire esimente.
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4.6 In definitiva, gli amministratori, continuando a differire nel tempo il pagamento dei contributi a danno della Cassa, nonostante fossero consapevoli dei delicati equlibri finanziari su cui si muoveva la società - e non solo negli ultimi tempi della sua vita economica, ma già a partire dal 1992 -, che imponevano misure drastiche e immediate, hanno disatteso i doveri di diligenza esigibili, in materia di gestione, da un datore di lavoro della stessa categoria di quella alla quale gli stessi interessati - peraltro non neofiti del settore - appartenevano (DTF 112 V 159 consid. 4 e sentenze ivi citate).
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5.
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5.1 A.________, B.________ e C.________ censurano inoltre le modalità di valutazione del danno oggetto della richiesta e chiedono una riduzione dell'importo da risarcire nella misura del 10-15% per concolpa della Cassa, nonché l'esclusione dal suo calcolo dei contributi per la previdenza professionale, che sarebbero a torto stati conteggiati.
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5.2 Ora, nella misura in cui il ricorso di diritto amministrativo eccepisce una presa in considerazione degli oneri per la previdenza professionale, esso è inammissibile trattandosi di un novum.
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Va ricordato che in concreto il potere d'esame del Tribunale federale delle assicurazioni è esercitato nei limiti dell'art. 105 cpv. 2 OG, per cui la possibilità di allegare fatti nuovi o di far valere nuovi mezzi di prova è molto ridotta. Secondo la giurisprudenza, allegazioni tardive non permettono di considerare incompleti o inesatti ai sensi dell'art. 105 cpv. 2 OG gli accertamenti fattuali dei primi giudici (DTF 121 II 100 consid. 1c; VSI 1994 pag. 219 consid. 2b).
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Nell'evenienza concreta, mai in precedenza i ricorrenti hanno contestato l'importo perché comprensivo dei contributi per la previdenza sociale. Così, nella loro memoria di risposta del 2 marzo 2000 davanti ai primi giudici, gli amministratori si erano limitati a postulare "una congrua riduzione dell'importo da corrispondere alla Cassa in ragione della provata concolpa di quest'ultima", senza ulteriore motivazione.
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In via abbondanziale va comunque rilevato che dalla documentazione agli atti non risulta essere stato addebitato ai ricorrenti il mancato pagamento dei contributi per la previdenza professionale, tutti i conteggi facendo riferimento unicamente agli oneri AVS/AI/IPG e CAF.
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5.3 Infondata e al limite della temerarietà è per contro la richiesta formulata dai ricorrenti di ridurre l'importo da risarcire alla Cassa del 10/15% per il solo fatto che quest'ultima, come inizialmente prospettato dal commissario del concordato nell'ottobre 1998 e in data 23 novembre 1998, avrebbe potuto sperare di incassare tale percentuale se il concordato fosse stato omologato e se non fosse intervenuta la decisione - a loro non imputabile ed indipendente dalla propria volontà - da parte della Commissione di vigilanza LEPIC di radiare la società dall'albo delle imprese.
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Come ha già avuto modo di osservare questa Corte in una recente sentenza (DTF 122 V 186 segg.), l'obbligo di risarcire il danno giusta l'art. 52 LAVS può essere ridotto (in applicazione analogica dell'art. 4 LResp, rispettivamente dell'art. 44 cpv. 1 CO), nella misura in cui causa adeguata del danno o del suo aggravamento sia stata una grave violazione del dovere di diligenza da parte dell'amministrazione.
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Ora, la Cassa non può di certo essere ritenuta responsabile della mancata omologazione del concordato. Né le può essere altrimenti imputata una grave violazione dei propri doveri di diligenza. Al contrario, dalla documentazione agli atti risulta che l'amministrazione, per tutelare i suoi interessi, ha regolarmente - già a partire dal 1993 - escusso la fallita e reso attenti gli interessati della loro responsabilità, così come ha pure correttamente insinuato il proprio credito nell'ambito della moratoria concordataria. Quanto poi agli ostacoli che i ricorrenti rimproverano alla Commissione di vigilanza LEPIC - comunque da qualificare come res inter alios acta nei rapporti con la Cassa -, la censura contrasta chiaramente con gli atti, avendo la citata Commissione più volte rilevato che la decisione di radiazione dall'albo era stata presa, dopo avere a più riprese chiesto invano la collaborazione da parte degli amministratori della fallita.
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Ne consegue che non si giustifica alcuna decurtazione dell'importo da risarcire alla Cassa.
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6.
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Infine C.________ contesta le conclusioni dei giudici cantonali che l'hanno ritenuta corresponsabile del danno cagionato alla Cassa. Rileva che, anche se membro del consiglio di amministrazione della fallita, non si è mai occupata in prima persona né dell'amministrazione e in particolare della gestione della società, né tanto meno delle decisioni riguardanti il pagamento dei contributi sociali, l'amministrazione effettiva della ditta essendo esclusivamente affidata a A.________ e B.________, presidente rispettivamente vicepresidente della stessa, nei confronti dei quali non si poteva pretendere che esercitasse un vero controllo.
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Sennonché l'interessata sembra misconoscere la portata dell'art. 52 LAVS. Accettando a partire dal 1995 il mandato di membro del consiglio di amministrazione, essa si è assunta anche tutti gli oneri che da tale funzione derivano. Infatti la fiducia riposta in A.________ e B.________ non l'esimeva dal dovere di controllare l'insieme delle attività importanti della società e ciò a maggior ragione in quanto sapeva o doveva sapere che quest'ultima versava in gravi problemi di liquidità. Già solo per il disinteresse mostrato dalla ricorrente, che non si è preoccupata di verificare - e di intervenire di conseguenza - che i contributi sociali venissero regolarmente pagati, l'operato della Corte cantonale, che ha rilevato una grave violazione del suo dovere di diligenza ed ha ammesso una sua piena responsabilità, deve essere confermato.
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Ne consegue che C.________ dovrà risarcire, in solido con A.________ e B.________, il danno subito dalla Cassa limitatamente a fr. 299'255.20.
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7.
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Non trattandosi in concreto di una lite avente per oggetto l'assegnazione o il rifiuto di prestazioni assicurative, la procedura non è gratuita (art. 134 OG e contrario). Le spese processuali, che seguono la soccombenza, devono pertanto essere poste a carico dei ricorrenti (art. 135 in relazione con l'art. 156 cpv. 1 OG).
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Per questi motivi, il Tribunale federale delle assicurazioni pronuncia:
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1.
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In quanto ricevibile, il ricorso di diritto amministrativo è respinto.
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2.
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Le spese giudiziarie, fissate in complessivi fr. 9000.-, sono poste a carico di A.________, B.________ e C.________ per fr. 3000.- ciascuno e verranno compensate con gli anticipi versati; gli importi eccedenti verranno loro retrocessi.
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3.
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La presente sentenza sarà intimata alle parti, al Tribunale cantonale delle assicurazioni, Lugano, e all'Ufficio federale delle assicurazioni sociali.
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Lucerna, 23 luglio 2002
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In nome del Tribunale federale delle assicurazioni
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Il Presidente della IIIa Camera: Il Cancelliere:
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