BGer 5A_706/2011 | |||
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BGer 5A_706/2011 vom 21.08.2012 | |
Bundesgericht
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Tribunal fédéral
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Tribunale federale
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{T 0/2}
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5A_706/2011
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Sentenza del 21 agosto 2012
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II Corte di diritto civile
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Composizione
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Giudici federali Hohl, Presidente,
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Marazzi, Herrmann,
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Cancelliera Antonini.
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Partecipanti al procedimento | |
1. A.________,
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2. B.________,
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patrocinate dall'avv. Sandro Patuzzo,
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ricorrenti,
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contro
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C.________,
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patrocinata dall'avv. Diego Della Casa,
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opponente.
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Oggetto
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successione estera; provvedimenti cautelari,
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ricorso contro la sentenza emanata il 1° settembre 2011 dalla I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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A.a D.________ era un cittadino italiano deceduto a X.________ (Italia) nel 1978. In un testamento olografo del 1975 aveva designato la moglie C.________ sua erede universale, riducendo le figlie E.________, B.________ e A.________ alla porzione legittima. Nel novembre 1992 B.________ e A.________ hanno appreso che fondi depositati dal padre presso l'allora banca F.________ di Y.________ erano stati trasferiti su relazioni bancarie della madre. Un'azione da loro intentata in Italia per ottenere il sequestro di detti fondi e il versamento della loro spettanza è stata respinta in prima sede con sentenza 4 ottobre 2001 ed in appello con sentenza 23 novembre 2005.
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A.b In Svizzera, B.________ e A.________ hanno ottenuto un primo sequestro dal Pretore di Mendrisio Sud in data 15 settembre 1994. Accertato che il sequestro presso il precitato istituto bancario non aveva portato frutti, B.________ e A.________ avevano denunciato il 12 settembre 1997 la madre alle autorità inquirenti penali per appropriazione indebita, chiedendo il blocco di tutte le relazioni bancarie facenti capo alla madre ed all'altra sorella presso la banca G.________ a W.________. Ma i sequestri penali sono caduti a seguito dell'emanazione, in data 29 gennaio 2003, di un decreto di non luogo a procedere da parte del Ministero pubblico del Cantone Ticino.
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B.
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B.________ e A.________ hanno allora convenuto in giudizio avanti al Pretore del Distretto di Lugano il 10 febbraio 2003 la madre e la sorella E.________. Hanno postulato in via cautelare il blocco di tutti gli averi facenti capo alle convenute presso la fiduciaria H.________ Ltd. di Z.________ e la banca G.________ a Z.________; l'ordine alle destinatarie del blocco di trasmettere tutta la documentazione relativa alle relazioni in oggetto; l'erezione di un inventario dei beni trasferiti dalla banca F.________ alla banca G.________, rispettivamente alla H.________ Ltd., fra il 20 dicembre 1992 ed il 26 gennaio 1993. La domanda cautelare è stata accolta il medesimo giorno dal Pretore senza contraddittorio. La procedura è stata indi sospesa fino al marzo 2007. Riavviata, in data 16 maggio, 27 giugno e 9 agosto 2007 si è tenuta l'udienza in contraddittorio, in occasione della quale C.________ si è opposta all'istanza, mentre E.________ non si è presentata. Con decreto cautelare 8 aprile 2009, il Pretore in parziale accoglimento dell'istanza ha confermato il blocco di svariati averi presso H.________ Ltd. e la banca G.________; ha inoltre impartito a B.________ e A.________ un termine di 60 giorni per avviare l'azione di merito avanti al foro competente, con l'avvertimento che in caso contrario il provvedimento cautelare sarebbe decaduto.
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C.
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C.a Contro il decreto cautelare C.________ ha inoltrato appello in data 17 aprile 2009, chiedendo la reiezione delle misure chieste. B.________ e A.________ si sono opposte all'appello e hanno altresì chiesto con appello adesivo un ordine alle destinatarie delle misure adottate dal Pretore di depositare, consegnare o almeno conservare nel proprio archivio tutta la documentazione di rilievo; hanno inoltre chiesto l'inventario dei beni trasferiti dalla banca F.________ alla banca G.________, rispettivamente alla H.________ Ltd., fra il 20 dicembre 1992 ed il 26 gennaio 1993 e la designazione di un notaio delegato all'inventario, con inizio della decorrenza del termine di 60 giorni per promuovere l'azione di merito a contare dalla data di chiusura dell'inventario.
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C.b In pendenza di appello, C.________ ha adito il Pretore in data 16 giugno 2009 chiedendogli di dichiarare decaduto il decreto cautelare per infruttuoso decorso del termine di 60 giorni per promuovere l'azione di merito. Con decreto 8 aprile 2010 il Pretore ha respinto l'istanza di C.________.
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C.c Con decisione 1° settembre 2011 il Tribunale di appello del Cantone Ticino ha considerato che il termine impartito dal Pretore a B.________ e A.________ per inoltrare la causa di merito era trascorso infruttuoso. Esso ha pertanto dichiarato l'appello principale senza oggetto, stralciando la causa dai ruoli, e quello adesivo caduco. Esso ha posto tassa, spese giudiziarie e ripetibili (di primo e di secondo grado) a carico di B.________ e A.________.
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D.
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Con ricorso in materia civile e ricorso sussidiario in materia costituzionale del 7 ottobre 2011, B.________ e A.________ (ricorrenti) postulano in via principale l'annullamento e la riforma della decisione 1° settembre 2011 nel senso della reiezione dell'appello principale e dell'accoglimento del loro appello adesivo, e in via subordinata l'annullamento della decisione ed il rinvio della causa all'autorità inferiore per nuovo giudizio. Con decreto 27 ottobre 2011 la Presidente della Corte giudicante ha conferito al gravame effetto sospensivo.
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Non sono state chieste determinazioni nel merito.
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Diritto:
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1.
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1.1 La via d'impugnazione di decisioni incidentali segue essenzialmente quella della vertenza di fondo (DTF 137 III 261 consid. 1.4). La vertenza concerne misure cautelari pronunciate prima dell'introduzione della causa di merito - provviste di un termine entro il quale promuoverla - in una vertenza civile (successoria) di carattere pecuniario con un valore di causa superiore al minimo richiesto per l'impugnazione avanti al Tribunale federale (art. 72 cpv. 1 e art. 74 cpv. 1 lett. b LTF), come debitamente constatato dall'autorità inferiore (art. 112 cpv. 1 lett. d LTF). Il Tribunale di appello ha statuito su ricorso e quale istanza superiore cantonale (art. 75 cpv. 1 e 2 LTF). Che la decisione impugnata non entri nel merito della sentenza ma si limiti a constatare la decadenza delle misure conservative, è irrilevante: ciò che conta è che la decisione impugnata esplica un effetto concreto sulla procedura giudiziaria pendente, portandola formalmente alla sua conclusione, anche se solo tramite la constatazione che un presupposto procedurale per il suo prosieguo era venuto meno. Ricorrenti sono le parti che hanno partecipato al procedimento avanti all'istanza inferiore e che ne sono uscite soccombenti; esse sono pertanto particolarmente toccate dalla decisione impugnata e dispongono di un interesse degno di protezione all'annullamento della medesima (art. 76 cpv. 1 lett. a e b LTF). Il ricorso in materia civile è dunque in linea di principio dato, ciò che rende di per sé inammissibile quello in materia costituzionale sussidiario (art. 113 LTF). Il gravame è peraltro tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF).
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1.2 Qualora intimate separatamente in pendenza di causa o prima dell'inoltro della medesima, la giurisprudenza considera usualmente decisioni quali la presente di natura incidentale; sono invece di natura finale se emanate in una procedura a se stante (DTF 137 III 324 consid. 1.1; 134 I 83 consid. 3.1; appartengono a quest'ultima categoria, ad esempio, decisioni in materia di protezione dell'unione coniugale [DTF 133 III 393 consid. 4], misure provvisionali nel processo di divorzio [DTF 134 III 426 consid. 2.2], misure di protezione del possesso [sentenze 5A_181/2007 del 26 giugno 2007 consid. 1.2; 5A_495/2009 del 24 settembre 2009 consid. 1.1], il rifiuto dell'iscrizione provvisoria di un'ipoteca legale dell'artigiano [DTF 137 III 589 consid. 1.2]). Nel caso di specie, la decisione cautelare è stata emanata prima dell'inoltro della causa principale, a condizione che quest'ultima fosse introdotta entro un determinato termine. Facendo difetto il requisito della procedura a se stante, a ragione il Tribunale di appello ha considerato la decisione impugnata di natura incidentale giusta l'art. 93 LTF (v. anche sentenze 5A_653/2008 del 3 novembre 2008 consid. 1.1; 4A_36/2012 del 26 giugno 2012 consid. 1.1).
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1.3 Il ricorso in materia civile contro decisioni incidentali notificate separatamente è ammissibile se esse possono causare un pregiudizio irreparabile (art. 93 cpv. 1 lett. a LTF) oppure se l'accoglimento del ricorso comporterebbe immediatamente una decisione finale consentendo di evitare una procedura probatoria defatigante o dispendiosa (art. 93 cpv. 1 lett. b LTF; tale variante non è applicabile alle misure provvisionali, v. sentenza 4A_36/2012 del 26 giugno 2012 consid. 1.1).
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È irreparabile unicamente quel pregiudizio che nemmeno una decisione favorevole nel merito riesce a cancellare completamente. Tale pregiudizio deve inoltre essere di natura giuridica; un inconveniente semplicemente di fatto o economico come l'estensione della durata della procedura o dei suoi costi, è insufficiente (DTF 138 III 190 consid. 6 con rinvii; 137 III 380 consid. 1.2.1 con rinvii). Incombe al ricorrente dimostrare perché la decisione impugnata sia atta a causargli un pregiudizio irreparabile, a meno che ciò non appaia con evidenza dalla sentenza impugnata o non sia insito nella natura medesima della vertenza (DTF 137 III 324 consid. 1.1; 134 III 426 consid. 1.2; 133 III 629 consid. 2.3.1).
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Le ricorrenti, che considerano a torto di essere in presenza di una decisione finale, ravvedono un pregiudizio irreparabile nella loro condanna al pagamento di spese e indennità. Argomento costruito a giustificazione della ricevibilità del ricorso sussidiario in materia costituzionale e non di quello - ricevibile - in materia civile (supra consid. 1.1), esso è manifestamente peregrino. Un pregiudizio irreparabile ai sensi dell'art. 93 cpv. 1 lett. a LTF traspare piuttosto dalla sentenza impugnata: se confermata, quest'ultima rende infatti caduche le misure conservative prese dal Pretore (supra consid. in fatto B), con il conseguente sblocco di eventuali averi rinvenuti presso le destinatarie dell'ordine. Nemmeno una sentenza di merito favorevole alle qui ricorrenti garantirebbe il recupero di questi beni, qualora trasferiti nel frattempo altrove.
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1.4 Contro le decisioni in materia di misure cautelari il ricorrente può far valere soltanto la violazione di diritti costituzionali (art. 98 LTF). Il Tribunale federale esamina le censure relative alla violazione di diritti costituzionali unicamente se il ricorrente le ha puntualmente sollevate e motivate (art. 106 cpv. 2 LTF): in altre parole egli deve spiegare in modo chiaro e dettagliato, alla luce dei considerandi della sentenza impugnata, in che modo sarebbero stati violati diritti costituzionali (DTF 135 III 232 consid. 1.2; 133 III 393 consid. 6). Il Tribunale federale fonda inoltre la sua sentenza sui fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF) e nell'ambito dei ricorsi sottoposti alle limitazioni dell'art. 98 LTF, il ricorrente può unicamente ottenere la rettifica o il complemento degli accertamenti di fatto se dimostra una violazione dei suoi diritti costituzionali da parte dell'autorità cantonale. Gli art. 95, 97 e 105 cpv. 2 LTF non si applicano dunque direttamente, poiché non sono dei diritti costituzionali (DTF 133 III 393 consid. 7.1; 133 III 585 consid. 4.1). Tuttavia l'applicazione dell'art. 9 Cost. porta praticamente al medesimo risultato: il Tribunale federale corregge gli accertamenti di fatto unicamente se sono arbitrari e hanno un'influenza sull'esito della causa (sentenza 5A_528/2011 del 26 gennaio 2012 consid. 2.1).
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Per giurisprudenza invalsa l'arbitrio è ravvisabile solo quando la decisione impugnata risulti manifestamente insostenibile, in contraddizione palese con la situazione effettiva, gravemente lesiva di una norma o di un chiaro e indiscusso principio giuridico o in contrasto intollerabile con il sentimento di giustizia e di equità. La decisione dev'essere inoltre arbitraria anche nel suo risultato e non solo nella sua motivazione. Non si è inoltre in presenza d'arbitrio per il semplice fatto che anche un'altra soluzione potrebbe entrare in linea di conto o sarebbe addirittura preferibile (DTF 137 I 1 consid. 2.4 con rinvii). Il ricorrente che lamenta una violazione del divieto dell'arbitrio non può limitarsi a criticare la decisione impugnata come in una procedura d'appello, dove l'autorità di ricorso gode di cognizione libera, opponendo semplicemente la propria opinione a quella dell'autorità cantonale (DTF 134 II 349 consid. 3).
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2.
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Punto di disaccordo è la questione a sapere se il termine impartito dal Pretore alle ricorrenti al fine di inoltrare la causa di merito abbia iniziato a decorrere o meno dall'intimazione del decreto 8 aprile 2009, in considerazione del fatto che l'opponente C.________ aveva a suo tempo impugnato in appello detto decreto (e le ricorrenti avevano interposto appello adesivo).
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2.1 I Giudici cantonali, premessa la competenza ratione loci del giudice svizzero chiamato a disporre misure cautelari (art. 89 LDIP) e l'applicabilità dell'abrogato codice di procedura civile ticinese (CPC/TI; art. 92 cpv. 2 LDIP), hanno spiegato i meccanismi di crescita in giudicato ed esecutività di una decisione giudiziaria. Ammesso che di regola una decisione diviene esecutiva quando acquisisce forza di giudicato, hanno posto in evidenza che i decreti cautelari dell'art. 376 cpv. 1 CPC/TI divenivano "provvisoriamente esecutivi" sin dalla loro notifica (art. 290 lett. b seconda frase CPC/TI), ed un eventuale appello non aveva effetto sospensivo, ovvero non ne inibiva l'operatività, a meno che non lo ordinasse il Presidente della Camera adita (art. 382 cpv. 3 CPC/TI; v. anche art. 310 cpv. 4 lett. c CPC/TI). Constatato che né l'opponente (per il suo appello) né le qui ricorrenti (per il loro appello adesivo), al momento di depositare il loro rimedio di diritto contro il decreto pretorile 8 aprile 2009, avevano chiesto che al medesimo fosse conferito l'effetto sospensivo, i Giudici cantonali hanno concluso che lo stesso era divenuto "provvisoriamente esecutivo" sin dalla sua notifica.
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2.2 La questione sollevata concerne la vincolatività di una sentenza e la sua esecutività. Una sentenza è definitivamente vincolante quando non ne può più essere richiesto un riesame tramite un rimedio di diritto ordinario (forza di giudicato, "formelle Rechtskraft"); essa vincola le parti, con la conseguenza che non può più essere proposta un'azione identica ("materielle Rechtskraft"; fra i tanti WALDER-RICHLI/GROB-ANDERMACHER, Zivilprozessrecht, 5a ed. 2009, § 26 n. 1 e 14). L'esecutività di una decisione giudiziaria va usualmente di pari passo con la forza di giudicato: la parte vincente può esigerne l'esecuzione appena essa è cresciuta in giudicato. Così l'introduzione di un appello (rimedio di diritto ordinario) preclude l'esecutività della decisione impugnata (v. ora art. 315 cpv. 1 CPC [RS 272]). Vi sono tuttavia eccezioni: così l'autorità giudiziaria superiore può autorizzare l'esecuzione anticipata di una sentenza presso di lei impugnata (art. 315 cpv. 2 CPC). Viceversa, un appello contro provvedimenti cautelari (art. 308 cpv. 1 lett. b CPC) non sospende l'esecutività dei medesimi (art. 315 cpv. 4 lett. b CPC), a meno che - eccezione all'eccezione - non decida altrimenti l'autorità superiore (art. 315 cpv. 5 CPC).
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2.3 I Giudici cantonali hanno correttamente esposto i principi appena menzionati, nella forma in cui questi erano concretizzati nell'abrogato diritto processuale cantonale. A giusta ragione le ricorrenti non rimettono in discussione questo passaggio della decisione impugnata. È infatti indubbio che le misure provvisionali del CPC/TI erano immediatamente esecutive: ciò era detto espressamente all'art. 310 cpv. 4 lett. c CPC/TI e si manifestava nell'esclusione dell'effetto sospensivo qualora esse venissero impugnate in appello, a meno che il Presidente della Camera adita non lo conferisse (art. 382 cpv. 3 CPC/TI). Accertato in fatto e rimasto incontestato che, nel caso presente, nessuna delle parti in causa ha chiesto al Tribunale di appello di conferire effetto sospensivo ai gravami inoltrati contro il decreto cautelare dell'8 aprile 2009, l'esecutività di detto decreto a partire dal momento della sua intimazione alle parti non può ragionevolmente far dubbio alcuno.
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3.
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Le opinioni divergono invece profondamente su cosa si debba intendere per "esecutività" di un tale decreto cautelare, ovvero quali effetti il decreto dovesse esplicare immediatamente ed (eventualmente) quali invece fossero gli effetti che il decreto poteva esplicare unicamente dopo l'evasione dei rimedi di diritto interposti contro il medesimo, problematica essendo l'eventuale sospensione del termine per intentare la causa di merito.
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3.1 Il Pretore, seguito dalle qui ricorrenti, ha considerato che il decreto emanato a salvaguardia dell'oggetto di causa deve assolutamente essere confermato prima dell'inoltro della causa medesima, perdendo altrimenti quest'ultima qualsiasi interesse. Dunque, secondo il Pretore il decreto in oggetto aveva esecutività immediata unicamente per quanto concerne il merito della controversia, segnatamente il blocco dei conti, non invece per quanto attiene il termine di avvio della causa di merito, sospeso fino ad evasione dell'appello. A sostegno della propria opinione egli ha rinviato all'art. 279 cpv. 1 LEF relativo alla prosecuzione del sequestro.
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3.2 I Giudici di appello, dal canto loro, hanno maturato il convincimento opposto. Hanno considerato incomprensibile e incompatibile con la disciplina della legge che certi dispositivi del decreto cautelare debbano essere provvisoriamente ed immediatamente esecutivi (quelli sui provvedimenti conservativi), non invece quelli relativi al termine per intentare l'azione di merito. Incombe alla parte istante attivarsi presso l'autorità giudiziaria di secondo grado per evitare che l'azione di merito divenga priva d'interesse per la sparizione dell'oggetto della lite, postulando appunto l'effetto sospensivo, come prevede l'art. 382 cpv. 3 CPC/TI. È, ricordano i Giudici cantonali, quanto si esige dall'artigiano o imprenditore che vuole chiedere l'iscrizione definitiva dell'ipoteca accordatagli a titolo provvisorio. Inconferente sarebbe invece il richiamo all'art. 279 LEF, condizionato dal fatto che la sospensione dei termini è espressamente prevista dalla legge (art. 278 cpv. 5 LEF in vigore fino al 31 dicembre 2010, v. ora art. 279 cpv. 5 LEF).
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3.3 L'opinione del Pretore ha una sua logica. Tuttavia, le obiezioni del Tribunale di appello non sono di minor pregio: in particolare non si vede ragione convincente per far dipendere da criteri diversi l'esecutività delle misure conservative in senso stretto prese dal giudice di prime cure e del termine per l'introduzione della causa di merito, tanto più che la parte istante ha nelle proprie mani la possibilità di prevenire ogni inconveniente postulando la concessione dell'effetto sospensivo al gravame. È anche vero che le medesime regole trovano applicazione ai casi - più usuali - dell'ipoteca legale degli artigiani e imprenditori (v. art. 839 cpv. 2 e 961 cpv. 3 CC, quantunque il termine sia un termine di perenzione [DTF 137 III 589 consid. 1.2.2], DTF 119 II 429 consid. 3d) e dell'azione di disconoscimento del debito (v. art. 83 cpv. 2 LEF; DTF 127 III 569 consid. 4a; 124 III 34 consid. 2a). La soluzione è inoltre avvalorata dal fatto che la divergente regola prevista per il sequestro LEF poggia su un'eccezione prevista espressamente dalla legge (art. 278 cpv. 5 LEF in vigore fino al 31 dicembre 2010, v. ora art. 279 cpv. 5 LEF). Tenuto poi conto che, in questa sede, l'interpretazione che il Tribunale di appello ha dato della (abrogata) regola cantonale deve resistere ad un esame limitato all'arbitrio, in virtù del quale non basta che la soluzione proposta dalla parte ricorrente sia magari addirittura migliore di quella ritenuta nella sentenza impugnata, bensì quest'ultima deve rivelarsi assolutamente insostenibile (supra consid. 1.4), la decisione del Tribunale di appello non appare arbitraria.
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3.4 Né portano ad una differente conclusione le obiezioni riproposte in questa sede dalle ricorrenti, obiezioni che per la maggior parte ricalcano quanto già esposto avanti al Tribunale di appello. Sebbene le censure di natura costituzionale - uniche ammissibili in questa sede (supra consid. 1.4) - siano infatti erroneamente confinate nel ricorso sussidiario in materia costituzionale, esse possono essere convertite a suffragio del ricorso in materia civile (DTF 134 III 379 consid. 1.2). Sia comunque sin d'ora chiarito che la pretesa violazione degli art. 8, 29 e 30 Cost. e degli art. 73 e 80 Cost./TI (RS 131.229), così come formulata nel ricorso, non ha portata propria ma è semmai consumata dalla censura di arbitrio, mentre la censura avente per oggetto l'asserita violazione della preminenza del diritto federale (art. 49 e 122 Cost.) è insufficientemente motivata per poter essere esaminata nel merito.
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3.4.1 Le ricorrenti ribadiscono in primo luogo l'opinione del Pretore, che condividono, in virtù della quale "l'immediata esecutività va quindi riferita al provvedimento cautelare in quanto tale e non all'assegnazione del termine per promuovere la causa di merito", definendo insostenibile la tesi contraria del Tribunale di appello "proprio per i principi generali di economia di giudizio e le finalità stesse dell'azione di merito a convalida di una misura cautelare, che solo ha senso che venga convalidata da una causa di merito se la misura cautelare stessa è divenuta definitiva". In tali termini, si tratta di critica meramente appellatoria e come tale inammissibile (supra consid. 1.4). Peraltro, non è seriamente sostenibile pretendere che una causa di merito abbia senso unicamente se può perpetuare gli effetti di una misura provvisionale: misure cautelari sono in realtà l'eccezione, la regola restando che una prestazione è dovuta unicamente a crescita in giudicato del giudizio di fondo.
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3.4.2 Le ricorrenti ritengono poi valere per analogia le considerazioni espresse alla DTF 104 II 141 consid. 3, che ripropongono in esteso. Quest'ultima sentenza tratta del termine per promuovere l'azione d'inesistenza del debito (art. 83 cpv. 2 LEF) quando la decisione di rigetto dell'opposizione sia stata impugnata con un rimedio di diritto ordinario. Essa stabiliva che detto termine decorre, indipendentemente dall'eventuale provvisoria esecutività della decisione di rigetto dell'opposizione non ancora definitiva, dalla sentenza dell'autorità di ricorso o dal momento in cui il termine di ricorso è spirato o il ricorso è stato ritirato. Giova tuttavia rilevare che tale giurisprudenza è stata modificata dal Tribunale federale (v. DTF 127 III 569 consid. 4a; 124 III 34 consid. 2a; v. anche supra consid. 3.3). In ogni modo, la situazione descritta alla menzionata DTF 104 II 141 era ben diversa da quella qui sotto esame: la soluzione che era stata adottata per l'inoltro dell'azione di inesistenza del debito teneva conto della possibilità che quest'ultima azione potesse perdere ogni interesse per la parte attrice se nel frattempo fosse stato ammesso il rimedio di diritto proposto dalla medesima parte contro la decisione di rigetto dell'opposizione. Detto altrimenti, l'azione di disconoscimento di debito poteva rivelarsi un doppione inutile se introdotta prima della decisione sul rigetto dell'opposizione, con il susseguente rischio di dover sopportare spese giudiziarie e ripetibili. Nel caso qui discusso, per contro, la possibilità di un inutile doppione non sussiste: le misure cautelari sono l'anticamera della procedura di merito, nella quale esse vanno a confluire senza soluzione di continuità. Quand'anche, riesaminate in appello, le cautelari dovessero essere rifiutate dopo la litispendenza della causa di merito, quest'ultima non diverrebbe evidentemente superflua.
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3.4.3 Né appare di pregio il paragone del caso di specie con la situazione che si presenta quando una misura è ordinata a titolo preprovvisionale. In tal caso, come correttamente rilevano le ricorrenti, per invalsa giurisprudenza la misura rimane in vigore fino alla decisione definitiva sulla cautelare (art. 379 CPC/TI; COCCHI/TREZZINI, Codice di procedura civile ticinese massimato e commentato, 2000 e 2004 [appendice], n. 3 ad art. 379 CPC/TI), ragione per cui la concessione dell'effetto sospensivo all'appello contro il decreto cautelare è superflua (COCCHI/TREZZINI, op. cit., n. 7 ad art. 310 CPC/TI). Di converso, se è conferito l'effetto sospensivo ad un appello contro una decisione cautelare che revoca le misure ordinate a titolo supercautelare, queste ultime restano in vigore sino alla decisione di appello sulle cautelari (COCCHI/TREZZINI, op. cit., n. 9 ad art. 310 CPC/TI).
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Ma non vi è analogia alcuna con il caso qui discusso. Le ricorrenti sono forse state fuorviate dall'apparente contraddizione fra la massima giurisprudenziale che spiega quando sia superfluo chiedere l'effetto sospensivo all'appello (COCCHI/TREZZINI, op. cit., n. 7 ad art. 310 CPC/TI) e l'esigenza di chiederlo, espressa nella sentenza impugnata. Va tuttavia posto in evidenza che le massime appena citate si riferiscono alla perpetuazione degli effetti della decisione preprovvisionale, mentre il termine per l'inoltro della causa di merito è stato assegnato in sede di conferma delle misure, con il decreto cautelare. Ciò che è, d'altronde, ovvio: non avrebbe senso assegnare un termine per l'azione di merito in sede preprovvisionale, quando le misure ordinate non sono ancora state discusse da controparte e confermate dal giudice.
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4.
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Avanti al Tribunale di appello le ricorrenti hanno poi rilevato che il Pretore, con decreto 8 aprile 2010, ha rifiutato di revocare il provvedimento cautelare 8 aprile 2009, considerando che quest'ultimo non era passato in giudicato e che pertanto il termine per inoltrare la causa di merito non aveva iniziato a decorrere. A ciò il Tribunale di appello controbatte che qualora le misure cautelari ordinate in data 8 aprile 2009 fossero decadute per legge, come previsto dall'art. 381 CPC/TI, la successiva decisione pretorile invocata dalle ricorrenti non avrebbe alcuna portata pratica.
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Avanti al Tribunale federale le ricorrenti non discutono queste considerazioni, in particolare la decadenza ope legis di un decreto cautelare quando venga meno una delle condizioni per la sua pronuncia, sicché non vi è motivo di approfondirle. Sia comunque rilevato che la conclusione dei Giudici cantonali non è certamente arbitraria: se le misure cautelari decadono ope legis trascorso infruttuosamente il termine impartito alle istanti per introdurre l'azione di merito, nel caso di specie quelle emanate in data 8 aprile 2009 già non erano più in vigore al momento dell'emanazione del decreto 8 aprile 2010; quest'ultimo non poteva pertanto avere efficacia alcuna.
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5.
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Le ricorrenti criticano infine la riforma del giudizio sulle tasse e ripetibili di primo grado operata dal Tribunale di appello. Ritengono in primo luogo che sia stato leso il loro diritto ad una motivazione fondato sull'art. 29 cpv. 2 Cost., ed in secondo luogo che il decreto cautelare (a loro favorevole) aveva chiuso una fase processuale e non poteva dunque venir rimesso in discussione dal destino dell'appello.
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La censura tratta dal diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.; in proposito DTF 138 IV 81 consid. 2.2; 134 I 83 consid. 4.1) è manifestamente infondata. Già solo a leggere lo stralcio della sentenza impugnata riproposto nell'allegato ricorsuale appare evidente la ragione della decisione dei Giudici cantonali: è la soccombenza delle ricorrenti, siccome riferita alla procedura cautelare nel suo insieme, fino alla decisione di appello compresa. Questa soluzione non solo è esposta in termini sufficientemente chiari, ma è pure - e ciò risponde alla seconda censura - corretta: è, al contrario, addirittura inconcepibile immaginare che la decisione sulle misure cautelari, pronunciata dopo discussione delle supercautelari, e che fa oggetto di un rimedio di diritto ordinario quale l'appello, possa essere considerata una decisione a se stante, svincolata dal successivo appello. Ciò non si verifica nemmeno quando, diversamente da qui, le provvisionali sono oggetto di una procedura indipendente dal merito (supra consid. 1.2).
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Le due censure sono pertanto infondate.
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6.
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Dato l'esito delle censure sin qui discusse, gli argomenti ricorsuali delle ricorrenti volti ad ottenere quanto postulato con il loro appello adesivo si rivelano inammissibili per carenza di motivazione (supra consid. 1.4); le ricorrenti, infatti, non si confrontano a sufficienza con la motivazione della Corte cantonale secondo la quale il loro appello adesivo era da considerarsi caduco per il fatto che l'appello principale era divenuto senza oggetto.
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7.
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Il ricorso in materia civile va pertanto respinto nella misura della sua ammissibilità, con conseguenza di tassa e spese a carico delle ricorrenti soccombenti in solido (art. 66 cpv. 1 e 5 LTF). Non si giustifica attribuire ripetibili all'opponente, che si è limitata a dichiarare di non opporsi alla concessione dell'effetto sospensivo (art. 68 cpv. 1 e 2 LTF).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Il ricorso sussidiario in materia costituzionale è inammissibile.
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2.
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Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso in materia civile è respinto.
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3.
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Le spese giudiziarie di fr. 5'000.-- sono poste a carico delle ricorrenti in solido.
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4.
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Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
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Losanna, 21 agosto 2012
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In nome della II Corte di diritto civile
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del Tribunale federale svizzero
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La Presidente: Hohl
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La Cancelliera: Antonini
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