BGer 1C_86/2011 | |||
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BGer 1C_86/2011 vom 07.03.2011 | |
Bundesgericht
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Tribunal fédéral
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Tribunale federale
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{T 0/2}
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1C_86/2011
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Sentenza del 7 marzo 2011
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I Corte di diritto pubblico
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Composizione
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Giudici federali Fonjallaz, Presidente,
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Raselli, Eusebio,
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Cancelliere Crameri.
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Partecipanti al procedimento | |
A.________SA,
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patrocinata dall'avv. Yasar Ravi,
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ricorrente,
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contro
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Comune di X.________,
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Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6500 Bellinzona.
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Oggetto
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edilizia: sospensione dell'esercizio della prostituzione,
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ricorso contro la sentenza emanata il 24 gennaio 2011 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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La A.________SA è titolare dell'autorizzazione a gestire 11 camere da affittare annesse al night B.________, locale notturno situato a X.________, fuori della zona edificabile, lungo l'autostrada A2, dalla quale è separato dalla strada cantonale. Il 7 marzo 2007 e il 17 ottobre 2008, il distaccamento speciale della Polizia cantonale preposto alla prevenzione della tratta e dello sfruttamento degli esseri umani (TESEU) ha effettuato due controlli, riscontrando entrambe le volte la presenza nel night club e nelle camere da affittare di 17 donne straniere, provenienti da paesi dell'Europa dell'Est o del Sudamerica: sei ragazze, annunciate per svolgere in Ticino la professione di prostitute, hanno indicato quale posto di lavoro il night B.________, mentre due ragazze sono state inoltre sorprese in compagnia di clienti, i quali hanno ammesso di essersi appartati con loro nelle camere dopo essere stati abbordati nel locale notturno. L'esercizio pubblico, pubblicizzato su Internet come locale a luci rosse, non risulterebbe inoltre essere frequentato da famiglie.
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B.
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Il 7 aprile 2009 il Municipio di X.________ ha ordinato alla A.________SA e al gerente dell'esercizio pubblico di far sospendere immediatamente l'esercizio della prostituzione nel B.________ (affittacamere) e di ripristinare l'uso dell'immobile a scopo di esercizio pubblico, conformemente alla destinazione autorizzata con la licenza edilizia del 17 agosto 1972. Il 18 agosto 2009 il Consiglio di Stato ha confermato il provvedimento. Adito dalla A.________SA e dal gerente, con giudizio del 24 gennaio 2011 il Tribunale cantonale amministrativo ne ha respinto il gravame.
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C.
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Avverso questa sentenza A.________SA presenta un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede di concedere effetto sospensivo al ricorso e, in via principale, di dichiarare nulla la decisione impugnata, nonché di accertare che l'attività svolta presso l'affittacamere B.________ è conforme alla licenza edilizia, e, in via subordinata, di annullare la criticata pronunzia.
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Non sono state chieste osservazioni al ricorso.
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Diritto:
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1.
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1.1 Presentato tempestivamente contro una decisione dell'ultima istanza cantonale in ambito edilizio, finale, poiché conclude il procedimento concernente la sospensione dell'uso dello stabile in modo asseritamente non conforme alla licenza edilizia, il ricorso in materia di diritto pubblico è di massima ammissibile sotto il profilo degli art. 82 lett. a, 86 cpv. 1 lett. d, 90 e 100 cpv. 1 LTF (DTF 133 II 409 consid. 1.1, 353 consid. 2). La legittimazione della ricorrente è data.
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1.2 Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il gravame dev'essere motivato in modo sufficiente, spiegando nei motivi perché l'atto impugnato viola il diritto (DTF 133 II 249 consid. 1.4.1). Le esigenze di motivazione sono inoltre accresciute, laddove il ricorrente lamenta la violazione di diritti fondamentali e di norme del diritto cantonale (art. 106 cpv. 2 LTF), nonché l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove, poiché ciò equivale a sostenere che i fatti sono stati accertati in violazione dell'art. 9 Cost. e del diritto federale (DTF 136 II 304 consid. 2.4 e 2.5; 136 I 229 consid. 4.1, 65 consid. 1.3.1). Nel caso di ricorsi contro decisioni in materia di misure cautelari (art. 98 LTF), il ricorrente può far valere soltanto la violazione di diritti costituzionali. In questa misura, argomentazioni vaghe o appellatorie e semplici rinvii agli atti cantonali non sono quindi ammissibili. Non si è inoltre in presenza d'arbitrio per il semplice fatto che anche un'altra soluzione potrebbe entrare in linea di conto o sarebbe addirittura preferibile.
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2.
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2.1 La ricorrente adduce la nullità del criticato ordine municipale, poiché lo stesso non era datato.
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2.2 L'assunto manifestamente non regge. In effetti, come rettamente ritenuto dalla Corte cantonale, il provvedimento adottato il 7 aprile 2009 è inequivocabilmente individuabile e, ciò che è decisivo, la censurata omissione è d'altra parte irrilevante, poiché non ha minimamente pregiudicato i diritti della ricorrente, che ha potuto impugnarlo tempestivamente. Del resto, la ricorrente, limitandosi a sostenere, in maniera del tutto generica e lesiva quindi delle esigenze di motivazione dell'art. 42 LTF, la nullità dell'ordine municipale, non dimostra l'arbitrarietà della criticata soluzione.
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3.
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3.1 Nel merito, il Tribunale cantonale amministrativo ha stabilito che, in materia edilizia, l'ordine di sospendere immediatamente un'utilizzazione non autorizzata di un edificio costituisce un provvedimento di natura cautelare, tendente a inibire una siffatta utilizzazione fintanto che non venga stabilito, nell'ambito di un'eventuale procedura di rilascio di un permesso in sanatoria, se essa sia conforme al diritto materiale. Una tale ingiunzione, analoga all'ordine di sospendere i lavori non autorizzati ai sensi dell'art. 42 della legge edilizia cantonale del 13 marzo 1991 (LE), hanno proseguito i giudici cantonali, non presuppone una verifica della conformità dell'uso instaurato senza autorizzazione con il diritto sostanziale, né occorre dimostrare l'esistenza di un contrasto insanabile con la funzione assegnata alla zona di utilizzazione, essendo sufficiente la presenza di una violazione formale, ossia la mancanza del permesso. Un divieto d'uso, di natura analoga a un ordine di demolizione secondo l'art. 43 LE, presuppone per contro una preventiva verifica della conformità dell'utilizzazione instaurata senza permesso con il diritto materiale applicabile.
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La Corte cantonale ha rilevato che l'ordine municipale fa riferimento tanto all'art. 42 quanto all'art. 43 LE, ma che il Consiglio di Stato vi ha ravvisato un provvedimento cautelare, soluzione né contestata dal Municipio né dagli insorgenti. Ne ha quindi concluso che si è in presenza di una misura cautelare retta dall'art. 42 LE.
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I giudici cantonali hanno poi ritenuto che le risultanze degli accertamenti operati dal distaccamento TESEU giustificano la misura cautelare litigiosa. Sebbene gli accertamenti siano piuttosto sommari, dagli stessi risulta nondimeno che nel locale notturno e nelle camere annesse è stata accertata la presenza di 17 donne, sole, provenienti da paesi dell'est europeo o dal Sudamerica. Sei erano iscritte come prostitute nell'apposito registro cantonale e due erano occupate con clienti abbordati nel night club, pubblicizzato peraltro come locale a luci rosse su Internet. L'esercizio pubblico non risulterebbe frequentato da famiglie. Ne hanno concluso che questi accertamenti forniscono un quadro sufficientemente preciso della particolare clientela dell'esercizio pubblico, manifestamente diversa da quella tipica degli stabilimenti costituiti da camere affittate a turisti: ciò avvalora il sospetto ch'esse vengano utilizzate dalle locatarie per prostituirsi, attività quest'ultima che non rientra evidentemente nei limiti della licenza edilizia rilasciata nel 1972 per la costruzione dell'esercizio pubblico. Questa conclusione è confermata anche dalle registrazioni di polizia, corrispondenti a quelle tipiche di altri stabilimenti formati da camere da affittare aperti accanto a locali notturni non per dare alloggio a turisti, ma per permettere alle prostitute di esercitarvi la loro attività. Hanno rilevato infine che, dopo l'adozione della decisione governativa, l'usufruttuario dell'immobile ha inoltrato una domanda di costruzione per trasformare le camere da affittare in un postribolo.
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3.2 La ricorrente sostiene, invero in maniera generica, che il criticato provvedimento non costituirebbe una misura di sospensione dei lavori ai sensi dell'art. 42 LE. In tale evenienza infatti, vista la sua natura cautelare, la situazione d'illegalità non dovrebbe essere preventivamente accertata in maniera inconfutabile, essendo sufficiente l'apparenza, suffragata da indizi di un probabile contrasto con il diritto edilizio formale o materiale: ciò le avrebbe impedito di far assumere tutte le prove proposte, in particolare il richiesto sopralluogo dell'esercizio pubblico allo scopo di verificare l'attività effettivamente svoltavi e l'interrogatorio di testimoni. Al suo dire, l'ordine litigioso costituirebbe piuttosto un provvedimento di ripristino, ai sensi dell'art. 43 LE, concernente la demolizione, poiché tenderebbe ad adeguare l'uso di un'opera edilizia alla destinazione prevista dalla licenza accordata. In tale ambito, visto che il loro potere cognitivo non sarebbe limitato alla verosimiglianza, le autorità cantonali avrebbero dovuto procedere a un'assunzione più diligente delle prove. Al riguardo, essa richiama la prassi cantonale (MECCA/PONTI, Legge edilizia annotata, 2006, pag. 127 ad art. 42 e pag. 131 e 135 ad art. 43).
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3.3 Come noto al patrocinatore della ricorrente (vedi sentenza 1C_90/2009 del 15 giugno 2009 consid. 2.2-2.4), il Tribunale federale ha già avuto occasione di esprimersi su questa questione, ritenendo che la motivazione dell'impugnata sentenza, conforme peraltro anche alla dottrina (SCOLARI, Commentario, 1996, n. 1261-1263 ad art. 42 LE; LUCCHINI, Compendio giuridico per l'edilizia, 1999, pag. 186 seg.), non appare insostenibile e quindi arbitraria (sulla nozione di arbitrio v. DTF 134 I 140 consid. 5.4; 134 II 124 consid. 4.1).
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3.4 Per di più, la tesi ricorsuale è ininfluente, visto che la ricorrente non critica, se non in maniera del tutto generica e quindi lesiva delle citate esigenze di motivazione (art. 42 LTF), l'accertamento operato dai giudici cantonali, secondo cui l'esercizio pubblico sarebbe diventato di fatto un postribolo. In effetti, al riguardo, ammesso che l'attività di prostituzione fondata sull'elenco delle notifiche di polizia è sufficientemente provata nel quadro di un accertamento per un ordine di sospensione ai sensi dell'art. 42 LE, la ricorrente adduce semplicemente che l'immobile in questione si troverebbe ad almeno 100 m dall'abitato in una zona isolata e che l'attività svoltavi risulterebbe invisibile agli occhi di terzi. Poiché l'esercizio pubblico disterebbe pochi metri dal viadotto autostradale, la zona in cui è ubicato sarebbe inoltre soggetta a marcate molestie di ordine fonico, oltre alle immissioni generate dal vicino night club. Vista la sua ubicazione, sotto il profilo delle immissioni materiali e immateriali, esso non arrecherebbe pertanto alcun disturbo alla popolazione, né il gerente attuale avrebbe mai ricevuto lamentele di sorta da parte degli abitanti del Comune. L'attività svoltavi, non meglio precisata, sarebbe inoltre tollerata da lustri. La ricorrente ammette che gran parte della clientela dell'affittacamere è costituita da donne straniere sole, ciò che è essenzialmente dovuto alla presenza del confinante night club, circostanza che spiegherebbe anche l'assenza di famiglie quali clienti.
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3.5 Questi accenni chiaramente non dimostrano che si sarebbe in presenza di un accertamento insostenibile e quindi arbitrario dei fatti determinanti. Mal si comprende inoltre perché, in siffatte circostanze, la ricorrente insista sulla mancata assunzione di determinate prove, delle quali nemmeno indica peraltro la pertinenza. Per di più, accennando a una lesione del diritto di essere sentita, essa non dimostra affatto che, rinunciando ad assumerle sulla base di un apprezzamento anticipato delle prove (al riguardo vedi DTF 136 I 229 consid. 5.3; 131 I 153 consid. 3), la Corte cantonale sarebbe incorsa nell'arbitrio.
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Con la sua argomentazione la ricorrente misconosce che oggetto del litigio non è tanto la questione delle immissioni materiali o immateriali derivanti dall'esercizio pubblico, quanto quella di sapere se l'insediamento di un postribolo in un immobile autorizzato quale esercizio pubblico (affittacamere) integri gli estremi di un cambiamento di destinazione soggetto a licenza edilizia. Del resto, essa potrà, se del caso, riproporre l'assunzione delle prove richieste e tutelare compiutamente i suoi diritti di difesa nel quadro dell'esame della domanda di costruzione per trasformare le camere da affittare in un postribolo.
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4.
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4.1 In quanto ammissibile, il ricorso dev'essere pertanto respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF).
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4.2 L'emanazione del presente giudizio rende priva di oggetto la domanda di effetto sospensivo.
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
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2.
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Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico della ricorrente.
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3.
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Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, al Municipio di X.________, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.
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Losanna, 7 marzo 2011
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In nome della I Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il Presidente: Il Cancelliere:
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Fonjallaz Crameri
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