BGer 2C_946/2018 | |||
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BGer 2C_946/2018 vom 30.01.2019 |
2C_946/2018 |
Sentenza del 30 gennaio 2019 |
II Corte di diritto pubblico | |
Composizione
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Giudici federali Seiler, Presidente,
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Zünd, Stadelmann,
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Cancelliere Savoldelli.
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Partecipanti al procedimento | |
A.________,
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patrocinato dall'avv. Cesare Lepori,
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ricorrente,
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contro
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Sezione della popolazione,
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6500 Bellinzona,
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Consiglio di Stato del Cantone Ticino.
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Oggetto
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permesso di dimora,
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ricorso in materia di diritto pubblico rivolto contro la sentenza emanata il 17 settembre 2018 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2017.232).
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Fatti: |
A. | |
A.________, cittadino dominicano nato nel [...], ha soggiornato illegalmente in Svizzera dal 24 settembre 2003 al 5 agosto 2004. Per questo motivo, con decreto d'accusa del 6 agosto 2004, è stato condannato a una pena detentiva di 15 giorni, sospesi condizionalmente con un periodo di prova di 2 anni. Preso atto della pronuncia di tale pena, il 7 ottobre 2004 l'allora Ufficio federale della migrazione (ora Segreteria di Stato della migrazione) ha emesso nei suoi confronti anche un divieto di entrata, per un periodo di due anni.
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Il 18 dicembre 2004, A.________ si e sposato con la cittadina elvetica B.________. Giunto in Svizzera per vivere con la moglie, l'11 giugno 2005 ha ottenuto un permesso di dimora rinnovatogli un'ultima volta fino al 10 giugno 2009. Dopo avere cessato la vita in comune, ha infatti sollecitato un ulteriore rinnovo, ma la sua domanda è stata respinta fino in ultima istanza (sentenza 2C_778/2010 del 20 giugno 2011) e gli è stato quindi assegnato un termine scadente il 10 settembre successivo per lasciare la Svizzera. Dopo il divorzio dalla prima moglie, che risale al 1° luglio 2011, il 18 agosto 2011 A.________ si è risposato con la connazionale C.________, titolare di un permesso di domicilio in Svizzera. Preso in locazione un appartamento a X.________ a far tempo dal 1° ottobre 2011 e raggiunto nello stesso dalla moglie il 5 ottobre successivo egli ha così beneficiato di nuovi permessi di dimora per vivere nel nostro Paese con quest'ultima, che gli sono stati rinnovati annualmente fino al 17 agosto 2015.
| 2 |
B. | |
II 20 febbraio 2014, A.________ ha stipulato a suo nome un ulteriore contratto di locazione, con effetto a partire dal 1° marzo 2014, per un appartamento di 2,5 locali situato nel medesimo stabile in cui aveva sin lì vissuto con la moglie. Nelle successive domande di rinnovo del permesso di dimora (15 luglio 2014 e 15 luglio 2015), ha indicato di vivere separato.
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Interrogata il 25 giugno 2016 dalla polizia cantonale in merito alla situazione matrimoniale, C.________ ha (tra l'altro) dichiarato di avere iniziato a convivere con il marito dopo il matrimonio, di avere convissuto fino al 18 novembre 2013 e di voler divorziare. Sentito a sua volta, A.________ ha indicato di avere conosciuto la moglie nel 2005, di averle proposto di sposarlo anche perché avrebbe dovuto lasciare la Svizzera, di aver vissuto con lei sino alla sottoscrizione di un ulteriore contratto di locazione, nel 2014, e che dopo il suo trasferimento nel nuovo appartamento ognuno ha provveduto al proprio sostentamento in modo autonomo.
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C. Preso atto della situazione descritta, e constatato che lo scopo per il quale l'autorizzazione di soggiorno che gli era stata conferita era venuto a cadere, con decisione del 4 febbraio 2016 la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino ha negato a A.________ il rinnovo del permesso di dimora, assegnandogli un termine per lasciare la Svizzera.
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Su ricorso, tale provvedimento è stato confermato sia dal Consiglio di Stato (22 marzo 2017) che dal Tribunale amministrativo (17 settembre 2018). Frattanto, il matrimonio tra A.________ e C.________ è stato sciolto per divorzio (28 ottobre 2016).
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D. Il 22 ottobre 2018 A.________ ha inoltrato dinanzi al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico, con cui chiede che, in riforma del giudizio emesso dalla Corte cantonale il 17 settembre precedente, gli sia concesso il rinnovo del suo permesso di dimora e domanda inoltre l'ammissione all'assistenza giudiziaria.
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Chiamato ad esprimersi, il Tribunale amministrativo si è riconfermato nelle motivazioni e nelle conclusioni della propria sentenza. Ad essa ha fatto in sostanza rinvio anche la Sezione della popolazione. Il Consiglio di Stato si è invece rimesso al giudizio di questa Corte.
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Diritto: | |
1. Giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto.
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1.1. Nel caso in esame, il ricorrente insorge davanti al Tribunale federale considerando in sostanza di avere un diritto al rinnovo del permesso di dimora in base all'art. 50 cpv. 1 della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri (LStr; RS 142.20; dal 1° gennaio 2019, rinominata legge federale sugli stranieri e la loro integrazione [LStrI]). Non risultando questa conclusione d'acchito insostenibile, la causa sfugge pertanto all'eccezione citata. In che misura le condizioni per il rinnovo dell'autorizzazione siano davvero date è questione di merito (sentenze 2C_263/2017 del 23 giugno 2017 consid. 1.1; 2C_962/2016 del 31 gennaio 2017 consid. 1.2 e 2C_295/2016 del 10 giugno 2016 consid. 3.1).
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1.2. Diretta contro una decisione finale (art. 90 LTF) di un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2 LTF), e presentata nei termini (art. 100 cpv. 1 LTF) dal destinatario della pronuncia contestata, con interesse ad insorgere (art. 89 cpv. 1 LTF), l'impugnativa va quindi esaminata quale ricorso ordinario in materia di diritto pubblico ex art. 82 segg. LTF.
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2.
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2.1. In via generale, confrontato con una motivazione conforme all'art. 42 LTF, il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF; DTF 133 II 249 consid. 1.4.1 pag. 254). Esigenze più severe valgono tuttavia in relazione alla denuncia della violazione di diritti fondamentali, inclusi quelli ancorati direttamente nel diritto internazionale, che viene esaminata solo se sollevata in maniera precisa (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246; sentenza 2C_788/2013 del 25 gennaio 2014 consid. 2.1). Per quanto riguarda i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Esso può scostarsene se è stato eseguito in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario, profilo sotto il quale viene esaminato anche l'apprezzamento delle prove (DTF 136 III 552 consid. 4.2 pag. 560).
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2.2. Come rilevato anche nel seguito, il gravame rispetta i requisiti in materia di motivazione menzionati soltanto in parte. Nella misura in cui li disattende, esso sfugge pertanto a un esame di questa Corte. Inoltre, siccome non vengono validamente messi in discussione - con una motivazione conforme all'art. 106 cpv. 2 LTF, che ne dimostri un accertamento o un apprezzamento arbitrario -, i fatti che risultano dal querelato giudizio vincolano il Tribunale federale anche nel caso concreto (art. 105 cpv. 1 LTF; sentenze 2C_550/2015 del 1° ottobre 2015 consid. 4.2.1 e 2C_539/2014 del 23 ottobre 2014 consid. 6.2.1, nelle quali viene spiegato che, in assenza di precise critiche, pure aggiunte e precisazioni non possono essere prese in considerazione).
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3. Dopo avere preso atto del fatto che il ricorrente non poteva più prevalersi del diritto al rinnovo del permesso sulla base dell'art. 43 LStrI, la Corte cantonale ha ritenuto che lo stesso non potesse a tal fine neppure richiamarsi all' art. 50 LStrI o all'art. 8 CEDU.
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Essa ha infatti scartato l'applicazione dell'art. 50 cpv. 1 lett. a LStrI, perché ha ritenuto che l'unione coniugale non aveva raggiunto i tre anni; ha inoltre negato quella dell'art. 50 cpv. 1 lett. b LStrI, poiché non sussisteva nessun grave motivo personale, che rendesse necessario il prosieguo del soggiorno in Svizzera; ha infine rilevato come, non essendovi più alcuna vita familiare con C.________, dati non fossero nemmeno i presupposti per il riconoscimento di una possibilità di soggiorno in Svizzera in base all'art. 8 CEDU.
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Benché il ricorrente dichiari d'entrata che il giudizio impugnato sarebbe contrario sia al diritto interno che a quello internazionale, egli fonda in seguito la propria richiesta di rinnovo del permesso soltanto sull'art. 50 LStrI. In base alle critiche formulate nell'impugnativa, è quindi l'applicazione di questo disposto da parte della Corte cantonale, che deve essere qui verificata.
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Erwägung 4 | |
4.1. A norma dell'art. 50 cpv. 1 LStrI, dopo lo scioglimento del matrimonio o della comunità familiare, il diritto del coniuge al rilascio e alla proroga del permesso di dimora in virtù dell'art. 43 risulta preservato se: (a) l'unione coniugale è durata almeno tre anni e lo straniero è integrato o (b) gravi motivi personali rendono necessario il prosieguo del soggiorno in Svizzera.
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Per la durata dell'unione coniugale, determinante è il periodo tra l'inizio della coabitazione effettiva dei coniugi in Svizzera e lo scioglimento della comunità familiare, che coincide di regola con quello della comunità domestica (DTF 138 II 229 consid. 2 pag. 231; 136 II 113 consid. 3.2 seg. pag. 115 segg.).
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L'art. 50 cpv. 2 LStrI precisa invece che può esservi (tra l'altro) un grave motivo personale secondo il capoverso 1 lettera b sia quando il coniuge è stato vittima di violenza nel matrimonio, sia quando la reintegrazione sociale nel Paese d'origine è fortemente compromessa. In quest'ultimo contesto, la domanda da porsi non è quella a sapere se per la persona in questione sia più facile vivere in Svizzera, bensì se, in caso di ritorno nel Paese di origine, la stessa sarebbe confrontata con dei gravi problemi di reinserimento, dal punto di vista personale, professionale e familiare (DTF 138 II 229 consid. 3.1 pag. 232; sentenza 2C_ 873/2013 del 25 marzo 2014 consid. 4.1, non pubblicato in DTF 140 II 289 con ulteriori rinvii).
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4.2. Contrariamente a quanto sostenuto nell'impugnativa, nessuna delle due costellazioni previste dall'art. 50 cpv. 1 lett. a e b LStrI è però qui riscontrabile.
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4.2.1. In base ai fatti accertati nel giudizio impugnato, che vincolano anche il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF; precedenti consid. 2.2 e 2.3) risulta in effetti che la moglie dell'insorgente ha raggiunto quest'ultimo nell'appartamento coniugale il 5 ottobre 2011 e che l'unione tra loro è cessata al più tardi il 1° marzo 2014, allorquando il ricorrente si è trasferito nel nuovo alloggio da lui locato, ricominciando a vivere in maniera separata e autonoma.
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Difettando già il primo requisito previsto dalla legge, non occorre d'altra parte esprimersi sullo stato dell'integrazione effettivamente raggiunto dall'interessato durante la sua permanenza in Svizzera
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4.2.2. Per quanto riguarda la reintegrazione sociale nel Paese d'origine, l'art. 50 cpv. 2 LStrI subordina come detto il riconoscimento di un grave motivo personale al fatto che la stessa risulti "fortemente compromessa".
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Anche in questo caso, in base ai fatti che risultano dal giudizio impugnato, le condizioni prescritte non sono tuttavia date. Così come indicato dai Giudici ticinesi, va in effetti osservato che il ricorrente si trova sì in Svizzera dal giugno 2005, ma che egli è nato, è cresciuto, si è formato ed è vissuto fino a oltre 30 anni nella Repubblica dominicana, dove vive il suo anziano padre e dove risulta essersi recato ancora di recente; inoltre, che per diversi periodi la sua permanenza nel nostro Paese è stata solo tollerata, in attesa della pronuncia sull'effettivo diritto a restare da parte delle autorità competenti (sentenza 2C_557/2015 del 9 dicembre 2015 consid. 5.2 e 2C_420/2015 del 1° ottobre 2015 consid. 2.2). Sempre con il Tribunale amministrativo va nel contempo aggiunto che l'asserita integrazione in Svizzera - che va invero relativizzata, alla luce della percezione (per circa due anni) dell'assistenza pubblica e di un'attività lavorativa frammentaria - non è qui determinante (sentenze 2C_263/2017 del 23 giugno 2017 consid. 3.2.2 e 2C_1003/2015 del 7 gennaio 2016 consid. 4.4); d'altra parte, che i disagi con i quali l'insorgente sarà confrontato a causa del trasferimento nella Repubblica dominicana non eccedono in definitiva quelli ai quali una persona deve far fronte al momento del rientro in Patria dopo una prolungata assenza, ciò che non è sufficiente per ammettere l'esistenza di un caso di rigore (sentenze 2C_962/2016 del 31 gennaio 2017 consid. 3.2.2 e 2C_621/2015 dell'11 dicembre 2015 consid. 5.2.2).
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5. Per quanto precede, il ricorso è respinto. L'istanza di assistenza giudiziaria non può essere accolta siccome il gravame doveva apparire sin dall'inizio come privo di probabilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF). Nell'addossare le spese giudiziarie al ricorrente, viene comunque tenuto conto della sua situazione finanziaria e fissato un importo ridotto (art. 65 cpv. 1 e 2, art. 66 cpv. 1 LTF); non sono dovute ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: | |
1. Il ricorso è respinto.
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2. La domanda di assistenza giudiziaria è respinta.
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3. Le spese giudiziarie di fr. 1'000.-- sono poste a carico del ricorrente.
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4. Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché alla Segreteria di Stato della migrazione.
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Losanna, 30 gennaio 2019
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In nome della II Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il Presidente: Seiler
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Il Cancelliere: Savoldelli
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