BGer 2P.107/2006 | |||
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BGer 2P.107/2006 vom 17.01.2007 | |
Tribunale federale
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{T 0/2}
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2P.107/2006 /biz
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Sentenza del 17 gennaio 2007
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II Corte di diritto pubblico
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Composizione
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Giudici federali Merkli, presidente,
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Karlen, Ramelli, giudice supplente,
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cancelliera Ieronimo Perroud.
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Parti
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A.________,
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ricorrente, patrocinato dall'avv. Marco Cereghetti,
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contro
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Municipio di Lugano, palazzo Civico,
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piazza Riforma 1, 6900 Lugano,
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Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
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Residenza governativa, 6500 Bellinzona,
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Tribunale amministrativo del Cantone Ticino,
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via Pretorio 16, casella postale, 6901 Lugano.
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Oggetto
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disdetta del rapporto d'impiego,
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ricorso di diritto pubblico contro la sentenza emessa
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il 21 marzo 2006 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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Il 25 agosto 2004 il Municipio di Lugano ha risolto di disdire per il 30 novembre successivo il rapporto d'impiego di A.________, alle dipendenze del Comune dal 1987, da ultimo quale incaricato con la funzione di ausiliario personale curante presso la Residenza X.________. Ha motivato la propria decisione con il comportamento inadeguato e irriguardoso dell'interessato nei confronti di superiori, colleghi ed ospiti della casa per anziani presso la quale prestava servizio. Detta risoluzione è stata confermata su ricorso il 26 ottobre 2004 dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino. Il 23 marzo 2005 il Tribunale cantonale amministrativo ha tuttavia annullato la decisione governativa e ha ordinato che fosse completata l'istruttoria sui motivi del licenziamento. Il ricorso di diritto pubblico presentato da A.________ al Tribunale federale contro quest'ultima pronuncia è stato dichiarato inammissibile il 6 giugno 2005, in quanto è stato constatato che la sentenza cantonale di rinvio era un giudizio incidentale che non causava all'interessato un pregiudizio irreparabile ai sensi dell'art. 87 cpv. 2 OG (causa 2P.127/2005).
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L'8 novembre 2005 il Consiglio di Stato si è quindi di nuovo pronunciato ed ha respinto il ricorso di A.________. Adito dall'interessato il 24 novembre 2005, il Tribunale cantonale amministrativo ne ha respinto il gravame con sentenza del 21 marzo 2006.
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B.
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Il 18 aprile 2006 A.________ ha proposto dinanzi al Tribunale federale un ricorso di diritto pubblico, con cui chiede che la sentenza cantonale sia annullata e che venga accertata la nullità della decisione municipale di licenziamento. In via subordinata domanda che questa pronuncia sia annullata oppure che gli sia corrisposto il salario residuo ed alcune indennità. Adduce in sostanza la violazione del divieto dell'arbitrio e del principio della parità di trattamento (art. 8 e 9 Cost.).
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Chiamati ad esprimersi, il Comune di Lugano ha postulato la reiezione del gravame, mentre il Consiglio di Stato e il Tribunale cantonale amministrativo si sono rimessi al giudizio di questa Corte.
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C.
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Con decreto presidenziale del 17 maggio 2006 è stata respinta l'istanza di conferimento dell'effetto sospensivo contenuta nel ricorso.
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Diritto:
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1.
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1.1 La decisione impugnata è stata emanata prima dell'entrata in vigore, il 1° gennaio 2007, della legge sul Tribunale federale del 17 giugno 2005 (LTF; RS 173.100; cfr. RU 2006 1069); conformemente alla regola speciale enunciata dall'art. 132 cpv. 1 LTF, alla presente vertenza si applica ancora la legge federale sull'organizzazione giudiziaria, del 16 dicembre 1943 (OG; RU 1969 784 segg.; cfr. anche l'art. 131 cpv. 1 LTF).
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1.2 Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità di un rimedio di diritto, senza essere vincolato dalle opinioni espresse dalle parti (DTF 131 II 58 consid. 1 e richiami).
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2.
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2.1 A norma dell'art. 88 OG, il ricorso di diritto pubblico spetta ai privati o agli enti collettivi che si trovano lesi nei loro diritti da decreti o decisioni che li riguardano personalmente o che rivestono carattere obbligatorio generale. Ogni cittadino è quindi legittimato a proporre un simile rimedio di diritto solo se l'incostituzionalità di cui si prevale lo lede nei suoi interessi personali e giuridicamente protetti. Per converso, lo stesso non può essere impiegato per difendere meri interessi pubblici o di fatto (DTF 129 I 113 consid. 1.2; 129 II 297 consid. 2.1 e rispettivi richiami). La legittimazione ad inoltrare un ricorso di diritto pubblico va determinata esclusivamente in base all'art. 88 OG.
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2.2 Per giurisprudenza costante, se la legislazione cantonale non concede a un dipendente un diritto alla rielezione, il rifiuto dell'autorità di nominarlo per un ulteriore periodo amministrativo non è impugnabile mediante ricorso di diritto pubblico per violazione del divieto dell'arbitrio (DTF 120 Ia 110 consid. 1a). Tale prassi vale anche trattandosi del mancato rinnovo dell'impiego dei dipendenti pubblici cantonali assunti a tempo indeterminato, se la legislazione cantonale, di cui si censura l'applicazione arbitraria, non fa dipendere la disdetta del rapporto di lavoro dall'adempimento di requisiti materiali (DTF 120 Ia 110 consid. 1a; sentenza inedita 2P.152/2006 dell'8 dicembre 2006 consid. 1.3 e richiami).
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2.3 Come emerge dalla sentenza querelata, il Regolamento organico dei dipendenti del Comune di Lugano e delle sue aziende municipalizzate, approvato dal Dipartimento ticinese delle istituzioni il 6 agosto 1998 (di seguito: ROD oppure regolamento), distingue i dipendenti nominati da quelli incaricati (art. 2). Questi ultimi sono a loro volta suddivisi in dipendenti incaricati per funzione stabile (art. 10 segg.) e temporanea (art. 13 segg.). Il rapporto d'impiego degli incaricati per funzione stabile può essere disdetto con un preavviso che varia a seconda della durata dell'incarico (art. 89). A differenza di quanto vale per i dipendenti nominati, la disdetta non dev'essere sorretta da motivi che rendono inesigibile la continuazione del rapporto di lavoro, essendo invece sufficiente un motivo sostenibile.
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Visto che, come appena illustrato, la normativa determinante non prevede esigenze e/o condizioni specifiche per il licenziamento di un dipendente incaricato per funzione stabile - occorrendo unicamente un motivo sostenibile - appare dubbio che, in concreto, siano adempiuti i requisiti di cui all'art. 88 OG. La questione di sapere se il ricorrente sia effettivamente legittimato ad agire può tuttavia rimanere irrisolta dato che, per i motivi esposti di seguito, l'impugnativa si rivela comunque infondata e come tale va respinta.
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3.
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3.1 Per la natura cassatoria del ricorso di diritto pubblico il Tribunale federale, salvo eccezioni che non si verificano in concreto, può soltanto annullare la sentenza impugnata (DTF 131 I 291 consid. 1.4; 129 I 173 consid. 1.5 e rinvio). Le conclusioni ricorsuali che vanno oltre la semplice domanda di annullamento del giudizio contestato sono pertanto inammissibili.
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3.2 Secondo l'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, l'atto di ricorso deve contenere l'esposizione dei fatti essenziali e quella concisa dei diritti costituzionali o delle norme giuridiche che si pretendono violati, precisando in che consista la violazione. Ciò significa che, nella procedura di ricorso di diritto pubblico, il Tribunale federale non applica d'ufficio il diritto, ma statuisce soltanto sulle censure formulate secondo la suddetta regola. Il ricorrente deve quindi presentare una motivazione giuridica esauriente, dalla quale si possa dedurre se e perché, eventualmente in quale misura, la decisione impugnata leda i suoi diritti costituzionali (DTF 132 I 97 consid. 1.4; 130 I 26 consid. 2.1; 129 III 626 consid. 4 e rispettivi riferimenti).
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Se è invocato l'arbitrio (art. 9 Cost.) nell'applicazione del diritto cantonale, non è sufficiente affermare che la sentenza sarebbe arbitraria (sulla nozione di arbitrio cfr. DTF 131 I 217 consid. 2.1; 129 I 173 consid. 3.1 e rispettivi rinvii). Il ricorrente deve indicare con precisione la norma del diritto cantonale che, a suo giudizio, sarebbe stata applicata in modo errato o che non sarebbe stata applicata del tutto e spiegare dettagliatamente per quali motivi la sentenza impugnata non solo sarebbe discutibile, ma manifestamente insostenibile, in palese contrasto con la situazione di fatto, con una norma, con un chiaro principio giuridico oppure con il sentimento di giustizia e di equità (DTF 130 I 258 consid. 1.3; 127 I 38 consid. 3c; 126 III 534 consid. 1b e rinvii). Del pari, quando censura l'accertamento dei fatti, il ricorrente deve dimostrare che il giudice cantonale, il quale dispone di un gran potere discrezionale nell'apprezzamento delle prove, ha manifestamente misconosciuto il senso e la portata di un mezzo di prova, ha omesso senza validi ragioni di tener conto di una prova atta a modificare l'esito della lite oppure, basandosi sugli elementi agli atti, ne ha tratto delle constatazioni insostenibili (DTF 129 I 8 consid. 2.1 e riferimenti).
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3.3 Quando, come in concreto, il Tribunale cantonale amministrativo ha limitato all'arbitrio il suo potere d'esame (in casu con riferimento ai motivi del licenziamento), il Tribunale federale vaglia liberamente l'uso che l'autorità inferiore ha fatto della sua cognizione limitata. In altre parole questa Corte esaminerà liberamente - entro i limiti delle censure ammissibili - se l'apprezzamento esercitato dal Municipio di Lugano è stato protetto con ragione o a torto (cfr. DTF 125 I 492 consid. 1a/cc; consid. 2 non pubblicato in DTF 133 I 89).
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4.
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Pronunciandosi sulla questione della disdetta la Corte cantonale ha dapprima rammentato (come già illustrato in precedenza, cfr. consid. 2.3) che la normativa comunale non prevede esigenze e/o condizioni specifiche per il licenziamento di un dipendente incaricato per funzione stabile, occorrendo unicamente un motivo plausibile o sostenibile che permetta di escludere un esercizio abusivo del potere di apprezzamento di cui dispone l'autorità comunale e, quindi, l'arbitrio. Valutando poi le diverse prove agli atti, essa ha ritenuto che il quadro complessivo che esse fornivano escludeva appunto tale abuso perché i motivi addotti dall'autorità municipale, pur non essendo particolarmente gravi, pertenevano al rapporto di lavoro ed apparivano sostenibili. Al riguardo ha precisato che quand'anche si volesse prescindere dall'atteggiamento del ricorrente verso gli ospiti della casa di riposo, a proposito del quale le testimonianze raccolte in parte divergevano, era comunque stato accertato un comportamento particolarmente aggressivo e polemico da parte dell'insorgente nei confronti dei suoi superiori gerarchici, il quale appariva ai limiti dell'insubordinazione.
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Il Tribunale cantonale amministrativo ha pure respinto l'eccezione di nullità della disdetta proposta dal ricorrente, che si richiamava all'art. 336c cpv. 1 lett. b nonché cpv. 2 CO, osservando che detto disposto del diritto privato si applicava ai funzionari solo se il diritto pubblico vi rinviava esplicitamente, circostanza che nel caso specifico non si verificava. Infatti, a suo avviso, la generica riserva delle leggi cantonali e federali sancita dall'art. 106 cpv. 2 ROD era di natura esclusivamente declaratoria. Al riguardo ha poi ricordato una sua precedente sentenza, nella quale era stato stabilito che la mancanza nel regolamento comunale in questione di disposizioni che assicurassero ai dipendenti incaricati una protezione almeno pari a quella istituita dall'art. 336c CO non costituiva una lacuna, ma un silenzio qualificato del legislatore comunale.
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5.
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Quest'ultimo tema fa l'oggetto di buona parte del gravame. In proposito, le argomentazioni del ricorrente sono lunghe e ripetitive e rispettano solo in parte i dettami dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG (cfr. consid. 3.2). Riassumendo egli ritiene arbitraria la decisione cantonale perché gli art. 97 cpv. 2 e 106 cpv. 2 ROD rinviano espressamente alle leggi cantonali e federali, fra cui l'art. 336c CO, che si applicherebbe quindi per analogia. Se così non fosse, il diritto comunale sarebbe, secondo il ricorrente, viziato da una lacuna che andrebbe colmata dal giudice. Aggiunge poi che la citata norma di diritto federale avrebbe carattere imperativo, prevarrebbe sul diritto cantonale ed enuncerebbe un principio talmente radicato nel sistema giuridico da rendere superflua una codificazione espressa. Il ricorrente si ritiene poi vittima di una disparità di trattamento rispetto ai dipendenti nominati e a quelli "privati in generale" e ciò anche per incarichi stabili di lunga durata. Afferma che in base alla tesi dei giudici cantonali gli sarebbe stata infatti preclusa la protezione contro la disdetta durante la malattia, la quale è invece riconosciuta alle altre due categorie di lavoratori.
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5.1 Innanzitutto occorre chiarire un equivoco. Il Tribunale cantonale amministrativo, il ricorrente e persino il Municipio di Lugano nella propria risposta citano e commentano l'art. 106 cpv. 2 ROD. Agli atti figurano due esemplari del citato regolamento, quello originale entrato in vigore il 6 agosto 1998 e un aggiornamento del 2003: in entrambe le versioni - come pure in quella reperibile sul sito ufficiale http://www.lugano.ch/leggi/indice.cfm - l'art. 106 cpv. 2 non esiste. Forse la Corte cantonale lo ha ripreso inavvertitamente dalla sua sentenza del 25 agosto 1999 (che sarà commentata in seguito, cfr. consid. 5.3), la quale applicava una versione del regolamento del 1990. In quello determinante per la presente vertenza (e che vige ancora oggi), la norma applicabile è l'art. 97 cpv. 2 ROD, secondo il quale "sono in ogni caso riservate le disposizioni delle leggi cantonali e federale". Qui di seguito si farà riferimento soltanto ad essa.
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5.2 Come già accennato, l'art. 336c CO costituirebbe, a parere del ricorrente, diritto federale imperativo al quale non si potrebbe derogare. Anche se in dottrina le opinioni divergono sulla questione di sapere se e a quali condizioni e titolo il diritto privato sia applicabile ai rapporti di servizio di diritto pubblico (cfr. chi lo esclude richiamando l'art. 342 cpv. 1 lett. a CO come Manfred Rehbinder, Commentario bernese, Berna 1992, n.1 all'art. 342; Adrian Staehlin/Frank Vischer, Commentario zurighese, Zurigo 1996, n. 2 e 3 all'art. 342; Christiane Brunner/ Jean-Michel Bühler/Jean-Bernard Waeber/Christian Bruchez, Commentaire du contrat de travail, 3a edi., Losanna 2004, n. 1 all'art. 342 oppure chi non vi si oppone, cfr. Martin Bertschi, Auf der Suche nach dem einschlägigen Recht im öffentlichen Personalrecht in: ZBl 2004 pag. 617 segg., segnatamente pag. 636 segg. e numerosi riferimenti), l'argomento cardine della sentenza querelata, secondo cui l'art. 336c CO potrebbe applicarsi - ma come diritto pubblico suppletorio - unicamente in forza di un rinvio della normativa comunale non appare comunque manifestamente insostenibile né, di conseguenza, inficiato d'arbitrio.
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Il ricorrente sostiene che un simile rinvio sarebbe attuato dall'art. 97 cpv. 2 ROD. Sennonché l'opinione espressa dai giudici ticinesi, secondo cui trattasi di una norma generica e declaratoria è del tutto sostenibile. Basti considerare il tenore assai generico di detto disposto nonché il suo inserimento alla fine del regolamento comunale nel titolo "VII - Disposizioni transitorie e finali", con la nota marginale "Abrogazioni, modifiche e riserve". Inoltre, in nessuna altra parte del regolamento in esame, tanto meno nel titolo "VI - Fine del rapporto d'impiego", vengono richiamate norme del diritto privato federale. In queste circostanze, non è affatto arbitrario considerare, come fatto dalla Corte cantonale, che il regolamento in questione non ha recepito l'art. 336c CO come diritto comunale suppletorio.
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5.3 Sulla questione della lacuna il Tribunale cantonale amministrativo ha rinviato ad una sua sentenza del 25 agosto 1999, pubblicata in RDAT 2000 I n. 55 pag. 503 segg., ove ha spiegato che la mancanza nel regolamento di disposizioni che assicurino ai dipendenti incaricati di Lugano una protezione almeno pari a quella dell'art. 336c CO procede da un silenzio qualificato. Da un lato perché questa norma è stata introdotta nel CO già nel 1971 ed è pertanto da escludere che il legislativo comunale, il Municipio e le organizzazioni sindacali avessero potuto ignorare il problema oppure dimenticarsene al momento dell'elaborazione dell'ordinamento del personale. Dall'altro perché, pur essendo il risultato discutibile dal profilo sociale, non si tratta di un aspetto ineludibile che impedisce l'applicazione del regolamento né di una lacuna impropria o di una manchevolezza incongruente con l'impostazione del ROD (planwidrige Unvollständigkeit), dovuta ad un manifesto errore del legislatore che richiama un intervento correttivo da parte del giudice al fine di evitare che l'applicazione della legge secondo il testo conduca a risultati insostenibili (RDAT 2000 I n. 5 pag. 503 segg., consid. 4.2 pag. 505).
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Il ricorrente non si confronta affatto con questa argomentazione. Egli si limita infatti a tacciare genericamente d'arbitraria l'ammissione di un silenzio qualificato del legislatore comunale e ad affermare che, se così fosse, ci si troverebbe nel "terzo mondo giuridico", in una "repubblica delle banane". Al riguardo il gravame è pertanto inammissibile. Si può nondimeno ricordare che le motivazioni della Corte cantonale resisterebbero comunque alla censura d'arbitrio, essendo uguali a quelle con cui questa Corte, procedendo per libero esame, ha negato l'esistenza di una lacuna simile nell'ordinamento degli impiegati delle Ferrovie federali svizzere (DTF 124 II 53 consid. 2a).
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5.4 Per quanto concerne infine la pretesa disparità di trattamento, è evidente che la natura speciale del rapporto di servizio dei dipendenti pubblici esclude d'acchito la possibilità del raffronto con il trattamento dei lavoratori nell'ambito di un rapporto retto dal diritto privato (cfr. pure l'art. 342 cpv. 1 lett. a CO).
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La censura di disparità di trattamento tra dipendenti comunali nominati e quelli incaricati poggia invece su di un errore di fondo. Il ricorrente sostiene che l'art. 86 cpv. 3 lett. b ROD istituisce esplicitamente, e solo per i primi, un periodo di protezione dalla disdetta, variabile da trenta giorni a sei mesi a seconda della durata del servizio. In realtà, la norma in questione prevede che l'assenza per malattia costituisce uno dei "giustificati motivi" di disdetta. In altre parole un conto è istituire l'assenza prolungata per malattia come motivo di disdetta del rapporto d'impiego. Altra cosa è invece rendere nulla la disdetta data durante tale assenza per altri "giustificati motivi" (ad esempio quelli enunciati all'art. 86 cpv. 3 lett. a o c ROD). Anche in proposito il ricorso si rivela pertanto infondato e va quindi respinto.
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6.
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Il ricorrente non contesta seriamente, perlomeno non conformemente a quanto esatto dall'art. 90 OG, la facoltà di apprezzamento riconosciuta dalla Corte cantonale al Municipio di Lugano nella decisione sul licenziamento dei dipendenti incaricati per funzione stabile. Accenna invero alla già citata DTF 124 II 53 segg., la quale avrebbe stabilito, a suo avviso, che il rapporto di lavoro di diritto pubblico può essere disdetto soltanto per motivi gravi. Lo fa tuttavia senza motivare il preteso arbitrio riferito all'applicazione dell'art. 89 ROD, dimenticando per di più che le considerazioni (per libero esame) di quella sentenza non avevano portata generale ma riguardavano soltanto l'ordinamento degli impiegati delle Ferrovie federali svizzere.
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7.
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Il ricorrente insorge contro l'accertamento dei motivi del licenziamento, che ritiene superficiale e unilaterale. Il Tribunale cantonale amministrativo avrebbe valutato erroneamente le prove nonché privilegiato senza motivo le dichiarazioni di taluni testi, a lui sfavorevoli e di cui alcuni avrebbero riferito su fatti non appresi direttamente, piuttosto che altre, a lui favorevoli. Quest'argomentazione sfugge ad un esame di merito. In effetti, il ricorrente si limita ad opporre le proprie valutazioni all'apprezzamento sovrano eseguito dai giudici cantonali, senza spiegare l'arbitrio come dovrebbe, cioè senza spiegare dettagliatamente per quali motivi in proposito la sentenza impugnata non solo sarebbe discutibile, ma manifestamente insostenibile (sulla nozione d'arbitrio cfr. consid. 3.2). Quand'anche si volesse da ciò prescindere, il rimprovero mosso alla Corte cantonale di non avere motivato le proprie valutazioni è del tutto infondato. Come emerge dalla sentenza impugnata, i giudici cantonali hanno distinto in modo chiaro i fatti che i superiori del ricorrente, chiamati a testimoniare, hanno constatato personalmente da ciò che è stato loro riferito da terzi nonché hanno spiegato con precisione perché le loro deposizioni sfavorevoli hanno prevalso su quelle favorevoli dei tre colleghi del ricorrente, perlomeno per quanto attiene ai suoi rapporti con i superiori, ad esclusione quindi del comportamento nei confronti degli ospiti, del quale i giudici hanno fatto espressamente astrazione.
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8.
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Infine le conclusioni del ricorrente concernenti le indennità alle quali avrebbe diritto in forza degli art. 88 ROD e 336 CO sono manifestamente inammissibili, in quanto detto aspetto non è stato oggetto di giudizio in sede cantonale (cfr. DTF 128 I 354 consid. 6c).
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9.
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Visto quel che precede, il presente ricorso di diritto pubblico, nella misura in cui è ammissibile, risulta infondato e dev'essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 e 153a OG). Al Comune di Lugano, il quale dispone di un servizio giuridico proprio e non si è avvalso di un patrocinatore esterno, non vanno accordate ripetibili (art. 159 cpv. 2 OG).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
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2.
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La tassa di giustizia di fr. 2'000.-- è posta a carico del ricorrente.
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3.
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Non si assegnano ripetibili per la sede federale.
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4.
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Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Municipio di Lugano, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
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Losanna, 17 gennaio 2007
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In nome della II Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: La cancelliera:
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