BGer 2A.245/2002 | |||
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BGer 2A.245/2002 vom 25.10.2002 | |
Tribunale federale
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{T 0/2}
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2A.245/2002 /viz
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Sentenza del 25 ottobre 2002
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II Corte di diritto pubblico
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Giudici federali Wurzburger, presidente,
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Hungerbühler e Müller,
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cancelliere Cassina.
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A.A.________,
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ricorrente, patrocinata dall'avv. dott. Giorgio De Biasio, piazza Somazzi, casella postale, 6948 Porza,
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contro
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Consiglio di Stato del Cantone Ticino, residenza governativa, 6500 Bellinzona,
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Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, via Pretorio 16, casella postale, 6901 Lugano.
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permesso di dimora
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(ricorso di diritto amministrativo contro la decisione del Tribunale amministrativo del Cantone Ticino del 16 aprile 2002)
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Fatti:
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A.
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A.A.________ (1965), cittadina filippina, è entrata per la prima volta in Svizzera nel mese di luglio del 1987, beneficiando di un permesso di dimora di breve durata per lavorare come artista in un locale notturno. Negli anni successivi, ella ha ancora avuto modo di soggiornare a più riprese nel nostro Paese in virtù di analoghi permessi di dimora temporanei, l'ultimo dei quali valido sino al 31 luglio 1998.
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Il 2 luglio 1998 A.A.________ si è sposata con il cittadino svizzero B.A.________ (1962). La Sezione degli stranieri del Cantone Ticino (ora divenuta Sezione dei permessi e dell'immigrazione) le ha quindi rilasciato un permesso di dimora annuale, in seguito regolarmente rinnovato, l'ultima volta con scadenza al 2 luglio 2001. La coppia si è inizialmente stabilita in un appartamento a Lugano. Tuttavia con decreti del 18 febbraio e dell'11 aprile 2000 il Pretore del Distretto di Lugano ha autorizzato, sulla base degli art. 175 e 176 del Codice civile svizzero (CC; RS 210), i coniugi A.________ a vivere separati e ha attribuito alla moglie l'uso dell'abitazione coniugale.
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B.
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Il 1° marzo 2000 B.A.________ si è recato spontaneamente presso gli uffici della Polizia cantonale a Lugano dove ha dichiarato di non avere mai vissuto con sua moglie e di essersi sposato con quest'ultima su compenso soltanto per farle ottenere un permesso di dimora annuale in Svizzera. Sentita in proposito, il successivo 9 aprile A.A.________ ha contestato le affermazioni del marito, affermando di avere convissuto con quest'ultimo sino alla fine del 1999. Il 4 luglio 2000 B.A.________ ha tuttavia confermato quanto già riferito riguardo alla moglie e al suo matrimonio con quest'ultima. Tra il 19 e il 20 settembre 2001 la Polizia cantonale ticinese ha quindi proceduto ad interrogare separatamente i coniugi A.________, i quali in quell'occasione hanno sostanzialmente ribadito le loro precedenti rispettive deposizioni.
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Preso atto di ciò, il 31 ottobre 2001 la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino ha risolto di respingere la domanda presentata da A.A.________, volta ad ottenere il rinnovo del permesso di dimora. L'autorità di prime cure ha ritenuto che alla luce della situazione matrimoniale venuta a crearsi tra i coniugi A.________, non sussistevano più le condizioni per le quali era stato concesso alla moglie il permesso di soggiorno in Svizzera. La decisione è stata confermata su ricorso dapprima dal Consiglio di Stato ed in seguito, con sentenza del 16 aprile 2002, anche dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. Entrambe le istanze hanno in sostanza considerato manifestamente abusivo da parte di A.A.________ il fatto di appellarsi ad un matrimonio esistente soltanto formalmente per poter continuare a risiedere in Svizzera.
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C.
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Il 17 maggio 2002 A.A.________ ha inoltrato davanti al Tribunale federale un ricorso di diritto amministrativo con cui chiede l'annullamento del predetto giudizio cantonale. Lamenta in sostanza la violazione dell'art. 7 della legge federale sul domicilio e la dimora degli stranieri, del 26 marzo 1931 (LDDS; RS 142.20), e del principio di uguaglianza.
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Chiamato ad esprimersi, il Tribunale cantonale amministrativo non ha formulato nessuna osservazione in merito al gravame. Dal canto loro, sia il Consiglio di Stato ticinese che l'Ufficio federale degli stranieri domandano che il ricorso sia respinto.
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D.
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Con decreto del 17 giugno 2002 il Presidente della II Corte di diritto pubblico ha accolto la domanda di conferimento dell'effetto sospensivo contenuta nel gravame.
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Diritto:
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1.
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1.1 In materia di diritto degli stranieri, il ricorso di diritto amministrativo non è proponibile contro il rilascio o il rifiuto di permessi al cui ottenimento la legislazione federale non conferisce un diritto (art. 100 cpv.1 lett. b n. 3 OG). L'art. 4 LDDS sancisce che l'autorità competente decide liberamente, nei limiti delle disposizioni della legge e dei trattati con l'estero, in merito alla concessione dei permessi di dimora. Lo straniero ha quindi un diritto all'ottenimento di un simile permesso solo laddove tale pretesa si fonda su una disposizione del diritto federale o su un trattato internazionale (DTF 127 II 60 consid. 1a, 126 II 425 consid. 1 con numerosi rinvii).
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1.2 Conformemente all'art. 7 cpv. 1 prima frase LDDS, il coniuge straniero di un cittadino svizzero ha diritto al rilascio e alla proroga del permesso di dimora. Il rifiuto del rinnovo del permesso sollecitato dalla ricorrente, sposata con un cittadino svizzero dal 2 luglio 1998, può quindi essere sottoposto al Tribunale federale mediante ricorso di diritto amministrativo (art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG a contrario). Sapere se questo diritto sussista ancora (cfr. art. 7 cpv. 1 terza frase e cpv. 2 LDDS) è un problema di merito, non di ammissibilità del gravame (DTF 122 II 289 consid. 1b; 120 Ib 6 consid. 1).
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2.
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Con il rimedio esperito, la ricorrente può fare valere la violazione del diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento, nonché la lesione dei diritti costituzionali (art. 104 lett. a OG); in quest'ultimo caso il ricorso di diritto amministrativo assume la funzione di ricorso di diritto pubblico (DTF 123 II 385 consid. 3, con rinvii). Quale organo della giustizia amministrativa, il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 114 cpv. 1 OG), senza essere vincolato dai considerandi della decisione impugnata o dai motivi invocati dalle parti. L'insorgente può inoltre censurare l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti (art. 104 lett. b OG). Considerato comunque che nel caso concreto la decisione impugnata emana da un'autorità giudiziaria, l'accertamento dei fatti da essa operato vincola il Tribunale federale, salvo che questi risultino manifestamente inesatti o incompleti oppure siano stati accertati violando norme essenziali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG).
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3.
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Per costante giurisprudenza vi è abuso di diritto laddove un determinato istituto giuridico viene invocato per realizzare degli interessi che il medesimo istituto non si prefigge di tutelare (DTF 121 I 367 consid. 3b; 121 II 97 consid. 4). In relazione all'art. 7 LDDS, ciò è il caso allorquando il coniuge straniero di un cittadino svizzero si richiama ad un matrimonio che sussiste solo a livello formale, unicamente per ottenere il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno: un simile scopo non risulta in effetti tra quelli tutelati dalla norma in questione (DTF 128 II 145 consid. 2.2; 127 II 49 consid. 5a; 123 II 49 consid. 4 e 5; 121 II 97 consid. 2 e 4).
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La prassi ha tuttavia precisato che l'esistenza di una situazione abusiva non deve essere ammessa con leggerezza: in particolare non vi è abuso di diritto già per il fatto che i coniugi vivono separati o perché tra loro è pendente una procedura di divorzio. Nel formulare l'art. 7 LDDS, il legislatore ha infatti volutamente omesso di far dipendere il diritto del coniuge straniero di un cittadino svizzero all'ottenimento di un permesso di soggiorno dall'esistenza di una comunione matrimoniale di fatto (DTF 121 II 97 segg.): è per contro necessario che vi siano concreti indizi tali da indurre a ritenere che i coniugi non siano (più) intenzionati a condurre una vita comune e rimangano uniti dal vincolo matrimoniale soltanto per ragioni di polizia degli stranieri (DTF 127 II 49 consid. 5a con riferimenti). Per il che, dev'essere da subito respinta l'obiezione sollevata dall'insorgente secondo cui, in base alla prassi attuale, il fatto che i coniugi vivano separati farebbe nascere la presunzione dell'esistenza di un abuso di diritto. In effetti quello appena evocato non è altro che un elemento - più o meno importante a seconda delle circostanze - tra i tanti che l'autorità di polizia deve prendere in considerazione per valutare se sia data una delle fattispecie contemplate dall'art. 7 cpv. 2 LDDS e per, se del caso, negare il rilascio del permesso di soggiorno al coniuge straniero di un cittadino svizzero.
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4.
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Con il suo gravame la ricorrente solleva una serie di critiche avverso i principi giurisprudenziali appena esposti.
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4.1.1 In primo luogo ella sostiene che ai fini dell'applicazione dell'art. 7 LDDS si deve tenere conto dei mutamenti recentemente intervenuti nella legislazione svizzera in materia di divorzio e segnatamente del fatto che l'art. 114 del Codice civile svizzero (CC; RS 210) - nella sua versione del 26 giugno 1998, in vigore dal 1° gennaio 2000 - stabilisce che i coniugi debbano avere vissuto separati per 4 anni, prima che ciascuno di essi possa chiedere unilateralmente lo scioglimento del matrimonio. Afferma che attraverso questa disposizione il legislatore federale ha voluto togliere al giudice del divorzio il compito di dover valutare l'esistenza di un grave turbamento delle relazioni coniugali, introducendo la presunzione che ciò sia il caso soltanto dopo 4 anni di separazione. Appoggiandosi sull'opinione di una parte della dottrina (in particolare: Marc Spescha, Fremdenpolizei als Scheidungsrichterin, in Plädoyer 2/02, pag. 32 e segg.), sostiene che la prassi attualmente vigente in materia di abuso di diritto impone alle autorità amministrative di polizia degli stranieri di effettuare una valutazione dei rapporti coniugali che, in seguito all'entrata in vigore della suddetta novella legislativa, neppure il giudice civile è più legittimato a compiere nelle cause di stato. Aggiunge che, in questo modo, le autorità di polizia degli stranieri assumono paradossalmente il ruolo di giudici del divorzio, il che contrasta non solo con l'ordinamento legislativo delle competenze, ma pure con il principio di uguaglianza che deve valere tra coniugi stranieri di cittadini svizzeri separati e non separati.
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4.1.2 La censura appare infondata. Il Tribunale federale ha avuto recentemente occasione di sottolineare che, per quanto attiene all'applicazione delle norme in materia di diritto degli stranieri, le autorità amministrative sono sostanzialmente tenute a valutare le relazioni tra coniuge svizzero e coniuge straniero senza essere vincolati dalla situazione esistente dal profilo del diritto del divorzio e soprattutto in maniera indipendente dal giudice civile (DTF 128 II 145 consid. 2.2). A questo proposito si deve considerare che è lo stesso art. 7 cpv. 2 LDDS ad imporre una simile valutazione. In effetti, nella misura in cui questa disposizione sancisce il decadimento dei diritti contemplati dal cpv. 1 del medesimo articolo in caso di matrimonio fittizio o di mantenimento del legame coniugale unicamente per scopi di polizia degli stranieri, essa obbliga di fatto le autorità di polizia a verificare a titolo pregiudiziale la posizione del coniuge straniero sotto l'angolo della sua relazione matrimoniale con il consorte svizzero. Tale esame dev'essere sostanziale e non può limitarsi alla semplice constatazione dei rapporti formalmente esistenti sul piano del diritto civile tra i coniugi, altrimenti le possibilità per quest'ultimi di aggirare la legge rimarrebbero intatte e verrebbero così vanificati gli scopi che il legislatore federale si è preposto di raggiungere adottando l'art. 7 cpv. 2 LDDS. In questo ambito il nuovo diritto del divorzio non ha affatto modificato i compiti e le competenze che la legislazione federale in materia di polizia degli stranieri riserva alle autorità amministrative chiamate a decidere in merito al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno a favore del coniuge straniero di un cittadino svizzero.
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Si deve inoltre aggiungere che, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, il fatto di sottoporre in taluni casi ad accertamenti approfonditi i rapporti matrimoniali esistenti tra coniuge svizzero e coniuge straniero, non disattende il principio dell'uguaglianza, in quanto ciò non avviene senza motivo, ma costituisce la premessa necessaria per poter determinare l'esistenza di una delle situazioni di abuso contemplate dall'art. 7 cpv. 2 LDDS. L'insorgente motiva poi la sua censura partendo dall'assunto - errato - secondo cui simili accertamenti concernerebbero soltanto le coppie separate, ma non quelle viventi sotto il medesimo tetto. Sennonché, già è stato detto in precedenza che quello della separazione di fatto o di diritto dei coniugi non è altro che uno dei tanti indizi che possono portare ad ammettere l'esistenza di una situazione di abuso in materia di polizia degli stranieri (cfr. consid. 3 in fine). Nulla impedisce però alle autorità amministrative di procedere a delle verifiche anche in quei casi dove i coniugi vivono in comunione domestica, qualora altri elementi dovessero far nascere il sospetto di una relazione finalizzata esclusivamente a favorire il rilascio di un permesso di soggiorno in Svizzera per il coniuge straniero.
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4.2
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4.2.1 La ricorrente si richiama poi all'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone, in vigore dal 1° giugno 2002 (ALC; RS 0.142.112.681), e in particolare al diritto per i familiari di un cittadino comunitario, con diritto di soggiorno in Svizzera, di stabilirsi con esso in quest'ultimo Paese (art. 3 ALC e art. 3 Allegato I ALC). A questo proposito fa valere l'esistenza di una disparità di trattamento. Pur riconoscendo in sostanza di non ricadere direttamente nel campo di applicazione del suddetto accordo in virtù della sua cittadinanza filippina, ella sostiene comunque che detta normativa riserva al coniuge straniero di un cittadino comunitario residente in Svizzera un trattamento migliore di quello che invece l'art. 7 LDDS riserva al coniuge straniero di un cittadino elvetico che vive nel suo Paese. Afferma in effetti che in virtù della prassi instaurata dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in materia di applicazione dell'art. 10 del Regolamento n. 1612/68 del Consiglio europeo, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità europea, il diritto di soggiorno contemplato dal predetto articolo, pur presupponendo che l'alloggio di cui dispone il lavoratore possa considerarsi normale per ospitare la sua famiglia, non è subordinato al fatto che l'abitazione familiare permanente sia unica (sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 13 febbraio 1985 nella causa n. 267/1985 in re Diatta). Appellandosi al principio della parità di trattamento, e in particolare all'art. 8 cpv. 2 e 3 Cost., chiede dunque che, sulla base di questa giurisprudenza, vincolante per l'applicazione dei trattati bilaterali, le sia riconosciuto un diritto al rinnovo del permesso di dimora e al rilascio del permesso di domicilio, nonostante l'attuale separazione dal marito.
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4.2.2 La ricorrente, che non è né cittadina svizzera né cittadina comunitaria, non rientra tra i soggetti a cui si rivolge il suddetto accordo bilaterale sulla libera circolazione delle persone (cfr. art. 1 prima frase ALC) e, come tale, non beneficia di nessun diritto ad essere trattata allo stesso modo di un cittadino comunitario residente in Svizzera o del coniuge straniero di quest'ultimo. Per tale motivo ella non può far valere sotto questo profilo la violazione del principio di uguaglianza. Ammettere il contrario significherebbe estendere indirettamente il campo di applicazione dell'accordo a persone che, per via della loro nazionalità, ne sono manifestamente escluse.
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Oltretutto si deve ancora considerare che nel momento in cui è stata resa la decisione impugnata gli accordi bilaterali con la Comunità europea e i suoi stati membri non erano ancora entrati in vigore, ragione per la quale, anche a prescindere da quanto precede, ben difficilmente si potrebbe rimproverare ai giudici cantonali di avere emanato un giudizio in contrasto con delle norme che a quel tempo non potevano in ogni caso ancora essere applicate alla fattispecie in esame. Ne consegue che la censura è infondata.
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5.
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Considerato dunque che, alla luce di quanto sopra esposto, non sussistono motivi per scostarsi dalla prassi sin qui seguita dal Tribunale federale per quanto attiene all'applicazione dell'art. 7 LDDS, si deve dire che nel caso di specie la comunione domestica dei coniugi A.________ è stata alquanto breve ed ha avuto una durata inferiore ad un anno e mezzo: in effetti, secondo quanto accertato dalla precedente istanza di giudizio, già alla fine del 1999 essi abitavano in due appartamenti diversi. Come esposto in narrativa, tra il 18 febbraio e l'11 aprile 2000 il Pretore del Distretto di Lugano ha quindi formalmente autorizzato la ricorrente e suo marito a vivere separati sulla base degli art. 175 e 176 CC, attribuendo alla prima l'uso dell'abitazione coniugale. Dopo questi fatti i coniugi A.________ hanno preso ad organizzare la loro esistenza in modo autonomo senza mai accennare ad una possibile riappacificazione. Anzi, in concomitanza con l'avvio della citata procedura di separazione i loro rapporti sono divenuti ancora più tesi tant'è vero che in quel periodo B.A.________ si è rivolto alla Polizia ticinese per denunciare il fatto che sua moglie lo aveva sposato unicamente per poter ottenere un permesso di dimora annuale in Svizzera e che per fare questo ella gli aveva addirittura versato un compenso di fr. 10'000.--. Tali affermazioni sono poi state successivamente ribadite in altre occasioni dallo stesso B.A.________. Malgrado ciò, l'autorità amministrativa ticinese ha ugualmente provveduto a due riprese a rinnovare il permesso di dimora della ricorrente. Tra i coniugi A.________ non vi è però stata nessuna ripresa della vita in comune, né tanto meno risulta dagli atti che essi abbiano riallacciato durante questo lasso di tempo le loro relazioni coniugali. In simili circostanze il matrimonio tra B.A.________ e A.A.________ risulta ormai da tempo completamente svuotato di ogni contenuto e le possibilità di una ripresa dell'unione coniugale tra i due coniugi appaiono oggettivamente inconsistenti. Certo, dinanzi al Tribunale cantonale amministrativo la ricorrente ha affermato di essersi riconciliata pendente causa con il marito il quale vivrebbe attualmente nell'appartamento da lei locato a Viganello: a sostegno di tale circostanza ha prodotto una dichiarazione giurata dei coniugi. Inoltre il 15 marzo 2002 B.A.________ ha inviato alla Corte cantonale uno scritto nel quale egli afferma di avere ripreso a convivere con la moglie e ritratta tutte le accuse rivolte in passato a quest'ultima. È però altresì vero che i modi e i tempi con cui questa asserita e improvvisa riconciliazione ha avuto luogo appaiono alquanto sospetti. Per questo motivo dev'essere condivisa la valutazione operata dal Tribunale amministrativo, secondo cui l'atteggiamento assunto nell'occasione dai coniugi A.________ è stato dettato non tanto dall'autentica volontà di ricomporre la loro unione coniugale, quanto piuttosto dai bisogni di causa della moglie. Visto tutto quanto precede, è dunque senza incorrere nella violazione del diritto federale che la Corte cantonale è pervenuta alla conclusione che la ricorrente abusa dei diritti che le derivano dall'art. 7 cpv. 1 prima frase LDDS, allorquando si richiama ad un matrimonio ormai esistente soltanto sulla carta, al solo scopo di poter continuare a fruire dell'autorizzazione di soggiornare in Svizzera.
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6.
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Stante tutto quanto precede, il ricorso dev'essere respinto. Visto l'esito del medesimo, la tassa di giustizia va posta a carico della ricorrente (art. 156 cpv. 1, 153 e 153a OG). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 159 cpv. 2 OG).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Il ricorso è respinto.
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2.
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La tassa di giustizia di fr. 2000.-- è posta a carico della ricorrente.
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3.
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Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché all'Ufficio federale degli stranieri.
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Losanna, 25 ottobre 2002
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In nome della II Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: Il cancelliere:
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