BGer 2C_400/2019 | |||
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BGer 2C_400/2019 vom 08.08.2019 |
2C_400/2019 |
Sentenza dell'8 agosto 2019 |
II Corte di diritto pubblico | |
Composizione
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Giudici federali Seiler, Presidente,
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Aubry Girardin, Stadelmann,
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Cancelliere Ermotti.
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Partecipanti al procedimento | |
A.________,
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ricorrente,
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contro
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Sezione della popolazione,
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Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino,
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Consiglio di Stato del Cantone Ticino.
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Oggetto
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Revoca di un permesso di dimora,
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ricorso contro la sentenza emanata il 27 marzo 2019
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dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2018.462).
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Fatti: |
A. | |
A.a. Giunta in Svizzera il 23 marzo 2015, la cittadina ucraina A.________ si è sposata l'8 maggio 2015 con il cittadino elvetico B.________, motivo per il quale, il 7 luglio 2015, le è stato rilasciato un permesso di dimora annuale, in seguito regolarmente rinnovato. La coppia non ha avuto figli.
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A.b. Il 20 luglio 2017, A.________ ha lasciato l'appartamento coniugale di X.________ e si è trasferita in un monolocale a Y.________. Il 27 luglio 2017, il Pretore aggiunto di Lugano ha autorizzato i coniugi a vivere separati.
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B. Preso atto della situazione descritta e constatato che lo scopo per il quale l'autorizzazione di soggiorno le era stata conferita era venuto a cadere, con decisione del 2 ottobre 2017, la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino (di seguito: la Sezione della popolazione) ha revocato il permesso di dimora di A.________, assegnandole un termine per lasciare la Svizzera.
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Su ricorso, tale provvedimento è stato confermato sia dal Consiglio di Stato (22 agosto 2018) che dal Tribunale amministrativo (27 marzo 2019) del Cantone Ticino. I Giudici cantonali hanno ritenuto, in sostanza, che l'unione coniugale era durata meno di tre anni e che la violenza coniugale invocata da A.________ non raggiungeva l'intensità richiesta dalla giurisprudenza per riconoscere all'interessata un diritto alla permanenza in Svizzera.
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C. Il 29 aprile 2019, A.________ ha inoltrato dinanzi al Tribunale federale un "ricorso di diritto pubblico" con cui chiede, protestate "tasse, spese e ripetibili", l'annullamento della decisione del Tribunale amministrativo del 27 marzo 2019 e il rinnovo del proprio permesso di dimora, domandando inoltre di essere esentata dal pagamento dell'anticipo spese.
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La Corte cantonale si è riconfermata nelle motivazioni e nelle conclusioni della propria sentenza. Il Consiglio di Stato si è rimesso al giudizio del Tribunale federale mentre la Sezione della popolazione ha chiesto il rigetto del gravame.
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Con decreto presidenziale del 6 maggio 2019 è stato concesso l'effetto sospensivo al ricorso.
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Diritto: | |
1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF) e verifica con piena cognizione l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 144 V 280 consid. 1 pag. 282).
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1.1. La ricorrente ha intitolato la sua impugnativa "ricorso di diritto pubblico". Tale imprecisione non comporta comunque alcun pregiudizio per l'interessata, nella misura in cui il gravame adempie alle esigenze formali del tipo di ricorso effettivamente esperibile (DTF 138 I 367 consid. 1.1 pag. 370; sentenza 2C_340/2019 del 16 maggio 2019 consid. 1.1).
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1.2. Giusta l'art. 83 lett. c cifra 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto.
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Nel caso in esame, la ricorrente insorge davanti al Tribunale federale considerando in particolare di avere un diritto al rinnovo del permesso di dimora in base all'art. 50 della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI; RS 142.20). Non risultando questa conclusione d'acchito insostenibile, la causa sfugge all'eccezione citata. Se le condizioni per il rinnovo dell'autorizzazione litigiosa siano davvero date è una questione di merito (sentenze 2C_145/2019 del 24 giugno 2019 consid. 1.1 e 2C_401/2018 del 17 settembre 2018 consid. 1.1). La via del ricorso in materia di diritto pubblico è dunque aperta.
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1.3. Per il resto, diretta contro una decisione finale (art. 90 LTF) di un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e 2 LTF), e presentata nei termini (art. 46 cpv. 1 lett. a LTF
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2. Il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sulla base dei fatti accertati dall'autorità precedente (art. 105 cpv. 1 LTF), eccezion fatta per i casi contemplati dall'art. 105 cpv. 2 LTF. Giusta l'art. 97 cpv. 1 LTF, il ricorrente può censurare l'accertamento dei fatti soltanto se è stato svolto in modo manifestamente inesatto - ovvero arbitrario - o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e se l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del procedimento (DTF 142 II 355 consid. 6 pag. 358; 139 II 373 consid. 1.6 pag. 377 seg.). In conformità all'art. 106 cpv. 2 LTF, chi ricorre deve motivare, con precisione e per ogni accertamento di fatto censurato, la realizzazione di queste condizioni. Se ciò non avviene, il Tribunale federale non può tener conto di uno stato di fatto divergente da quello esposto nella sentenza impugnata (DTF 137 II 353 consid. 5.1 pag. 356; sentenza 2C_793/2018 del 13 marzo 2019 consid. 2).
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Siccome non sono validamente messi in discussione, i fatti che risultano dal giudizio querelato vincolano il Tribunale federale anche nel caso concreto (art. 105 cpv. 1 LTF; sentenza 2C_987/2018 del 23 aprile 2019 consid. 2.2). Questa Corte fonderà dunque il proprio giudizio sui fatti constatati dall'autorità precedente.
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3. La ricorrente ha lasciato l'appartamento coniugale il 20 luglio 2017 e i coniugi sono stati autorizzati a vivere separati il 27 luglio 2017. L'interessata non può quindi dedurre un diritto al rinnovo del permesso di dimora dall'art. 42 cpv. 1 LStrI. È inoltre pacifico che l'unione coniugale è durata meno di tre anni, di modo che nemmeno l'art. 50 cpv. 1 lett. a LStrI trova applicazione. Occorre dunque unicamente verificare se la querelata sentenza sia o meno conforme all'art. 50 cpv. 1 lett. b e cpv. 2 LStrI.
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4. La ricorrente sostiene che il Tribunale amministrativo avrebbe a torto negato l'esistenza di gravi motivi personali ai sensi dell'art. 50 cpv. 1 lett. b e cpv. 2 LStrI. A mente dell'interessata, la "pressione psicologica" (cfr. ricorso, pag. 3) alla quale la sottoponeva sistematicamente il marito sarebbe stata di tale intensità da costituire una forma di violenza coniugale suscettibile di rendere necessario il prosieguo del suo soggiorno in Svizzera.
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4.1. L'art. 50 cpv. 1 lett. b LStrI prevede in particolare che, dopo lo scioglimento del matrimonio o della comunità familiare, il diritto del coniuge al rilascio o alla proroga del permesso di dimora ai sensi dell'art. 42 LStrI sussiste se gravi motivi personali rendono necessario il prosieguo del soggiorno in Svizzera. L'art. 50 cpv. 2 LStrI precisa che può esservi (tra l'altro) un grave motivo personale secondo il capoverso 1 lettera b quando il coniuge è stato vittima di violenza nel matrimonio.
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4.2. L'art. 50 cpv. 1 lett. b e cpv. 2 LStrI è rivolto ai casi che non rientrano sotto l'art. 50 cpv. 1 lett. a LStrI. Nella verifica delle condizioni di applicazione di questa norma, è decisiva la situazione personale della persona interessata e non l'interesse pubblico a una politica migratoria restrittiva. Inoltre, per costante giurisprudenza, l'art. 50 cpv. 1 lett. b LStrI accorda un vero e proprio diritto alla continuazione del soggiorno in Svizzera (DTF 138 II 393 consid. 3.1 pag. 395; sentenze 2C_145/2019 del 24 giugno 2019 consid. 3.1 e 2C_401/2018 del 17 settembre 2018 consid. 4.1).
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4.3. Per quanto riguarda la violenza coniugale, essa deve - per prassi costante - assumere una certa intensità (DTF 138 II 393 consid. 3.1 pag. 395; sentenze 2C_145/2019 del 24 giugno 2019 consid. 3.2 e 2C_831/2018 del 27 maggio 2019 consid. 4.2.1). Inoltre, i maltrattamenti devono di principio avere un carattere sistematico, dato che hanno per obiettivo di esercitare potere e controllo sulla vittima (DTF 138 II 229 consid. 3.2.1 pag. 233; sentenze 2C_428/2018 del 24 ottobre 2018 consid. 5.1.1 e 2C_600/2015 del 25 luglio 2015 consid. 3.2.3). La nozione di violenza coniugale comprende la violenza psicologica. Il fatto di subire una pressione psicologica di una certa intensità e costanza può quindi costituire un caso di rigore dopo lo scioglimento della comunità familiare ai sensi dell'art. 50 cpv. 1 lett. b e cpv. 2 LStrI (cfr. DTF 138 II 229 consid. 3.2.2 pag. 233 segg.; sentenze 2C_145/2019 del 24 giugno 2019 consid. 3.2 e 2C_12/2018 del 28 novembre 2018 consid. 3.1).
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4.4. Alla persona straniera che afferma di essere stata vittima di violenza coniugale (art. 50 cpv. 1 lett. b e cpv. 2 LStrI) spetta un esteso dovere di collaborazione (cfr. art. 90 LStrI; sentenza 2C_361/2018 del 21 gennaio 2019 consid. 4.3). Essa deve rendere verosimile, grazie a dei mezzi appropriati (certificati medici, perizie psichiatriche, rapporti di polizia, rapporti o pareri di servizi specializzati, testimonianze credibili di parenti o vicini, ecc.) la violenza coniugale, rispettivamente l'oppressione domestica invocata (cfr. sentenze 2C_145/2019 del 24 giugno 2019 consid. 3.4; 2C_361/2018 del 21 gennaio 2019 consid. 4.3; 2C_68/2017 del 29 novembre 2017 consid. 5.4.1). In particolare quando si tratta di violenza psichica, la persona straniera deve esporre e dimostrare il carattere sistematico dei soprusi e la loro durata, così come la pressione psicologica che ne deriva. Delle allegazioni generiche o degli indizi di puntuali tensioni nella coppia non sono sufficienti (cfr. sentenze 2C_361/2018 del 21 gennaio 2019 consid. 4.3; 2C_12/2018 del 28 novembre 2018 consid. 3.2; 2C_1085/2017 del 22 maggio 2018 consid. 3.2).
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4.5. Nel giudizio impugnato, il Tribunale amministrativo ha rilevato che le uniche indicazioni risultanti dagli atti relative all'esistenza di violenze coniugali di tipo psicologico inflitte alla ricorrente dal marito erano riconducibili alle affermazioni dell'interessata e alle dichiarazioni di alcuni suoi conoscenti. La Corte cantonale ha poi constatato come le suddette affermazioni e dichiarazioni si limitassero a riferire alcuni episodi atti a dimostrare l'esistenza di un rapporto coniugale "molto tumultuoso, ma nulla più" (sentenza impugnata, pag. 8 seg.). In particolare, contrariamente a quanto esposto in modo appellatorio dall'insorgente, dai fatti accertati dall'autorità precedente - che vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF; cfr. supra consid. 2) - non risulta né che il marito della ricorrente avrebbe "frequenta[to] diverse amanti", né che egli avrebbe mostrato dei non meglio precisati "proiettili" alla moglie (cfr. ricorso, pag. 3). I Giudici ticinesi menzionano pure dei brevi scritti non datati "dal contenuto ingiurioso e minaccioso" indirizzati all'interessata dal marito. Gli scritti in questione, che peraltro non comprendono unicamente messaggi ingiuriosi e/o minacciosi ma includono anche esternazioni di scuse e dichiarazioni di affetto (cfr. art. 105 cpv. 2 LTF), non appaiono tuttavia atti a dimostrare un clima coniugale caratterizzato da soprusi psicologici intensi e costanti (cfr. supra consid. 4.3 e 4.4). Quanto al fatto che il marito della ricorrente le avrebbe impedito di integrarsi, in particolare sul piano professionale, esso non risulta dal giudizio impugnato, il quale osserva invece che l'interessata ha potuto intraprendere un'attività lucrativa presso il lido di X.________ nell'estate del 2017. Infine, come rilevato a ragion veduta dall'autorità precedente, l'insorgente non ha prodotto in sede cantonale alcun rapporto medico, psichiatrico o di polizia atto a comprovare l'asserita oppressione domestica da lei subita nel corso del matrimonio.
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Alla luce di quanto precede, la valutazione del Tribunale amministrativo, secondo cui la violenza psicologica invocata dalla ricorrente non raggiunge l'intensità e la sistematicità richieste dalla giurisprudenza per ammettere l'applicazione dell'art. 50 cpv. 1 lett. b e cpv. 2 LStrI, appare corretta e va pertanto confermata.
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4.6. Per il resto, l'interessata non pretende né che il matrimonio contratto non sarebbe espressione della sua libera volontà (art. 50 cpv. 2 LStrI, seconda ipotesi), né che la reintegrazione sociale nel suo paese d'origine sarebbe compromessa (art. 50 cpv. 2 LStrI, terza ipotesi). Quanto a quest'ultima eventualità, il giudizio impugnato constata che la ricorrente è nata e cresciuta in Ucraina, dove ha vissuto i primi 35 anni della sua vita, è stata scolarizzata e ha già esercitato un'attività lucrativa. Ancora relativamente giovane e in buona salute, la sua reintegrazione nel proprio paese d'origine non appare quindi d'acchito insormontabile. A questo proposito va inoltre rammentato che il semplice fatto che una persona straniera debba ritrovare le condizioni di vita usuali nel proprio paese, anche se esse sono meno favorevoli rispetto a quelle di cui beneficerebbe in Svizzera, non permette di concludere che si è in presenza di gravi motivi personali ai sensi dell'art. 50 LStrI (cfr. sentenze 2C_145/2019 del 24 giugno 2019 consid. 3.7 e 2C_831/2018 del 27 maggio 2019 consid. 4.4).
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4.7. Constatato che il diniego di gravi motivi personali che rendono necessario il prosieguo del soggiorno in Svizzera ai sensi dell'art. 50 cpv. 1 lett. b e cpv. 2 LStrI dev'essere confermato, nemmeno sono infine ravvisabili motivi per ammettere una violazione del principio della proporzionalità il cui rispetto, nell'ambito del diritto degli stranieri, è prescritto in special modo dall'art. 96 LStrI.
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5. Per quanto precede, il ricorso è respinto. L'istanza di assistenza giudiziaria presentata contestualmente al gravame va parimenti respinta in quanto il ricorso appariva sin dall'inizio privo di probabilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF). Nell'addossare le spese giudiziarie alla ricorrente, viene comunque tenuto conto della sua situazione finanziaria e fissato un importo ridotto (art. 65 cpv. 2 e art. 66 cpv. 1 LTF). Non vengono assegnate ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: | |
1. Il ricorso è respinto.
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2. La domanda di assistenza giudiziaria è respinta.
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3. Le spese giudiziarie di fr. 500.-- sono poste a carico della ricorrente.
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4. Comunicazione al rappresentante della ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché alla Segreteria di Stato della migrazione.
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Losanna, 8 agosto 2019
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In nome della II Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il Presidente: Seiler
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Il Cancelliere: Ermotti
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