BGer 1C_23/2010 | |||
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BGer 1C_23/2010 vom 16.08.2010 | |
Bundesgericht
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Tribunal fédéral
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Tribunale federale
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{T 1/2}
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1C_23/2010
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Sentenza del 16 agosto 2010
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I Corte di diritto pubblico
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Composizione
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Giudici federali Féraud, Presidente,
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Aemisegger, Reeb, Raselli, Eusebio,
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Cancelliere Gadoni.
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Partecipanti al procedimento | |
1. Carla Soldati,
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2. Tullio Foglia,
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patrocinati dall'avv. Claudio Cereghetti e dall'avv. dott. Federica De Rossa Gisimundo,
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ricorrenti,
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contro
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Gran Consiglio del Cantone Ticino, rappresentato
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dal Consiglio di Stato, 6500 Bellinzona,
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opponente.
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Oggetto
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modifica della legge cantonale di applicazione della legge federale sulla pianificazione del territorio (piano
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di quartiere),
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ricorso in materia di diritto pubblico contro la modifica della LALPT decretata il 19 ottobre 2009 dal Gran Consiglio del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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Il 19 ottobre 2009 il Gran Consiglio del Cantone Ticino ha adottato una modifica della legge cantonale di applicazione della legge federale sulla pianificazione del territorio (LALPT), del 23 maggio 1990, dal seguente tenore:
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Capitolo IV
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Piani particolareggiati e piani di quartiere
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Piano di quartiere
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a) definizione e scopo
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Art. 56 1 Il piano di quartiere è un progetto planovolumetrico inteso a concretizzare gli obiettivi di qualità paesaggistica, architettonica ed urbanistica fissati dal piano regolatore.
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2 Il piano di quartiere si compone di una relazione tecnica, di piani e di un modello del progetto.
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3 Il piano regolatore stabilisce il perimetro del piano di quartiere, i requisiti qualitativi minimi ed i parametri edilizi minimi e massimi.
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b) procedura
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Art. 56a (nuovo) 1 Il piano di quartiere segue la procedura della domanda di costruzione. Questa può essere presentata dai proprietari che detengono i due terzi della superficie soggetta a piano di quartiere; le modifiche minori possono essere presentate da un solo proprietario.
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2 Il piano di quartiere approvato mantiene la sua validità fino a quando il piano regolatore da cui dipende resta in vigore.
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3 Per l'attuazione del piano di quartiere i detentori dei due terzi della superficie possono chiedere al Consiglio di Stato il conferimento del diritto d'espropriazione giusta l'art. 3 cpv. 1 della Legge d'espropriazione.
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Norma transitoria
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1 Le norme d'attuazione di piano regolatore in vigore o già adottate e pubblicate dal legislativo, che contemplano un piano di quartiere facoltativo ed enunciano chiari requisiti di qualità paesaggistica, architettonica ed urbanistica vanno uniformate al nuovo diritto entro il termine stabilito dal Consiglio di Stato.
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2 Le domande di piano di quartiere facoltativo pubblicate prima dell'entrata in vigore di questa modifica legislativa sono decise in base al diritto previgente.
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La modifica legislativa è stata pubblicata nel Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi del 15 dicembre 2009 ed è entrata immediatamente in vigore.
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B.
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Contro la modifica legislativa, il 15 gennaio 2010 Carla Soldati, proprietaria di un fondo a Paradiso soggetto a piano di quartiere, e Tullio Foglia, proprietario di una particella vicina, hanno presentato un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale, chiedendone l'annullamento. I ricorrenti fanno valere la violazione di disposizioni costituzionali e della LPT.
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Il Consiglio di Stato, agendo per sé ed in rappresentanza del Gran Consiglio, chiede di respingere il gravame nella misura della sua ammissibilità.
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Con decreto presidenziale del 12 febbraio 2010 è stata respinta la domanda di effetto sospensivo contenuta nel ricorso.
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Diritto:
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1.
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1.1 Secondo l'art. 82 lett. b LTF, il Tribunale federale giudica i ricorsi contro gli atti normativi cantonali. Poiché il diritto ticinese non prevede una procedura di un loro controllo astratto, il ricorso al Tribunale federale è direttamente aperto in applicazione dell'art. 87 cpv. 1 LTF (cfr. sentenza 2C_750/2008 del 2 giugno 2009 consid. 1.1, in: RtiD I-2010, n. 30, pag. 137 segg.). Interposto entro trenta giorni dalla pubblicazione della modifica legislativa secondo il diritto cantonale, il ricorso è tempestivo ai sensi dell'art. 101 LTF (DTF 133 I 286 consid. 1).
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1.2 Secondo l'art. 89 cpv. 1 lett. b e c LTF contro un atto normativo cantonale è legittimato a ricorrere chi è particolarmente toccato in modo attuale o virtuale dall'atto normativo impugnato e ha un interesse degno di protezione all'annullamento o alla modifica dello stesso. L'interesse degno di protezione può essere di natura giuridica o fattuale (DTF 133 I 286 consid. 2.2). Il coinvolgimento virtuale presuppone che il ricorrente, prima o poi, possa essere toccato direttamente dalla regolamentazione impugnata con una probabilità minima (DTF 136 I 17 consid. 2.1, 49 consid. 2.1; 133 I 286 consid. 2.2). In quanto proprietaria di un fondo situato in un comparto soggetto all'obbligo di piano di quartiere, Carla Soldati è particolarmente toccata quantomeno virtualmente dall'impugnata modifica ed ha un interesse degno di protezione al suo annullamento. In virtù dell'art. 89 cpv. 1 LTF, la sua legittimazione a ricorrere è quindi data. In tale circostanza, la legittimazione a ricorrere di Tullio Foglia, proprietario di un fondo vicino, non soggetto all'obbligo del piano di quartiere, non deve essere approfondita e può pertanto rimanere indecisa.
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1.3 Le esigenze di motivazione previste per i ricorsi al Tribunale federale valgono anche per i gravami contro gli atti normativi cantonali. Secondo l'art. 42 cpv. 2 LTF, occorre quindi spiegare perché l'atto impugnato viola il diritto (cfr. art. 95 segg. LTF). Questa Corte non è tenuta a vagliare, come lo farebbe un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se queste non sono presentate nella sede federale (DTF 133 II 249 consid. 1.4.1). Inoltre, quando è invocata la violazione di diritti costituzionali del cittadino, a norma dell'art. 106 cpv. 2 LTF il Tribunale federale esamina soltanto le censure motivate in modo chiaro e preciso, conformemente alla prassi precedentemente in vigore in materia di ricorso di diritto pubblico (cfr. DTF 136 I 49 consid. 1.4.1; 133 II 249 consid. 1.4.2; 133 III 393 consid. 6). Le censure di carattere appellatorio addotte dai ricorrenti per sostenere che la soluzione previgente o quelle adottate da altri Cantoni sarebbero preferibili a quella litigiosa, non adempiono queste esigenze di motivazione e non possono essere esaminate nel merito.
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2.
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2.1 I ricorrenti sostengono che la modifica legislativa violerebbe il divieto di retroattività nella misura in cui è applicabile ai piani di quartiere obbligatori già approvati o previsti da piani regolatori già in vigore. Occorrerebbe, a loro avviso, prevedere una disposizione transitoria, che limiti esplicitamente l'applicabilità del nuovo diritto ai piani di quartiere previsti da piani regolatori adottati dopo l'entrata in vigore della modifica legislativa.
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2.2 Secondo la giurisprudenza, vi è retroattività in senso stretto quando un nuovo regime legale viene applicato a fatti accaduti nel passato e completamente conclusi al momento dell'entrata in vigore del nuovo diritto. Una tale retroattività (propria) è di principio vietata, a meno che ricorrano presupposti del tutto particolari (DTF 126 V 134 consid. 4a; 125 I 182 consid. 2b/cc; 119 Ia 154 consid. 4b, 254 consid. 3b). Da ciò va distinta la retroattività in senso improprio, ovvero l'applicazione del nuovo diritto a situazioni che hanno avuto origine sotto la pregressa normativa, ma perdurano ancora dopo la modifica legislativa. Dal profilo costituzionale, questo secondo tipo di retroattività è di massima ammissibile, se non va ad intaccare dei diritti acquisiti o contrasta con il principio della buona fede (DTF 133 II 97 consid. 4.1; 126 V 134 consid. 4a; 124 III 271 consid. 4e; 122 II 113 consid. 3b/dd).
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2.3 La questione del diritto intertemporale è esplicitamente disciplinata dalla norma transitoria unicamente riguardo ai piani di quartiere facoltativi, ora aboliti. Per quanto concerne i piani di quartiere obbligatori, contrariamente all'opinione dei ricorrenti, la fattispecie non configura in ogni modo un caso di retroattività in senso stretto, ritenuto che le disposizioni litigiose non riguardano i piani di quartiere già completamente realizzati. La nuova normativa, che regola essenzialmente le modalità della loro presentazione ed attuazione, è infatti applicabile ai piani di quartiere che, pur se previsti da piani regolatori vigenti, non sono ancora stati realizzati. Ciò costituisce semmai un caso di retroattività impropria, di principio ammissibile.
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Al riguardo, i ricorrenti si limitano a sostenere che avrebbero potuto fare affidamento sul mantenimento del previgente presupposto dell'unanimità dei proprietari interessati dal piano di quartiere e sulla stabilità dello stesso. Tuttavia, l'invocato principio della buona fede, sancito dall'art. 9 Cost., non impedisce che le leggi vengano modificate e nemmeno che ciò avvenga in ogni tempo, come impone di per sé la nozione stessa di democrazia (DTF 130 I 26 consid. 8.1). Una violazione del diritto alla protezione della buona fede è pertanto data soltanto quando il legislatore ha assicurato nella legge che la stessa non sarebbe stata modificata o sarebbe stata mantenuta immutata per un certo periodo, fondando in tal modo un diritto acquisito (DTF 130 I 26 consid. 8.1; 128 II 112 consid. 10b/aa e rinvii). Questi estremi non ricorrono nella fattispecie e, d'altra parte, ribadendo essenzialmente di avere fatto affidamento sul fatto che la disciplina non sarebbe mutata, nonché adducendo generiche disposizioni prese da Carla Soldati con riferimento alla sua particella, i ricorrenti non dimostrano la necessità di un regime transitorio per i piani di quartiere obbligatori.
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L'interesse pubblico impone di massima che la modifica legislativa entri in vigore senza ritardi e, al riguardo, il legislatore beneficia di un ampio margine di apprezzamento: la giurisprudenza dà quindi prova di riserbo nel giudicare incostituzionale l'assenza di disposizioni transitorie (DTF 122 V 405 consid. 3b/bb; sentenza 2C_750/2008 del 2 giugno 2009 consid. 7.2, in: RtiD I-2010, n. 30, pag. 137 segg.; sentenza 1P.298/2005 del 4 ottobre 2005 consid. 2.4). Il richiamo al principio della stabilità dei piani, invero sollevato dai ricorrenti con riferimento a una pretesa retroattività in senso stretto non è pertinente. Le nuove disposizioni non modificano infatti né il piano regolatore vigente né la portata del piano di quartiere al quale è collegato e non comportano quindi un cambiamento della pianificazione lesivo dell'art. 21 LPT (cfr., sulla stabilità dei piani, DTF 132 II 408 consid. 4.2 e rinvii). In tali circostanze, nemmeno si pone la questione, accennata dai ricorrenti, dell'informazione e della partecipazione della popolazione al processo pianificatorio ai sensi dell'art. 4 LPT.
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La modifica legislativa litigiosa non viola quindi il divieto di retroattività, sicché le ulteriori argomentazioni sollevate dai ricorrenti, sempre con riferimento a una simile violazione, non devono essere vagliate oltre.
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3.
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3.1 Secondo i ricorrenti, le nuove disposizioni contrasterebbero con le disposizioni del CC in materia di proprietà collettiva, segnatamente con gli art. 648 cpv. 2 e 653 CC. Adducono che il sistema legale verrebbe modificato consentendo ai proprietari dei 2/3 della superficie soggetta a piano di quartiere, o a un solo proprietario nel caso di modifiche minori, di presentare una domanda di piano di quartiere concernente la proprietà altrui.
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3.2 I ricorrenti non censurano, tantomeno con una motivazione conforme alle già citate esigenze, una violazione del principio della preminenza del diritto federale enunciato dall'art. 49 cpv. 1 Cost. (cfr. su questo principio, DTF 134 I 269 consid. 6.2 e rinvii). Comunque, le nuove disposizioni di diritto pubblico non intervengono sulla definizione di proprietà data dal CC e non disciplinano diversamente i rapporti di proprietà relativamente ai fondi soggetti al vincolo di piano di quartiere. Esse rientrano nella competenza cantonale in materia di pianificazione del territorio (art. 75 Cost.) e non influiscono sulle norme di diritto privato sulla proprietà.
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4.
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4.1 I ricorrenti fanno valere una violazione della garanzia della proprietà. Sostengono che il carattere retroattivo della legge disattenderebbe la protezione della situazione acquisita e che, anche prescindendo da tale retroattività, la nuova disciplina comporterebbe una restrizione eccessiva per i proprietari minoritari, che sarebbero esposti al volere dei proprietari detentori dei 2/3 della superficie soggetta al vincolo di piano di quartiere, i quali potrebbero presentare una domanda riguardante i fondi dei primi. Ritengono che la maggioranza di 2/3 sarebbe comunque esigua e non terrebbe conto del valore dei terreni e delle costruzioni che vi sorgono. Negano l'esistenza di un interesse pubblico per la modifica legislativa legato a un obiettivo di pianificazione del territorio. Pur riconoscendo che tale modifica è idonea a sbloccare le situazioni di stallo esistenti sotto l'egida del precedente diritto, rimproverano alle autorità cantonali di non avere dimostrato quanti e quali sono tali situazioni. A loro dire, i pochi progetti attualmente bloccati per il mancato consenso di alcuni proprietari non giustificherebbero comunque la modifica impugnata, la quale non sarebbe nemmeno rispettosa del principio della proporzionalità.
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4.2 Sollevando tali critiche, i ricorrenti fanno in sostanza valere che l'art. 56a cpv. 1 LALPT, che prevede la facoltà per i proprietari dei 2/3 della superficie soggetta a piano di quartiere di presentare la relativa domanda senza il consenso del terzo rimanente, disattenderebbe la garanzia della proprietà, segnatamente i requisiti dell'interesse pubblico e del principio della proporzionalità. Il richiamo al principio della protezione della situazione acquisita non deve più essere vagliato in questo contesto, siccome è invocato dai ricorrenti in relazione a una pretesa retroattività della legge, che come visto è infondata.
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La facoltà per una parte dei proprietari interessati dal vincolo di elaborare autonomamente il piano di quartiere e la conseguente possibilità di avviare una procedura espropriativa per attuarlo comportano per gli altri proprietari una restrizione del loro diritto di proprietà. Essa è compatibile con l'art. 26 Cost. se si fonda su una base legale sufficiente, se è giustificata da un interesse pubblico preponderante e se è conforme al principio della proporzionalità (art. 36 cpv. 1 a 3 Cost.). Quest'ultimo principio esige che le misure messe in atto dall'ente pubblico siano idonee a raggiungere lo scopo desiderato, ch'esso non possa essere raggiunto mediante misure meno incisive e che esista un rapporto ragionevole tra questo scopo e gli interessi pregiudicati (DTF 135 I 233 consid. 3.1 e rinvii).
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4.3 Secondo la giurisprudenza, nell'ambito del controllo astratto di un atto normativo cantonale, è determinante se alla norma impugnata possa essere attribuito un senso che la possa fare ritenere compatibile con le garanzie costituzionali invocate. Il Tribunale federale annulla una disposizione cantonale solo se non si presta ad alcuna interpretazione conforme al diritto costituzionale o del diritto federale di rango superiore (DTF 135 II 243 consid. 2; 135 I 233 consid. 3.2). Occorre al riguardo considerare la portata dell'ingerenza nel diritto fondamentale, la possibilità di ottenere una sufficiente protezione nel contesto di un successivo controllo della norma, le circostanze concrete in cui essa viene applicata, come pure la possibilità di una correzione nel caso di una sua applicazione e gli effetti sulla sicurezza del diritto. La semplice circostanza che in singoli casi la disposizione impugnata possa essere applicata in modo lesivo della Costituzione non conduce di per sé al suo annullamento da parte di questa Corte (DTF 134 I 293 consid. 2; 133 I 77 consid. 2; 130 I 26 consid. 2.1).
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4.4 Secondo l'art. 56 cpv. 1 LALPT, il piano di quartiere è un progetto planovolumetrico inteso a concretizzare gli obiettivi di qualità paesaggistica, architettonica ed urbanistica fissati dal piano regolatore. Si tratta di uno strumento volto a promuovere un insediamento di particolare qualità architettonica ed urbanistica in un comparto delimitato a tale scopo dal piano regolatore. Esso è destinato a valorizzare sotto il profilo formale, funzionale ed estetico un insediamento ed è contestualmente chiamato ad offrire a chi vi abita elementi di identificazione e di aggregazione, come per esempio una piccola piazza, un parco o un'area da gioco (cfr. messaggio del Consiglio di Stato n. 6192 del 1° aprile 2009, pag. 3; linee guida Piani di quartiere, criteri di valutazione nell'ambito della licenza edilizia, edite dal Dipartimento del territorio, novembre 2009). I ricorrenti non contestano che di per sé lo strumento del piano di quartiere costituisce una misura pianificatoria fondata e giustificata dall'interesse pubblico. L'interesse alla base di un piano di quartiere concerne d'altra parte il singolo piano e può di principio essere contestato dai proprietari coinvolti nel contesto della procedura di adozione del piano regolatore, che ne fissa i requisiti. Come riconosce l'autorità cantonale nella sua riposta al gravame, i proprietari interessati possono inoltre aggravarsi contro un piano di quartiere concreto nell'ambito della specifica procedura di approvazione (art. 56a cpv. 1 LALPT). Per quanto concerne la questione oggetto del presente litigio, riguardante la facoltà dei proprietari dei 2/3 della superficie sottoposta all'obbligo del piano di quartiere di presentare il relativo progetto, basta qui rilevare che, ammesso l'interesse pubblico alla base del piano stesso, non può ragionevolmente essere negato che esiste un interesse corrispondente a elaborarlo e ad attuarlo.
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I ricorrenti sostengono che le situazioni di stallo attualmente esistenti, riconducibili al tenore della normativa previgente, non sarebbero conosciute: esse non sarebbero comunque così numerose e gravi da giustificare la modifica contestata. Ora, la previgente disciplina del piano di quartiere presupponeva il consenso di tutti i proprietari dei fondi soggetti al vincolo per elaborarlo ed attuarlo e non regolava il caso e le conseguenze di un eventuale disaccordo fra i proprietari. Il dissenso di un proprietario poteva quindi impedire l'attuazione del piano, comportando a sua volta per gli altri proprietari una limitazione rilevante della loro garanzia della proprietà (cfr. sentenza 1C_61/2009 del 28 luglio 2009 consid. 3.3). Come risulta chiaramente dai materiali legislativi, questa situazione è nota e riconosciuta dalle autorità cantonali, sicché la decisione del legislatore cantonale di prevedere una maggioranza qualificata per avviare la procedura di attuazione del piano risulta fondata su un interesse pubblico sufficiente.
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4.5 I ricorrenti ritengono che la quota di proprietà corrispondente ai 2/3 della superficie soggetta al vincolo non costituirebbe una misura proporzionata allo scopo perseguito, poiché non terrebbe conto del valore dei terreni e degli edifici esistenti, non prenderebbe in considerazione le soluzioni alternative vigenti in altri Cantoni e rappresenterebbe un sacrificio insopportabile per i proprietari minoritari che non dovessero condividere l'impostazione del progetto presentato dai proprietari di maggioranza.
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Poiché il piano di quartiere è destinato a concretizzare una costruzione di qualità su un comparto di ampie dimensioni di massima non ancora edificato, i vincoli dovrebbero generalmente interessare soprattutto fondi contigui inedificati. Di principio, la questione del valore del terreno inedificabile e di quello di eventuali edifici non dovrebbe quindi porsi nei termini prospettati dai ricorrenti. Tenuto conto dell'interesse a realizzare il piano di quartiere, il criterio della maggioranza dei 2/3 della superficie vincolata, certo opinabile ma frutto di una scelta legislativa, appare comunque praticabile e sostenibile. Richiamando le regolamentazioni vigenti nei Cantoni di Zurigo e di Vaud, i ricorrenti sostengono poi che si sarebbe potuta introdurre anche in Ticino la competenza dell'ente pubblico di elaborare il piano di quartiere, conferendo ai proprietari unicamente la facoltà di formularne la richiesta e di presentare eventuali suggerimenti. Disattendono tuttavia che il legislatore ticinese ha essenzialmente confermato l'istituto del piano di quartiere obbligatorio preesistente, che ha caratteristiche proprie, e lascia in particolare ai proprietari privati l'iniziativa della sua realizzazione (cfr. messaggio del Consiglio di Stato citato, pag. 3). Sotto il profilo sistematico il legislatore ha inoltre mantenuto la regolamentazione del piano di quartiere accanto a quella del piano particolareggiato, la cui portata non è stata modificata. Il semplice fatto che altri Cantoni prevedano discipline diverse non basta a fare ritenere violato il principio della proporzionalità. Accennando poi al sacrificio sopportato dai proprietari che non dovessero condividere il progetto elaborato, i ricorrenti non considerano l'interesse alla realizzazione del piano di quartiere e la restrizione che potrebbe essere imposta agli altri proprietari fondiari nella situazione attuale, ove il dissenso di un unico proprietario può impedire del tutto l'edificazione dei loro fondi. Gli opponenti possono d'altra parte tutelare i loro interessi nel singolo caso, aggravandosi contro il progetto di piano di quartiere. In tali circostanze, la maggioranza di 2/3 prevista dall'art. 56a cpv. 1 LALPT può essere ritenuta una misura tutto sommato giustificata e adeguata a permettere la realizzazione del piano di quartiere obbligatorio stabilito dal piano regolatore.
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5.
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5.1 I ricorrenti criticano il diritto di espropriazione che, giusta il nuovo art. 56a cpv. 3 LALPT, può essere conferito per l'attuazione del piano di quartiere ai detentori dei 2/3 della superficie interessata dallo stesso. Lamentano il fatto che la disposizione non precisa esplicitamente che il diritto di espropriare può essere conferito ai privati solamente se dimostrano l'esistenza di un interesse pubblico importante. Sostengono inoltre che la tesi risultante dai materiali legislativi, secondo cui un'espropriazione dovrebbe avvenire solo quale ultima soluzione, qualora non possa essere evitata facendo capo in priorità alla procedura di raggruppamento terreni, sarebbe difficilmente praticabile.
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5.2 L'art. 56a cpv. 3 LALPT rinvia esplicitamente alla legge cantonale di espropriazione, dell'8 marzo 1971 (LEspr/TI), segnatamente all'art. 3 cpv. 1, che disciplina la competenza del Consiglio di Stato a conferire il diritto di espropriazione giusta i cpv. 2 e 3 dell'art. 2 LEspr/TI, dopo avere sentito il preavviso del Municipio del Comune ove si prevede di costruire l'opera. L'art. 3 cpv. 1 LEspr/TI richiama quindi esplicitamente l'art. 2 cpv. 3 LEspr, secondo cui il conferimento del diritto di espropriazione ad un ente privato può avvenire solo se il richiedente provi l'esistenza di un interesse pubblico importante. Non v'è motivo per ritenere che il conferimento del diritto di espropriazione sarà basato su criteri diversi o che nell'ambito di un caso di applicazione dell'art. 56a cpv. 3 LALPT la procedura espropriativa non verrà svolta correttamente. Contro la decisione del Governo sul conferimento del diritto di espropriazione è inoltre dato il ricorso al Tribunale cantonale amministrativo (art. 3 cpv. 2 LEspr/TI) e, d'altra parte, gli espropriati potranno fare valere le loro pretese nell'ambito del procedimento espropriativo nel cui contesto dovrà essere riconosciuta una piena indennità (art. 26 cpv. 2 Cost., art. 9 LEspr/TI).
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5.3 Dai materiali legislativi e dalla risposta al gravame risulta che il diritto di espropriazione sarebbe imponibile solo quale "ultima ratio", qualora non fosse possibile giungere a una soluzione praticabile per tutti i proprietari mediante una procedura di riordino fondiario. Questo presupposto non trova tuttavia riscontro nel testo legale, che per l'attuazione del piano di quartiere, non prevede l'obbligo di eseguire una simile procedura prima di avviare quella espropriativa. La questione non deve tuttavia essere approfondita, siccome, adducendo che una ricomposizione particellare permetterebbe unicamente di ridisegnare i confini dei fondi senza risolvere la questione del dissenso dei proprietari di minoranza a realizzare il piano di quartiere, i ricorrenti non sostengono che l'espropriazione prevista dall'art. 56a cpv. 3 LALPT non sarebbe adeguata e necessaria a raggiungere lo scopo perseguito, vale a dire la realizzazione concreta del piano di quartiere.
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6.
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6.1 I ricorrenti lamentano infine la violazione della garanzia della libertà economica. Asseriscono che la modifica legislativa limiterebbe la libertà contrattuale dei proprietari di minoranza, che non potrebbero più vendere i loro fondi ad un acquirente di loro scelta ad un prezzo di mercato adeguato. Ritengono inoltre che i proprietari della maggioranza di 2/3 potrebbero elaborare un piano di quartiere che esclude determinate destinazioni per gli edifici al suo interno, impedendo così agli altri proprietari di avviarvi ed esercitarvi le loro attività economiche.
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6.2 Il Tribunale federale ha già avuto modo di precisare che il semplice fatto che un provvedimento pianificatorio possa avere un'incidenza su un'attività economica non è di per sé contrario all'art. 27 Cost., nella misura in cui le limitazioni siano giustificate dalle necessità di una pianificazione territoriale conforme agli scopi dell'art. 75 Cost. e ch'esse non privino di qualsiasi contenuto la libertà di commercio e di industria (cfr. sentenza 1C_323/2007 del 15 febbraio 2008 consid. 5, in: RtiD II-2008, n. 55, pag. 235 segg.).
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6.3 Ora, la modifica legislativa non impone né vieta ai proprietari contrari alla realizzazione del piano di quartiere di concludere contratti di compravendita con determinati acquirenti (cfr., per un caso contrario, DTF 135 I 233 consid. 5.4). L'asserzione dei ricorrenti secondo cui questi proprietari non potrebbero conseguire un prezzo adeguato nel contesto di una libera contrattazione a causa della possibilità di esproprio non poggia su argomenti validi e nemmeno appare oggettivamente verosimile. Si tratta in effetti di comparti previsti per un'edificazione di qualità, senz'altro atti a suscitare l'interesse di una determinata cerchia di acquirenti disponibili se del caso a partecipare all'attuazione del piano di quartiere. Questo piano deve poi essere conforme alla destinazione della zona prevista dal piano regolatore (cfr. Matea Pessina, Il piano di quartiere nel diritto della pianificazione del territorio ticinese, in: RDAT II-1997, pag. 299; Renato Steiger, Il piano di quartiere nella LALPT, in: RDAT II-1993, pag. 337). I proprietari toccati, per tutelare i loro interessi riguardo all'utilizzazione ammissibile nel comparto, possono quindi intervenire nel quadro della procedura pianificatoria, rispettivamente possono aggravarsi contro il progetto di piano di quartiere qualora non fosse conforme ai requisiti del piano regolatore. La modifica legislativa non introduce pertanto misure adottate sotto l'apparenza della pianificazione territoriale, ma volte unicamente a favorire determinate imprese o settori di attività a scapito di altri.
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7.
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Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso deve essere respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono quindi poste a carico dei ricorrenti (art. 66 cpv. 1 LTF).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
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2.
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Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico dei ricorrenti.
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3.
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Comunicazione ai patrocinatori dei ricorrenti, al Consiglio di Stato e al Gran Consiglio del Cantone Ticino.
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Losanna, 16 agosto 2010
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In nome della I Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il Presidente: Il Cancelliere:
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Féraud Gadoni
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