BGer 4A_260/2008 | |||
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BGer 4A_260/2008 vom 17.11.2008 | |
Bundesgericht
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Tribunal fédéral
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Tribunale federale
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{T 0/2}
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4A_260/2008
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Sentenza del 17 novembre 2008
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I Corte di diritto civile
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Composizione
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Giudici federali Corboz, presidente,
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Klett, Rottenberg Liatowitsch,
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cancelliera Gianinazzi.
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Parti
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A.A.________,
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B.A.________,
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ricorrenti,
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patrocinati dall'avv. dott. Gianmaria Bianchetti,
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contro
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Banca C.________,
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opponente,
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patrocinato dagli avv. Luca Marcellini e Gianluca Generali.
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Oggetto
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contratto di mandato, responsabilità della banca,
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ricorso in materia civile contro la sentenza emanata
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il 14 aprile 2008 dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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Dal 1982 A.A.________ e B.A.________ sono titolari di una relazione bancaria denominata xxx, prima presso la banca D.________ e poi presso la banca C.________, che ne ha ripreso l'attività; della relazione bancaria si è sempre occupato il medesimo funzionario.
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B.
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L'attuale controversia trae origine da un'operazione finanziaria avvenuta tra il marzo e il giugno 2000, avente per oggetto l'acquisto di titoli obbligazionari della Repubblica Argentina per un importo di Euro 600'000.--, il cui rimborso è poi stato sospeso a causa del default dello Stato argentino.
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B.a Rimproverando alla banca di non aver gestito il loro patrimonio con la necessaria diligenza, il 6 giugno 2006 A.A.________ e B.A.________ hanno convenuto la banca C.________, succursale di Lugano, direttamente dinanzi al Tribunale d'appello del Cantone Ticino onde ottenere il risarcimento del danno subito in esito all'operazione sopra descritta, di complessivi fr. 733'692.90, da cui vanno dedotti Euro 73'095.--, pari agli interessi maturati e versati sulle citate obbligazioni.
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La banca ha negato ogni responsabilità siccome non incaricata della gestione del conto degli attori, i quali hanno personalmente deciso e ordinato l'acquisto delle obbligazioni argentine.
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B.b Con sentenza del 14 aprile 2008, intimata il 17 aprile seguente, la II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino ha integralmente respinto la petizione.
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In assenza di un formale mandato di gestione a favore della banca, i giudici cantonali hanno stabilito che toccava agli attori, gravati dall'onere probatorio, dimostrare che il loro conto veniva gestito autonomamente dalla banca e/o che l'acquisto delle obbligazioni argentine era avvenuto su iniziativa di questa. Non avendo essi fornito alcuna prova al riguardo, la Corte ticinese ha negato di poter imputare alla banca una responsabilità per il danno subito dai clienti.
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La stessa conclusione si imporrebbe - hanno aggiunto i giudici del Tribunale d'appello - anche applicando il principio giurisprudenziale che impone eccezionalmente l'obbligo della banca di informare il cliente se riconosce che questi non era consapevole del rischio insito in un determinato investimento o se tra loro è venuta in essere una particolare relazione di fiducia a causa del prolungato rapporto contrattuale, giacché gli attori non erano privi di conoscenze bancarie e la composizione del loro portafoglio indicava una certa propensione al rischio; inoltre, nel marzo 2000 l'operazione non appariva come manifestamente irragionevole. Nessun rimprovero può infine essere mosso alla banca per non aver informato gli attori del declassamento dei titoli nel marzo 2001, poiché un tale obbligo - insieme all'obbligo di intervenire per garantire il patrimonio del cliente - esiste solo in presenza di un mandato di gestione.
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C.
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Contro questa decisione A.A.________ e B.A.________ sono insorti, il 26 maggio 2008, dinanzi al Tribunale federale con un ricorso in materia civile tendente alla modifica della sentenza cantonale nel senso dell'accoglimento della petizione per l'importo di fr. 624'050.40, oltre interessi del 5 % dal 31 gennaio 2005.
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Con risposta del 7 luglio 2008 la banca C.________, contestata l'ammissibilità del ricorso sotto il profilo della motivazione, ha proposto di respingerlo nel merito. L'autorità cantonale ha invece rinunciato a presentare osservazioni.
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Diritto:
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1.
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Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sulla propria competenza e sull'ammissibilità del rimedio esperito (art. 29 cpv. 1 LTF; DTF 133 III 462 consid. 2, 629 consid. 2).
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1.1 Considerato il domicilio italiano dei ricorrenti, la controversia presenta un aspetto internazionale, che impone al Tribunale federale di verificare d'ufficio e con pieno potere d'esame il diritto applicabile (DTF 130 III 417 consid. 2).
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Giusta l'art. 116 cpv. 1 LDIP il contratto è regolato dal diritto scelto dalle parti. Se le parti non hanno scelto il diritto applicabile, il contratto è regolato dal diritto dello Stato con il quale è più strettamente connesso (art. 117 cpv. 1 LDIP), ovvero quello in cui la parte che deve eseguire la prestazione caratteristica ha la dimora abituale o la stabile organizzazione (art. 117 cpv. 2 LDIP).
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Nella fattispecie, non è dato di sapere se le parti - che, come l'autorità giudiziaria ticinese, danno per scontata l'applicabilità del diritto federale privato svizzero - abbiano operato una scelta di diritto a favore di questa normativa. Sia come sia, in assenza di una scelta a favore di un diritto diverso torna senz'altro applicabile il diritto elvetico, visto che nei contratti di mandato e di prestazione di servizi la "prestazione caratteristica" è la prestazione del servizio (art. 117 cpv. 3 lett. c LDIP), che in concreto è stata fornita da una banca con sede in Svizzera.
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1.2 Interposto tempestivamente (art. 100 cpv. 1 LTF) dalla parte soccombente in sede cantonale (art. 76 cpv. 1 lett. a LTF) contro una decisione finale (art. 90 LTF) pronunciata dall'autorità ticinese di ultima istanza (art. 75 cpv. 1 LTF) in una causa civile di carattere pecuniario il cui valore litigioso supera fr. 30'000.-- (art. 74 cpv. 1 let. b LTF), il ricorso in materia civile risulta ricevibile, perlomeno sotto questo profilo.
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2.
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Come preannunciato, nella risposta al gravame l'opponente ne contesta l'ammissibilità a causa della motivazione. L'opponente rileva infatti che i ricorrenti non adducono le eventuali violazioni del diritto in cui sarebbero incorsi i giudici ticinesi né tantomeno indicano quali sarebbero gli accertamenti manifestamente inesatti contenuti nella sentenza impugnata; essi si limitano a proporre una diversa valutazione della fattispecie, ciò che dimostra il carattere appellatorio delle loro critiche.
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Le perplessità espresse dall'opponente in merito alla motivazione dell'impugnativa sono pertinenti.
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2.1 È vero che il Tribunale federale esamina d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, l'atto di ricorso deve contenere le conclusioni della parte ricorrente e i motivi su cui esse si fondano. Occorre spiegare in maniera concisa perché l'atto impugnato violi il diritto federale. La motivazione dev'essere riferita all'oggetto del litigio, in modo che si capisca perché e su quali punti la decisione contestata è impugnata (DTF 133 IV 286 consid. 1.4).
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Le esigenze di motivazione sono più severe quando viene fatta valere la violazione di diritti fondamentali e di disposizioni del diritto cantonale: il Tribunale federale esamina simili censure soltanto se il ricorrente le solleva e motiva (art. 106 cpv. 2 LTF) in modo analogo a quanto l'art. 90 cpv. 1 lett. b OG imponeva per il ricorso di diritto pubblico (DTF 133 III 638 consid. 2).
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2.2 Ora, nel loro allegato i ricorrenti omettono, effettivamente, di indicare quali sarebbero le norme di diritto violate dalla decisione impugnata. Dal tenore dei loro argomenti risulta tuttavia chiaramente ch'essi intendono prevalersi della violazione delle norme sulla diligenza e fedeltà che incombono alla banca (art. 398 cpv. 2 CO) e questo basta per ammettere il ricorso in materia civile. Conformemente alla giurisprudenza sviluppata sotto l'egida dell'OG per il ricorso per riforma, applicabile anche al ricorso in materia civile (DTF 133 IV 286 consid. 1.4), non è infatti indispensabile che le norme del diritto privato federale vengano esplicitamente menzionate; è sufficiente ch'esse possano venire determinate chiaramente sulla scorta del contenuto dell'allegato ricorsuale (DTF 121 III 397 consid. 2a).
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2.3 Il difetto principale del documento sottoposto all'esame del Tribunale federale risiede piuttosto nella fattispecie addotta dai ricorrenti per giustificare l'asserita violazione del diritto, giacché essa differisce in ampia misura da quella accertata nella sentenza impugnata.
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2.3.1 Giovi allora rammentare che, in linea di principio, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF); può scostarsene solo se è stato svolto in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art. 105 cpv. 2 LTF). L'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza impugnata può essere impugnato alle stesse condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF). Tocca alla parte che propone una fattispecie diversa da quella contenuta nella sentenza impugnata il compito di esporre in maniera circostanziata il motivo che la induce a ritenere adempiute queste condizioni.
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2.3.2 La definizione di "manifestamente inesatto" corrisponde a quella di arbitrario (DTF 133 II 249 consid. 1.2.2 pag. 252) e configura dunque a sua volta una violazione di un diritto fondamentale (art. 9 Cost.; DTF 134 IV 36 consid. 1.4.1 pag. 39). La corrispondente censura deve pertanto ossequiare i requisiti di motivazione posti dall'art. 106 cpv. 2 LTF.
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In applicazione di questa norma, il Tribunale federale esamina la pretesa violazione di diritti fondamentali soltanto se tale censura è stata espressamente invocata e motivata. Come già sotto l'egida dell'art. 90 cpv. 1 lit. b OG, le cui esigenze restano determinanti per le censure sottoposte al principio dell'allegazione secondo l'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 133 III 638 consid. 2 pag. 639), il ricorrente che lamenta una violazione del divieto d'arbitrio non può limitarsi a criticare la decisione impugnata come in una procedura d'appello, dove l'autorità di ricorso gode di cognizione libera, opponendo semplicemente la propria opinione a quella dell'autorità cantonale, bensì deve dimostrare, attraverso un'argomentazione chiara e dettagliata, che la decisione impugnata è manifestamente insostenibile (DTF 133 III 585 consid. 4.1 p. 589; 130 I 258 consid. 1.3 p. 262).
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Per giurisprudenza invalsa, infatti, l'arbitrio non si realizza già qualora la soluzione proposta con il ricorso possa apparire sostenibile o addirittura migliore rispetto a quella contestata; il Tribunale federale annulla la pronunzia criticata per violazione dell'art. 9 Cost. solo se il giudice del merito ha emanato un giudizio che appare - e ciò non solo nella sua motivazione bensì anche nell'esito - manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con la situazione reale, gravemente lesivo di una norma o di un principio giuridico chiaro e indiscusso oppure in contraddizione urtante con il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 132 III 209 consid. 2.1 con rinvii).
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Con riferimento, più in particolare, all'apprezzamento delle prove e all'accertamento dei fatti, il giudice - il quale in questo ambito dispone di un ampio margine di apprezzamento - incorre nell'arbitrio se misconosce manifestamente il senso e la portata di un mezzo di prova, se omette senza valida ragione di tener conto di un elemento di prova importante, suscettibile di modificare l'esito della vertenza, oppure se ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 129 I 8 consid. 2.1).
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2.4 In concreto, come osservato dall'opponente, i ricorrenti criticano in larga misura l'apprezzamento delle prove e l'accertamento dei fatti su cui si fonda la sentenza impugnata, senza tuttavia ossequiare i principi appena esposti. Come verrà esposto nei successivi considerandi, invece di sostanziare l'arbitrio essi si limitano infatti a contrapporre la loro valutazione del materiale probatorio a quella effettuata in sede cantonale, come se il Tribunale federale fosse un'autorità di appello che riesamina liberamente i fatti e il diritto.
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Questo rende il gravame in gran parte inammissibile.
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3.
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Come già spiegato nei considerandi dedicati all'esposizione della fattispecie, nella sua pronunzia il Tribunale d'appello ha escluso un obbligo d'informazione a carico della banca perché i ricorrenti non le avevano affidato un formale mandato di gestione e dall'istruttoria non è emerso che ciò sia avvenuto per atti concludenti. Per quanto concerne invece le obbligazioni argentine, l'istruttoria non ha chiarito la questione di sapere chi ne abbia voluto e ordinato l'acquisto. A fronte dell'affermazione dei ricorrenti secondo cui sarebbe stata la banca a decidere rispettivamente a consigliare questa operazione, il consulente bancario che seguiva il loro conto, sentito quale teste, ha infatti riferito che l'acquisto dei titoli argentini "venne fatto su istruzione dei signori A.________".
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3.1 Le critiche rivolte dai ricorrenti contro l'attendibilità di questo testimone sono - così come formulate - inammissibili. Essi non solo omettono di prevalersi esplicitamente della violazione del divieto dell'arbitrio nell'apprezzamento delle prove, sancito dall'art. 9 Cost., ma nemmeno forniscono alcun elemento concreto suscettibile di mettere in dubbio la credibilità del teste, alle cui dichiarazioni comunque - contrariamente a quanto preteso nel gravame - i giudici cantonali non hanno attribuito un'importanza decisiva, ritenuto ch'essi hanno specificato che "volendo anche dimenticare la testimonianza di E.________ non vi sono prove che supportano le tesi di fatto, generanti eventuali responsabilità della banca, affermate dagli attori".
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Non si può infine non rilevare l'atteggiamento contraddittorio dei ricorrenti - evidenziato anche dall'opponente - i quali, pur contestando l'attendibilità di questo teste, non esitano a richiamarsi alle sue affermazioni per dimostrare l'esistenza di un particolare rapporto di fiducia fra le parti in causa.
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3.2 I ricorrenti rimproverano infatti alla Corte cantonale di non aver tenuto nella debita considerazione il rapporto di "estrema fiducia" instauratosi fra loro e il consulente bancario sin dagli anni settanta, in virtù del quale, anche in assenza di un mandato di gestione patrimoniale, tenuto conto del fatto che l'investimento auspicato interessava il 44 % dell'importo complessivo depositato sul noto conto, la banca avrebbe in ogni caso dovuto avvisarli dei rischi di perdita insiti nell'operazione auspicata.
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3.2.1 È opportuno rammentare che secondo la giurisprudenza - pertinentemente richiamata dal Tribunale d'appello - la banca alla quale, come nel caso concreto, non è stato affidato un mandato di gestione patrimoniale, bensì unicamente l'incarico di eseguire gli ordini puntuali del cliente, non è tenuta a salvaguardarne gli interessi in maniera generale. In linea di massima essa deve fornire informazioni al cliente solamente se così richiesta e l'estensione di tale dovere dipende dalle conoscenze e dall'esperienza del mandante: se questi è consapevole dei rischi insiti nell'operazione auspicata non è necessaria alcuna informazione. Fa eccezione il caso in cui la banca si è accorta o avrebbe dovuto accorgersi che il cliente non era consapevole dei rischi assunti così come quello in cui il cliente poteva legittimamente aspettarsi - visto il particolare rapporto di fiducia instauratosi con il tempo - che la banca, seppur non richiesta, lo avrebbe avvertito dei rischi connessi all'operazione (DTF 133 III 97 consid. 7.1 pag. 102 seg. con rinvii).
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3.2.2 Nella sentenza impugnata l'autorità ticinese non ha effettivamente attribuito particolare importanza all'asserito rapporto di fiducia esistente fra le parti. I giudici del Tribunale d'appello hanno piuttosto reputato decisive le seguenti circostanze: le conoscenze bancarie di cui disponevano i ricorrenti; la composizione del loro portafoglio all'epoca dei fatti controversi, che indicava una certa propensione al rischio, dal momento che erano presenti, ad esempio, titoli emessi dallo Stato messicano, con un interesse superiore a quello delle obbligazioni argentine e sulla cui solvibilità si potevano emettere delle riserve; infine, il fatto che nel marzo 2000 l'acquisto delle obbligazioni argentine non appariva come manifestamente irragionevole poiché le agenzie di rating le classificavano con la valutazione "BB".
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3.2.3 I ricorrenti contestano recisamente la tesi secondo la quale essi disporrebbero di conoscenze bancarie e di un'esperienza tali da poterli ritenere consapevoli dei rischi incorsi con l'acquisto delle obbligazioni argentine. La ricorrente è una casalinga e il ricorrente non può essere considerato un esperto del settore bancario solo perché prima del pensionamento svolgeva la professione di commercialista. Non è inoltre possibile dedurre una loro propensione al rischio dalla presenza, nel loro portafoglio, di titoli emessi dallo Stato messicano, visto che questi investimenti interessavano importi molto inferiori a quelli coin-volti nelle obbligazioni argentine, così come non si può dedurre dal trasferimento della residenza del ricorrente in Messico - successivo ai citati investimenti - una conoscenza del mercato sudamericano.
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3.2.4 Così come formulati, questi argomenti non possono essere di nessun aiuto ai ricorrenti.
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A prescindere dal fatto che, ancora una volta, omettono di prevalersi esplicitamente di un'apprezzamento arbitrario del materiale probatorio, essi sembrano infatti dimenticare che chi lamenta una violazione del divieto dell'arbitrio, sancito dall'art. 9 Cost., non può limitarsi a criticare la decisione impugnata come in una procedura d'appello (cfr. quanto esposto al consid. 2.3).
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Gli argomenti addotti nel gravame non fanno comunque apparire manifestamente insostenibile la valutazione della Corte cantonale, secondo la quale i ricorrenti non potevano dirsi privi di conoscenze bancarie e la composizione del loro portafoglio indicava ch'essi erano pronti ad effettuare investimenti comportanti un certo rischio. Lo stesso vale per l'affermazione generica dei ricorrenti secondo cui sarebbe arbitrario sostenere che nel marzo 2000 l'acquisto delle obbligazioni argentine non appariva come manifestamente irragionevole poiché le agenzie di rating le classificavano con la valutazione "BB".
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3.3 Nelle circostanze appena descritte, i ricorrenti non possono seriamente pretendere che il loro caso sarebbe identico a quello esaminato dal Tribunale federale nella sentenza del 2 aprile 2007 (SJ 2007 I pag. 499, 4C.385/2006), in cui una coppia di pensionati sprovvisti di conoscenze nel settore bancario e borsistico aveva spostato le proprie economie da una banca a un'altra per seguire il proprio consulente di fiducia, il quale, pur non occupandosi più personalmente del loro conto, continuava a incontrarli regolarmente per discutere dell'evoluzione del loro dossier e doveva pertanto sapere ch'essi non erano consci dei rischi in cui incorrevano con l'operazione all'origine della controversia.
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3.4 Da tutto quanto esposto discende che la decisione dell'autorità cantonale di negare una violazione dell'obbligo di diligenza e fedeltà della banca per non aver informato i ricorrenti dei rischi connessi all'acquisto delle obbligazioni argentine risulta conforme al diritto federale e alla giurisprudenza. Le conoscenze e l'esperienza dei ricorrenti la dispensavano in effetti da un tale obbligo e questo anche in presenza dell'asserito rapporto di fiducia, visto che nel marzo 2000 l'investimento non sembrava presentare rischi superiori a quelli usualmente e consapevolmente da loro assunti.
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3.5 La decisione impugnata merita tutela anche laddove nega una responsabilità della banca per non aver comunicato ai ricorrenti il declassamento dei titoli nel 2001 poiché, effettivamente, un obbligo in tal senso presupponeva un mandato di gestione patrimoniale che in concreto non esisteva.
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4.
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Il gravame è destinato all'insuccesso anche laddove i ricorrenti asseverano che, non avendo "l'istruttoria comprovato l'esistenza di ordini scritti o controfirmati dei clienti" si deve ritenere che l'"ordine di acquisto sia stato effettivamente eseguito dietro consiglio e iniziativa del consulente bancario", indi per cui l'opponente sarebbe in ogni caso tenuta a rispondere del danno derivante dall'acquisto delle obbligazioni argentine.
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Nella misura in cui l'istruttoria non ha chiarito chi abbia voluto e ordinato l'acquisto dei titoli - come ammesso in pratica anche nell'impugnativa - la decisione dei giudici ticinesi di far sopportare ai ricorrenti, gravati dall'onere probatorio (art. 8 CC), le conseguenze dell'assenza di prove a questo riguardo, è conforme al diritto federale (DTF 128 III 271 consid. 2a/aa pag. 273). La ripartizione dell'onere probatorio e le sue conseguenze non sono d'altro canto contestate.
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5.
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I ricorrenti non hanno miglior fortuna quando criticano l'ammontare delle ripetibili concesse alla controparte. A loro dire i giudici ticinesi, applicando l'art. 9 della Tariffa dell'Ordine degli Avvocati del Cantone Ticino (TOA), in vigore fino al 31 dicembre 2007, avrebbero riconosciuto all'opponente un'indennità per ripetibili (fr. 28'000.--) pari alla percentuale inferiore del 4 % prevista per valori di causa compresi tra fr. 500'000.-- e fr. 1'500'000.--, riferendosi erroneamente a un valore di lite di fr. 700'000.--, invece che di fr. 624'050.40. "Riconoscendo un importo che può superare il plausibile onorario dei patrocinatori", conclude il ricorso, la decisione appare "manifestamente errata, ai limiti dell'arbitrario".
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La censura risulta d'acchito inammissibile per carente motivazione. Trattandosi di una questione attinente all'applicazione di norme del diritto cantonale, che non rientrano fra quelle contemplate dall'art. 95 LTF, i ricorrenti avrebbero infatti dovuto invocarne la violazione nell'ottica del divieto d'arbitrio o della violazione di un altro diritto costituzionale (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 133 III 462 consid. 2.3 pag. 466), secondo le modalità descritte ai consid. 2.1 e 2.3.2.
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A titolo abbondanziale, si osserva che la sentenza impugnata non spiega su quali norme sia basato il calcolo dell'indennità per ripetibili. Vale inoltre la pena di ricordare che nell'applicazione della tariffa le autorità cantonali fruiscono di un margine di discrezionalità assai vasto e che, come ben rilevato dall'opponente nella risposta al ricorso, l'art. 12 lett. c TOA prevedeva la possibilità di aumentare l'onorario di cui all'art. 9 TOA qualora, come nella fattispecie, la causa fosse stata portata direttamente in appello. Questo induce ad escludere la possibilità di ritenere arbitraria la decisione cantonale su questo punto.
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6.
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In conclusione, il ricorso dev'essere respinto nella misura in cui è ammissibile.
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Le spese giudiziarie e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 e 68 cpv. 1 e 2 LTF).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
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2.
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Le spese giudiziarie di fr. 8'500.-- sono poste a carico dei ricorrenti, in solido, con l'obbligo di rifondere all'opponente, sempre con vincolo di solidarietà, fr. 9'500.-- a titolo di ripetibili della sede federale.
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3.
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Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
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Losanna, 17 novembre 2008
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In nome della I Corte di diritto civile
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: La cancelliera:
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Corboz Gianinazzi
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