BGer 1B_66/2008 | |||
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BGer 1B_66/2008 vom 16.06.2008 | |
Tribunale federale
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{T 0/2}
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1B_66/2008
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1B_67/2008 /biz
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Sentenza del 16 giugno 2008
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I Corte di diritto pubblico
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Composizione
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Giudici federali Féraud, presidente,
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Reeb, Eusebio,
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cancelliere Gadoni.
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Parti
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1. A.________SA,
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ricorrente, rappresentata dai liquidatori avv. Daniele Calvarese e avv. Francesco Naef,
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2. B.________SA,
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3. C.________Ltd,
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4. D.________Ltd,
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5. E.________,
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ricorrenti,
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rappresentate dalla Commissione federale delle banche, Schwanengasse 12, 3001 Berna,
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contro
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Ministero pubblico del Cantone Ticino, palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano,
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Giudice dell'istruzione e dell'arresto del Cantone Ticino, via Bossi 3, 6900 Lugano.
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Oggetto
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dissequestro di valori patrimoniali,
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ricorsi in materia penale contro la sentenza emanata il 4 febbraio 2008 dalla Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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L'11 agosto 2005 una banca con sede a Lugano ha segnalato al Ministero pubblico del Cantone Ticino sospetti di reato in relazione con attività ed operazioni finanziarie svolte da F.________, D.________Ltd e A.________SA. Assunte le informazioni preliminari, il Procuratore pubblico (PP) ha decretato il 7 dicembre 2005 il non luogo a procedere.
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B.
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Su segnalazione della Commissione Nazionale (italiana) per le Società e la Borsa (Consob), la Commissione federale delle banche (CFB) ha avviato un procedimento contro la persona e le società citate, ordinando, con decisione superprovvisionale del 23 maggio 2006, il blocco dei loro averi e nominando due incaricati dell'inchiesta giusta l'art. 23quater della legge federale sulle banche e le casse di risparmio (Legge sulle banche [LBCR]; RS 952.0). Con un'ulteriore decisione superprovvisionale del 7 giugno 2006, i provvedimenti sono stati estesi a ulteriori società coinvolte.
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C.
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Nel mese di luglio 2006 la CFB ha comunicato i propri accertamenti al PP, che ha aperto un ulteriore procedimento penale contro F.________ e altre persone, disponendo altresì, il 26 luglio 2006, il sequestro degli averi depositati sulle relazioni riconducibili alle persone e alle società interessate dalle indagini. Con decisione del 23 agosto 2006, la CFB ha accertato la violazione della legge sulle banche e l'improbabilità di un risanamento, dichiarando il fallimento di A.________SA e delle altre società coinvolte e ordinandone la liquidazione.
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D.
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Con istanza del 22 settembre 2006 la CFB, in rappresentanza delle società in liquidazione, ha chiesto al PP di revocare il sequestro delle relazioni bancarie intestate a A.________SA, a B.________SA, a D.________Ltd, a C.________Ltd ed a E.________, ritenendo in sostanza il provvedimento non più giustificato in seguito alla dichiarazione del loro fallimento. Con decisione del 22 gennaio 2007 il PP ha respinto l'istanza di dissequestro. Il Giudice dell'istruzione e dell'arresto ha sostanzialmente respinto, con decisione del 12 marzo 2007, un reclamo presentato della CFB contro il diniego emanato dal PP.
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E.
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Adita dalle reclamanti, la Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CRP) ne ha respinto il ricorso con sentenza del 4 febbraio 2008. Ha rilevato che sin dall'inizio ed in modo sistematico i fondi raccolti dai clienti e immessi nelle società non sono stati investiti secondo le modalità indicate agli investitori, ma sono stati oggetto di malversazioni ed utilizzazioni diverse da quelle prospettate: l'origine delittuosa dei valori patrimoniali soggetti alla criticata misura provvisionale risulterebbe quindi di una verosimiglianza tendente quasi alla certezza. La CRP ha nondimeno rinviato gli atti al PP, affinché accertasse l'esistenza di eventuali importi di possibile origine lecita per i quali occorrerebbe revocare il sequestro.
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F.
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La A.________SA, rappresentata dai propri liquidatori, e la B.________SA, la D.________Ltd, la C.________Ltd, nonché la E.________, rappresentate dalla CFB, impugnano questa sentenza con due ricorsi in materia penale al Tribunale federale. Chiedono di annullare i giudizi emanati in sede cantonale e di accogliere l'istanza di dissequestro. Fanno valere la violazione della garanzia della proprietà e l'applicazione arbitraria degli art. 70 e 71 CP, ritenendo inoltre il provvedimento del sequestro lesivo del principio della proporzionalità.
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G.
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La Corte cantonale e il Procuratore pubblico si rimettono al giudizio del Tribunale federale. Il Giudice dell'istruzione e dell'arresto chiede la conferma della sua decisione e di quella impugnata.
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Diritto:
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1.
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1.1 I due ricorsi in materia penale riguardano la stessa sentenza della CRP e presentano le medesime censure. Si giustifica quindi di trattare i gravami congiuntamente, in un unico giudizio (DTF 126 II 377 consid. 1).
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1.2 La sentenza impugnata, che conferma sostanzialmente il sequestro ordinato dal PP, è una decisione resa in materia penale secondo l'art. 78 cpv. 1 LTF ed è quindi di principio impugnabile con un ricorso in materia penale. Essa non pone fine al procedimento penale e non è stata pronunciata nel contesto di una procedura specifica di cui potrebbe rappresentare la conclusione. Di massima, costituisce quindi una decisione incidentale, che può essere impugnata se può causare un pregiudizio irreparabile (cfr. art. 93 cpv. 1 lett. a LTF). Al riguardo, il Tribunale federale ha già ammesso che da una misura cautelare quale il sequestro o, come in concreto, il rifiuto di revocarlo, scaturisce un danno da considerarsi irreparabile per l'interessato, visto ch'egli viene privato della possibilità di disporre liberamente dei suoi beni per la durata del provvedimento (DTF 128 I 129 consid. 1 e riferimenti; sentenza 6B_218/2007 del 23 agosto 2007, consid. 2.4). In tale circostanza, le ricorrenti, quali masse fallimentari rappresentate dai rispettivi liquidatori nominati ed agenti secondo le disposizioni della LBCR, che hanno partecipato alla procedura dinanzi all'autorità inferiore (art. 81 cpv. 1 lett. a LTF) hanno quindi un interesse giuridicamente protetto all'annullamento della decisione impugnata (art. 81 cpv. 1 lett. b LTF) e sono legittimate a ricorrere (cfr. DTF 133 IV 278 consid. 1.3; sentenza 1B_54/2007 del 17 luglio 2007, consid. 1). Tempestivi (art. 100 cpv. 1 LTF) e diretti contro una decisione di ultima istanza cantonale (art. 284 cpv. 1 lett. a CPP/TI in relazione con l'art. 80 cpv. 1 LTF), i ricorsi in materia penale sono di principio ammissibili (cfr. sentenze 1B_157/2007 del 25 ottobre 2007, consid. 1-1.2 e 1B_54/2007 citata, consid. 1).
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Il Tribunale federale ha invero avuto modo di stabilire che una decisione di parziale dissuggellamento di dati elettronici sequestrati presso un terzo non accusato concludeva nei suoi confronti la procedura e costituiva quindi per il detentore una decisione parziale, ossia con effetti di carattere finale (cfr. sentenza 1B_206/2007 del 7 gennaio 2008, consid. 3). La questione non deve tuttavia essere ulteriormente approfondita essendo i gravami comunque ammissibili anche sotto questo profilo.
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1.3 Trattandosi di un ricorso diretto contro una decisione in materia di misure cautelari, giusta l'art. 98 LTF le ricorrenti possono fare valere soltanto la violazione di diritti costituzionali. La censura di violazione della garanzia della proprietà (art. 26 cpv. 1 Cost.) è quindi proponibile. Per contro, laddove è invocata la violazione degli art. 70 e 71 CP, la censura si confonde con la pretesa lesione del divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.) e deve essere motivata secondo le esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF, in modo corrispondente alla prassi in vigore in materia di ricorso di diritto pubblico (cfr. DTF 133 II 249 consid. 1.4.2 e 1.4.3). Nella misura in cui le ricorrenti si limitano a prospettare che la soluzione della liquidazione del fallimento sarebbe preferibile rispetto al mantenimento del sequestro penale, senza tuttavia sostanziare per quali ragioni il giudizio impugnato sarebbe manifestamente insostenibile, i gravami non rispettano le citate esigenze di motivazione e sono pertanto inammissibili (cfr., sul divieto dell'arbitrio, DTF 131 I 57 consid. 2, 129 I 8 consid. 2.1, 128 I 273 consid. 2.1 e rinvii). Del resto i ricorrenti si limitano ad affermare l'esistenza di una prassi divergente fra quella praticata in altri Cantoni e quella del Ministero pubblico ticinese, senza comunque documentarla.
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2.
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2.1 Secondo le ricorrenti, il mantenimento del sequestro sarebbe giustificato soltanto se il PP potesse ricostruire per ogni singolo investitore ingannato la prova documentale dei trasferimenti degli averi fino all'origine del reato. Sostengono, che la CRP avrebbe a torto presunto la provenienza illecita dei valori patrimoniali: in mancanza delle tracce documentali ("paper trail"), la confisca non sarebbe per contro possibile e il mantenimento del sequestro sarebbe ingiustificato. Le ricorrenti adducono inoltre che il provvedimento litigioso sarebbe superfluo in considerazione dell'apertura del fallimento, la cui procedura sarebbe più equa e terrebbe conto degli interessi di tutti i creditori.
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2.2 Secondo l'art. 161 cpv. 1 CPP/TI, il magistrato deve ordinare il sequestro di tutti gli oggetti che possono avere importanza per l'istruzione del processo come mezzi di prova oppure che possono essere confiscati o devoluti allo Stato. Sono da sequestrare segnatamente gli oggetti, il denaro o altri valori di cui l'indiziato o accusato è entrato in possesso con il reato o il relativo ricavo (cpv. 2 lett. a), come pure gli oggetti e i valori presumibilmente soggetti alla confisca o alla devoluzione allo Stato giusta gli art. 69-72 CP (cpv. 2 lett. b). Il sequestro costituisce un'ingerenza nella garanzia della proprietà (art. 26 Cost.) e deve quindi fondarsi su una base legale, essere giustificato dall'interesse pubblico e rispettare il principio di proporzionalità (art. 36 cpv. 1 a 3 Cost.; DTF 128 I 129 consid. 3.1.3, 120 Ia 120 consid. 1b).
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Giusta l'art. 70 CP il giudice ordina la confisca dei valori patrimoniali che costituiscono il prodotto di un reato o erano destinati a determinare o a ricompensare l'autore di un reato, a meno che debbano essere restituiti alla persona lesa allo scopo di ripristinare la situazione legale (cpv. 1). La confisca non può essere ordinata se un terzo ha acquisito i valori patrimoniali ignorando i fatti che l'avrebbero giustificata, nella misura in cui abbia fornito una controprestazione adeguata o la confisca costituisca nei suoi confronti una misura eccessivamente severa (cpv. 2). Secondo l'art. 71 cpv. 1 CP, se i valori patrimoniali sottostanti alla confisca non sono più reperibili, il giudice ordina in favore dello Stato un risarcimento equivalente; nei confronti di terzi, tuttavia, il risarcimento può essere ordinato soltanto per quanto non sia escluso giusta l'art. 70 cpv. 2 CP. Ai sensi dell'art. 71 cpv. 3 CP, in vista dell'esecuzione del risarcimento, l'autorità inquirente può sottoporre a sequestro valori patrimoniali dell'interessato. Il sequestro non fonda alcuna pretesa privilegiata in favore dello Stato nell'ambito dell'esecuzione forzata.
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2.3 Il sequestro confiscatorio, ordinato dal PP essenzialmente in applicazione dell'art. 161 CPP/TI, è una misura provvisionale da prendere rapidamente, destinata a permettere l'esecuzione di una misura di confisca che potrebbe essere pronunciata dal giudice di merito in applicazione degli art. 69 segg. CP. Il sequestro non anticipa la decisione sulla confisca e non pregiudica i rapporti di proprietà sui valori patrimoniali interessati (DTF 126 I 97 consid. 1c, 120 IV 365 consid. 1c). Di principio, soggiacciono alla confisca tutti i vantaggi economici che possano essere calcolati e che siano stati conseguiti direttamente o indirettamente mediante il reato (DTF 120 IV 365 consid. 1d). Il fallimento aperto nei confronti del beneficiario del provento di reato o di suoi surrogati non si oppone a un sequestro confiscatorio, se tali valori siano ancora chiaramente determinabili all'interno della massa fallimentare. Solo in mancanza della possibilità di un'identificazione è escluso, dopo l'apertura del fallimento, un sequestro di valori patrimoniali appartenenti alla massa fallimentare destinato ad assicurare un risarcimento compensativo (DTF 126 I 97 consid. 3d/dd e 3e).
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2.4 Le ricorrenti non lamentano un'applicazione arbitraria dell'art. 161 CPP/TI, ma sostengono essenzialmente che non sarebbero dati i presupposti per un'eventuale confisca. Si confrontano in particolare con gli importi presenti sulle relazioni bancarie, adducendo sostanzialmente che per la maggior parte non parrebbero riconducibili ad investimenti dei clienti, che la loro provenienza sarebbe incerta e che non sarebbe possibile ricostruirne la traccia documentale. Tuttavia, come visto, la procedura in esame verte unicamente su un provvedimento processuale di natura cautelare, quale è il sequestro, e non riguarda ancora una confisca definitiva secondo l'art. 70 CP, i cui requisiti non devono quindi essere esaminati nel dettaglio in questa fase processuale (cfr. art. 350 CPP/TI; sentenza 1P.467/1998 del 22 dicembre 1998, consid. 3 e 5, parzialmente pubblicata in: RDAT I-1999, n. 57, pag. 202 segg.). All'autorità incaricata del sequestro non spetta infatti risolvere questioni giuridiche complesse, pronunciare misure definitive e determinare i diritti di terzi sui beni colpiti (DTF 124 IV 313 consid. 4, 122 IV 91 consid. 4, 120 IV 365 consid. 1c, 103 Ia 8 consid. 1c).
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Il procedimento penale concerne reati contro il patrimonio, di cui sono sospettati F.________ e altri indagati in relazione con la raccolta di fondi mediante le società ricorrenti. Secondo le risultanze dell'inchiesta, emergerebbero sufficienti indizi riguardo a malversazioni commesse dagli indagati per rilevanti importi ottenuti da clienti cui erano stati promessi investimenti in realtà non effettuati. L'esistenza di sospetti di reato concreti e fondati, segnatamente a carico del principale indagato, non è di per sé posta in dubbio dalle ricorrenti, che insistono essenzialmente sulla mancanza di prove documentali riguardo a numerosi trasferimenti finanziari. Tenuto conto delle fattispecie oggetto dell'inchiesta, in particolare con riferimento alle modalità di raccolta dei fondi mediante operazioni finanziarie sui conti delle società, allo stadio attuale della procedura non è tuttavia possibile escludere una connessione tra i valori patrimoniali sequestrati e i reati prospettati. Certo, le indagini non hanno per il momento consentito di ricostruire completamente la traccia documentale di diversi trasferimenti bancari. Le esposte circostanze non consentono tuttavia, in questa fase procedurale, di escludere che i valori depositati sui conti bloccati vadano fatti risalire (perlomeno in parte) all'attività illecita oggetto dell'inchiesta. D'altra parte, adducendo a più riprese semplicemente l'attuale incertezza della provenienza dei fondi, le ricorrenti non dimostrano in modo chiaro e definitivo che, in concreto, un'eventuale confisca non entrerebbe manifestamente in discussione.
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Nemmeno l'apertura del fallimento nei confronti delle ricorrenti (art. 33 segg. LBCR), invero successiva al provvedimento ordinato dal PP, osta al sequestro. Come visto, un simile provvedimento può infatti colpire anche valori patrimoniali di una massa fallimentare, nella misura in cui siano destinati a garantire la confisca di valori originali o surrogati connessi con il reato (DTF 126 I 97 consid. 3d/dd). Pur tenendo conto del tempo trascorso, il fatto che il provvedimento cautelare litigioso possa comportare un prolungamento della liquidazione del fallimento non comporta la violazione del principio della proporzionalità. Spetterà comunque al magistrato inquirente, nel prosieguo dell'inchiesta, sulla base delle risultanze che saranno acquisite, verificare ulteriormente se permanga la probabilità di una confisca e se si giustifichi quindi il mantenimento del sequestro, eventualmente in misura parziale (DTF 128 I 129 consid. 3.1.3).
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3.
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Ne segue che, in quanto ammissibili, i ricorsi devono essere respinti. Vista la natura della controversia, si giustifica di non prelevare spese processuali (art. 66 cpv. 1 LTF).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Nella misura in cui sono ammissibili, i ricorsi sono respinti.
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2.
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Non si prelevano spese giudiziarie.
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3.
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Comunicazione ai rappresentanti delle ricorrenti, al Ministero pubblico, al Giudice dell'istruzione e dell'arresto e alla Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
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Losanna, 16 giugno 2008
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In nome della I Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: Il cancelliere:
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Féraud Gadoni
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