BGer 2A.612/2004 | |||
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BGer 2A.612/2004 vom 28.10.2004 | |
Tribunale federale
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{T 0/2}
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2A.612/2004 /bom
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Sentenza del 28 ottobre 2004
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II Corte di diritto pubblico
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Composizione
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Giudici federali Wurzburger, presidente,
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Müller, Yersin,
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cancelliere Bianchi.
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Parti
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A.________,
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ricorrente, patrocinato dall'avv. Beni Dalle Fusine,
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contro
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Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
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Residenza governativa, 6500 Bellinzona,
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Tribunale amministrativo del Cantone Ticino,
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via Pretorio 16, 6901 Lugano.
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Oggetto
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rinnovo del permesso di dimora, rilascio del permesso
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di domicilio,
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ricorso di diritto amministrativo contro la sentenza
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del 14 settembre 2004 del Tribunale amministrativo
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del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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Entrato illegalmente in Svizzera il 10 luglio 1998, il 24 novembre seguente il cittadino bosniaco A.________ (1953) si è sposato a Chiasso con B.________ (1962), di nazionalità svizzera. Per vivere assieme alla moglie, ritirata la domanda di asilo presentata all'arrivo nel nostro paese, è stato posto al beneficio di un permesso di dimora annuale, in seguito rinnovato fino al 23 novembre 2003.
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Trascorsi cinque anni di matrimonio, l'interessato ha chiesto il rilascio del permesso di domicilio. Interrogato dalla polizia cantonale in merito alla relazione coniugale, ha dichiarato di essersi separato dalla moglie dopo un anno e mezzo dalle nozze e di averle versato fr. 10'000.-- affinché si astenesse dal chiedere il divorzio. La moglie ha confermato questa circostanza.
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B.
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In base a tali accertamenti, con decisione del 13 maggio 2004 la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino ha deciso di non rilasciare ad A.________ il permesso di domicilio e di revocargli (recte: non rinnovargli) il permesso di dimora. Detta autorità ha in sostanza ritenuto manifestamente abusivo richiamarsi al connubio, al fine di ottenere un'autorizzazione di soggiorno.
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Questa decisione è stata confermata, su ricorso, dapprima dal Consiglio di Stato ticinese, il 22 giugno 2004, ed in seguito dal Tribunale cantonale amministrativo, il 14 settembre seguente.
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C.
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Il 20 ottobre 2004 A.________ ha inoltrato davanti al Tribunale federale un ricorso di diritto amministrativo, con cui domanda l'annullamento della decisione impugnata e chiede sia ordinato di rilasciargli il permesso di domicilio o, quantomeno, di rinnovargli il permesso di lavoro. In via subordinata, postula il rinvio degli atti al Tribunale amministrativo per nuovo giudizio, previo completamento dell'istruttoria. Domanda inoltre la concessione dell'effetto sospensivo al gravame.
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Il Tribunale federale non ha ordinato uno scambio di allegati scritti.
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Diritto:
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1.
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Giusta l'art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG, combinato con gli art. 4 e 7 cpv. 1 della legge federale concernente la dimora e il domicilio degli stranieri, del 26 marzo 1931 (LDDS; RS 142.20), il ricorso di diritto amministrativo è di principio ammissibile contro le decisioni dell'ultima istanza cantonale in materia di mancato rinnovo del permesso di dimora, rispettivamente di diniego del permesso di domicilio al coniuge straniero di un cittadino svizzero, sposato da oltre cinque anni. In concreto, dal momento che il ricorrente è coniugato con una cittadina svizzera dal 24 novembre 1998, l'impugnativa è quindi, di per sé, ricevibile.
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2.
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2.1 Il coniuge straniero di un cittadino svizzero ha diritto al rilascio e alla proroga del permesso di dimora (art. 7 cpv. 1, 1° periodo LDDS). Egli abusa tuttavia di tale diritto se, allo scopo di ottenere il permesso, si richiama ad un matrimonio che in realtà sussiste solo a livello formale (DTF 128 II 145 consid. 2.2; 127 II 49 consid. 5a). Se non è il caso, dopo una dimora regolare e ininterrotta di cinque anni, ha diritto al permesso di domicilio (art. 7 cpv. 1, 2° periodo LDDS). Quest'autorizzazione conferisce allo straniero un diritto proprio ed indipendente a risiedere in Svizzera. Determinante è pertanto stabilire se sia ravvisabile un abuso di diritto già prima della scadenza dei cinque anni (DTF 121 II 97 consid. 4c).
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2.2 Nelle concrete evenienze, il Tribunale amministrativo, fondandosi sulle dichiarazioni rilasciate dalla coppia alla polizia qualche settimana prima della decisione dipartimentale, ha ritenuto che il ricorrente invochi abusivamente il proprio legame matrimoniale. Da tali dichiarazioni risulta che i coniugi, sposatisi dopo una breve conoscenza, hanno convissuto per non più di diciotto mesi successivamente al matrimonio; in seguito si sono separati di fatto ed hanno pattuito il versamento da parte del marito di fr. 10'000.-- alla moglie, perché quest'ultima non intraprendesse le pratiche di divorzio. In base a questi fatti - di principio vincolanti per il Tribunale federale (art. 105 cpv. 2 OG) e peraltro non contestati, come tali, dal ricorrente - la deduzione dei giudici cantonali non può che essere condivisa. L'eloquente accordo stipulato dai coniugi, il breve periodo di vita in comune e la durata della separazione, intervenuta oltre quattro anni prima dell'avversato giudizio, evidenziano infatti l'insussistenza di ogni legame sentimentale e non lasciano intravedere alcuna possibilità di ripresa di una reale vita coniugale.
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2.3 Il ricorrente sostiene nondimeno che il giudizio impugnato sarebbe lesivo del diritto di essere sentito, così come costituzionalmente garantito (art. 29 cpv. 2 Cost.). A suo dire, la Corte cantonale avrebbe dovuto interrogare sia lui che la moglie, onde accertare le loro intenzioni di riappacificazione. I verbali su cui si è fondata attesterebbero infatti una situazione non più attuale sotto questo aspetto.
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Ora, la richiesta di audizione non è stata supportata da alcun indizio che accrediti la tesi di una riconciliazione. Nemmeno il ricorrente stesso ha precisato, ad esempio, quale tipo di relazione intrattenga con la moglie e con quale intensità la frequenti, né tantomeno ha preteso che vi sia stata una ripresa della convivenza. Anche in questa sede, l'unico elemento che adduce è la mancata presentazione dell'azione di divorzio da parte della consorte, nonostante l'intenzione contraria manifestata a suo tempo alla polizia. Tuttavia, anziché da un'effettiva volontà di riconciliazione, mai tradottasi in atti concreti, quest'attitudine appare più probabilmente dettata dall'interesse alla salvaguardia del compenso ricevuto. In queste circostanze e tenuto conto, d'altra parte, delle concordanti ed inequivocabili dichiarazioni rese alla polizia, nonché dei relativi riscontri oggettivi, l'apprezzamento anticipato negativo operato dalla Corte cantonale resiste ad ogni critica. La garanzia del diritto di essere sentito non impedisce infatti all'autorità di rinunciare ad assumere quei mezzi probatori il cui presumibile risultato, come nella fattispecie, non porterebbe nuovi chiarimenti (DTF 124 I 208 consid. 4a; 122 II 464 consid. 4a; 122 III 219 consid. 3c). Di principio, tale diritto non tutela inoltre la facoltà di esprimersi oralmente, bensì unicamente la garanzia di poter prendere posizione per iscritto, salvaguardata, nel caso specifico, tra l'altro grazie alle impugnative interposte (DTF 127 V 491 consid. 1b; 125 I 209 consid. 9b; 122 II 464 consid. 4c). All'istanza inferiore non può pertanto venir rimproverata alcuna violazione del citato disposto costituzionale.
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2.4 Per le ragioni esposte, non è dunque certamente lesivo del diritto federale concludere che A.________ abusi dei diritti conferitigli dall'art. 7 cpv. 1 LDDS. Questa situazione si è verificata ben prima della scadenza dei cinque anni di matrimonio, per cui sia il diniego del permesso di domicilio, sia il rifiuto del rinnovo del permesso di dimora risultano ineccepibili. Dal momento che l'interessato ha ricevuto un permesso di dimora per vivere con la moglie, il fatto che abbia un lavoro e non abbia mai posto problemi di ordine pubblico non è di rilievo.
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Le difficoltà, pur comprensibili, che potrà incontrare al rientro in Bosnia Erzegovina non rendono inoltre sproporzionato il provvedimento litigioso, già perché egli si trova soltanto da poco più di sei anni nel nostro paese, dove è giunto ad un'età superiore ai quarant'anni.
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3.
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Sulla scorta delle considerazioni che precedono - e rinviando per il resto ai pertinenti considerandi della sentenza impugnata (art. 36a cpv. 3 OG) - il ricorso risulta dunque manifestamente infondato e può essere evaso secondo la procedura semplificata di cui all'art. 36a OG. Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1, 153 e 153a OG). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 159 cpv. 2 OG). Con l'emanazione del presente giudizio, l'istanza di conferimento dell'effetto sospensivo diviene priva d'oggetto.
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Per questi motivi, visto l'art. 36a OG, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Il ricorso è respinto.
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2.
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La tassa di giustizia di fr. 1'000.-- è posta a carico del ricorrente.
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3.
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Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché all'Ufficio federale dell'immigrazione, dell'integrazione e dell'emigrazione.
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Losanna, 28 ottobre 2004
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In nome della II Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: Il cancelliere:
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