BGer 2C_98/2020 | |||
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BGer 2C_98/2020 vom 22.12.2021 | |
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2C_98/2020 |
Sentenza del 22 dicembre 2021 |
II Corte di diritto pubblico | |
Composizione
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Giudici federali Seiler, Presidente,
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Aubry Girardin, Donzallaz, Hänni, Beusch,
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Cancelliere Ermotti.
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Partecipanti al procedimento | |
A.________ SA,
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patrocinata dall'avv. Ivo Wuthier,
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ricorrente,
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contro
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Gran Consiglio del Cantone Ticino,
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rappresentato dal Consiglio di Stato,
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Residenza governativa,
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6500 Bellinzona.
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Oggetto
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Legge ticinese sull'apertura dei negozi del 23 marzo 2015,
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ricorso in materia di diritto pubblico contro gli art. 4 cpv. 2 e 3, 8, 9, 10 cpv. 3, 14 cpv. 4 e 23 cpv. 1 della legge ticinese sull'apertura dei negozi.
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Fatti: |
A. | |
A.a. A.________ SA (di seguito: A.________ o la Società) è una società anonima, con sede a X.________ (TI), che gestisce una stazione di servizio a Y.________ con annesso un negozio per la vendita al dettaglio di generi alimentari e altri prodotti non alimentari.
| 1 |
A.b. Il 23 marzo 2015, il Gran Consiglio del Cantone Ticino (di seguito: il Gran Consiglio) ha adottato la nuova legge ticinese sull'apertura dei negozi (LAN/TI; RL/TI 945.200), la quale, al momento della sua entrata in vigore, conteneva in particolare le disposizioni seguenti:
| 2 |
" Art. 1 - Campo di applicazione e scopo
| 3 |
1. La legge si applica a tutti i negozi ed esercizi di vendita (in seguito: negozi).
| 4 |
2. La legge ha lo scopo di tutelare la quiete serale, notturna e festiva.
| 5 |
[...]
| 6 |
Art. 4 - Commissione consultiva
| 7 |
1. Per l'applicazione della legge il Dipartimento si avvale, quale organo consultivo, di una commissione del ramo della vendita.
| 8 |
2. In particolare, la Commissione consultiva preavvisa le deroghe di competenza del Dipartimento e suggerisce all'organismo competente (Ufficio dell'ispettorato del lavoro) gli indirizzi per i controlli periodici.
| 9 |
3. La Commissione è composta da rappresentanti dei datori di lavoro e da rappresentanti dei sindacati del settore della vendita.
| 10 |
4. I membri sono designati dalle rispettive associazioni.
| 11 |
5. Per l'espletamento delle sue attività la Commissione consultiva si dota di un proprio segretariato.
| 12 |
[...]
| 13 |
Orari di apertura dei negozi nei giorni feriali
| 14 |
Art. 8 - Orario di apertura
| 15 |
Dal lunedì al venerdì, escluso il giorno di apertura serale, i negozi possono restare aperti tra le ore 06.00 e le ore 19.00, il sabato tra le ore 06.00 e le ore 18.30.
| 16 |
Art. 9 - Apertura serale
| 17 |
I negozi possono restare aperti tra le ore 06.00 e le ore 21.00 di ogni giovedì o di un altro giorno della settimana - deciso dal Dipartimento a inizio anno ed escluso il sabato - se il giovedì è festivo.
| 18 |
Art. 10 - Deroghe di legge
| 19 |
1. In deroga agli art. 8 e 9, i negozi indicati di seguito possono restare aperti tra le ore 06.00 e le ore 22.30:
| 20 |
a) locali che vendono cibi preparati caldi e freddi da asporto, non sottoposti alla legislazione sugli esercizi pubblici;
| 21 |
b) chioschi con una superficie di vendita inferiore a 50 mq;
| 22 |
c) aziende per l'approvvigionamento dei veicoli con carburante;
| 23 |
d) negozi situati nei camping;
| 24 |
e) negozi situati in complessi culturali e sportivi che offrono beni e servizi affini alle attività proposte e con una superficie di vendita inferiore ai 50 mq;
| 25 |
f) negozi delle località turistiche con una superficie di vendita inferiore ai 200 mq, escluse le farmacie, durante la relativa stagione turistica;
| 26 |
g) negozi delle località di confine i cui prodotti rispondono principalmente ai bisogni specifici dei viaggiatori e con una superficie di vendita inferiore a 120 mq;
| 27 |
h) negozi annessi alle stazioni di servizio i cui prodotti rispondono principalmente ai bisogni specifici dei viaggiatori e con una superficie di vendita inferiore a 120 mq;
| 28 |
i) gli stand di vendita e le strutture mobili durante manifestazioni culturali, sportive o popolari, inaugurazioni, ricorrenze e anniversari.
| 29 |
2. Quando garantiscono il servizio delle urgenze, le farmacie non soggiacciono ad alcuna limitazione degli orari di apertura.
| 30 |
3. Nei negozi che beneficiano di deroghe di legge, la vendita di bevande alcoliche è vietata dopo l'orario di chiusura di cui all'art. 8, rispettivamente dopo le ore 21.00 il giorno di apertura serale.
| 31 |
[...]
| 32 |
Domeniche e giorni festivi
| 33 |
Art. 12 - Principio
| 34 |
I negozi rimangono chiusi la domenica e nei giorni festivi ufficiali definiti dalla legislazione cantonale.
| 35 |
[...]
| 36 |
Art. 14 - Altre deroghe
| 37 |
1. In deroga all'art. 12, durante le domeniche e nei giorni festivi ufficiali i negozi indicati di seguito possono restare aperti tra le ore 06.00 e le ore 22.30:
| 38 |
a) locali che vendono cibi preparati caldi e freddi da asporto, non sottoposti alla legislazione sugli esercizi pubblici;
| 39 |
b) chioschi con una superficie di vendita inferiore a 50 mq;
| 40 |
c) aziende per l'approvvigionamento dei veicoli con carburante;
| 41 |
d) negozi situati nei camping;
| 42 |
e) negozi situati in complessi culturali e sportivi che offrono beni e servizi affini alle attività proposte e con una superficie di vendita inferiore ai 50 mq;
| 43 |
f) negozi delle località turistiche con una superficie di vendita inferiore a 200 mq, escluse le farmacie, durante la relativa stagione turistica;
| 44 |
g) negozi delle località di confine i cui prodotti rispondono principalmente ai bisogni specifici dei viaggiatori e con una superficie di vendita inferiore a 120 mq;
| 45 |
h) negozi annessi alle stazioni di servizio situate nelle aree di sosta lungo le autostrade e le strade principali con traffico intenso i cui prodotti rispondono principalmente ai bisogni specifici dei viaggiatori e con una superficie di vendita inferiore a 120 mq;
| 46 |
i) gli stand di vendita e le strutture mobili durante manifestazioni culturali, sportive o popolari, inaugurazioni, ricorrenze e anniversari.
| 47 |
2. In deroga all'art. 12, durante le domeniche e nei giorni festivi ufficiali i negozi indicati di seguito possono restare aperti tra le ore 06.00 e le ore 18.00:
| 48 |
a) panetterie, pasticcerie, confetterie e gelaterie;
| 49 |
b) negozi di piante e fiori;
| 50 |
c) gallerie d'arte e atelier che vendono opere d'arte.
| 51 |
3. Quando garantiscono il servizio delle urgenze, le farmacie non soggiacciono ad alcuna limitazione degli orari di apertura.
| 52 |
4. Nei negozi che beneficiano di deroghe di legge, la vendita di bevande alcoliche è vietata dopo le ore 18.00.
| 53 |
[...]
| 54 |
Art. 23 - Entrata in vigore
| 55 |
1. La presente legge entrerà in vigore soltanto dopo che nel settore della vendita assoggettato alla legge stessa sarà entrato in vigore un contratto collettivo di lavoro (CCL) decretato di obbligatorietà generale da parte del Consiglio di Stato. L'Ufficio cantonale di conciliazione è incaricato di attivarsi per favorire la stipulazione del CCL.
| 56 |
2. Trascorsi i termini per l'esercizio del diritto di referendum, e realizzati i presupposti di cui al cpv. 1, il Consiglio di Stato ordinerà la pubblicazione della presente legge nel Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi, fissandone la data d'entrata in vigore."
| 57 |
A.c. L'adozione della LAN/TI è stata preceduta da un lungo e tormentato dibattito in seno al Gran Consiglio. Per quanto qui di interesse, l'introduzione nella legge dell'art. 23 LAN/TI ha in particolare posto alcuni problemi. Tale disposizione, infatti, non era inizialmente prevista nel disegno di legge ed è stata aggiunta in seguito a un emendamento presentato nel corso della procedura legislativa (cfr. verbale del Gran Consiglio del 23 marzo 2015, seduta XXXVII [di seguito: verbale GC], pag. 3921). In precedenza, il 2 giugno 2014, nutrendo dei dubbi sulla possibilità per un parlamento cantonale di adottare una norma di questo tipo, il Gran Consiglio aveva rinviato il disegno di legge alla propria Commissione della gestione e delle finanze (di seguito: la Commissione), "
| 58 |
A.d. La LAN/TI è stata poi pubblicata sul Foglio ufficiale cantonale il 27 marzo 2015 (FU 24/2015 del 27 marzo 2015) con l'indicazione del termine per esercitare il diritto di referendum ed è stata accolta in votazione popolare il 28 febbraio 2016 (FU 20/2016 dell'11 marzo 2016). Conformemente all'art. 23 LAN/TI, la legge non è tuttavia stata poi pubblicata nel Bollettino ufficiale delle leggi del Cantone Ticino (di seguito: il Bollettino ufficiale), in quanto all'epoca non era ancora entrato in vigore il contratto collettivo di lavoro decretato di obbligatorietà generale menzionato nell'art. 23 cpv. 1 LAN/TI.
| 59 |
A.e. Il 25 aprile 2016, la A.________ ha inoltrato dinanzi al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico con cui ha chiesto, in sintesi, l'annullamento degli art. 8, 9, 10, 11, 14 e 23 LAN/TI.
| 60 |
Il 3 maggio 2016, il Tribunale federale, dopo aver constatato che il contratto collettivo di lavoro decretato di obbligatorietà generale menzionato nell'art. 23 cpv. 2 LAN/TI non era ancora stato adottato e che, pertanto, la LAN/TI non era stata pubblicata nel Bollettino ufficiale, ha considerato che il ricorso, interposto contro una legge non ancora in vigore, era prematuro e lo ha dichiarato inammissibile (sentenza 2C_358/2016 del 3 maggio 2016).
| 61 |
A.f. Il 16 ottobre 2019, il Consiglio di Stato del Cantone Ticino (di seguito: il Consiglio di Stato) ha adottato un decreto che conferisce l'obbligatorietà generale a livello cantonale al contratto collettivo di lavoro (CCL) per il commercio al dettaglio fino al 30 giugno 2023. Il 13 novembre 2019, il Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca ha approvato il decreto in parola. Conformemente all'art. 23 LAN/TI, la legge è quindi stata pubblicata nel Bollettino ufficiale del 13 dicembre 2019 (BU 53/2019), unitamente al summenzionato decreto. L'entrata in vigore della LAN/TI è stata fissata al 1o gennaio 2020.
| 62 |
B.
| 63 |
Il 24 gennaio 2020, A.________ ha inoltrato dinanzi al Tribunale federale un (nuovo) ricorso in materia di diritto pubblico con cui domanda, protestate tasse, spese e ripetibili, l'annullamento degli art. 4 cpv. 2 e 3, 8, 9, 10 cpv. 3, 14 cpv. 4 e 23 cpv. 1 LAN/TI.
| 64 |
Il Consiglio di Stato, agendo in rappresentanza del Gran Consiglio, ha depositato una risposta e ha chiesto il rigetto del gravame. La ricorrente ha replicato. Il Consiglio di Stato ha duplicato. A.________ ha presentato delle osservazioni di triplica.
| 65 |
Con decreto del 14 febbraio 2020, il Presidente della II Corte di diritto pubblico del Tribunale federale ha respinto la domanda di conferimento dell'effetto sospensivo presentata dalla ricorrente.
| 66 |
C.
| 67 |
Il 12 aprile 2021, il Gran Consiglio ha modificato alcuni articoli della LAN/TI. In tale frangente, per quanto qui di interesse, il legislatore ticinese ha in particolare deciso le modifiche seguenti (in grassetto) :
| 68 |
"Art. 10 - Deroghe di legge
| 69 |
[...]
| 70 |
è vietata dopo l'orario di chiusura di cui all'art. 8, rispettivamente dopo le ore 21.00 il giorno di apertura serale."
| 71 |
"Art. 14 - Altre deroghe
| 72 |
[...]
| 73 |
è vietata dopo le ore 18.00."
| 74 |
Queste modifiche sono state pubblicate nel Bollettino ufficiale del 18 giugno 2021 (BU 24/2021) e sono entrate immediatamente in vigore.
| 75 |
D.
| 76 |
Il 3 maggio 2021, il Gran Consiglio ha deciso un'ulteriore modifica della LAN/TI, aggiungendo il seguente capoverso all'art. 8 LAN/TI:
| 77 |
"Art. 8 - Orario di apertura
| 78 |
[...]
| 79 |
2. Previa autorizzazione del Dipartimento, i centri commerciali la cui offerta di prodotti è destinata al turismo internazionale e la cui cifra d'affari, comprensiva della cifra d'affari della maggior parte dei negozi situati in tali centri, è generata principalmente dalla medesima clientela, possono restare aperti il sabato fino alle ore 19:00."
| 80 |
Questa modifica è stata pubblicata nel Bollettino ufficiale del 9 luglio 2021 (BU 27/2021) ed è entrata immediatamente in vigore.
| 81 |
Diritto: | |
I. Ricevibilità
| 82 |
1.
| 83 |
Il Tribunale federale esamina d'ufficio la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF) e verifica con piena cognizione l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 144 V 280 consid. 1).
| 84 |
1.1. Secondo l'art. 82 lett. b LTF, il Tribunale federale giudica i ricorsi contro gli atti normativi cantonali, categoria nella quale rientra la LAN/TI. Poiché il diritto ticinese non prevede una procedura di controllo astratto delle norme, questi atti sono direttamente impugnabili con ricorso in materia di diritto pubblico davanti al Tribunale federale, in applicazione dell'art. 87 cpv. 1 LTF (sentenza 2C_661/2019 del 17 marzo 2021 consid. 1.2).
| 85 |
1.2. La pubblicazione delle modifiche legislative in discussione nel Bollettino ufficiale, che costituisce l'azione determinante da cui comincia a decorrere il termine di 30 giorni stabilito dall'art. 101 LTF (cfr. sentenze 2C_661/2019 del 17 marzo 2021 consid. 1.3 e 2C_29/2018 del 13 maggio 2019 consid. 1.3), ha avuto luogo il 13 dicembre 2019. Di conseguenza, il gravame è tempestivo (cfr. art. 46 cpv. 1 lett. c LTF).
| 86 |
1.3. Oggetto di disamina è unicamente l'atto normativo cantonale in vigore quando è stato inoltrato il presente ricorso (sentenza 2C_8/2021 del 25 giugno 2021 consid. 2.3, destinata alla pubblicazione). Le modifiche del 12 aprile e del 3 maggio 2021 (cfr. supra lett. C e D) non vanno pertanto esaminate, con la precisazione che la ricorrente ha sempre un interesse a ricorrere.
| 87 |
1.4. Giusta l'art. 89 cpv. 1 lett. b e c LTF (l'art. 89 cpv. 1 lett. a LTF non si applica in assenza di un rimedio di diritto cantonale, sentenza 2C_661/2019 del 17 marzo 2021 consid. 1.4), ha legittimazione a ricorrere contro un atto normativo cantonale chi è dallo stesso particolarmente toccato e ha un interesse degno di protezione al suo annullamento o alla sua modifica. Conformemente alla giurisprudenza in materia di controllo astratto delle norme, ciò significa che può ricorrere chi è effettivamente toccato nei propri interessi dalla regolamentazione in questione oppure potrà esserlo in futuro; un interesse virtuale è sufficiente, se il ricorrente rende verosimile che gli potranno un giorno essere applicate le disposizioni contestate (DTF 135 II 243 consid. 1.2; sentenza 2C_1105/2016 del 20 febbraio 2018 consid. 1.3.1, non pubblicato in DTF 144 I 81). L'interesse degno di protezione non deve inoltre essere per forza giuridico; basta un interesse di fatto (DTF 141 I 78 consid. 3.1; sentenza 2C_661/2019 del 17 marzo 2021 consid. 1.4).
| 88 |
Nella fattispecie, la ricorrente è una società anonima che gestisce una stazione di servizio a Y.________ con annesso un negozio per la vendita al dettaglio di generi alimentari e altri prodotti non alimentari. Essa è quindi particolarmente toccata dalla LAN/TI, che regolamenta segnatamente l'apertura dei negozi e il divieto di vendere bevande alcoliche dopo una certa ora, e ha un interesse degno di protezione a contestarla. Per quanto riguarda in particolare gli art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI, che sono nel frattempo stati modificati limitando il divieto di vendere bevande alcoliche dopo una certa ora alle sole bevande alcoliche distillate, l'interesse dell'insorgente all'annullamento di tali norme è ridotto, in quanto sussiste appunto unicamente in relazione a quest'ultimo tipo di bevande, ma rimane comunque di attualità. In ogni caso, dal momento che, come si vedrà in seguito (infra consid. 9), la limitazione della libertà economica dell'interessata introdotta dalla precedente versione degli art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI è conforme alla Costituzione, essa lo è a maggior ragione anche sotto l'imperio della nuova versione - meno restrittiva - delle suddette norme.
| 89 |
Ne consegue che l'interessata è senz'altro legittimata a ricorrere contro la LAN/TI.
| 90 |
1.5. Per il resto, presentata nelle forme richieste (art. 42 LTF), l'impugnativa è ricevibile.
| 91 |
II. Potere d'esame del Tribunale federale
| 92 |
Erwägung 2 | |
2.1. Con il ricorso in materia di diritto pubblico è possibile tra l'altro lamentare la violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF), nozione che comprende i diritti costituzionali (DTF 133 III 446 consid. 3.1; sentenza 2C_661/2019 del 17 marzo 2021 consid. 2.1). Le esigenze in materia di motivazione previste dall'art. 42 cpv. 2 LTF e quelle - accresciute - prescritte dall'art. 106 cpv. 2 LTF valgono anche per i ricorsi contro atti normativi cantonali (sentenza 2C_1105/2016 del 20 febbraio 2018 consid. 2.1, non pubblicato in DTF 144 I 81). In particolare, le censure di violazione di diritti fondamentali sono pertanto esaminate solo se l'insorgente le ha sollevate con precisione (art. 106 cpv. 2 LTF).
| 93 |
L'impugnativa adempie solo in parte alle condizioni esposte. Nella misura in cui non le rispetta, non può pertanto essere esaminata oltre.
| 94 |
2.2. Nel quadro di un controllo astratto di un atto normativo cantonale, il Tribunale federale si impone un certo riserbo, tenuto conto segnatamente dei principi derivanti dal federalismo e dalla proporzionalità (cfr. DTF 145 I 26 consid. 1.4; 144 I 306 consid. 2). Secondo la giurisprudenza, al riguardo è determinante se alla norma interessata possa essere attribuito un senso che la possa fare ritenere compatibile con le garanzie costituzionali invocate. Il Tribunale federale annulla una disposizione cantonale solo se non si presta ad alcuna interpretazione conforme al diritto costituzionale o al diritto federale di rango superiore (DTF 141 I 78 consid. 4.2).
| 95 |
Per verificare la conformità delle norme contestate con il diritto superiore invocato, occorre considerare la portata dell'ingerenza delle stesse nel diritto in questione, la possibilità di ottenere una sufficiente protezione di questo diritto nel contesto di un successivo controllo puntuale delle norme litigiose, nonché le circostanze concrete in cui esse saranno applicate (cfr. DTF 144 I 306 consid. 2; 2C_661/2019 del 17 marzo 2021 consid. 2.2). La semplice circostanza che in singoli casi la disposizione impugnata possa essere applicata in modo lesivo della Costituzione non conduce di per sé al suo annullamento da parte di questa Corte (cfr. DTF 143 I 137 consid. 2.2; 142 I 99 consid. 4.3.5).
| 96 |
III. Art. 23 LAN/TI
| 97 |
3.
| 98 |
Date le potenziali conseguenze di un accoglimento del ricorso quanto all'art. 23 cpv. 1 LAN/TI, le censure relative a tale disposizione vanno vagliate in primo luogo.
| 99 |
3.1. Come già esposto, l'art. 23 LAN/TI - qui riportato per maggior chiarezza - ha il seguente tenore:
| 100 |
Art. 23 - Entrata in vigore
| 101 |
1. La presente legge entrerà in vigore soltanto dopo che nel settore della vendita assoggettato alla legge stessa sarà entrato in vigore un contratto collettivo di lavoro (CCL) decretato di obbligatorietà generale da parte del Consiglio di Stato. L'Ufficio cantonale di conciliazione è incaricato di attivarsi per favorire la stipulazione del CCL.
| 102 |
2. Trascorsi i termini per l'esercizio del diritto di referendum, e realizzati i presupposti di cui al cpv. 1, il Consiglio di Stato ordinerà la pubblicazione della presente legge nel Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi, fissandone la data d'entrata in vigore."
| 103 |
3.2. La ricorrente rileva anzitutto che l'art. 23 cpv. 1 LAN/TI sottopone (o piuttosto sottoponeva) l'entrata in vigore di tutta la LAN/TI alla conclusione di un contratto collettivo di lavoro (di seguito: CCL) nel settore della vendita decretato di obbligatorietà generale. A mente dell'interessata, lo scopo di tale norma sarebbe chiaramente la protezione dei lavoratori, ambito nel quale, dopo l'entrata in vigore della legge federale del 13 marzo 1964 sul lavoro nell'industria, nell'artigianato e nel commercio (LL o legge sul lavoro; RS 822.11), i cantoni non avrebbero più nessuna competenza legislativa. Secondo l'insorgente, il caso di specie sarebbe analogo a quello all'origine della DTF 130 I 279 relativa al cantone di Basilea Città, nella quale il Tribunale federale aveva stabilito che una prescrizione cantonale sugli orari di apertura dei negozi che imponeva il rispetto di un contratto collettivo di lavoro aveva come scopo la protezione dei lavoratori ed era quindi contraria al principio della preminenza del diritto federale (art. 49 cpv. 1 Cost.). La ricorrente sostiene che, adottando l'art. 23 cpv. 1 LAN/TI, il legislatore ticinese avrebbe in concreto fatto dipendere l'entrata in vigore della LAN/TI, e quindi la sua applicazione, dall'accordo delle parti al summenzionato CCL, ciò che sarebbe inammissibile e abusivo (cfr. replica del 19 maggio 2020, pag. 6 seg.). Come nel caso del cantone di Basilea Città, la norma impugnata sarebbe incompatibile con la regolamentazione federale esaustiva sulla protezione dei lavoratori e dovrebbe dunque essere annullata poiché contraria all'art. 49 cpv. 1 Cost. (ricorso, pag. 27). L'insorgente rileva infine che il fatto che l'art. 23 cpv. 1 LAN/TI regolasse unicamente l'entrata in vigore della legge (e non abbia quindi più alcuna portata attuale, ora che la legge è appunto in vigore) non può impedire al Tribunale federale di controllare la sua conformità alla Costituzione nell'ambito del presente ricorso. L'Alta Corte, infatti, aveva rifiutato nel 2016 di procedere a tale verifica prima dell'entrata in vigore della LAN/TI, ritenendola prematura (sentenza 2C_358/2016 del 3 maggio 2016 consid. 2.5; cfr. supra lett. A.e). Se non fosse possibile verificare la costituzionalità dell'art. 23 cpv. 1 LAN/TI nemmeno dopo l'entrata in vigore della legge, la disposizione in parola sfuggirebbe a qualsiasi controllo costituzionale da parte del Tribunale federale, ciò che sarebbe inammissibile e avallerebbe inoltre un comportamento del legislatore cantonale contrario alla buona fede (cfr. replica del 19 maggio 2020, pag. 6; osservazioni di triplica del 9 luglio 2020, pag. 5).
| 104 |
3.3. Il Gran Consiglio, tramite il Consiglio di Stato, sostiene che l'art. 23 cpv. 1 LAN/TI prevede semplicemente "una delega del potere legislativo al potere esecutivo per la fissazione dell'entrata in vigore della legge" e che tale norma "ha esaurito il proprio scopo quando è stata pronunciata, ovvero il 23 marzo 2015" (risposta del 25 marzo 2020, pag. 7). La LAN/TI non conterrebbe quindi alcuna norma che subordina l'applicazione della legge, segnatamente la concessione di orari di apertura più estesi ai commercianti, al rispetto da parte di questi ultimi delle condizioni previste da un CCL. La situazione sarebbe dunque diversa da quella alla base della giurisprudenza citata dalla ricorrente. Sulla scorta di questi elementi, il Gran Consiglio considera quindi l'art. 23 cpv. 1 LAN/TI compatibile con l'art. 49 cpv. 1 Cost.
| 105 |
3.4. Giusta l'art. 49 cpv. 1 Cost., il diritto federale prevale su quello cantonale contrario. Il principio della preminenza del diritto federale si oppone all'adozione o all'applicazione di norme cantonali che, per lo scopo perseguito o i mezzi predisposti per raggiungerlo, eludono il diritto federale o ne contraddicono il senso o lo spirito, oppure che trattano materie che il legislatore federale ha regolamentato in modo esaustivo (DTF 146 II 309 consid. 4.1; 143 I 403 consid. 7.1; 142 I 16 consid. 6). Anche in quest'ultima evenienza, però, una normativa cantonale può sussistere nella medesima materia se persegue scopi diversi da quelli del diritto federale (DTF 140 I 218 consid. 5.1; 139 I 242 consid. 3.2). Infine, se in un campo specifico la legislazione federale esclude qualsiasi regolamentazione, il Cantone è privato di ogni competenza per l'adozione di disposizioni completive, anche qualora queste non contraddicano il diritto federale o siano persino in accordo con esso (DTF 140 I 218 consid. 5.1; 139 I 242 consid. 3.2).
| 106 |
3.5. Per quanto riguarda la suddivisione delle competenze legislative tra la Confederazione e i Cantoni nell'ambito della salute pubblica e in quello della protezione dei lavoratori, va anzitutto osservato quanto segue.
| 107 |
3.5.1. Giusta l'art. 118 cpv. 1 Cost., nell'ambito delle sue competenze la Confederazione prende provvedimenti a tutela della salute. Tale norma costituzionale non fonda dunque alcuna competenza legislativa federale in materia: la salute è di principio di competenza dei cantoni (DTF 139 I 242 consid. 3.1). L'art. 118 cpv. 2 Cost. prevede tuttavia che la Confederazione emana prescrizioni su (a) l'impiego di alimenti, nonché di farmaci, stupefacenti, organismi, sostanze chimiche e oggetti che possono mettere in pericolo la salute, (b) la lotta contro malattie trasmissibili, fortemente diffuse o maligne dell'uomo e degli animali e (c) la protezione dalle radiazioni ionizzanti. In tali ambiti - e solo in essi -, la Confederazione fruisce di una competenza generale con effetto derogatorio (DTF 139 I 242 consid. 3.1, con rinvii).
| 108 |
3.5.2. Secondo l'art. 110 cpv. 1 lett. a Cost., la Confederazione può emanare prescrizioni sulla protezione dei lavoratori e delle lavoratrici. Questa competenza legislativa è generale e munita di effetto derogatorio (DTF 139 I 242 consid. 3.1). Dato che la Confederazione regolamenta la protezione dei lavoratori e non riserva alcuna competenza legislativa specifica ai cantoni, le disposizioni imperative di diritto federale in tale ambito sono in principio esaustive. Con l'adozione della legge sul lavoro e delle relative ordinanze, la Confederazione ha elaborato una regolamentazione molto approfondita nell'ambito della protezione dei lavoratori (DTF 139 I 242 consid. 3.1, con rinvii; cfr. anche DTF 130 I 279 consid. 2.3.1).
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3.6. La legge sul lavoro, entrata in vigore il 1° febbraio 1966, contiene segnatamente - come detto - alcune disposizioni sulla protezione dei lavoratori, quali ad esempio gli art. 6 (tutela della salute dei lavoratori), 9 segg. (durata del lavoro e del riposo), 29 segg. (protezione dei giovani), ecc. Le disposizioni finali e transitorie della legge sul lavoro prevedono una riserva a favore delle "prescrizioni di polizia federali, cantonali e comunali, segnatamente [...] quelle sul riposo domenicale e sull'orario d'apertura delle aziende di vendita al minuto, dei ristoranti e caffè e delle aziende di spettacolo" (art. 71 lett. c LL). Chiamato a pronunciarsi sulla portata di tale riserva in relazione all'adozione di norme di diritto cantonale sull'orario di chiusura dei negozi, il Tribunale federale ha constatato che, da quando è entrata in vigore la legge sul lavoro, le prescrizioni cantonali e comunali relative alla chiusura dei negozi possono avere come unico scopo il rispetto del riposo notturno (o serale) e domenicale, nonché - per delle ragioni di politica sociale - la protezione delle persone che non sono soggette alla legge in questione (per esempio i proprietari di un commercio e i membri delle loro famiglie). Per costante giurisprudenza, le norme in parola non possono per contro avere come scopo la protezione dei lavoratori, in quanto tale questione è regolamentata in modo esaustivo nella legge sul lavoro (cfr. DTF 143 I 403 consid. 7.5.2; 140 II 46 consid. 2.5.1; 130 I 279 consid. 2.3.1; 122 I 90 consid. 2c; 119 Ia 378 consid. 9b; 119 Ib 374 consid. 2b/bb). In particolare, in un caso del 2004 citato sia dalla ricorrente che dal Gran Consiglio (DTF 130 I 279), il Tribunale federale si è dovuto tra l'altro pronunciare sulla costituzionalità di due norme di diritto cantonale che permettevano ai commercianti di approfittare di orari di apertura prolungati a condizione di rispettare uno specifico contratto collettivo di lavoro ("
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3.7. Nella fattispecie, va in primo luogo rilevato che la critica del Gran Consiglio riguardo al fatto che l'art. 23 cpv. 1 LAN/TI avrebbe "esauri[to] i propri effetti a far tempo dalla data dell'entrata in vigore della legge" (duplica del 24 giugno 2020, pag. 5), che sembra sottintendere l'assenza di interesse attuale a contestare tale norma, non può essere condivisa. La ricorrente, che contesta la conformità alla Costituzione della disposizione in parola, non aveva infatti potuto impugnare la stessa davanti al Tribunale federale prima dell'entrata in vigore della LAN/TI, in quanto questa Corte aveva giudicato il suo ricorso del 25 aprile 2016 inammissibile poiché prematuro (sentenza 2C_358/2016 del 3 maggio 2016; cfr. supra lett. A.e). Nella propria decisione di inammissibilità, il Tribunale federale aveva inoltre rilevato che, "
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3.8. In merito al contenuto dell'art. 23 cpv. 1 LAN/TI e ai suoi effetti, va poi osservato quanto segue. Adottando tale norma, il legislatore ticinese ha fatto dipendere l'entrata in vigore della LAN/TI dall'entrata in vigore di un CCL nel settore della vendita decretato di obbligatorietà generale. Tra il 23 marzo 2015 (adozione della LAN/TI) e il 16 ottobre 2019 (decreto che ha conferito l'obbligatorietà generale a livello cantonale al CCL in parola), la pubblicazione della legge nel Bollettino ufficiale e la sua conseguente entrata in vigore sono quindi state sospese. Se il CCL, il cui scopo è segnatamente la protezione dei lavoratori, non fosse mai stato adottato e poi dichiarato di obbligatorietà generale dal Consiglio di Stato, la LAN/TI non sarebbe mai entrata in vigore. In questo modo, lungi dal rappresentare una semplice "delega del potere legislativo al potere esecutivo per la fissazione dell'entrata in vigore della legge" (risposta del 25 marzo 2020, pag. 7), l'art. 23 cpv. 1 LAN/TI ha di fatto saldamente ancorato l'entrata in vigore della LAN/TI a un obiettivo di protezione dei lavoratori. Per giurisprudenza (cfr. supra consid. 3.6), le norme cantonali relative alla chiusura dei negozi non possono però avere come scopo la protezione dei lavoratori, in quanto tale questione è regolamentata in modo esaustivo nella legge sul lavoro. Ne consegue che, analogamente a quanto ritenuto dal Tribunale federale nella summenzionata DTF 130 I 279 (la cui fattispecie era su questo punto simile a quella qui in esame), l'art. 23 cpv. 1 LAN/TI, il cui scopo - ottenuto facendo dipendere l'entrata in vigore della legge dall'adozione di un CCL nel settore del commercio al dettaglio decretato di obbligatorietà generale - era fare pressione sulle parti sociali perché queste adottassero il CCL in parola, è contrario al principio della preminenza del diritto federale (art. 49 cpv. 1 Cost.).
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4.
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Restano da determinare le conseguenze per la LAN/TI dell'accertata incompatibilità con l'art. 49 cpv. 1 Cost. di una norma cantonale che, al pari dell'art. 23 cpv. 1 LAN/TI, subordina l'entrata in vigore di una legge che disciplina gli orari di apertura dei negozi all'adozione di un CCL decretato di obbligatorietà generale. Come esposto poc'anzi, il meccanismo instaurato dall'art. 23 cpv. 1 LAN/TI per disciplinare l'entrata in vigore della LAN/TI non è conforme alla Costituzione e non può essere approvato. Nel caso di specie, questa conclusione non implica tuttavia giocoforza l'annullamento dell'intera LAN/TI. In primo luogo, non va dimenticato che il Tribunale federale si impone un certo riserbo, giustificato dai principi derivanti dal federalismo e dalla proporzionalità, nel quadro di un controllo astratto di un atto normativo cantonale (cfr. supra consid. 2.2). Ciò a maggior ragione quando è in gioco l'annullamento di un'intera legge cantonale ormai in vigore. In questo contesto, il Tribunale federale è particolarmente cauto quando un siffatto annullamento è richiesto invocando vizi relativi alla procedura di adozione della legge in parola. Inoltre, l'art. 23 cpv. 1 LAN/TI non ha attualmente più nessuna portata pratica: il suo unico effetto è stato quello di sospendere l'entrata in vigore della LAN/TI fino alla conclusione del CCL e al relativo decreto del Consiglio di Stato sull'obbligatorietà generale. In tal senso, appare altamente problematico riconoscere uno scopo di protezione dei lavoratori all'intera legge sulla sola base di una norma di questo tipo, che si limita a disciplinare l'entrata in vigore della stessa. Del resto, la LAN/TI è stata adottata dal parlamento e accolta poi in votazione popolare in seguito a un referendum.
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Considerato tutto quanto precede, nella presente fattispecie, annullare l'intera LAN/TI unicamente a causa delle (discutibili) modalità con le quali essa è entrata in vigore, sarebbe eccessivo e non appare quindi opportuno. La constatazione dell'incostituzionalità dell'art. 23 cpv. 1 LAN/TI è in questo senso sufficiente a sanzionare l'illiceità del meccanismo instaurato tramite la norma in parola, segnalando al Gran Consiglio tale problematica.
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IV. Art. 4 cpv. 2 e 3 LAN/TI
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5.
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La ricorrente afferma che l'art. 4 cpv. 2 e 3 LAN/TI è "finalizzato alla protezione dei lavoratori" (ricorso, pag. 26). A suo avviso, per gli stessi motivi da lei esposti in relazione all'art. 23 cpv. 1 LAN/TI (cfr. supra consid. 3.2), tale norma sarebbe quindi contraria al principio della preminenza del diritto federale.
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5.1. L'art. 4 LAN/TI istituisce una "Commissione consultiva" che ha il compito di sostenere il competente dipartimento cantonale nell'applicazione della LAN/TI (art. 4 cpv. 1 LAN/TI). Secondo l'art. 4 cpv. 2 LAN/TI, la commissione in parola preavvisa in particolare le deroghe alla LAN/TI e suggerisce all'organismo competente i luoghi per i controlli periodici. Giusta l'art. 4 cpv. 3 LAN/TI, essa è composta da rappresentanti dei datori di lavoro e da rappresentanti dei sindacati del settore della vendita.
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5.2. Alla luce dei compiti e della composizione della commissione istituita dall'art. 4 LAN/TI, appare chiaro che essa è stata creata con evidenti obiettivi di protezione dei lavoratori, che esulano dallo scopo dichiarato della LAN/TI, ossia la tutela della quiete serale, notturna e festiva. L'organismo designato come competente per i controlli menzionati nell'art. 4 cpv. 2 è infatti l'Ufficio dell'ispettorato del lavoro, e la commissione è composta da rappresentanti dei datori di lavoro e dei sindacati. Come giustamente rilevato dalla ricorrente, non si vede come questi elementi potrebbero essere giustificati da motivi diversi dalla protezione dei lavoratori. Se i compiti della commissione fossero incentrati sul perseguimento della tutela della quiete serale, notturna e festiva (scopo dichiarato della LAN/TI), non si capisce che senso avrebbe una composizione della stessa formata dai rappresentanti dei datori di lavoro e - soprattutto - dei sindacati. In siffatte circostanze, occorre ammettere che l'art. 4 cpv. 2 e 3 LAN/TI persegue un chiaro obiettivo di protezione dei lavoratori. Come esposto in precedenza (cfr. supra consid. 3.6), una legge cantonale sulla chiusura dei negozi non può però contenere delle disposizioni sulla protezione dei lavoratori, poiché tale questione è regolamentata in modo esaustivo nella legge sul lavoro. Su questo punto, il ricorso si rivela dunque fondato e va accolto. Ne consegue che l'art. 4 cpv. 2 e 3 LAN/TI va annullato.
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V. Art. 8 e 9 LAN/TI
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6.
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In merito agli art. 8 e 9 LAN/TI, che regolano l'orario di apertura dei negozi nei giorni feriali, la ricorrente in voca in primo luogo una violazione dell'art. 49 Cost. In sostanza, l'interessata sostiene che lo scopo di tali disposizioni sarebbe proteggere i lavoratori, ambito nel quale i cantoni non hanno (più) nessuna competenza legislativa (cfr. supra consid. 3.6). Legiferando in tale ambito, il Cantone Ticino avrebbe dunque violato il principio della preminenza del diritto federale (cfr. ricorso, pagg. 11 e 13). Inoltre, se anche si dovesse ritenere che lo scopo degli art. 8 e 9 LAN/TI è tutelare la quiete serale, notturna e festiva, come enunciato dall'art. 1 cpv. 2 LAN/TI, si tratterebbe comunque di un ambito che è "di principio di esclusiva competenza federale" (ricorso, pag. 12).
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6.1. La censura riguardante il principio della preminenza del diritto federale (art. 49 cpv. 1 Cost.; cfr. a tal proposito supra consid. 3.4-3.6) in relazione alla questione della protezione dei lavoratori è infondata. Infatti, sebbene la protezione dei lavoratori sia effettivamente regolamentata in modo esaustivo nella LL, non va dimenticato che - come illustrato in precedenza - l'art. 71 lett. c LL prevede una riserva a favore segnatamente delle prescrizioni di polizia sul riposo domenicale e sull'orario di apertura dei negozi. A questo proposito, per costante giurisprudenza, le prescrizioni cantonali e comunali relative alla chiusura dei negozi possono avere come scopo il rispetto del riposo notturno (o serale) e domenicale, nonché la protezione delle persone che non sono soggette alla LL (cfr. supra consid. 3.6). Nel caso di specie, la LAN/TI enuncia chiaramente che il proprio scopo è la tutela della quiete serale, notturna e festiva (art. 1 cpv. 2 LAN/TI) e, eccezion fatta per l'art. 23 cpv. 1 LAN/TI (che è infatti incostituzionale, cfr. supra consid. 3 e 4) e per l'art. 4 cpv. 2 e 3 LAN/TI (che va difatti annullato, cfr. supra consid. 5), non contiene nessuna disposizione che tratta - esplicitamente o implicitamente - della protezione dei lavoratori. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente (cfr. ricorso, pag. 11), il fatto che, nel corso dei lavori parlamentari, il tema della protezione dei lavoratori sia stato più volte evocato, non è sufficiente ad attribuire agli art. 8 e 9 LAN/TI, che si limitano a regolare l'orario di apertura dei negozi nei giorni feriali, uno scopo di protezione dei lavoratori. La censura va dunque scartata.
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6.2. Per quanto attiene alle critiche fondate sul principio della preminenza del diritto federale in relazione alla questione della protezione della quiete "intesa come antitesi al rumore" (ricorso, pag. 8 segg. e pag. 12), esse vanno parimenti respinte. A tal proposito, la ricorrente afferma, in sostanza, che gli art. 8 e 9 LAN/TI sono in contrasto con la legge federale del 7 ottobre 1983 sulla protezione dell'ambiente (LPAmb; RS 814.01) e con l'ordinanza del 15 dicembre 1986 contro l'inquinamento fonico (OIF; RS 814.41), in quanto disciplinano una materia di esclusiva competenza federale, che "sfugge alla competenza del legislatore cantonale" (ricorso, pag. 9). Con tale argomentazione, l'insorgente non si avvede tuttavia che, per costante giurisprudenza, la normativa federale in materia di protezione dell'ambiente, e in particolare in materia di protezione dal rumore, non impedisce affatto ai Cantoni di emanare disposizioni a tutela della quiete pubblica come quelle in discussione, e ciò anche quando le norme in questione hanno per effetto di limitare emissioni nocive (cfr. sentenze 2C_464/2017 del 17 settembre 2018 consid. 4.3.2; 2C_1017/2011 dell'8 maggio 2012 consid. 4.4; 2C_378/2008 del 20 febbraio 2009 consid. 3.2). Pertanto, anche la denunciata incompatibilità con la LPAmb e/o con l'OIF non è data. Quanto all'ordinanza del 28 febbraio 2007 concernente la protezione del pubblico delle manifestazioni dagli effetti nocivi degli stimoli sonori e dei raggi laser (OSLa [RS 814.49]), che la ricorrente menziona insieme alla LPAmb e all'OIF (cfr. ricorso, pag. 9), essa è stata abrogata il 27 febbraio 2019 e non è più in vigore dal 1o giugno 2019 (RU 2019 999, pag. 1007 seg.), di modo che l'interessata non può comunque dedurne alcunché.
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6.3. Alla luce di quanto precede, la censura di violazione dell'art. 49 cpv. 1 Cost. non può che essere respinta.
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7.
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In riferimento agli art. 8 e 9 LAN/TI l'insorgente censura, poi, una violazione della libertà economica (art. 27 Cost.).
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7.1. Giusta l'art. 27 Cost., la libertà economica è garantita (cpv. 1). Essa include in particolare la libera scelta della professione, il libero accesso a un'attività economica privata e il suo libero esercizio (cpv. 2). Tale libertà protegge ogni attività economica privata esercitata a titolo professionale e tendente all'ottenimento di un guadagno o di un reddito; essa può essere invocata sia dalle persone fisiche che dalle persone giuridiche (DTF 143 II 598 consid. 5.1; 140 I 218 consid. 6.3).
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7.2. Come tutti i diritti fondamentali, la libertà economica può essere soggetta a limitazioni, alle condizioni previste dall'art. 36 Cost. Ogni sua restrizione deve cioè fondarsi su una base legale sufficiente (cpv. 1), essere giustificata da un interesse pubblico o dalla protezione di diritti fondamentali altrui (cpv. 2) ed essere proporzionata allo scopo ricercato (cpv. 3), senza inoltre violare l'essenza stessa della libertà in questione (cpv. 4). Secondo giurisprudenza, il principio della proporzionalità esige che il provvedimento sia idoneo e necessario a raggiungere lo scopo prefissato e che sussista un rapporto ragionevole tra questo scopo e i mezzi impiegati, rispettivamente gli interessi compromessi (proporzionalità in senso stretto) (DTF 144 I 281 consid. 5.3.1, con rinvii).
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7.3. Nella fattispecie, non vi è dubbio che gli art. 8 e 9 LAN/TI, i quali regolano l'orario di apertura dei negozi nei giorni feriali, limitano la libertà economica della ricorrente, che gestisce una stazione di servizio con annesso un negozio per la vendita al dettaglio (cfr. sentenza 2C_1017/2011 dell'8 maggio 2012 consid. 5.1). Occorre quindi verificare se tale limitazione rispetta le condizioni poste dall'art. 36 Cost.
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7.4. Per quanto riguarda l'esigenza di una valida base legale (art. 36 cpv. 1 Cost.), la LAN/TI è stata adottata dal Gran Consiglio il 23 marzo 2015 ed è stata accolta in votazione popolare il 28 febbraio 2016. Essa costituisce dunque una base legale sufficiente, fermo restando che - come osservato in precedenza - le norme in discussione sono conformi all'art. 49 cpv. 1 Cost.
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7.5. In merito all'art. 36 cpv. 2 Cost., l'insorgente sostiene che la restrizione della libertà economica introdotta dagli art. 8 e 9 LAN/TI non è giustificata da nessun interesse pubblico. L'interessata opera a tal proposito una distinzione tra la "quiete notturna e festiva" e la "quiete serale". A mente dell'insorgente, un interesse pubblico a limitare gli orari di apertura dei negozi sarebbe dato unicamente per quanto concerne la protezione della quiete notturna e festiva. La tutela della quiete serale, invece, "non rientr[erebbe] tra gli interessi pubblici degni di protezione" (ricorso, pag. 15). La ricorrente osserva, poi, che l'interesse pubblico richiesto dall'art. 36 cpv. 2 Cost. non può risiedere neppure nella protezione delle persone non assoggettate alla LL. Secondo l'interessata, infatti, "la cerchia di persone attive nel commercio al dettaglio non assoggettate alla LL è estremamente ridotta", e in ogni caso la quiete serale non è comunque protetta dalla LL, di modo che "sarebbe paradossale proteggere (da loro stessi) gli imprenditori (o i parenti adulti di questi ultimi) oltre quanto fa la legislazione federale per i lavoratori assoggettati alla LL" (ricorso, pag. 17).
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Anche in questo caso, la ricorrente non può essere seguita. Come rilevato ancora di recente dal Tribunale federale (sentenza 2C_464/2017 del 17 settembre 2018 consid. 4.4), l'interesse all'emanazione di norme come quelle in discussione, che limitano gli orari di apertura dei negozi, è infatti di principio dato e, anche per quanto riguarda il Cantone Ticino, viene individuato sia nella tutela della quiete e dell'ordine pubblici serali e notturni, sia in quella delle persone che non sono sottoposte alla LL (proprietari - e loro famigliari - di piccole aziende, che risultano per altro ancora essere un numero consistente; cfr. Messaggio n. 6480 del Consiglio di Stato del 23 marzo 2011 relativo alla legge sull'apertura dei negozi [di seguito: il Messaggio], pag. 8). Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dall'insorgente, il Tribunale federale non ha mai limitato in modo esplicito l'interesse pubblico in parola alla sola protezione della "quiete notturna e festiva", ad esclusione della "quiete serale". Al contrario, la giurisprudenza ha appunto ammesso, ancora di recente, che la quiete serale costituisce un interesse pubblico degno di protezione (sentenza 2C_464/2017 del 17 settembre 2018 consid. 4.4; si veda già DTF 119 Ia 378 consid. 7b; cfr. anche DTF 140 II 46 consid. 2.5.1, che si riferisce, in modo più generico, alla tranquillità pubblica in relazione alla chiusura serale e domenicale dei negozi). Non si vede del resto - né la ricorrente lo espone in modo convincente - per quale motivo la quiete serale non sarebbe anch'essa meritevole di protezione, al pari di quella notturna. Ciò posto, va più in generale ribadito - poiché anche su tale aspetto il Tribunale federale ha avuto modo di esprimersi più volte - che in materia di fissazione degli orari di chiusura dei negozi, i Cantoni dispongono di un margine di manovra assai ampio, che trova i propri limiti soltanto nel divieto d'arbitrio o in altri diritti costituzionali quali, in particolare, quello alla parità di trattamento (sentenze 2C_464/2017 del 17 settembre 2018 consid. 4.4 e 2C_378/2008 del 20 febbraio 2009 consid. 3.2, con rinvii).
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Ne consegue che la lamentata restrizione della libertà economica è giustificata da un interesse pubblico ed è dunque conforme all'art. 36 cpv. 2 Cost.
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7.6. L'insorgente ritiene che la limitazione della libertà economica introdotta dagli art. 8 e 9 LAN/TI non è proporzionata (art. 36 cpv. 3 Cost). Secondo l'interessata, essa non è infatti necessaria, in quanto la LL vieta già il lavoro notturno e il lavoro nei giorni festivi. A mente della ricorrente, dal momento che "tutti i commerci che soggiacciono alla [LL] non possono comunque aprire i propri negozi né nella fascia notturna né nei giorni festivi [...] il potenziale rischio di turbativa alla quiete notturna e festiva può essere quindi intravisto solo per quei pochi negozi non assoggettati alla legislazione federale sul lavoro [...]" (ricorso, pag. 18). L'insorgente considera quindi che, anche senza una limitazione degli orari di apertura dei negozi nei giorni feriali, non vi sarebbe nessun rischio per la quiete notturna. La ricorrente sostiene, poi, che la misura non sarebbe proporzionata nemmeno in termini di "ragionevolezza tra il risultato previsto e le necessarie restrizioni" (ricorso, pag. 20).
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Le argomentazioni della ricorrente non possono essere condivise. In primo luogo, esse fanno totale astrazione dall'interesse pubblico relativo alla protezione della quiete serale, che - come esposto poc'anzi - costituisce un interesse pubblico degno di tutela. In secondo luogo, la misura è idonea e necessaria a preservare la quiete serale, notturna e festiva (cfr. art. 1 cpv. 2 LAN/TI) proprio in relazione a quei negozi (gestiti in particolare dai proprietari e dai loro familiari) i cui lavoratori non sono sottoposti alla LL e che, se non dovessero conformarsi agli art. 8 e 9 LAN/TI, potrebbero rimanere aperti anche di sera, di notte e nei giorni festivi, con evidenti ripercussioni sulla quiete nei dintorni degli stessi. In terzo luogo, la misura contestata è in ogni caso idonea e necessaria a proteggere le persone che non sono sottoposte alla LL, la cui tutela - come esposto in precedenza - rappresenta un valido interesse pubblico. Infine, la lamentata restrizione della libertà economica appare proporzionata (in senso stretto), poiché sussiste un rapporto ragionevole tra i limiti posti al diritto costituzionale in parola dagli art. 8 e 9 LAN/TI e lo scopo - di chiaro interesse sociale e pubblico - relativo alla protezione della quiete serale, notturna e festiva e alla tutela delle persone che non sono sottoposte alla LL. A tal proposito, giova ancora rilevare che le norme contestate permettono comunque ai negozi di restare aperti tra le 06h00 e le 18h30 il sabato (dal 9 luglio 2021, a determinate condizioni e previa autorizzazione del Dipartimento, i centri commerciali possono restare aperti il sabato fino alle ore 19:00; cfr. il nuovo art. 8 cpv. 2 LAN/TI, qui comunque non in discussione), tra le 06h00 e le 21h00 il giovedì, nonché tra le 06h00 alle 19h00 gli altri giorni feriali e non costituiscono quindi una limitazione grave della libertà economica.
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Per quanto precede, le censure relative alla violazione dell'art. 36 cpv. 3 Cost. vanno respinte.
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7.7. Infine, la ricorrente non sostiene - a ragion veduta - che gli art. 8 e 9 LAN/TI violerebbero l'essenza stessa della libertà economica (cfr. art. 36 cpv. 4 Cost.).
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7.8. Per quanto precede, le limitazioni della libertà economica della ricorrente introdotte dalle disposizioni querelate sono conformi all'art. 36 Cost. La critica di violazione della libertà economica (art. 27 Cost.) formulata dall'interessata è dunque infondata e va respinta.
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8.
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Sempre in relazione a gli art. 8 e 9 LAN/TI, l'insorgente menziona ancora l'art. 94 Cost. (ricorso, pagg. 6 e 20), senza tuttavia esporre con precisione e chiaramente in che modo tale norma sarebbe stata in concreto disattesa. Le censure in questione non rispettano dunque le accresciute esigenze di motivazione poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (cfr. supra consid. 2.1) e non possono essere vagliate.
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In conclusione, in quanto porta sugli art. 8 e 9 LAN/TI, il ricorso è respinto.
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VI. Art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI
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9.
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Anche in merito agli art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI, la ricorrente lamenta in primo luogo una violazione della libertà economica (art. 27 Cost.).
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9.1. Gli art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI, che vietano la vendita di bevande alcoliche dopo una certa ora ai negozi che beneficiano di deroghe di legge agli orari di apertura, limitano indubbiamente la libertà economica della ricorrente. Quest'ultima gestisce infatti una stazione di servizio con annesso un negozio per la vendita al dettaglio e, alle condizioni poste dagli art. 10 cpv. 1 lett. h e 14 cpv. 1 lett. h LAN/TI, può quindi beneficiare delle summenzionate deroghe. Occorre dunque esaminare se la limitazione in parola è conforme all'art. 36 Cost.
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9.2. Come già illustrato in precedenza (supra consid. 7.4), la LAN/TI, costituisce una valida base legale per la limitazione della libertà economica dell'insorgente. Contrariamente a quanto sembra sostenere l'interessata (ricorso, pag. 21 seg.), senza del resto nemmeno citare l'art. 49 cpv. 1 Cost., il divieto di vendita di bevande alcoliche (nel caso concreto a partire da una certa ora) non è una materia di esclusiva competenza federale (cfr. già la sentenza 2P.278/2004 del 4 aprile 2005 consid. 2.3.3). In particolare, le leggi federali da lei citate (ossia la legge federale del 19 dicembre 1958 sulla circolazione stradale [LCStr; RS 741.01] e il codice penale svizzero del 21 dicembre 1937 [CP; RS 311.0]) non prevedono nulla sul divieto di vendita di bevande alcoliche dopo una certa ora e la ricorrente non indica quali altre disposizioni federali disciplinerebbero la questione in modo esaustivo. Del resto, e più in generale, eccezion fatta per le materie enumerate nell'art. 118 cpv. 1 Cost., la salute è di principio un ambito nel quale la competenza legislativa spetta ai cantoni (cfr. supra consid. 3.5.1).
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Ne consegue che gli art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI sono conformi all'art. 36 cpv. 1 Cost.
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9.3. Per quanto riguarda l'interesse pubblico (art. 36 cpv. 2 Cost.), a ragion veduta la ricorrente non contesta che gli art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI perseguono scopi di chiaro interesse pubblico, ovvero la prevenzione della guida in stato di ebrietà e - soprattutto - quella degli atti di vandalismo e violenza giovanile (cfr. Messaggio, pag. 23; risposta del 25 marzo 2020, pag. 13).
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9.4. L'interessata ritiene che la limitazione della libertà economica introdotta dagli art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI è contraria all'art. 36 cpv. 3 Cost., in quanto non è né idonea (infra consid. 9.4.1), né necessaria (infra consid. 9.4.2), né proporzionata in senso stretto (infra consid. 9.4.3).
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9.4.1. In primo luogo, secondo la ricorrente, le norme censurate non impediscono in alcun modo "di acquistare bevande alcoliche prima degli orari di chiusura e di consumarle - magari a dismisura - dopo tali orari" (ricorso, pag. 22). Inoltre, il consumo di bevande alcoliche (o l'acquisto delle stesse in vista di consumarle altrove) resta comunque possibile presso gli esercizi pubblici del cantone, ben oltre i limiti temporali stabiliti dagli art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI. A mente dell'insorgente, le misure introdotte dalle norme in discussione non sono quindi idonee a raggiungere gli scopi prefissati, ossia la prevenzione della guida in stato di ebrietà e quella degli atti di vandalismo e violenza giovanile.
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L'argomentazione dell'interessata non può essere seguita. L'impossibilità di procurarsi bevande alcoliche dopo una certa ora, acquistandole presso un negozio che può chiudere più tardi grazie alle deroghe di legge, è con ogni evidenza idonea a ridurre il consumo di alcol da parte dei conducenti e dei giovani, con chiare ripercussioni sui casi di guida in stato di ebrietà e sugli atti di violenza e di vandalismo perpetrati sotto l'influsso dell'alcol. Infatti, chi non ha pianificato tale consumo, procurandosi in precedenza le bevande alcoliche necessarie, non ha più modo di acquistare le suddette bevande a poco prezzo. Certo, come affermato dalla ricorrente, in tal caso le persone interessate possono recarsi presso un esercizio pubblico a consumare (o a procurarsi) delle bibite contenti alcol. La significativa differenza di prezzo tra le bevande alcoliche vendute nei negozi al dettaglio e quelle offerte presso un esercizio pubblico comporta tuttavia, inevitabilmente, un consumo minore di alcol da parte dei clienti, in particolare per quanto riguarda quelli più giovani, che in linea di massima hanno una disponibilità finanziaria più limitata. La misura contestata è quindi idonea a raggiungere gli scopi prefissati, con la precisazione che questi ultimi vanno identificati nella prevenzione della guida in stato di ebrietà e in quella degli atti di vandalismo e violenza giovanile, e non - come sembra sottintendere l'insorgente - nella soluzione definitiva e totale di tali problematiche (in tal senso, sebbene unicamente in merito alla prevenzione della guida in stato di ebrietà, cfr. in particolare la sentenza 2P.84/2000 del 25 luglio 2000 consid. 5c/bb).
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9.4.2. Il secondo luogo, l'interessata sostiene che le misure introdotte dagli art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI non sono necessarie. Secondo la ricorrente, l'art. 51 della legge ticinese del 18 aprile 1989 sulla promozione della salute e il coordinamento sanitario (LSan/TI; RL 801.100) contiene già delle regole relative all'acquisto e al consumo di bevande alcoliche, le quali sono, a suo avviso, "molto più efficac[i] per conseguire gli scopi dichiarati dal legislatore ticinese" (ricorso, pag. 23) rispetto alle norme contestate.
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L'art. 51 LSan/TI ha il tenore seguente:
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Art. 51 - Consumo di bevande alcoliche
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1. Nei commerci e nei negozi del Cantone è vietata la vendita e il consumo di bevande alcoliche:
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a) alle persone di età inferiore ai 18 anni;
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b) alle persone che si trovano in stato di ebrietà.
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2. Sono parimenti vietati:
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a) l'acquisto di bevande alcoliche destinate a persone inferiori ai 18 anni o in stato di ebrietà;
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b) gli incentivi al consumo di alcolici di cui all'art. 25 della legge sugli esercizi alberghieri e sulla ristorazione del 1° giugno 2010.
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3. La distribuzione e la vendita di alcol tramite distributori automatici è autorizzata unicamente a condizione che il rispetto del divieto sancito dal cpv. 1 sia garantito da adeguate misure di controllo.
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Per quanto qui di interesse, la norma a cui si riferisce la ricorrente prevede dunque dei limiti relativi all'acquisto e al consumo di bevande alcoliche da parte di persone in stato di ebrietà (art. 51 cpv. 1 lett. b LSan/TI), da parte di minorenni (art. 51 cpv. 1 lett. a LSan/TI) o per conto di questi ultimi (art. 51 cpv. 2 lett. a LSan/TI). Contrariamente agli art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI, essa non dice però nulla sulla vendita, presso i negozi al dettaglio e dopo una determinata ora, di bevande alcoliche a conducenti e (giovani) maggiorenni. Dal momento che non si rivolge alla stessa categoria di persone, non si vede come l'art. 51 LSan/TI possa essere più efficace degli art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI nel perseguire gli scopi a cui mirano queste ultime disposizioni. Ciò posto, questa Corte non vede - e l'insorgente non lo espone - quali misure meno incisive potrebbero essere messe in atto in tal senso. La censura è dunque respinta.
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9.4.3. In terzo e ultimo luogo, la ricorrente, illustrando alcune situazioni nelle quali la limitazione contestata si rivelerebbe a suo avviso eccessiva, ritiene che la misura non è proporzionata (in senso stretto).
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Anche quest'ultima censura non merita accoglimento. Alla luce dell'interesse pubblico e sociale degli scopi perseguiti dagli art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI, ossia la prevenzione della guida in stato di ebrietà e quella degli atti di vandalismo e violenza giovanile, sussiste infatti un rapporto ragionevole tra gli scopi in parola e i limiti posti alla libertà economica dell'insorgente. L'interessata, nella misura in cui beneficia delle deroghe di legge agli orari di apertura previste dagli art. 10 e 14 LAN/TI, può del resto continuare a vendere bevande alcoliche durante tutta la giornata (ossia fino alle 18h30 il sabato, fino alle 18h00 la domenica e i giorni festivi, fino alle 21h00 il giovedì e fino alle 19h00 gli altri giorni della settimana), di modo che la limitazione della sua libertà economica non appare comunque grave. Ciò a maggior ragione se si considera che il negozio gestito dalla ricorrente non ha certo come attività principale la vendita di bevande alcoliche.
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9.4.4. Le restrizioni della libertà economica operate dalle disposizioni querelate si rivelano quindi proporzionate (art. 36 cpv. 3 Cost.) sotto tutti i punti di vista (per un caso simile, cfr. sentenza 2P.278/2004 del 4 aprile 2005 consid. 3.1). Le critiche sollevate in proposito a vario titolo dalla ricorrente non possono che essere respinte.
| 167 |
9.5. In conclusione, le limitazioni della libertà economica dell'insorgente introdotte dagli art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI sono conformi all'art. 36 Cost. La censura di violazione dell'art. 27 Cost. formulata dall'interessata è dunque infondata e va respinta.
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10.
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In relazione agli art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI, la ricorrente lamenta, poi, una violazione del principio della parità di trattamento (art. 8 Cost.). L'interessata rileva che le limitazioni poste alla vendita di bevande alcoliche, dopo una certa ora, a negozi come il suo, non si applicano agli esercizi pubblici. Nella misura in cui, presso questi ultimi, è possibile consumare bevande alcoliche (o acquistarle in vista di consumarle altrove) fino a notte inoltrata, le norme contestate opererebbero "una palese distinzione che nessun fatto importante giustifica" (ricorso, pag. 25). Inoltre, tali norme sarebbero discriminatorie anche in riferimento ai negozi annessi alle stazioni di servizio ubicate nelle aree di servizio autostradali.
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10.1. Per giurisprudenza, un atto normativo lede il principio di uguaglianza sancito dall'art. 8 cpv. 1 Cost. se, a fronte di situazioni uguali, opera distinzioni giuridiche non giustificate da motivi ragionevoli, oppure se sottopone a regime identico situazioni che presentano differenze tali da rendere necessario un trattamento diverso (DTF 141 I 78 consid. 9.1; 136 II 120 consid. 3.3.2).
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10.2. Richiamato in relazione alla libertà economica, il principio di uguaglianza tutela in particolare da disparità di trattamento tra persone attive in un medesimo ambito. In questo contesto, gli art. 27 e 94 Cost. vietano allo Stato di prendere misure che non siano neutrali sul piano della concorrenza tra persone che esercitano la medesima attività economica (DTF 143 II 598 consid. 5.1; 143 I 37 consid. 8.2). Per concorrenti diretti si intendono i membri di un medesimo settore economico che si rivolgono con la medesima offerta al medesimo pubblico per soddisfare i medesimi bisogni (DTF 143 II 598 consid. 5.1; sentenza 2C_690/2017 del 13 maggio 2019 consid. 4.3.2).
| 172 |
10.3. Nel caso di specie, la ricorrente paragona situazioni molto differenti tra loro. Rispetto a un esercizio pubblico (bar, ristorante, ecc.), un negozio per la vendita al dettaglio annesso a una stazione di servizio offre beni diversi a un costo diverso, è frequentato da una clientela diversa e soggiace a una regolamentazione diversa. Il fatto che sia possibile acquistare bevande alcoliche sia presso i negozi al dettaglio che presso gli esercizi pubblici non è di certo sufficiente a imporre, nell'ottica del principio della parità di trattamento, un trattamento uguale di questi due tipi di aziende. Per quanto riguarda i negozi annessi alle stazioni di servizio ubicate nelle aree di servizio autostradali, essi non sottostanno alla LAN/TI ma alla legislazione federale (ossia alla legge federale dell'8 marzo 1960 sulle strade nazionali [LSN; RS 725.11] e all'ordinanza del 7 novembre 2007 sulle strade nazionali [OSN; RS 725.111]). Nei loro confronti, una discriminazione fondata sulla LAN/TI è dunque esclusa (a tal proposito, si veda ad esempio la sentenza 2C_1017/2011 dell'8 maggio 2012 consid. 6, relativa ad una presunta disparità di trattamento tra imprese che soggiaciono a regolamentazioni diverse).
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In tali circostanze, la censura relativa alla violazione del principio della parità di trattamento non può che essere scartata.
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In conclusione, anche per quanto riguarda gli art. 10 cpv. 3 e 14 cpv. 4 LAN/TI, il ricorso è respinto.
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VII. Esito del ricorso; spese e ripetibili
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Erwägung 11 | |
11.1. Alla luce dei considerandi che precedono, il ricorso deve essere parzialmente accolto, nel senso che l'art. 4 cpv. 2 e 3 LAN/TI va annullato e che va constatata l'incostituzionalità dell'art. 23 cpv. 1 LAN/TI. Per il resto, il ricorso è respinto.
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11.2. Le spese giudiziarie sono poste a carico della ricorrente in misura corrispondente al suo grado di soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Nonostante sia parzialmente soccombente, lo Stato del Cantone Ticino, che non è toccato dall'esito della causa nei suoi interessi pecuniari, è dispensato dal pagamento di spese giudiziarie (art. 66 cpv. 4 LTF). Esso, cui non vengono assegnate ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF), dovrà però rifondere alla ricorrente, che si è avvalsa di un avvocato ed è parzialmente vincente, un'indennità ridotta per ripetibili della sede federale pari a fr. 2'000.-- (art. 68 cpv. 1 e 2 LTF).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: | |
1.
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Il ricorso è parzialmente accolto. L'art. 4 cpv. 2 e 3 LAN/TI è annullato ed è constatato che l'art. 23 cpv. 1 LAN/TI è contrario alla Costituzione. Per il resto, il ricorso è respinto.
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2.
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Le spese giudiziarie ridotte di fr. 1'000.-- sono poste a carico della ricorrente.
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3.
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Lo Stato del Cantone del Ticino rifonderà alla ricorrente un'indennità di fr. 2'000.-- a titolo di ripetibili ridotte della sede federale.
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4.
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Comunicazione al patrocinatore della ricorrente e al Gran Consiglio del Cantone Ticino, tramite il Consiglio di Stato.
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Losanna, 22 dicembre 2021
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In nome della II Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il Presidente: Seiler
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Il Cancelliere: Ermotti
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