BGer 1P.496/2003 | |||
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BGer 1P.496/2003 vom 09.07.2004 | |
Tribunale federale
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{T 0/2}
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1P.496/2003 /bom
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Sentenza del 9 luglio 2004
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I Corte di diritto pubblico
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Composizione
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Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e presidente del Tribunale federale,
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Fonjallaz, Eusebio,
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cancelliere Crameri.
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Parti
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Caffè dei commercianti SA, 6900 Lugano,
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ricorrente, rappresentata da X.________, suo presidente,
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contro
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Città di Lugano, rappresentata dal Municipio,
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piazza Riforma, 6900 Lugano,
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opponente,
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Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
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residenza governativa, 6500 Bellinzona,
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Tribunale amministrativo del Cantone Ticino,
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via Pretorio 16, casella postale, 6901 Lugano.
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Oggetto
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art. 5, 9, 27 e 29 Cost. (permesso di posare una tenda avvolgibile),
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ricorso di diritto pubblico contro la sentenza del 7 luglio 2003 del Tribunale cantonale amministrativo.
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Fatti:
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A.
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La Caffè dei commercianti SA è titolare dell'omonimo esercizio pubblico, situato all'angolo tra Piazza Dante e via G. Luvini, nella zona del nucleo tradizionale di Lugano (NT). Essa beneficia da anni di un'autorizzazione per occupare con tavolini, sedie e ombrelloni una fascia del suolo pubblico larga circa 2 m, a ridosso delle facciate dell'immobile. Il 6 marzo 2000 essa ha chiesto al Municipio di Lugano il permesso di sostituire la tenda avvolgibile esistente lungo via G. Luvini e di posarne una simile sopra i portici che si affacciano su Piazza Dante. All'intervento si sono opposti i vicini. Raccolto il preavviso negativo della Commissione consultiva per la protezione del nucleo tradizionale, il 30 luglio 2002 il Municipio ha autorizzato la sostituzione della tenda esistente: ha negato per contro il permesso di posare quella sopra i portici, ritenendo che, per percepirne l'importante funzione architettonica nel contesto urbano della piazza, l'angolo dell'immobile doveva rimanere spoglio.
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B.
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Con decisione del 4 febbraio 2003 il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha confermato la risoluzione municipale. Preso atto dell'opposizione all'intervento della Commissione delle bellezze naturali e del paesaggio (CBN), il Governo ha ritenuto che il Municipio non aveva abusato del potere discrezionale conferitogli dalle norme edilizie comunali e che il contestato diniego era giustificato dall'esigenza di tutelare l'aspetto estetico della facciata dell'immobile.
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Avverso questa decisione la Caffè dei commercianti SA è insorta al Tribunale cantonale amministrativo che, statuendo il 7 luglio 2003, ha respinto il ricorso.
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C.
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La Caffè dei commercianti SA impugna questa sentenza con un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede di annullarla e di rinviare gli atti all'autorità cantonale per nuova decisione. Dei motivi si dirà, in quanto necessario, nei considerandi.
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Il Consiglio di Stato si rimette al giudizio del Tribunale federale, mentre la Corte cantonale si riconferma nel criticato giudizio. Il Municipio di Lugano propone di respingere il ricorso.
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Diritto:
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1.
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1.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità dei ricorsi che gli vengono sottoposti, senza essere vincolato, in tale ambito, dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 130 II 65 consid. 1).
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1.2 La legittimazione della ricorrente è pacifica (art. 88 OG). Il ricorso, tempestivo e diretto contro una decisione cantonale di ultima istanza, finale, è ammissibile dal profilo degli art. 86 e 87 OG.
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1.3 Salvo eccezioni non realizzate in concreto, il ricorso di diritto pubblico ha natura puramente cassatoria: le conclusioni ricorsuali che vanno oltre la domanda di annullamento della sentenza impugnata, segnatamente il postulato rinvio, implicitamente ai sensi dei considerandi esposti nel gravame e tendenti al rilascio della licenza edilizia, sono irricevibili (DTF 125 I 104 consid. 1b, 124 I 327 consid. 4a).
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1.4 Nell'ambito di un ricorso di diritto pubblico il Tribunale federale non applica d'ufficio il diritto, ma statuisce unicamente sulle censure sollevate e solo quando siano sufficientemente motivate: il ricorso deve quindi contenere un'esauriente motivazione giuridica, dalla quale si possa dedurre se, perché ed eventualmente in quale misura la decisione impugnata leda il ricorrente nei suoi diritti costituzionali (art. 90 cpv. 1 lett. b OG; DTF 127 I 38 consid. 3c, 126 I 235 consid. 2a, 125 I 71 consid. 1c) o perché il criticato accertamento dei fatti sarebbe manifestamente insostenibile e quindi arbitrario (cfr., sulla nozione di arbitrio, DTF 128 I 177 consid. 2.1, 127 I 54 consid. 2b, 60 consid. 5a pag. 70).
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1.5 La ricorrente accenna a una violazione dell'art. 29 cpv. 1 Cost., secondo cui ognuno ha il diritto di essere giudicato entro un termine ragionevole. Rileva che la domanda per la posa della tenda è stata presentata il 6 marzo 2000; con decisione del 27 agosto 2001 il Tribunale cantonale amministrativo rinviava gli atti al Comune per sanare un difetto procedurale; il 7 marzo 2002 il Municipio pubblicava poi la domanda, secondo la ricorrente con un incomprensibile ritardo. In seguito, la nuova decisione municipale, negativa, è stata confermata con la decisione impugnata. La ricorrente sostiene che il rimprovero di ritardata giustizia sollevato dinanzi alle autorità cantonali sarebbe stato giustificato. Limitandosi, tuttavia, ad addurre che la necessità di quasi otto mesi del Municipio per la nuova pubblicazione della domanda sarebbe incomprensibile, i fatti essendo conosciuti dal procedimento anteriore e una nuova istruttoria non essendo necessaria, la ricorrente non dimostra perché sia il Consiglio di Stato sia il Tribunale cantonale amministrativo, non ritenendo la sussistenza di un caso di ritardata giustizia, sarebbero incorsi nell'arbitrio. Ciò a maggior ragione, ritenuto che, dinanzi alla Corte cantonale, la ricorrente si era limitata a prendere atto che il Governo non si era pronunciato su questa critica, aggiungendo semplicemente, in quella sede, che bisognava nondimeno tener conto degli addebiti di ritardata giustizia, perché potrebbero comportare conseguenze economiche non indifferenti.
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1.6 La ricorrente ravvisa una lesione del diritto di essere sentito perché il Tribunale cantonale amministrativo non ha esperito un sopralluogo. Essa non dimostra tuttavia, con una motivazione conforme all'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, perché la Corte cantonale, sulla base di un apprezzamento anticipato delle prove (DTF 124 I 208 consid. 4a, 122 II 464 consid. 4a), non avrebbe potuto rinunciare ad assumere questo mezzo di prova senza incorrere nell'arbitrio. Essa rileva infatti semplicemente che la tesi dei giudici cantonali, secondo cui la situazione dei luoghi è a loro nota e che le caratteristiche dell'intervento emergono chiaramente dalla documentazione, può avere un certo fondamento, anche se non è del tutto convincente. Ritenuto che, anche per i motivi che verranno esposti nei considerandi che seguono, gli atti di causa sono sufficienti per chiarire la situazione, la domanda di esperire un sopralluogo nell'ambito della presente procedura dev'essere respinta (art. 95 OG; DTF 123 II 248 consid. 2a, 122 II 274 consid. 1d).
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2.
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2.1 Nel merito, la ricorrente fa valere che le norme relative alla zona del nucleo tradizionale non operano alcuna distinzione tra facciate più o meno pregiate, né tra portici o arcate architettonicamente più o meno pregevoli. Inoltre, le autorità comunali e cantonali non sosterrebbero che i portici su Piazza Dante sarebbero più pregiati di quelli su Piazza della Riforma; né esisterebbe, d'altra parte, un repertorio comunale di edifici qualificati soggetti a una protezione accresciuta. Non sarebbe del resto dimostrato che per Piazza Dante esisterebbe un interesse pubblico prevalente a mantenere la facciata dello stabile priva della tenda litigiosa, mentre ciò non sarebbe il caso per l'altra piazza. Le facciate degli edifici sulle due piazze sarebbero, secondo la ricorrente, sostanzialmente uguali, essendovi in ambedue i casi balconcini di pregevole fattura e portici simili. Con la tenda litigiosa avvolta si potrebbe percepire correttamente l'importanza dell'edificio, mentre quando è stesa essa offrirebbe uno spettacolo esteticamente più accettabile di quello offerto dagli ombrelloni, che maschererebbero il tutto. Sarebbe infatti inconcepibile, secondo la conclusione della ricorrente, che si possano esporre ombrelloni sulla piazza, ma non installare tende più discrete: la decisione impugnata sarebbe quindi sproporzionata per raggiungere lo scopo di protezione prefisso dal Municipio.
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2.2
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La criticata decisione municipale è fondata sull'art. 19 cifra 8 delle norme di attuazione del piano regolatore (NAPR), che ha il seguente tenore:
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Nella zona NT, il tinteggio e tutti gli elementi compositivi della proprietà, delle facciate, dei portici e dei muri perimetrali, comprese eventuali pensiline, arredi alle aperture, tendaggi esterni, lampioni, orologi, ecc., dovranno essere conformi alle caratteristiche architettoniche dell'edificio ed essere in armonia con quelle degli edifici circostanti. Di regola non sarà permessa la posa di avvolgibili. Non è concesso il tinteggio della pietra naturale ed artificiale.
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2.3 La Corte cantonale ha rilevato che l'edificio in questione è caratterizzato a pianterreno da un portico, composto di due arcate, che fanno il paio con le arcate dello stabile contiguo sul lato ovest. Le arcate a forma allungata e sorrette da pregevoli colonne di granito, sono sormontate da una sottile lesena sagomata, con funzioni di marcapiano, che assieme alla fascia dell'ultimo piano inquadra i tre piani superiori. Al centro dei due archi, appena sopra la lesena, dalla facciata sporgono inoltre due piccoli balconi in granito, dotati di un parapetto in ferro battuto; una composizione analoga si trova sulla prima parte della facciata sul lato est. La tenda avvolgibile verrebbe installata appena sopra gli archi, sovrapponendosi alla sottile lesena. I giudici cantonali hanno quindi ritenuto che la posa di un siffatto impianto costituisce un intervento suscettibile di alterare in misura inammissibile l'armonia delle facciate, nascondendo in larga misura alla vista sia la lesena sia i piccoli balconi, che ne caratterizzano la composizione architettonica. Sempre secondo i giudici cantonali, la tenda, interessando soltanto i primi due archi del porticato, introdurrebbe inoltre un elemento di discontinuità nella composizione architettonica delle facciate degli edifici che caratterizzano quel particolare angolo della piazza. Essi hanno ritenuto che l'effetto disarmonico, creato per rapporto agli archi di uguale fattura dello stabile contiguo, è evidente anche per un osservatore sprovvisto di particolare sensibilità estetica. Hanno quindi stabilito che, benché opinabili, le conclusioni tratte dal Municipio non costituivano un abuso del potere di apprezzamento conferitogli dalla menzionata norma.
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2.4 I giudici cantonali, pronunciandosi sulla censura principale addotta dalla ricorrente, hanno ritenuto che nel contestato diniego non era ravvisabile alcuna disparità di trattamento. La particolare situazione dell'immobile, situato all'angolo tra via Luvini e Piazza Dante, giustifica infatti un trattamento diverso da quello riservato ad altri edifici, per i quali, peraltro in tempi non recenti, era stato accordato un permesso di posare analoghi impianti.
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2.4.1 La ricorrente rileva che il suo esercizio pubblico è caratterizzato da un portico e da arcate a forma allungata sorrette da pregevoli colonne di granito e che al centro dei due archi dalla facciata sporgono due piccoli balconi: siffatti elementi si ritrovano anche in Piazza della Riforma. Non sussisterebbe quindi, al suo dire, alcuna differenza tra la situazione delle due piazze, per cui, trattando in maniera differente due situazioni uguali, la Corte cantonale avrebbe leso il principio della parità di trattamento.
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2.4.2 La censura non regge. Premesso che il principio dell'uguaglianza di trattamento ha una portata necessariamente attenuata nell'ambito di provvedimenti pianificatori (DTF 122 I 279 consid. 5a pag. 288, 116 Ia 193 consid. 3b), dall'art. 8 Cost. (e in precedenza dall'art. 4 vCost.; DTF 129 I 1 consid. 3 e 3.2.4, 125 I 166 consid. 2a) non deriva, di massima, un diritto all'uguaglianza di trattamento quando l'autorità, come nella fattispecie, postulando la reiezione del gravame, manifesta l'intenzione di abbandonare una prassi precedente, se del caso non conforme alla legge (cfr. DTF 122 II 446 consid. 4a, 116 Ia 345 consid. 6a/aa, 115 Ia 81; cfr. riguardo ai criteri per adottare un cambiamento di giurisprudenza che non viola la Costituzione, segnatamente la parità di trattamento, DTF 126 I 122 consid. 5 pag. 129, 125 II 152 consid. 4c/aa, 125 I 458 consid. 4a). La ricorrente, accennando al rilascio di quattro licenze edilizie, non sostiene, del resto, che si sarebbe in presenza di una prassi costante, che autorizzerebbe la posa di tendoni, né che l'autorità comunale, in futuro, non intenderebbe scostarsene (cfr. riguardo ai presupposti richiesti dalla giurisprudenza per beneficiare del diritto all'uguaglianza nell'illegalità, DTF 127 I 1 consid. 3a). La Corte cantonale ha peraltro ritenuto, a ragione, che una distinzione tra le due situazioni appare giustificata e ciò anche se fosse dovuta all'espressione di una mutata sensibilità dell'autorità comunale verso le esigenze di protezione dei valori estetici e architettonici del nucleo (DTF 127 I 49 consid. 3c in fine).
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In effetti, limitandosi ad addurre che Piazza della Riforma è costellata da innumerevoli esercizi pubblici e che il Municipio aveva concesso a quattro di loro il permesso di posare un tendone, la ricorrente non dimostra che tale agire costituirebbe una disparità di trattamento, visto che tali impianti sono stati autorizzati in tempi non recenti anche se non è precisato quando sono state rilasciate queste licenze, né se ciò sia avvenuto sulla base dell'art. 18 cifra 8 NAPR o di un'altra norma previgente eventualmente meno severa.
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Come ritenuto dalla Corte cantonale, la particolare situazione dell'immobile in questione giustifica comunque un trattamento diverso da quello riservato ad altri edifici; ciò a maggior ragione considerato che la tenda litigiosa sarebbe la prima ad essere posata in quel particolare angolo di Piazza Dante. Nella sua opposizione al progetto litigioso, la CBN rilevava, tra l'altro, che l'angolo con via Luvini è un importante riferimento, in quanto marca la presenza d'una significativa via di scorrimento che collega direttamente Piazza Dante e Piazza della Riforma, angolo che deve rimanere pulito e leggibile nei suoi valori fondamentali; aggiungeva che la qualità determinante di Piazza Dante non risiede principalmente nell'immagine degli edifici, criterio sul quale insiste invece la ricorrente, ma sostanzialmente nella forza della sua forma, che non può essere compromessa da elementi di disturbo quali tende sporgenti. Sempre secondo la CBN, l'edificio in questione, sia tipologicamente sia nella sua espressione architettonica, è fra i più importanti della piazza, proprio perché diventa il filo conduttore fra questo luogo eterogeneo e il nucleo tradizionale. La Corte cantonale poteva pertanto ritenere, senza ledere il diritto all'uguaglianza giuridica, che si è certo in presenza di situazioni in parte simili, ma che nondimeno presentano specifiche differenze atte a giustificare un trattamento diverso.
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2.5 Per di più, il contestato diniego non lede l'art. 19 cifra 8 NAPR, secondo cui la posa di avvolgibili, qual'è da considerare la tenda litigiosa, non è, di regola, ammessa, né è dimostrata la sussistenza di circostanze del tutto particolari, che imporrebbero il rilascio di una deroga.
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Il fatto che anni addietro sono stati rilasciati, nell'altra piazza, alcuni permessi per la posa di tendoni non fa apparire come arbitraria la volontà del Municipio, fondata sull'art. 19 cifra 8 NAPR, di assicurare un maggior rispetto dell'ordine architettonico in un angolo particolare della piazza. Infine, il Tribunale federale, poiché non è un'autorità superiore di pianificazione, in presenza di situazioni locali meglio conosciute e valutate dalle autorità cantonali si impone un certo riserbo; esso si astiene inoltre dall'interferire in quesiti, come quello litigioso attinente all'estetica e alla protezione dei siti, di spiccato apprezzamento (DTF 129 I 337 consid. 4.1, 124 II 146 consid. 3c, 121 I 117 consid. 3b; sulla cognizione del Tribunale cantonale amministrativo, v. Marco Borghi/ Guido Corti, Compendio di procedura amministrativa ticinese, Lugano 1997, n. 2d all'art. 61).
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Le autorità comunali, incaricate in primo luogo di difendere l'aspetto architettonico delle località poste nel loro territorio e sotto la loro amministrazione, dispongono in tale ambito necessariamente di un ampio potere d'apprezzamento nel quale l'autorità cantonale di ricorso può interferire solo nel caso in cui il comune ne abbia ecceduto o abusato (v., per l'applicazione di clausole di natura estetica, DTF 115 Ia 114 consid. 3d). A maggior ragione il Tribunale federale deve quindi imporsi un certo riserbo, quando, come nella fattispecie, tutte le autorità comunali e cantonali, la Commissione consultiva per la protezione del nucleo tradizionale e la CBN, più vicine alle particolarità locali, hanno ritenuto che l'intervento litigioso non poteva essere autorizzato.
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2.6 È vero che, giudicando su tali aspetti, riguardo la struttura della costruzione e il suo inserimento nel sito e nel paesaggio, l'autorità comunale non deve lasciarsi guidare o travolgere da valutazioni soggettive, ma deve seguire e applicare criteri oggettivi (cfr. DTF 114 Ia 343 consid. 4b). Ora, in concreto, il Municipio, a sostegno della sua decisione negativa, ha indicato motivi sufficienti, obiettivi e fondati. L'autorità comunale non ha quindi ecceduto nel suo potere d'apprezzamento, e nemmeno ne ha abusato, negando il permesso di posare la tenda litigiosa, volendo e intendendo salvaguardare le caratteristiche architettoniche della piazza.
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2.7 Del resto, già nella decisione governativa si rilevava che il criticato diniego non lede il principio della proporzionalità, ritenuto ch'esso concerne solo una delle due facciate e permette di far uso di ombrelloni, strutture dall'impatto più contenute rispetto alla tenda litigiosa. L'accenno ricorsuale a un'asserita lesione della libertà economica (art. 27 Cost.) è inammissibile per carenza di motivazione (art. 90 OG), visto che la ricorrente non dimostra del tutto perché il criticato provvedimento le impedirebbe di svolgere la sua attività commerciale (cfr. sul diritto costituzionale della libertà economica e della parità di trattamento tra concorrenti, DTF 128 II 292 consid. 5, 128 I 126, 295 consid. 5b pag. 308).
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3.
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Ne segue che il ricorso, in quanto ammissibile, dev'essere respinto.
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Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG). Non si attribuiscono ripetibili al Comune, che non si è avvalso dell'assistenza di un legale e che dispone di un proprio servizio giuridico.
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
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2.
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La tassa di giustizia di fr. 3'000.-- è posta a carico della ricorrente. Non si assegnano ripetibili della sede federale.
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3.
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Comunicazione al rappresentante della ricorrente, al Municipio di Lugano, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
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Losanna, 9 luglio 2004
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In nome della I Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: Il cancelliere:
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