BGer 5A_569/2009 | |||
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BGer 5A_569/2009 vom 10.11.2009 | |
Bundesgericht
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Tribunal fédéral
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Tribunale federale
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{T 0/2}
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5A_569/2009
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Sentenza del 10 novembre 2009
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II Corte di diritto civile
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Composizione
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Giudici federali Hohl, Presidente,
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Escher, Marazzi,
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Cancelliere Piatti.
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Parti
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C.________, rappresentato dalla curatrice
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avv. Marianne Galli-Widmer,
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ricorrente,
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contro
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1. B.________,
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patrocinato dall'avv. Patrizia Casoni Delcò
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2. A.________,
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patrocinata dagli avv.ti Luigi Mattei e Alessia Dolci,
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opponenti.
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Oggetto
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rapimento di minorenni,
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ricorso contro la sentenza emanata il 21 agosto 2009 dalla I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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A.a C.________ è nato il 25 marzo 2008 a Belgrado dall'unione di A.________ e B.________, che si erano sposati in tale città l'8 novembre precedente. Nell'ottobre 2008 A.________ ha lasciato con l'infante il domicilio coniugale di Belgrado, si è trasferita in Ticino nell'abitazione paterna e ha adito il Pretore del distretto di Riviera con un'istanza di protezione dell'unione coniugale. Il mese seguente ella ha domandato il divorzio con un'azione unilaterale. Il 18 dicembre 2008 B.________ ha dal canto suo promosso a Belgrado un'identica azione. Il 31 dicembre 2008 egli si è rivolto al Ministero di giustizia della Repubblica di Serbia per ottenere il ritorno immediato del figlio in base alla Convenzione dell'Aia sugli aspetti civili del rapimento internazionale di minori del 25 ottobre 1980 (CArap; RS 0.211.230.02) e ha nel contempo contattato un legale in Ticino.
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A.b Il 22 gennaio 2009 B.________ ha chiesto all'autorità di vigilanza sulle tutele del Cantone Ticino di ordinare in applicazione della CArap l'immediato ritorno del figlio. Dopo aver emanato provvedimenti cautelari e convocato le parti ad un'udienza a cui A.________ non si è presentata perché assente in Norvegia, la predetta autorità ha accolto il 10 marzo 2009 la richiesta di rientro e ha posto entrambi i genitori al beneficio dell'assistenza giudiziaria.
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B.
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A.________ ha impugnato tale decisione con appello del 31 marzo 2009 alla I Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino. Atteso che il 1° luglio 2009 è entrata in vigore la legge federale sul rapimento internazionale dei minori e sulle Convenzioni dell'Aia sulla protezione dei minori e degli adulti (LF-RMA; RS 211.222.32), la predetta Camera ha designato una mediatrice incaricata di tentare una conciliazione - fallita - fra i coniugi e ha nominato l'avv. Marianne Galli-Widmer quale curatrice di rappresentanza del minore. Dopo aver tenuto un'udienza alla personale presenza dei coniugi e della curatrice e aver respinto la richiesta dell'appellante di allestire una perizia psicologica e psichiatrica sulle capacità parentali di entrambi i genitori, la Corte cantonale ha confermato la decisione dell'autorità di vigilanza e ha ordinato alla madre di assicurare entro il 30 settembre 2009 il ritorno del figlio C.________ a Belgrado dal padre.
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Accertata l'applicabilità della CArap alla fattispecie, ritenuto in particolare che la madre trattiene il figlio in Ticino in violazione della custodia che compete anche al marito, la Corte cantonale ha negato che un ritorno in Serbia metterebbe il bambino in una situazione intollerabile nel senso degli art. 13 cpv. 1 lett. b CArap e 5 LF-RMA. I giudici cantonali hanno considerato che la madre ha la possibilità materiale di ritornare e soggiornare a Belgrado, atteso segnatamente che agli atti vi è una dichiarazione scritta in cui B.________ si impegna a lasciare gratuitamente a disposizione della moglie e del figlio l'appartamento coniugale, nonché di assumersi le loro "spese di vita". A comprova di quest'ultimo impegno l'Ufficio federale di giustizia ha pure trasmesso una dichiarazione bancaria circa l'importo disponibile su un conto del padre del bambino. I giudici cantonali hanno pure reputato che nessuna circostanza concreta induce a credere che una volta in Serbia, A.________ debba scontare conseguenze penali.
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C.
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C.a Contro la sentenza di appello è insorto, oltre a A.________, anche C.________ tramite la sua curatrice. Con il suo ricorso in materia civile 4 settembre 2009 postula, previo conferimento dell'effetto sospensivo, l'annullamento della sentenza cantonale e la reiezione dell'istanza del padre. Nei motivi chiede in via subordinata il rinvio dell'incarto all'istanza inferiore, affinché essa proceda agli accertamenti previsti dalla legge e all'audizione personale delle parti. Dopo aver narrato e completato i fatti, afferma che la Corte cantonale avrebbe violato l'art. 13 cpv. 1 lett. b CArap e l'art. 5 LF-RMA, perché un suo collocamento presso il padre - che non può e non vuole occuparsi di lui - non tutela il suo bene, perché in Serbia la madre rischierebbe di essere vittima di condanne e rappresaglie, e perché in considerazione della sua tenera età il collocamento presso terzi non corrisponde manifestamente al suo interesse. Rimprovera inoltre alla Corte cantonale di aver completamente ignorato il referto allestito da una psicologa specializzata in psicoterapia della famiglia in cui viene descritto il rischio a cui verrebbe esposto nel caso di un - repentino - ritorno in Serbia. Ritiene altresì violato l'art. 9 cpv. 1 LF-RMA, perché non sarebbe stata effettuata un'istruttoria e perché le parti non sarebbero state ascoltate personalmente in occasione dell'unica udienza tenuta dalla Corte di appello. Quest'ultima avrebbe poi disatteso l'art. 10 cpv. 2 LF-RMA, perché essa non si sarebbe informata sulle condizioni di accoglienza nel luogo in cui egli dovrà vivere dopo il ritorno. Lamenta pure che, contrariamente a quanto previsto dall'art. 11 LF-RMA, non sarebbero nemmeno state stabilite misure d'esecuzione.
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C.b A.________ non ha presentato un allegato di risposta, ma ha dichiarato nel suo ricorso 9 settembre 2009 di pienamente condividere le allegazioni ricorsuali contenute nel rimedio allestito dalla curatrice.
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Con risposta 18 settembre 2009 B.________ propone invece la reiezione del ricorso in materia civile, la conferma della sentenza impugnata e chiede il rimpatrio del figlio entro 30 giorni dall'emanazione della sentenza del Tribunale federale, nonché di essere posto al beneficio dell'assistenza giudiziaria e del gratuito patrocinio nel senso dell'art. 26 CArap. Egli afferma di aver accudito il neonato per diversi mesi e si dichiara pure disposto, qualora ciò dovesse essere necessario, di occuparsi da solo del figlioletto e di poter essere aiutato in questo compito dalla nonna e dalla zia paterna di C.________. In ogni caso la moglie è libera di tornare in Serbia con il piccolo, l'appartamento coniugale essendo a sua disposizione con un contributo alimentare. Afferma che nel ricorso la procedura di ritorno viene confusa con quella di merito concernente l'affidamento del figlio.
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C.c Con decreto del 30 settembre 2009, dopo aver rilevato che le parti non si oppongono alla pronuncia di una misura d'urgenza, la Presidente della II Corte di diritto civile ha conferito effetto sospensivo al ricorso.
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Diritto:
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1.
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1.1 La sentenza impugnata è una decisione finale emanata dall'autorità cantonale di ultima istanza (art. 75 cpv. 1 e art. 90 LTF) e fondata sulla CArap. Il ricorso in materia civile (art. 72 cpv. 2 lett. b n. 1 LTF; DTF 133 III 584 consid. 1.2), introdotto nel termine di ricorsuale di 10 giorni previsto dall'art. 100 cpv. 2 lett. c LTF, soddisfa pertanto i menzionati requisiti formali.
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1.2 Il 1° luglio 2009 è entrata in vigore la LF-RMA, il cui art. 16 prevede che le disposizioni di tale legge concernenti i rapimenti internazionali di minori sono applicabili anche alle domande in vista del ritorno già presentate presso autorità cantonali al momento della sua entrata in vigore.
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In concreto il ricorso è stato introdotto dalla curatrice del minore. Ora, la facoltà del curatore - che dev'essere nominato dal Tribunale cantonale - di proporre conclusioni e di interporre rimedi giuridici è espressamente prevista dall'art. 9 cpv. 3 LF-RMA. Tuttavia ciò non significa che il minore possa tramite il suo curatore prevalersi di qualsiasi argomento nella sua impugnativa al Tribunale federale. Occorre invece che, come richiesto dall'art. 76 cpv. 1 lett. b LTF, egli disponga di un interesse (nel tenore attualmente in vigore della norma, anche giuridicamente) protetto proprio a far valere determinate critiche. Se un siffatto interesse non dovesse essere evidente, spetta al ricorrente allegarlo (DTF 133 II 400 consid. 2), e qualora esso non dovesse sussistere, la censura dev'essere dichiarata inammissibile.
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1.3 Per lunghi tratti il ricorrente narra una fattispecie che non trova riscontro negli accertamenti di fatto contenuti nella sentenza impugnata. Così facendo pare dimenticare che il Tribunale federale fonda la sua sentenza sui fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF) e che l'accertamento dei fatti può essere censurato unicamente se è stato svolto in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF oppure in maniera manifestamente inesatta (art. 97 cpv. 1 LTF); quest'ultima definizione corrisponde a quella di arbitrio (DTF 133 II 249 consid. 1.2.2 pag. 252) e configura a sua volta una violazione del diritto (art. 9 Cost.; DTF 134 IV 36 consid. 1.4.1 pag. 39). Poiché il divieto d'arbitrio rientra fra i diritti fondamentali, la censura relativa ad una sua violazione va espressamente sollevata e motivata in termini qualificati (art. 106 cpv. 2 LTF), come già sotto l'egida dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG le cui esigenze restano in questo ambito determinanti (DTF 134 II 244 consid. 2.2).
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2.
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Il ricorrente sostiene che la Corte cantonale avrebbe violato una serie di norme procedurali contenute nella LF-RMA. Tali lamentele verranno trattate prima delle censure concernenti la pretesa violazione della CArap. L'asserita impossibilità della madre di accompagnare il ricorrente in Serbia, invocata anche nelle censure che seguono, sarà esaminata nell'ambito dell'applicazione dell'art. 13 cpv. 1 lett. b CArap. Con riferimento all'applicazione delle norme della LF-RMA giova premettere che in linea di principio le convenzioni internazionali prevalgono sul diritto interno (DTF 131 V 390 consid. 5.2; 131 II 352 consid. 1.3.1) e che giusta l'art. 11 CArap le autorità giudiziarie o amministrative di ogni Stato contraente devono procedere d'urgenza al fine del ritorno del minore. Ciò significa che le misure previste dalla citata legge federale non possono portare ad un'eccessiva protrazione della procedura.
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2.1 Secondo il ricorrente la Corte cantonale avrebbe violato l'art. 9 cpv. 1 LF-RMA, perché non avrebbe effettuato alcuna istruttoria, non avrebbe ascoltato personalmente le parti in occasione dell'unica udienza e avrebbe così impedito alla madre di esternare la sue preoccupazioni sulle minacce che sarebbero state proferite dal padre. Sempre a mente del ricorrente, il Tribunale cantonale non avrebbe nemmeno soddisfatto il suo obbligo di tentare una conciliazione e avrebbe addirittura rifiutato di verbalizzare le dichiarazioni della curatrice.
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Occorre innanzi tutto osservare che la norma invocata prevede di sentire per quanto possibile le parti personalmente, ma non impone al Tribunale di conciliarle. Il ricorrente dimentica poi che in concreto la Corte cantonale aveva nominato una mediatrice, incaricata di tentare una conciliazione. Altrettanto infondato risulta, visto il voluminoso incarto costituito dalle autorità cantonali, il rimprovero concernente l'assenza di un'istruttoria. Non è poi riconoscibile, né il ricorrente menziona quale sarebbe il suo interesse protetto (supra, consid. 1.2) di lamentarsi della - pretesa - impossibilità della genitrice di esternare i suoi timori durante l'udienza a cui ha partecipato personalmente con il padre. Inoltre, alla luce della dichiarazione bancaria agli atti, non è nemmeno possibile seguire il ricorrente laddove afferma che mancherebbe qualsiasi dato affidabile sulla situazione finanziaria di quest'ultimo. L'estensore del ricorso in esame non indica infine quali sue dichiarazioni non sarebbero state verbalizzate, né in che modo il ricorrente sarebbe stato leso da tale fatto, visto che ella riconosce di aver successivamente ribadito con una lettera le sue esternazioni. Ne discende che l'argomentazione ricorsuale attinente ad una violazione dell'art. 9 cpv. 1 LF-RMA si appalesa, nella misura in cui è ammissibile, infondata.
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2.2 Il ricorrente afferma pure che in base all'art. 10 cpv. 2 LF-RMA la Corte cantonale avrebbe dovuto informarsi da una fonte neutrale sulle condizioni di accoglienza del minore presso il richiedente o in un altro luogo in cui il figlio dovrà vivere.
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Giusta l'art. 10 cpv. 2 LF-RMA il tribunale accerta, se del caso con l'Autorità centrale, se e in che modo sia possibile eseguire il ritorno del minore nello Stato in cui aveva la dimora abituale prima del rapimento. Con la sua critica il ricorrente disconosce che la Corte cantonale non parte dal presupposto che egli venga separato dalla madre e collocato presso il genitore richiedente e che egli potrà vivere nell'appartamento, lasciato a disposizione dal padre, in cui viveva prima del suo trasferimento. Anche questa censura è infondata.
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2.3 Il ricorrente lamenta pure che la Corte cantonale non avrebbe stabilito, in violazione dell'art. 11 LF-RMA, misure di esecuzione.
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Nella fattispecie la Corte cantonale ha ordinato nel dispositivo della sentenza impugnata alla madre del ricorrente di assicurare il suo ritorno. Se si parte dal presupposto, come rettamente fatto dalla Corte cantonale, che sia nell'interesse del bambino di rientrare in Serbia con la madre, non si vede, né viene spiegato nel ricorso, quale ulteriore misura di esecuzione sarebbe in concreto stata necessaria. Del resto, dalla lettura dell'atto di ricorso emerge che il ricorrente non ha invocato una violazione del menzionato articolo perché avrebbe voluto ottenere altre o ulteriori misure di esecuzione, ma propone la censura a sostegno della sua tesi secondo cui l'autorità cantonale avrebbe statuito senza riflettere. Ne segue che se il ricorrente avesse invece inteso lamentare una mancata predisposizione di altre o ulteriori misure di esecuzione, il ricorso si rivela insufficientemente motivato (art. 42 cpv. 2 LTF).
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3.
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La CArap mira a ripristinare lo status quo ante, assicurando il ritorno immediato dei minori trasferiti o trattenuti illecitamente in qualsiasi Stato contraente (art. 1 lett. a CArap). Il ricorrente non contesta - a giusta ragione - l'applicabilità della Convenzione alla fattispecie, ma ritiene dati i presupposti che permettono all'autorità adita di non ordinare il suo ritorno in Serbia, nazione in cui aveva la sua dimora abituale.
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4.
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Giusta l'art. 13 cpv. 1 lett. b CArap l'autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, l'istituzione o l'ente che vi si oppone accerti che vi è il grave rischio che il ritorno esponga il minore a un pericolo fisico o psichico, ovvero lo metta altrimenti in una situazione intollerabile. La costante giurisprudenza del Tribunale federale ha stabilito che questa norma è da interpretare in senso restrittivo (sentenza 5A_105/2009 del 16 aprile 2009 consid. 3.3 con rinvii; sentenza 5A_285/2007 del 16 agosto 2007 consid. 4.1). Inoltre, quando applica tale disposizione l'autorità non deve emanare una decisione sulla custodia o sull'autorità parentale; per un siffatto giudizio rimane infatti competente - almeno fino ad un'eventuale reiezione della domanda di ritorno - il tribunale del luogo in cui il minore aveva la sua dimora abituale prima del rapimento (DTF 133 III 146 consid. 2.4; 131 III 334 consid. 5.3).
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In virtù dell'art. 5 LF-RMA il ritorno mette il minore in una situazione intollerabile ai sensi del predetto dettame convenzionale se il collocamento presso il genitore richiedente non corrisponde manifestamente all'interesse del minore (lett. a); se il genitore rapitore, tenuto conto di tutte le circostanze, non è in grado di prendersi cura del minore nello Stato in cui il minore aveva la dimora abituale immediatamente prima del rapimento, o ciò non può ragionevolmente essere preteso da lui (lett. b); e se il collocamento presso terzi non corrisponde manifestamente all'interesse del minore (lett. c).
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Con questa norma, i cui tre presupposti sono da intendere in senso cumulativo (v. il suo tenore francese e MONIQUE JAMETTI GREINER, Der neue internationale Kindesschutz in der Schweiz, FamPra.ch 2008, pag. 299), il legislatore non ha inteso sostituire la disposizione convenzionale, ma ne ha unicamente precisato l'applicazione, chiarendo in quali casi non deve essere ordinato il ritorno del minore per non porlo in una situazione manifestamente intollerabile (Messaggio del 28 febbraio 2007 concernente l'attuazione delle convenzioni sul rapimento internazionale di minori nonché l'approvazione e l'attuazione delle Convenzioni dell'Aia sulla protezione dei minori e degli adulti, FF 2007 2399 n. 6.4).
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Il citato Messaggio (loc. cit.) spiega che, se il collocamento presso il genitore richiedente non corrisponde all'interesse del minore, occorre verificare se il genitore rapitore può riaccompagnare quest'ultimo, atteso che il collocamento presso terzi può unicamente costituire un'ultima ratio in casi estremi. Non si può esigere dal genitore rapitore di ritornare con il figlio, se rischia di finire in prigione o se in Svizzera vi è una relazione familiare molto intensa, ad esempio in seguito ad un nuovo matrimonio o allo stato di necessità in cui versa un altro membro della famiglia risiedente in questo paese. Vi sono anche altri casi in cui, considerate tutte le circostanze, non si può ragionevolmente pretendere che il genitore rapitore si prenda cura del figlio nello Stato in cui ha vissuto immediatamente prima del rapimento. Deve però trattarsi di situazioni d'emergenza in cui non si può oggettivamente pretendere dal genitore rapitore un ritorno nel paese dell'ultima dimora abituale legale del figlio per attendervi la disciplina definitiva dell'autorità parentale: non è sufficiente che il genitore, che ha rapito o trattiene il bambino, si limiti a dichiarare la sua opposizione a un ritorno nel paese richiedente. Quali esempi per una tale situazione, il Messaggio cita il caso in cui alla madre non può essere garantita un'accoglienza sicura e finanziariamente sopportabile, o qualora sia manifesto che il genitore che richiede il ritorno non può assumersi l'affidamento del minore o non può ottenerlo in via giudiziale, mentre il genitore rapitore è quello che esercita in via primaria il diritto di custodia. In una tale eventualità imporre al genitore rapitore di rientrare nel paese di partenza per attendere la decisione giudiziaria che gli conferisce l'autorità parentale e gli permetterebbe di nuovamente trasferirsi - questa volta legalmente - in Svizzera con il figlio costituirebbe un vuoto formalismo non protetto dalla Convenzione. Il Messaggio precisa tuttavia che se la situazione non è chiara, non sussiste una situazione intollerabile per il minore e il Tribunale svizzero ne ordinerà il ritorno.
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4.1 I giudici cantonali partono - perlomeno implicitamente - dal presupposto che una separazione dalla madre porrebbe il bambino in una situazione intollerabile. Essi hanno quindi esaminato se la madre può accompagnare il figlio e restare in Serbia con lui, risolvendo in maniera affermativa il quesito per i motivi che seguono. Dagli atti risulta che la madre del qui ricorrente potrebbe dapprima soggiornare per 90 giorni quale turista in tale paese e poi ottenere un permesso di soggiorno temporaneo. In base alle informazioni fornite dal Ministero degli interni serbo, la durata di quest'ultimo permesso dipende dalla durata del procedimento giudiziario e può essere stabilita in un anno, con la facoltà dell'interessata di sollecitarne una proroga 30 giorni prima della scadenza. Per quanto attiene alle possibilità di alloggio, la Corte cantonale si è riferita alla dichiarazione 2 giugno 2009 del genitore richiedente, in cui questi si è impegnato a trasferirsi presso sua madre e lasciare gratuitamente l'appartamento coniugale a moglie e figlio per la durata del processo, nonché di assumersi le loro "spese di vita". L'Ufficio federale di giustizia ha pure trasmesso alla Corte cantonale una dichiarazione bancaria da cui risulta un importo disponibile di 9'255,25 Euro su un conto del padre del bambino. Infine, con riferimento ai paventati risvolti penali, la Corte cantonale ha rilevato che la madre del qui ricorrente ha riconosciuto che in Serbia non vi è alcun procedimento penale in atto, che il genitore richiedente ha formalmente sottoscritto un impegno a non domandarne uno e che non vi sarebbero altre circostanze concrete che indurrebbero a credere che una volta tornata in Serbia ella debba scontare conseguenze penali. I giudici cantonali hanno altresì rilevato che il genitore richiedente postula il ritorno del minore a Belgrado con la madre.
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4.2 Il ricorrente indica innanzi tutto che un collocamento presso il padre - che non ha il tempo di occuparsi di lui - non tutela né il suo bene né il suo interesse e ritiene escluso un collocamento presso terzi.
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Egli afferma poi che non è possibile pretendere dalla madre un ritorno in Serbia, perché ella rischierebbe rappresaglie e una condanna penale. Del resto la Corte cantonale, nonostante il fatto di essere stata sollecitata in questo senso non solo dalla curatrice, ma anche dal patrocinatore della madre, non si sarebbe informata sulla sorte di quest'ultima nel paese del padre. Ne conclude che nel caso in cui debba rientrare in Serbia, egli verrebbe esposto ad una situazione intollerabile nel senso degli art. 13 lett. b CArap e 5 LF-RMA, perché sua madre non potrebbe occuparsi di lui in tale paese.
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4.3 In concreto giova preliminarmente osservare che - in virtù della giurisprudenza del Tribunale federale - una separazione dalla madre, che si è principalmente occupata del figlio, di un bambino dell'età del ricorrente potrebbe seriamente metterlo in pericolo nel senso dell'art. 13 cpv. 1 lett. b CArap (sentenza 5A_105/2009 del 16 aprile 2009 consid. 3.3 e 3.4). Atteso che - come già ricordato - nella fattispecie non è prevista una separazione del ricorrente dalla madre, occorre unicamente esaminare se, alla luce di quanto esposto nel ricorso, non può ragionevolmente essere esatto da quest'ultima di riaccompagnare in Serbia il figlio.
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4.3.1 Di primo acchito non entra in linea di conto l'ipotesi di una relazione così stretta con la Svizzera da impedire un ritorno della madre: il semplice fatto di essere integrata nel paese d'origine e di avervi i propri genitori non basta infatti per realizzare tale fattispecie.
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4.3.2 Con riferimento al pericolo - evocato dal ricorrente - di una condanna penale della madre, è opportuno ricordare che alle parti compete un obbligo di collaborazione per l'accertamento dei fatti (Messaggio, loc. cit.) e che la parte che si oppone al ritorno deve sopportare le conseguenze di una mancata produzione della prova (ANDREAS BUCHER, Rapporto complementare al rapporto conclusivo della Commissione federale di esperti per la protezione dei minori in caso di rapimento, pag. 56). In concreto è esatto che l'Ufficio federale di giustizia ha scritto il 6 agosto 2009 che non gli risulta se la madre del ricorrente rischi delle sanzioni penali al suo ritorno in Serbia. Sennonché, secondo gli incontestati accertamenti contenuti nella sentenza impugnata, ella nemmeno pretende che una procedura penale nei suoi confronti sia in corso. In queste circostanze, in assenza di un qualsiasi concreto indizio sul rischio di dover scontare una pena privativa della libertà, il paventare astrattamente "rappresaglie e persino condanne" non è manifestamente sufficiente per ritenere inesigibile un ritorno in Serbia. Si può poi rilevare che, da un lato, il padre si è formalmente impegnato a non chiedere misure penali e che, d'altro canto, nell'art. 2 CArap gli Stati contraenti si sono obbligati a prendere ogni provvedimento atto ad assicurare, nei limiti del loro territorio, il conseguimento degli obiettivi della Convenzione. Ora, la pronuncia di una pena privativa della libertà, che dovrebbe essere scontata dal genitore rapitore, costituirebbe, nei casi come quello all'esame, un impedimento al ritorno del minore e sarebbe quindi contraria agli scopi della Convenzione: lo Stato che perseguisse penalmente, facendo scontare pene privative della libertà, il genitore che è partito all'estero con la prole senza il consenso dell'altro genitore (co)detentore dell'autorità parentale, rischierebbe di vedersi respinte le domande di ritorno in numerosi casi per aver creato in tal modo un ostacolo al rientro.
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4.3.3 Da quanto precede segue che la Corte cantonale ha rettamente ritenuto che la madre del ricorrente ha la possibilità di accompagnarlo e di restare con lui in Serbia.
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5.
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Il ricorrente sostiene pure che il Tribunale cantonale avrebbe completamente ignorato il referto di una psicologa specializzata in psicoterapia della famiglia, in cui verrebbe segnatamente evidenziato che, in caso di un trasferimento in Serbia, egli verrebbe a trovarsi in una situazione intollerabile a causa dei conflitti genitoriali, mentre sarebbe nel suo interesse rimanere "nell'ambiente attuale che risulta sano, sereno e rassicurante". Afferma altresì che in Serbia sarebbe testimone dei forti litigi fra i genitori, circostanza che non rispetta i suoi bisogni minimi.
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Ora nemmeno questo argomento giustifica di non ordinare il ritorno, poiché appare piuttosto argomento di discussione del merito della custodia. Quanto esposto nel ricorso non connota poi nemmeno quel carattere di eccezionalità richiesto dalla Convenzione per poter invocare con successo l'art. 13 cpv. 1 lett. b CArap (supra, consid. 4), né il ricorrente pretende a giusta ragione che esso sia un motivo previsto dalla LF-RMA per respingere la richiesta paterna.
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6.
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6.1 Da quanto precede discende che il ricorso si appalesa, nella misura in cui è ammissibile, infondato e che la decisione che ordina il ritorno va confermata. Giova tuttavia rilevare che la Corte cantonale ha formulato il dispositivo della propria sentenza in un modo che potrebbe essere frainteso, perché potrebbe far nascere il dubbio che la madre debba consegnare il figlio al padre. Per questo motivo, e ricordato che la designazione di Belgrado non è contestata, in questa sede va precisato che la madre deve unicamente assicurare il ritorno del figlio in tale città entro la data stabilita. Atteso che la LTF non prevede un ricorso adesivo, la richiesta formulata nella risposta dall'opponente 1 di mettere a carico dello Stato le spese di rimpatrio non entra in linea di conto.
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6.2 La procedura con la quale viene chiesto il ritorno del minore è gratuita (art. 26 cpv. 2 CArap), motivo per cui non vengono prelevate spese giudiziarie. Le ripetibili della presente procedura vanno però poste a carico della madre, che nel suo parallelo ricorso ha dichiarato di pienamente condividere le argomentazioni sollevate nel ricorso in esame e che con il suo agire ha dato luogo alla procedura di ritorno della CArap. Infatti, l'art. 26 cpv. 4 CArap prevede la possibilità di accollare spese ripetibili alla persona che ha trasferito il minore. Poiché quest'ultimo è stato assistito da una curatrice nominata dall'autorità svizzera e titolare di un brevetto d'avvocato, si giustifica nell'ipotesi in cui ella non potesse riscuotere l'indennità per ripetibili, farle versare un onorario da parte della cassa del Tribunale federale. Analoga soluzione si giustifica in concreto per il padre che ha pure chiesto al Tribunale federale di assumere il pagamento delle proprie spese legali, qualora non gli fosse possibile riscuotere le ripetibili.
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto e a A.________ è ordinato di assicurare il ritorno del figlio C.________ a Belgrado (Serbia) entro il 15 dicembre 2009.
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2.
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A.________ rifonderà sia all'opponente 1 sia alla parte ricorrente un'indennità di fr. 1'500.-- a titolo di ripetibili della sede federale. Se tale indennità non potrà essere incassata, la Cassa del Tribunale federale verserà per l'opponente 1 all'avv. Patrizia Casoni Delcò un onorario di fr. 1'500.-- e per la parte ricorrente all'avv. Marianne Galli-Widmer pure un onorario di fr. 1500.--.
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3.
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Comunicazione alle parti, alla I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino e all'Ufficio federale di giustizia, Autorità centrale in materia di rapimento internazionale di minori.
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Losanna, 10 novembre 2009
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In nome della II Corte di diritto civile
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del Tribunale federale svizzero
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La Presidente: Il Cancelliere:
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Hohl Piatti
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