BGer 5P.211/2004 | |||
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BGer 5P.211/2004 vom 07.07.2004 | |
Tribunale federale
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{T 0/2}
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5P.211/2004 /viz
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Sentenza del 7 luglio 2004
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II Corte civile
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Composizione
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Giudici federali Raselli, presidente,
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Meyer, Marazzi,
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cancelliere Piatti.
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Parti
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A.________,
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ricorrente,
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contro
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Società X.________,
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Cassa malati Y.________,
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Banca Z.________,
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opponenti,
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Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, quale autorità di vigilanza, via Pretorio 16, 6901 Lugano.
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Oggetto
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art. 9 Cost. ecc. (pignoramento),
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ricorso di diritto pubblico contro la decisione emanata il 19 aprile 2004 dalla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, quale autorità di vigilanza.
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Ritenuto in fatto e considerando in diritto:
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1.
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Nell'ambito delle esecuzioni promosse dalla società X.________, dalla cassa malati Y.________ e dalla banca Z.________ nei confronti di A.________, l'Ufficio di esecuzione e fallimenti di Locarno ha proceduto al pignoramento di fr. 2'453.-- mensili dalla rendita versata al debitore dalla cassa pensioni.
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2.
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Il 19 aprile 2004, in parziale accoglimento di un ricorso dell'escusso, la Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, quale autorità di vigilanza, ha aumentato - correggendo un errore di arrotondamento dell'Ufficio - di fr. 11,50.-- il minimo vitale del debitore. I Giudici cantonali hanno rilevato che l'escusso aveva già inoltrato due ricorsi all'autorità di vigilanza nonché due ricorsi fondati sull'art. 19 cpv. 1 LEF e due ricorsi di diritto pubblico vertenti sostanzialmente sulle contestazioni nuovamente sollevate nel ricorso 19 aprile 2004. Essi hanno ritenuto che, anche qualora il debitore fosse riuscito a dimostrare la necessità e il pagamento dell'importo di fr. 4'000.-- fatto valere per spese di difesa, tale importo non avrebbe potuto essere incluso nel suo minimo vitale, perché tali costi non rientrano fra quelli riconosciuti da dottrina e giurisprudenza. Sempre a mente dell'autorità di vigilanza, se dovesse sussistere un bisogno di protezione, le relative spese non potrebbero gravare i creditori: essa ha pertanto respinto - perché ritenuta prova irrilevante nella sede esecutiva - la domanda con cui il debitore chiedeva che fosse ordinato alla polizia federale di allestire una perizia per stabilire i costi di una protezione. Essa non ha nemmeno ammesso la somma di fr. 903.--, che secondo l'escusso corrisponde alle quote di leasing necessarie per la sostituzione - dettata da motivi di sicurezza - dell'automobile attuale. Neppure l'importo di fr. 737.-- "per spese supplementari connesse alla professione" è stato riconosciuto, atteso che l'escusso non la esercita più da anni. Infine, con riferimento all'importo di fr. 500.--, che il debitore intenderebbe devolvere ai suoceri, i giudici cantonali hanno rilevato che egli non ha né provato il pagamento né ha reso verosimile la necessità di un siffatto contributo.
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3.
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Con ricorso di diritto pubblico del 26 maggio 2004 A.________ postula l'annullamento della decisione dell'autorità di vigilanza e chiede di essere posto al beneficio dell'assistenza giudiziaria. Il ricorrente sostiene che l'autorità cantonale avrebbe violato la CEDU e sarebbe incorsa in arbitrio per non aver accertato la situazione di pericolo in cui egli si troverebbe, respingendo arbitrariamente la richiesta di erezione di una perizia da parte della polizia federale. Afferma che l'autorità di vigilanza avrebbe in particolare ignorato l'anomalia istituzionale, causata dal mancato intervento delle autorità statali, che lo costringe a proteggere se stesso e la sua famiglia con i mezzi finanziari di cui viene privato in seguito al pignoramento. L'autorità di vigilanza avrebbe altresì disconosciuto il suo "diritto civile" ad avere un importo impignorabile per potersi difendere da solo dalle minacce di terzi.
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Non è stato ordinato uno scambio di scritti.
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4.
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Occorre innanzi tutto osservare che il rimedio in esame è il terzo ricorso di diritto pubblico con cui il ricorrente lamenta che il pignoramento della sua pensione gli toglierebbe il denaro necessario alla difesa sua e della sua famiglia. Come nei precedenti gravami, egli parte dalla premessa che lo Stato dovrebbe garantire la sua sicurezza e quella della sua famiglia, in particolare a causa del suo - asserito - statuto di testimone. Lo Stato, invece, non solo non si occuperebbe del predetto obbligo, ma priverebbe addirittura il ricorrente, con l'avversato pignoramento, dei mezzi finanziari necessari per prendere in modo autonomo misure di difesa, violando in questo modo i suoi diritti fondamentali. Ora, vista la somiglianza dei rimedi esperiti, non si può che ribadire quanto già spiegato all'insorgente nella sentenza 5P.321/2003 al consid. 3 e cioè che un diritto fondamentale non si lascia sempre realizzare nella forma di un diritto soggettivo fatto valere innanzi ad una qualsiasi istanza giudiziaria o amministrativa, indipendentemente dai compiti istituzionali affidati a tale istanza. In altre parole, se una persona è in pericolo per i servizi resi allo Stato, essa dovrebbe poter esigere da quest'ultimo la protezione che merita. Tuttavia una tale pretesa non può essere fatta valere per via esecutiva, ma la sua attuazione deve semmai essere postulata per via giudiziaria. Appurare l'esistenza di una situazione di pericolo e stabilire quali siano le misure di difesa giustificate dalle circostanze non rientra infatti nei compiti affidati dalla legge agli uffici di esecuzione o alla loro autorità di vigilanza. Il ricorrente, di fronte all'asserito disinteresse delle forze dell'ordine a cui afferma di aver chiesto protezione, non può quindi semplicemente rivolgersi agli organi di esecuzione e fallimenti e pretendere da loro di avere la possibilità di supplire alle misure rifiutate dalle autorità competenti in materia. Da quanto precede discende che l'autorità cantonale non ha violato alcun diritto fondamentale garantito dalla Costituzione federale o dalla CEDU per non aver ordinato una perizia tendente ad accertare se sussiste un pericolo per il ricorrente e la sua famiglia e, in caso affermativo, quali siano le misure di protezione necessarie. Per il resto occorre rilevare che l'art. 93 LEF determina le spese da includere nel minimo esistenziale di un debitore. Ora, la violazione del diritto federale d'esecuzione, compresa una sua arbitraria applicazione, possono essere oggetto di un ricorso ai sensi dell' art. 19 cpv. 1 LEF, motivo per cui, vista la natura sussidiaria del ricorso di diritto pubblico, l'argomentazione ricorsuale concernente il computo nel minimo vitale dell'escusso di "un supplemento" per spese di protezione si rivela inammissibile (DTF 127 III 55 consid. 1b).
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5.
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Da quanto precede discende che il ricorso, nella misura in cui è ammissibile, si rivela manifestamente infondato e come tale va respinto. Anche la domanda di assistenza giudiziaria per la procedura federale dev'essere respinta: il rimedio si rivelava infatti fin dall'inizio privo di possibilità di esito favorevole, atteso segnatamente che esso solleva tematiche già sostanzialmente decise in precedenti sentenze concernenti il ricorrente (art. 152 OG). La tassa di giustizia segue pertanto la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
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2.
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La domanda di assistenza giudiziaria formulata dal ricorrente è respinta.
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3.
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La tassa di giustizia di fr. 1'500.-- è posta a carico del ricorrente.
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4.
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Comunicazione alle parti e alla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, quale autorità di vigilanza, nonché all'Ufficio di esecuzione e fallimenti di Locarno.
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Losanna, 7 luglio 2004
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In nome della II Corte civile
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: Il cancelliere:
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