BGer 2C_746/2008 | |||
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BGer 2C_746/2008 vom 23.10.2008 | |
Bundesgericht
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Tribunal fédéral
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Tribunale federale
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{T 0/2}
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2C_746/2008 /biz
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Sentenza del 23 ottobre 2008
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II Corte di diritto pubblico
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Composizione
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Giudici federali Merkli, presidente,
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Müller e Donzallaz,
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cancelliere Bianchi.
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Parti
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A.________,
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ricorrente, patrocinata dall'avv. Yasar Ravi,
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contro
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Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino, via Lugano 4, 6501 Bellinzona,
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Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6500 Bellinzona.
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Oggetto
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rinnovo del permesso di dimora,
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ricorso in materia di diritto pubblico contro
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la sentenza emanata il 3 settembre 2008
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dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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Il 26 luglio 2006 la cittadina serbomontenegrina A.________ si è sposata a Pristina con il cittadino elvetico B.________ ed il 22 novembre seguente è entrata in Svizzera dove, per vivere con il marito, le è stato rilasciato un permesso di dimora annuale. Il 23 ottobre 2007 ha chiesto il rinnovo di tale permesso, indicando quale recapito l'indirizzo di una figlia di primo letto residente a Chiasso. Il marito ha da parte sua segnalato all'Ufficio regionale degli stranieri di vivere separato dalla consorte dal mese di luglio precedente. Interrogati al riguardo, i coniugi hanno dichiarato di essersi conosciuti soltanto alcuni giorni prima delle nozze e di aver incontrato difficoltà sin dai primi tempi di vita in comune. Il marito ha inoltre confermato la rottura del legame, mentre la moglie ha affermato di voler tornare a convivere.
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B.
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Sulla base di questi accertamenti, il 4 febbraio 2008 la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino ha respinto la domanda di rinnovo del permesso di dimora. Su ricorso, tale decisione è stata confermata dal Consiglio di Stato, il 30 aprile 2008, e quindi dal Tribunale cantonale amministrativo, con sentenza del 3 settembre 2008.
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C.
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Il 9 ottobre 2008 A.________ ha inoltrato un ricorso al Tribunale federale, con cui, oltre alla concessione dell'assistenza giudiziaria, chiede di annullare la decisione del Tribunale cantonale amministrativo e di rinnovarle il permesso di dimora. Non sono state chieste osservazioni sul gravame.
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Diritto:
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1.
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Considerato che è tuttora formalmente coniugata con un cittadino svizzero, la ricorrente ha di principio diritto al rilascio e alla proroga del permesso di dimora in base all'art. 7 cpv. 1, 1a frase LDDS (RU 1991 1042), applicabile in virtù dell'art. 126 cpv. 1 LStr (RS 142.20). La fattispecie non ricade quindi sotto la clausola dell'art. 83 lett. c n. 2 LTF ed il ricorso in materia di diritto pubblico risulta perciò ammissibile.
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2.
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Il diritto alla proroga del permesso di dimora del coniuge straniero di un cittadino svizzero non sussiste se il matrimonio è stato contratto per eludere le prescrizioni in materia di soggiorno degli stranieri (art. 7 cpv. 2 LDDS) oppure se, indipendentemente da queste finalità iniziali, il richiamo all'art. 7 cpv. 1 LDDS costituisce comunque un abuso di diritto (DTF 131 II 265 consid. 4.1; 128 II 145 consid. 2.1). Ciò è in particolare il caso se il coniuge straniero, allo scopo di ottenere il rinnovo del suo permesso di soggiorno, invoca un matrimonio esistente ormai solo dal profilo formale, ovvero un legame in cui è intervenuta una rottura definitiva, senza alcuna possibilità di riconciliazione. Le cause e i motivi all'origine di questa rottura non sono determinanti (DTF 130 II 113 consid. 4.2; 128 II 145 consid. 2.2 e 3.4).
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3.
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3.1 Nella fattispecie, al di là che è stato organizzato dalla figlia dell'insorgente e contratto senza alcuna frequentazione preliminare tra i coniugi, il matrimonio ha dato adito a difficoltà e contrasti sin dalle prime settimane dopo l'arrivo in Svizzera della moglie, il 22 novembre 2006. Tant'è vero che, come osservato nel gravame, la ricorrente, per timore del marito, ha richiesto l'intervento della polizia già il 4 dicembre 2006 e poi ancora il 10 febbraio 2007. Dopo questo secondo episodio, si è trasferita una prima volta presso la figlia ed ha promosso una procedura giudiziaria a tutela dell'unione coniugale. In seguito vi sono stati vari tentativi di riappacificazione, rivelatisi però di breve durata. Nell'estate del 2007 la vita in comune è poi stata definitivamente interrotta.
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3.2 L'insorgente sottolinea in particolare che la responsabilità della disunione sarebbe integralmente del marito, il quale, oltre a non aver mai provveduto al suo sostentamento, sarebbe dedito al consumo di alcool e, se ubriaco, diventerebbe violento. Sennonché, come esposto, le ragioni che conducono alla rottura del legame affettivo, sotto il profilo dell'art. 7 LDDS, non sono determinanti. Decisivo è unicamente il fatto che, a differenza della volontà espressa dalla moglie, il marito non ha con tutta evidenza alcuna intenzione di riprendere la vita coniugale. Del resto, i coniugi abitano separati da ormai ben più di un anno. Di conseguenza, anche ammesso che al momento delle nozze essi fossero entrambi animati da sinceri propositi matrimoniali, nel seguito si è in ogni caso creata una profonda rottura ed allo stadio attuale non vi sono assolutamente più prospettive di riconciliazione. In queste circostanze, il richiamo al matrimonio per ottenere il rinnovo del permesso di dimora risulta manifestamente abusivo.
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4.
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Gli ulteriori argomenti addotti dalla ricorrente non permettono di giungere a conclusioni differenti.
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4.1 In effetti, la Corte cantonale ha a giusta ragione rinunciato a richiamare gli incarti relativi agli interventi della polizia ed alle procedure promosse in Pretura nonché ad esperire l'audizione degli agenti e del Pretore. Tali prove erano infatti volte a comprovare i motivi alla base della separazione, che nell'ottica del diritto a soggiornare in Svizzera sono tuttavia irrilevanti. L'apprezzamento anticipato delle prove offerte operato dall'autorità precedente (cfr. DTF 131 I 153 consid. 3; 130 II 425 consid. 2.1) resiste pertanto alle critiche.
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4.2 La procedura svolta in sede cantonale non appare nemmeno in altro modo lesiva del diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.) e delle altre garanzie genericamente invocate. La ricorrente è infatti stata informata che l'interrogatorio di polizia si rendeva necessario per chiarire i rapporti coniugali. D'altronde ella era certamente consapevole di essere stata autorizzata a risiedere in Svizzera a seguito del suo matrimonio. Non poteva quindi ignorare che sarebbe stata interpellata su questo aspetto e che la fine del legame avrebbe potuto comportare il diniego del permesso. L'autorità di prime cure non aveva inoltre alcun obbligo di prospettarle preventivamente l'esito che intendeva riservare alla domanda di rinnovo. In ogni caso, un'eventuale violazione del diritto di essere sentita commessa in tale contesto risulterebbe sanata in sede ricorsuale, dove l'interessata ha potuto far valere le proprie ragioni dinanzi ad autorità dotate di pieno potere di cognizione (cfr. DTF 134 I 140 consid. 5.5; 129 I 129 consid. 2.2.3).
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4.3 Da ultimo, la ricorrente si appella a torto all'art. 50 LStr, non solo perché tale norma è inapplicabile per ragioni temporali (cfr. consid. 1), ma anche perché nemmeno in virtù della medesima avrebbe diritto all'autorizzazione di soggiorno. In effetti, è vero che l'art. 50 LStr può conferire il diritto alla proroga del permesso di dimora al coniuge che è stato vittima di violenza nel matrimonio. Tuttavia occorre altresì che la reintegrazione sociale nel paese d'origine risulti fortemente compromessa (art. 50 cpv. 2 LStr). Nel caso concreto, quest'ultima condizione non sarebbe comunque adempiuta. La ricorrente è infatti giunta in Svizzera all'età di 62 anni e vi vive da meno di due. Ella non avrebbe quindi problemi a riadattarsi alle condizioni di vita nel suo paese d'origine. Inoltre nemmeno pretende che incontrerebbe particolari difficoltà di reinserimento nella famiglia e nella società proprio a causa del fallimento del suo matrimonio con un cittadino svizzero (Messaggio dell'8 marzo 2002 relativo alla legge federale sugli stranieri, FF 2002 3370 seg., n. 1.3.7.6). Sotto l'imperio della nuova normativa, la situazione giuridica della ricorrente non sarebbe pertanto differente da quella qui esaminata (cfr. art. 42 cpv. 1 e 51 cpv. 1 lett. a LStr).
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5.
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5.1 In base alle considerazioni che precedono - e rinviando per il resto alle pertinenti argomentazioni della sentenza impugnata (cfr. art. 109 cpv. 3 LTF) - il gravame si avvera dunque manifestamente infondato e può perciò essere respinto secondo la procedura prevista dall'art. 109 cpv. 2 lett. a LTF.
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5.2 Considerato che l'impugnativa era sin dall'inizio priva di ogni possibilità di successo, anche la domanda di assistenza giudiziaria e gratuito patrocinio deve essere respinta (art. 64 LTF). La stessa conclusione vale in riferimento alla procedura in sede cantonale. Le spese giudiziarie vanno poste a carico della ricorrente, secondo soccombenza (art. 65 e 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Il ricorso è respinto.
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2.
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La domanda di assistenza giudiziaria è respinta.
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3.
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Le spese giudiziarie di fr. 1'500.-- sono poste a carico della ricorrente.
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4.
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Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, alla Sezione dei permessi e dell'immigrazione, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale della migrazione.
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Losanna, 23 ottobre 2008
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In nome della II Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: Il cancelliere:
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Merkli Bianchi
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